N. 126 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 luglio 1999

Ordinanza  emessa  il  6  luglio  1999  dalla  Commissione tributaria
regionale  di Venezia sui ricorso proposto da II.DD. di Verona contro
Stadio S.r.l. in liquidazione
Contenzioso  tributario  -  Comunicazioni  e  notificazioni  di  atti
processuali  -  Notificazione  del  ricorso  in  appello  a mezzo del
servizio  postale - Perfezionamento alla data di spedizione, anziche'
di  ricezione,  dell'atto  -  Disparita' di trattamento rispetto alle
notificazioni  a  mezzo  posta  nel  processo  civile  ed  in  quello
amministrativo,  nonche'  rispetto  alle  notificazioni  a  mezzo  di
ufficiale giudiziario - Incidenza sulla certezza e sulla tutela delle
situazioni  giuridiche dei destinatari della notifica - Contrasto con
principi e criteri direttivi posti dalla legge delega n. 413/1991.
- D.Lgs.  31  dicembre  1992, n. 546, artt. 16, comma 5, 53, comma 2,
  20, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 76, in relazione alla legge 30 dicembre
  1991, n. 413, art. 30, lett. g).
(GU n.15 del 5-4-2000 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

    Ha  emesso la seguente ordinanza interlocutoria sull'appello r.g.
  appelli  n. 619/1998,  depositato  il  24 febbraio 1998, avverso la
  sentenza  n. 237/febbraio/1996, emessa dalla Commissione tributaria
  provinciale di Verona da: Imposte dirette di Verona;
    Controparti:  Stadio  S.r.l. in liquidazione, residente a Milano,
  in viale Lunigiana n. 46, difeso dall'avv. Chiavegatti Gian Andrea,
  avv.  Ferrara  Giorgio,  residente  a  Venezia in Riviera Magellano
  n. 5,  Mestre;  atti  impugnati: avviso di accertamento n. 36/1988,
  Irpeg + Ilor, 1982;

                              F a t t o

    L'ufficio distrettuale delle imposte dirette di Verona notifico',
  nel   1988,   l'avviso   n. 36/1988   alla   Stadio  S.r.l.,  quale
  incorporante   la   Spais  S.r.l.,  e,  separatamente,  al  suo  ex
  amministratore  Gianandrea  Chiavegatti;  nell'atto  era  accertato
  analiticamente,  per  l'anno  1982, un reddito imponibile I.R.PE.G.
  della societa' incorporata pari a L. 51.053.000, e di L. 52.100.000
  ai  fini I.LO.R.; erano inoltre irrogate le prescritte sanzioni per
  omessa dichiarazione e per violazioni di carattere formale.
    Tale   provvedimento   fu  separatamente  impugnato  tanto  dalla
  societa'   che   dal   Chiavegatti:  e  la  commissione  tributaria
  provinciale   di   Verona,   riuniti  i  due  ricorsi,  li  accolse
  parzialmente  con  sentenza  n.  237/febbraio/1996,  depositata  in
  segreteria il 16 dicembre 1996.
    Avverso  tale  pronuncia  l'Amministrazione finanziaria presento'
  appello: l'atto, consegnato all'Ufficio postale il 30 gennaio 1998,
  giunse al Chiavegatti il seguente 2 febbraio, ed alla Stadio S.r.l.
  il successivo giorno 3.
    Gli   appellati,  costituitisi  in  giudizio,  hanno  chiesto  la
  reiezione  dell'appello  principale,  proponendo,  inoltre, appello
  incidentale  quanto  ai  capi  della decisione su cui erano rimasti
  soccombenti.

                               Diritto

    Va   preliminarmente   valutata   la  tempestivita'  dell'appello
  proposto dall'Amministrazione finanziaria.
    Poiche'  non  risulta  che  la decisione di primo grado sia stata
  notificata  all'Ufficio,  trova  qui  applicazione,  per  il rinvio
  contenuto  nell'art.  38,  comma  3,  del  d.lgs. 31 dicembre 1992,
  n. 546  (il  quale,  nel  suo complesso, regola come noto, il nuovo
  processo  tributario),  l'art. 327,  comma  1, c.p.c., secondo cui,
  com'e'  noto,  le impugnazioni ordinarie non possono piu' proporsi,
  decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza.
