N. 84 ORDINANZA 22 - 28 marzo 2000
Ordinanza 22-28 marzo 2000 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Regione Piemonte - Sanita' pubblica - Veterinari dipendenti dal servizio sanitario pubblico - Esercizio di attivita' libero-professionale sugli "animali di affezione" e sugli "animali da reddito" - Lamentata irragionevole compressione, con indebito limite territoriale, dell'attivita' professionale, in violazione altresi' di principi' fondamentali posti dalla legislazione statale - Ius superveniens - Modificazione del quadro normativo di riferimento - Restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza. - Legge Regione Piemonte 3 gennaio 1997, artt. 1, comma 2, 2, 3 e 4. - Costituzione, artt. 3, 4, 35, 117 e 120.(GU n.15 del 5-4-2000 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Francesco GUIZZI; Giudici: Cesare MIRABELLI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 2, 2, 3 e 4 della legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4 (Regolamentazione dell'esercizio dell'attivita' libero-professionale dei medici veterinari dipendenti dal Servizio Sanitario Nazionale), promossi con due ordinanze emesse il 15 luglio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale del Piemonte sui ricorsi proposti da G. Z. contro Azienda sanitaria regionale di Chieri n. 8 ed altra e da L. B. ed altri contro Azienda sanitaria regionale n. 16 di Mondovi' - Ceva ed altra, iscritte ai numeri 672 e 673 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visti gli atti di costituzione di G. Z., L. B. ed altri nonche' gli atti di costituzione della Regione Piemonte; Udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 2000 il giudice relatore Piero Alberto Capotosti; Uditi l'avv. Sebastiano Zuccarello per G. Z., L. B. ed altri e Gustavo Romanelli per la Regione Piemonte. Ritenuto che nel corso di due giudizi aventi rispettivamente ad oggetto l'annullamento dell'atto con cui l'Azienda sanitaria regionale del Piemonte n. 8 ha intimato ad un medico veterinario da essa dipendente la chiusura di un ambulatorio privato, nonche' l'annullamento della nota con cui l'Azienda sanitaria regionale n. 16 del Piemonte ha chiesto ad alcuni medici veterinari da essa dipendenti informazioni sulla loro attivita' libero professionale, il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, con due ordinanze emesse il 15 luglio 1998, ha sollevato questione di costituzionalita', nel primo giudizio dell'art. 2 della legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4 (Regolamentazione dell'esercizio dell'attivita' libero-professionale dei medici veterinari dipendenti dal Servizio Sanitario Nazionale), nel secondo degli articoli 1, comma 2, 2, 3 e 4 della stessa legge, in relazione agli articoli 3, 4, 35, 117 e 120 della Costituzione; che, ad avviso del collegio, le disposizioni impugnate disciplinano la libera professione dei medici veterinari del Servizio Sanitario Nazionale con modalita' cosi' restrittive da impedirne sostanzialmente l'esercizio, ed appaiono quindi irragionevoli e in contrasto con il diritto costituzionale al lavoro, con i principi della legislazione statale e con il diritto dei cittadini di esercitare in ogni parte del territorio nazionale la loro professione; che secondo i giudici a quibus l'art. 2 della legge, prevedendo il divieto di svolgere, nel territorio dell'azienda sanitaria di appartenenza, la libera professione sugli "animali d'affezione", viola gli articoli 4 e 35 della Costituzione, in quanto "determina un grave affievolimento delle facolta' professionali del veterinario senza raccordarsi funzionalmente a specifiche esigenze della struttura sanitaria pubblica", e sovrappone il criterio territoriale a quello della potenziale situazione di conflitto, che impone di "procedere alla individuazione in concreto delle situazioni pregiudizievoli per i fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale"; che l'art. 3 della legge impugnata implica, per i rimettenti, una analoga "soppressione di ogni possibilita' di esercizio della libera professione", in quanto la consente sugli animali "da reddito" solo "in caso di carenza di veterinari libero-professionisti", e pone quindi una preclusione che difetta di "ogni ponderato collegamento con le esigenze del servizio sanitario pubblico", sicche' e' inficiato da vizi che riguardano anche il successivo art. 4, il quale estende la disciplina degli articoli 2 e 3 all'attivita' veterinaria sul "cavallo sportivo", apparendo altresi' illegittimo anche l'art. 1, comma 2 della legge in ragione della sua "connessione" con la disciplina dei precedenti articoli 2, 3 e 4; che, ad avviso del Tar, le norme impugnate vulnerano l'articolo 3 della Costituzione, dato che prima riconoscono, e poi, contraddittoriamente, restringono fino a vanificare il diritto dei veterinari pubblici all'esercizio dell'attivita' libero-professionale, nonche' l'articolo 120 della Costituzione, a causa dell'indebito limite territoriale che la legge impugnata appone allo svolgimento della libera professione; che la legge regionale sarebbe altresi' in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in quanto, in una materia nella quale "la competenza regionale (...) conserva