N. 101 ORDINANZA 5 - 14 aprile 2000

Ordinanza 5-14 aprile 2000
Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato.
Parlamento - Mandato parlamentare - Libero svolgimento da parte di un
parlamentare  di minoranza sottoposto a procedimento penale presso il
Tribunale di Milano - Ricorso del medesimo parlamentare per conflitto
tra  poteri  dello  Stato  nei  confronti  del  Giudice  dell'udienza
preliminare  -  Asserito  abuso  di  potere  da  parte dell'autorita'
giudiziaria,   lesivo   del   libero  esercizio  della  attivita'  di
parlamentare   -   Preliminare  delibazione  dell'ammissibilita'  del
conflitto - Utilizzazione impropria del conflitto di attribuzione, in
luogo del ricorso agli ordinari mezzi endoprocessuali di impugnazione
degli atti asseritamente viziati - Inammissibilita' del conflitto.
- Costituzione,  art.  68, secondo comma; legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art.  37.  Corte  costituzionale,  giudice  a  quo  -  Giudizio per
  conflitto  tra  poteri  - Richiesta di autorimessione alla Corte di
  questione  incidentale  di  legittimita' costituzionale - Oggetto -
  Procedimento  penale  -  Lamentato  differimento  al 2 gennaio 2000
  della  situazione  di  incompatibilita'  tra  pregresso svolgimento
  della  funzione di giudice per le indagini preliminari e successiva
  funzione  di giudice dell'udienza preliminare - Carenza evidente di
  pregiudizialita' della questione.
- D.L.  24  maggio  1999, n. 145, art. 3-bis, comma 1, inserito dalla
  legge di conversione 22 luglio 1999, n. 234.
- Costituzione,  art.  3,  primo  comma, 24, secondo comma, 25, primo
  comma,   27,   secondo   comma,   e   101,   secondo  comma.  Corte
  costituzionale, giudice a quo - Giudizio per conflitto tra poteri -
  Richiesta  di autorimessione alla Corte di questione incidentale di
  legittimita'  costituzionale  -  Oggetto  -  Procedimento  penale -
  Udienze  penali  -  Omessa  previsione che gli impegni parlamentari
  costituiscono giusto motivo d'impedimento a presenziare all'udienza
  - Carenza evidente di pregiudizialita' della questione.
- D.L.  24  maggio  1999, n. 145, art. 3-bis, comma 1, inserito dalla
  legge  di conversione 22 luglio 1999, n. 234; cod. proc. pen., art.
  486, comma 1.
(GU n.17 del 19-4-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI,  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo VARI,
Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi  di  ammissibilita' dei conflitti tra poteri dello Stato
sorti  a  seguito dei procedimenti penali nn. 11749/1997, 7816/1998 e
12193/1998  instaurati  davanti  al  Tribunale  di  Milano,  promossi
dall'on. Cesare  Previti con ricorsi depositati il 17 settembre ed il
5 ottobre  1999  ed  iscritti  ai  numeri  128  e  130  del  registro
ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 22 marzo 2000 il giudice
relatore Cesare Ruperto.
    Ritenuto  che,  con  ricorso  depositato il 16 settembre 1999, il
deputato  Cesare  Previti, sottoposto presso il tribunale di Milano a
procedimenti  penali  giunti  alla  fase dell'udienza preliminare, ha
sollevato  conflitto  di  attribuzioni  tra  poteri  dello  Stato nei
confronti  del  giudice  di tale udienza, chiedendo in via principale
"che,  a  causa  della  finalita' persecutoria dimostrata dal giudice
nella  conduzione  di  un  processo  contro  un  parlamentare,  venga
dichiarata  la nullita' di tutta l'attivita' processuale dallo stesso
compiuta;  in  subordine  perche'  vengano  annullati  tutti gli atti
processuali  lesivi del libero esercizio dell'attivita' parlamentare,
con  intimazione,  pro-futuro  a  gestire  il  processo  in  modo  da
consentire  il  contemporaneo esercizio del diritto di difesa e delle
funzioni di parlamentare";
        che,  secondo  il  ricorrente, detto magistrato, gia' giudice
per    le   indagini   preliminari   nel   medesimo   processo,   "ha
strumentalizzato  le  proprie funzioni, inscenando un processo in cui
[...]  persegue manifestamente l'obbiettivo di colpire il ricorrente,
non  in  quanto  comune cittadino, ma in quanto rappresentante di una
determinata forza politica e parlamentare";
        che,   di  conseguenza,  il  ricorrente  afferma  la  propria
legittimazione   a  sollevare  conflitto,  ritenendo  che  essa  vada
riconosciuta  comunque  al  parlamentare,  ed  in  specie a quello di
minoranza,  per  difendere  l'esercizio  delle proprie funzioni dalle