    Nella  fattispecie  in  esame,  questo  termine,  considerato  il
  periodo  feriale, e' scaduto il 31 gennaio 1998 e, cioe', a cavallo
  tra  la  data di consegna dell'appello all'ufficio postale e quella
  del   suo   ricevimento   da   parte   dei   contribuenti:   l'atto
  d'impugnazione   risulta   dunque   pervenuto  all'indirizzo  degli
  appellati  oltre  il  termine  annuale,  ma  e' stato consegnato al
  servizio postale prima che tale termine fosse scaduto.
    A  fondamento  della  tempestivita' del gravame, che difetterebbe
  secondo le comuni previsioni - e di cui si dira' oltre - in materia
  di notificazioni effettuate direttamente dall'ufficiale giudiziario
  ovvero  a  mezzo  del  servizio  postale,  l'appellante  oppone  il
  combinato  disposto degli artt. 53, comma 2 ("Il ricorso in appello
  e'  proposto  nelle  forme  di  cui all'art. 20, comuni 1 e 2") 20,
  comma  1,  ("Il  ricorso  e' proposto mediante notifica a norma dei
  commi  2  e  3  del  precedente art. 16") e 16 del citato d.lgs. n.
  546/1992.
    Il ripetuto art. 16, invero, dopo aver stabilito, al comma 2, che
  le  notificazioni,  nel processo tributario, "sono fatte secondo le
  norme  degli  artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile",
  soggiunge, al comma successivo, che le stesse "possono essere fatte
  anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione
  dell'atto   in   plico  senza  busta  raccomandato  con  avviso  di
  ricevimento,  ovvero  all'ufficio  del  Ministero  delle finanze ed
  all'ente  locale mediante consegna dell'atto"; infine, al comma 5 -
  ed   e'  questa  la  disposizione  immediatamente  rilevante  viene
  precisato che qualunque notificazione "a mezzo del servizio postale
  si considera fatta nella data della spedizione".
    Orbene, in forza di quest'ultima previsione non sembra dubbio che
  l'appello principale andrebbe dichiarato ricevibile: ma il Collegio
  dubita   proprio   della   legittimita'   costituzionale   di  tale
  disposizione,  si'  da  indurlo  a  sollevare d'ufficio la relativa
  questione,  essendo  evidente  la rilevanza che la stessa assume in
  causa.
    Non  sembra  anzitutto  dubbio che la previsione fondamentale, la
  quale  disciplina  le  notificazioni  nel  processo tributario, sia
  quella  espressa dal citato comma 2, per effetto del quale le norme
  -  e  quindi  i  principi  -  i quali regolano le notificazioni nel
  processo  civile vanno estesi a questo rito speciale, che il d.lgs.
  n.  546/1992,  e, ancor prima, la legge di delega 30 dicembre 1991,
  n. 413,  hanno inteso complessivamente depurare da quelle peculiari
  norme  che  derivavano  dalla  sua  originaria  natura  di  rimedio
  amministrativo,   ed  erano  ancora  presenti,  anche  in  subiecta
  materia, nel previgente d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.
    Cio'  posto,  non  vi e' dubbio che, secondo la legge processuale
  civile,  la  notificazione  si intende perfezionata con la consegna
  (art. 137  c.p.c.)  o,  comunque, quando l'atto stesso giunga nella
  sfera  di  conoscibilita' del destinatario, e non certo nel momento
  in  cui  lo  stesso  atto  e' consegnato all'ufficiale giudiziario,
  ovvero   al   messo;  regola  che  trova  applicazione  anche  alle
  notificazioni  effettuate  a  mezzo  del servizio postale, ai sensi
  della  legge  20  novembre 1982, n. 890, ove la notificazione si ha
  per  eseguita  nel  momento  in  cui  il plico contenente l'atto e'
  consegnato  a  destinazione,  oppure se cio' non sia possibile, nel
  momento  successivo,  stabilito  per  legge  (cfr. art. 8, legge n.