un ruolo secondario, ovvero attuativo di principi e norme stabilite a livello statale", essa violerebbe i principi fondamentali posti dall'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale), dall'art. 36, primo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali), e dall'art. 4, settimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), i quali stabiliscono il diritto dei veterinari pubblici dipendenti all'esercizio dell'attivita' libero-professionale; che si e' costituita in giudizio la Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale, convenuta in entrambi i giudizi principali, chiedendo che le questioni di costituzionalita' siano dichiarate inammissibili, in quanto il decreto del Ministro della sanita' 31 luglio 1997 - recante disposizioni sulla "Attivita' libero professionale e incompatibilita' del personale della dirigenza sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale" - conterrebbe disposizioni di contenuto analogo a quello delle norme impugnate, con la conseguenza che, anche a seguito di una decisione di illegittimita' costituzionale, esso rimarrebbe comunque in vigore, facendo "quindi venir meno l'interesse dei ricorrenti all'impugnativa"; che, secondo la difesa della Regione, le questioni sarebbero comunque infondate, in quanto le norme impugnate disciplinerebbero la libera professione dei veterinari pubblici "secondo un criterio non irragionevole", "finalizzato ad assicurare la migliore funzionalita' del servizio pubblico sanitario", mentre il riferimento all'art. 4 della Costituzione non sarebbe pertinente, poiche' detta norma costituzionale "concerne precipuamente l'accesso al mercato del lavoro"; che si sono costituiti i ricorrenti nei due giudizi principali, svolgendo argomentazioni a sostegno dell'accoglimento delle questioni di costituzionalita' e deducendo in particolare che limiti all'attivita' libero-professionale dei veterinari pubblici possono venire disposti soltanto per grave e comprovato pregiudizio al servizio sanitario nazionale, e che il legislatore regionale non avrebbe rispettato il principio che essi "devono essere dimensionati in relazione al tipo di attivita' svolta nell'ambito della struttura pubblica, e non anche in riferimento al luogo in cui opera il veterinario". Considerato che i giudizi hanno ad oggetto le medesime disposizioni di legge in riferimento agli stessi parametri costituzionali e quindi vanno riuniti per essere decisi congiuntamente; che, successivamente alle ordinanze di rimessione, e' stato emanato il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale, a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419), il quale, fra l'altro, ha stabilito, all'art. 13, una nuova disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie, la quale, come questa Corte ha rilevato, ha determinato il superamento della "stessa summa divisio fra regime dei sanitari che svolgono attivita' c.d. extramuraria e regime dei sanitari che svolgono attivita' intramuraria" (sentenza n. 63 del 2000); che, in particolare, l'art. 15-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nel testo modificato dall'art. 13 dello stesso decreto legislativo n. 229 del 1999, ha disciplinato, al comma 3, anche il rapporto di lavoro di coloro che erano gia' alle dipendenze del Servizio Sanitario Nazionale, stabilendo, a seguito della ulteriore modifica introdotta dall'art. 1 del decreto legislativo 2 marzo 2000, n. 49 (Disposizioni correttive del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, concernenti il termine di opzione per il rapporto esclusivo da parte dei dirigenti sanitari), che entro il 14 marzo 2000 "tutti i dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre 1998 sono tenuti a comunicare al direttore generale l'opzione in ordine al rapporto esclusivo", e che anche "in assenza di comunicazione si presume che il dipendente abbia optato per il rapporto esclusivo", prevedendo altresi', al comma 1, che i dirigenti sanitari "con i quali sia stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro in data successiva al 31 dicembre 1998, nonche' quelli che, alla data di entrata in vigore del presente decreto (...) abbiano optato per l'esercizio dell'attivita' libero professionale intramuraria, sono assoggettati al rapporto di lavoro esclusivo"; che, infine, il successivo art. 15-sexies comma 1, dispone che lo stesso rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari, che abbiano comunicato l'opzione per l'esercizio della libera professione extramuraria, "comporta la totale disponibilita' nell'ambito dell'impegno di servizio, per la realizzazione dei risultati programmati e lo svolgimento delle attivita' professionali di competenza"; che la predetta sopravvenuta disciplina modifica il quadro normativo di riferimento considerato dai giudici rimettenti, cosicche' si impone un nuovo esame della rilevanza delle questioni di costituzionalita' nei giudizi a quibus.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale del Piemonte. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2000. Il Presidente: Guizzi Il redattore: Capotosti Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 28 marzo 2000. Il direttore della cancelleria: Di Paola 00C0284