menomazioni inferte dagli eccessi persecutori del potere giudiziario,
non  potendosi rimettere tale tutela alla decisione della maggioranza
dell'Assemblea  di  appartenenza,  nei  casi  in  cui essa non ne sia
investita direttamente dalla Costituzione;
        che,  sotto  il  profilo oggettivo, il ricorrente osserva che
deve  essere  demandato  alla  Corte  di  "stabilire  se [...] esista
materia  per  instaurare  un  conflitto  di attribuzioni tra i poteri
dello  Stato,  quando  la macchina giudiziaria sia stata attivata non
per  l'applicazione  della  legge, quanto piuttosto per sopprimere la
figura  personale  e  politica di un parlamentare che non puo' quindi
avere  alcuna  via  istituzionale d'uscita sinche' resti intrappolato
nei perversi meccanismi creati e gestiti dall'organo giurisdizionale,
autore della persecuzione";
        che tali vizi procedurali emergerebbero dalla condotta tenuta
dal  magistrato,  prima  nella  veste  di  giudice  per  le  indagini
preliminari  (richiesta  di  applicazione  della  custodia in carcere
relativamente   a  reati  prescritti  o  di  imminente  prescrizione;
utilizzazione  della  deposizione  incompleta  della  teste  Ariosto;
ricostruzione  pretestuosa della vicenda relativa alla mancanza della
procura  speciale  ad  litem  nel giudizio di cassazione Imi-Rovelli;
creazione     della    categoria    del    cosiddetto    inquinamento
"interpretativo"  dei  dati  bancari;  acquisizione ed utilizzazione,
senza  l'autorizzazione  della  Camera  di  appartenenza, di tabulati
telefonici  contenenti  estremi  di  conversazioni  da lui tenute con
altri  indagati,  nonche' di corrispondenza bancaria) e poi nel corso
dell'udienza  preliminare  (mancata  concessione di un congruo rinvio
chiesto  dalla difesa per esaminare compiutamente l'enorme mole degli
atti   processuali  raccolti  dalla  procura;  svolgimento  "a  ritmi
forsennati"  dell'udienza  preliminare, tale da travolgere il diritto
di  difesa  dell'imputato  e  da  impedire il contemporaneo esercizio
delle sue funzioni parlamentari);
        che,  in  via ulteriormente gradata, il ricorrente chiede che
questa  Corte  sollevi  davanti  a se' - in riferimento agli artt. 3,
primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, 27, secondo comma, e
101,  secondo  comma,  della Costituzione - questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 3-bis  comma  1,  del d.-l. 24 maggio 1999,
n. 145,  inserito  in sede di conversione dalla legge 22 luglio 1999,
n. 234,  secondo  cui la situazione di incompatibilita' tra pregresso
svolgimento  della  funzione di giudice per le indagini preliminari e
successiva   funzione   di  giudice  dell'udienza  preliminare  viene
consentita,  per i procedimenti nei quali l'udienza preliminare e' in
corso, fino alla data del 2 gennaio 2000;
        che,  con successivo ricorso depositato il 4 ottobre 1999, il
parlamentare Previti ha sollevato altro conflitto di attribuzioni nei
confronti  dello  stesso  magistrato,  spiegando  in  via  principale
conclusioni identiche a quelle rassegnate nel precedente ricorso;
        che,   ribadite  le  considerazioni  gia'  svolte  in  ordine
all'asserita  persecuzione  processuale  posta in essere in suo danno
dal  predetto  giudice,  il  ricorrente  sottolinea  come  il  "furor
persecutionis", cui e' soggetto nella sua qualita' di parlamentare di
una  forza di minoranza, trovi ulteriore dimostrazione nell'ordinanza
letta in udienza il 17 settembre 1999, nel cui contesto, con riguardo
all'impedimento  da  lui  addotto  per  concomitante  svolgimento  di
funzioni  di  deputato, il giudice dell'udienza preliminare presso il
Tribunale  di  Milano  ha  affermato  -  ignorando il generale canone
interpretativo  che  impone  un bilanciamento tra contrapposti valori
costituzionali  - la "subvalenza" degli impegni parlamentari rispetto
alle esigenze di celebrazione del processo;
        che,  in  via gradata, il ricorrente chiede alla Corte (senza
tuttavia  indicare  i  parametri costituzionali che si intenderebbero
violati)  di  sollevare  davanti  a  se'  questione  di  legittimita'
costituzionale,  non  solo  dell'art. 3-bis del d.-l. 24 maggio 1999,
n. 145,   (come   gia'   richiesto   nel  primo  ricorso),  ma  anche
dell'art. 486,  comma  1,  cod.  proc.  pen., "nella parte in cui non
prevede  che  gl'impegni  parlamentari  costituiscano  giusto  motivo
d'impedimento a presenziare all'udienza".