  890/1982 cit.).
    Pertanto,  il  ripetuto  art. 16, comma 5, e' affatto estraneo al
  sistema  processuale  civile,  e,  per  conseguenza, anche a quello
  tributario, che al primo fa rinvio, anche per volonta' in tal senso
  del legislatore delegante, quale espressa dall'art. 30 della citata
  legge n. 413/1991, che verra' esaminato oltre.
    La  disposizione  sub  iudice  riprende,  invece,  la  previsione
  contenuta  nell'art.  32  del  d.P.R.  n. 636/1972; e questa, a sua
  volta,   adatta  alla  materia  la  regola  comune  per  i  ricorsi
  amministrativi,  quale  espressa dall'art. 2 del d.P.R. 24 novembre
  1971,  n. 1199,  per  cui  il gravame, se inviato a mezzo posta, si
  considera presentato alla data di spedizione.
    Ad  avviso  della  Commissione, e' allora evidente che l'art. 16,
  comma  5,  d.lgs. n. 546/1992, contrasta con l'art. 3, primo comma,
  Costituzione,  poiche', introducendo una regola affatto estranea al
  sistema processuale e propria dei rimedi giustiziali amministrativi
  realizza  un'irrazionale deviazione rispetto ad un comune principio
  di  diritto processuale, che, per cio' stesso sarebbe dovuto essere
  esteso al processo tributario.
    Viene  cosi' attuata un'ingiustificata disparita' di trattamento,
  non  solo  rispetto  alle  parti  del  processo  civile e di quello
  amministrativo,  ma anche, all'interno del processo tributario, tra
  quanti richiedono la notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario
  -  anche  fidando nella maggiore competenza di questo - e quanti si
  avvalgono  del  servizio  postale:  solo questi ultimi sono infatti
  liberati  dall'obbligo  di  curare che l'atto giunga a destinazione
  nel termine prescritto.
    E,   d'altro   canto,   non  si  vede  quali  possano  essere  le
  peculiarita' del processo tributario che giustifichino una siffatta
  deroga.
    In particolare, tale non e' la sua natura impugnatoria, visto che
  le  norme  civilistiche  sulla  notificazione si applicano anche al
  processo  amministrativo,  che e', almeno quanto alla giurisdizione
  generale  di legittimita', un giudizio di tipo impugnatorio; ne' si
  puo' intendere lo stesso art. 16, comma 5, come norma di favore per
  le  parti  pubbliche  o  per  quelle private, giacche' la stessa si
  riferisce  a  tutte le notificazioni eseguite in ogni stato e grado
  del  giudizio, e, dunque, riguarda un adempimento che puo', volta a
  volta gravare su uno qualsiasi dei soggetti del processo.
    Va  poi  osservato come la lamentata disparita' di trattamento si
  traduca,   altresi',   in  una  minore  certezza  delle  situazioni
  giuridiche  introdotte  nel  processo tributario, rispetto a quanto
  avviene in quello civile od amministrativo.
    In  questi,  infatti,  il  potenziale  destinatario  di  un  atto
  giudiziale,  da  notificarsi in un termine perentorio (come appunto
  il   vincitore  in  primo  grado),  trascorso  quell'intervallo  e'
  immediatamente  in  grado  di apprezzare se la situazione giuridica
  sostanziale  sottesa  si  sia  o  meno  consolidata; viceversa, nel
  processo  tributario,  allo spirare del termine, tale sicurezza non
  si  realizza,  poiche'  tra il momento della spedizione dell'atto e
  quello  del suo ricevimento puo' trascorrere un intervallo di tempo
  anche  assai  significativo,  e,  comunque,  indefinibile a priori,
  senza  che  all'interessato  sia  dato  modo  di  conoscere se tale
  operazione sia stata effettuata.