    Considerato   che   i  procedimenti  vanno  riuniti,  in  ragione
dell'identita'  sia  dei  soggetti  sia  della  materia dei sollevati
conflitti,  entrambi  riferiti  a  fatti  verificatisi  nel  medesimo
processo penale;
        che,  in  questa  fase  del  giudizio, la Corte e' chiamata a
decidere    preliminarmente,    senza    contraddittorio,   a   norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
se  i  ricorsi  siano  ammissibili, in quanto esista la materia di un
conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza;
        che   il  ricorrente  domanda  la  declaratoria  di  nullita'
dell'intera  attivita'  processuale  svolta  nei suoi confronti e, in
subordine,  l'annullamento  di  tutti gli atti processuali lesivi del
libero  esercizio  della  sua  attivita'  parlamentare, denunciando -
quale indice del prospettato "uso distorto delle funzioni giudiziarie
per    il    perseguimento    di    obiettivi    extragiudiziari"   -
un'"impressionante  serie  di irregolarita', scorrettezze, violazioni
di  legge  processuale  e sostanziale [...] che contraddistinguono il
processo  inscenato"  dal  giudice dell'udienza preliminare presso il
Tribunale di Milano;
        che,  a  tal  fine,  il ricorrente lamenta in via generale un
abuso  di potere da parte dell'indicata autorita' giudiziaria, vo'lto
a "sopprimere la figura personale e politica" di lui;
        che  specifiche  sue  attribuzioni,  in  ipotesi  difendibili
mediante  lo  strumento  del  conflitto  nei confronti dell'autorita'
giudiziaria   (e   in   ordine   a  cui  pende  gia'  altro  ricorso,
successivamente  depositato dalla Camera dei deputati onde denunciare
la  menomazione  della  propria posizione costituzionale) sono bensi'
dedotte dal ricorrente (con testuale riferimento all'art. 68, secondo
comma,  della  Costituzione  ed  al suo diritto-dovere di partecipare
alle  votazioni  della  Camera  dei  deputati), come incise da alcuni
provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, ma non gia' per individuare
gli  atti  con  riguardo  ai  quali  solleva  il  conflitto,  sibbene
all'unico   fine   di   arricchire   il   lungo  elenco  dei  sintomi
dell'asserito    "furor   persecutionis"   che,   secondo   lui,   si
manifesterebbe  nel  comportamento  generale del giudice dell'udienza
preliminare presso il Tribunale di Milano;
        che,  per  tutelarsi  in  ordine  alla  lamentata situazione,
impropriamente  esso  ricorrente  utilizza lo strumento del conflitto
d'attribuzione,  invece  d'avvalersi  -  come tutti i cittadini - dei
mezzi   endoprocessuali   d'impugnazione   degli  atti  asseritamente
viziati,   nonche'   di   quelli   diretti  a  provocare  l'eventuale
affermazione  di  responsabilita'  disciplinare,  civile o penale del
magistrato cui egli rimprovera il comportamento non legittimo;
        che  infatti - come ha altre volte precisato questa Corte (v.
ordinanza   n. 359   del   1999)  -  il  giudizio  per  conflitto  di
attribuzione non puo' essere usato quale strumento generale di tutela
dei  diritti  costituzionali, ulteriore rispetto a quelli offerti dal
sistema giurisdizionale;
        che  tanto  basta  per  dichiarare  inammissibili  i  riuniti
conflitti,   restando   cosi'   travolta   la  gradata  richiesta  di
autorimessione   delle  questioni  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 3-bis  comma  1, del d.-l. 24 maggio 1999, n. 145, inserito
in  sede  di  conversione  dalla  legge  22 luglio  1999,  n. 234,  e
dell'art. 486,  comma  1, cod. proc. pen., per evidente carenza della
necessaria pregiudizialita'.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti  i giudizi, dichiara inammissibili, ai sensi dell'art. 37
della  legge  11 marzo  1953,  n. 87, i conflitti di attribuzione tra
poteri   dello  Stato,  proposti  dal  deputato  Cesare  Previti  nei
confronti del giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di
Milano, con i ricorsi indicati in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                        Il redattore: Ruperto
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 aprile 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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