    Tale  minor  certezza,  si  traduce, d'altronde, sotto il profilo
  processuale, in una minore tutela rispetto a quella delle parti nel
  giudizio civile ed in quello amministrativo: sicche' lo stesso art.
  16,  comma  5,  contrasta,  sotto questo specifico profilo, con gli
  artt. 24 e 3 Cost.
    Va ancora tenuto presente che il precitato art. 30 della legge n.
  413/1991,  nel  delegare  il  Governo ad emanare uno o piu' decreti
  legislativi  recanti disposizioni per la revisione della disciplina
  e  l'organizzazione  del contenzioso tributario - da cui e' appunto
  scaturito  il  decreto  legislativo  n.  546/1992  -  fisso', tra i
  principi  e  criteri direttivi, sub g), quello di adeguare le norme
  del processo tributario a quelle del processo civile.
    Tuttavia,  l'art.  16,  comma  5,  per  quanto  detto, non appare
  compatibile con il criterio cosi' fissato; il legislatore delegato,
  approvando  tale disposizione, ha dunque travalicato i limiti della
  delega,  sicche'  lo  stesso  art. 16, comma 5, contrasta anche con
  l'art. 76 Cost.
    Ne'  tale conclusione puo' mutare solo perche' lo stesso art. 30,
  paragrafo   g),   sub-4,   stabilisce   che   la  disciplina  delle
  comunicazioni   e  delle  notificazioni  avrebbe  dovuto  prevedere
  l'impiego piu' largo possibile del servizio postale, giacche' anche
  qui,  infatti,  l'utilizzo  di  questo  mezzo e' comunque correlato
  all'esecuzione  di  "notificazioni",  e  quindi allo svolgimento di
  attivita'  che  ne presentino i caratteri essenziali e rispettino i
  principi per queste fissati dall'ordinamento.
    Il  riferimento  contenuto  nella  legge  delega  e',  dunque, al
  servizio   postale   soltanto   quale  strumento  per  la  consegna
  dell'atto,  senza  che  cio'  determini  una piu' ampia deroga alla
  previsione   di   cui   al  paragrafo  g):  la  previsione  la  cui
  costituzionalita'  appare  dubbia  al  Collegio,  viceversa, non si
  limita  soltanto a consentire l'utilizzazione del servizio postale,
  ma,  come  gia' detto, determina una deroga al richiamato principio
  in  materia  di  notificazioni,  deroga  estranea  alle  previsioni
  contenute  nella  legge  di  delega,  ed  anzi  in contrasto con il
  criterio direttivo enunciato sub g).
    In   conclusione,   riconosciuta  la  rilevanza,  ai  fini  della
  decisione  dell'appello,  e  la  non  manifesta  infondatezza della
  questione  di legittimita' costituzionale sin qui illustrata, deve,
  conseguentemente,  disporsi  la sospensione del presente giudizio e
  la remissione della questione all'esame della Corte costituzionale,
  giusta  art.  23,  legge  11 marzo 1953, n. 87, con riferimento sia
  all'art. 16, comma 5, sia agli artt. 53, comma 2 e 20, comma 1, del
  d.lgs.  31  dicembre  1992,  n. 546,  nella parte in cui queste due
  ultime disposizioni rinviano al primo.
                              P. Q. M.
    Solleva   d'ufficio   questione   di   incostituzionalita',   per
  violazione  degli  artt.  3,  24 e 76 Cost., dell'art. 16, comma 5,
  nonche',  nei  limiti in cui fanno al primo rinvio, degli artt. 53,
  comma 2, e 20, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
    Sospende  il giudizio in corso e dispone, a cura della segreteria
  della Sezione, che gli atti dello stesso siano trasmessi alla Corte
  costituzionale  per  la  risoluzione della prospettata questione, e
  che   la  presente  ordinanza  sia  notificata  alle  parti  ed  al
  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri e comunicata ai Presidenti
  delle due Camere del Parlamento della Repubblica.
    Cosi'  deciso  in  Venezia,  nella  camera  di consiglio, addi' 6
  luglio 1999.
                 Il presidente estensore: Gabbricci
00C0260