AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE

DETERMINAZIONE 17 febbraio 2000, n. 3 

Clausole  di  riserva ai professionisti residenti contenute nei bandi
   ovvero in pubblici avvisi per progettazione di opere pubbliche.
(GU n.120 del 25-5-2000 - Suppl. Ordinario n. 80)
 
 Vigente al: 25-5-2000  
 

Il  Consiglio  nazionale  degli  ingegneri,  con nota dell'8 novembre
1999,  ha denunciato che in un bando di gara per un concorso di idee,
pubblicato  dall'azienda  multi-servizi  comunali  di  Gallarate, era
inserita  una  clausola  in  base  alla  quale  la partecipazione era
riservata  ai  soli professionisti residenti nella regione Lombardia.
L'Azienda   comunale,  richiesta  di  informazioni,  giustificava  la
limitazione  con  il rilievo che trattavasi di procedura afferente ad
un  concorso  non assimilabile ad un incarico di progettazione di cui
all'art. 16 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.

Analoga   limitazione   veniva   segnalata  dalla  Sezione  regionale
siciliana  del  Sindacato  nazionale  ingegneri libero professionisti
italiani  (Snilpi  Sicilia),  con riferimento ad un avviso pubblicato
dalla  regione  Toscana  per  l'aggiornamento  dell'albo  dei  liberi
professionisti   tecnici,  ingegneri  ed  architetti  interessati  ad
effettuare  collaudi  tecnico-amministrativi  per  gli  interventi di
edilizia   residenziale   pubblica.   Anche   tale  avviso,  infatti,
riguardava i soli ingegneri ed architetti iscritti ai rispettivi albi
professionali  della Toscana da piu' di dieci anni e senza, peraltro,
alcuna  indicazione  in  ordine  ai  criteri  per  la valutazione del
rispettivo curriculum

In  entrambe  le  indicate  ipotesi  occorre, pertanto, verificare la
legittimita'  di  clausole  contenute  in  bandi  ovvero  in pubblici
avvisi,  che preludono al conferimento di premi ovvero ad affidamenti
di incarichi professionali da parte di amministrazioni pubbliche, che
limitino la partecipazione a soggetti residenti in determinati ambiti
territoriali.  La particolarita' delle due fattispecie scaturisce dal
fatto  che  la prima attiene ad un concorso di idee non assimilabile,
secondo  il  comune di Gallarate, ad un incarico di progettazione per
il quale soltanto sussisterebbe il divieto di imporre discriminazioni
di  tipo territoriale; la seconda, invece, inerisce all'aggiornamento
di  un  albo  di  collaudatori,  distinto da quello nazionale e fatto
predisporre  da  una  regione  nell'esercizio  delle  sue  competenze
istituzionali.

Quanto  al primo caso, devesi rilevare che al concorso di idee, oltre
che  al  concorso  di  progettazione,  fa  riferimento  il  comma 13^
dell'art.  17  della legge 109/94. Il ricorso alla relativa procedura
e'  consentito,  in  base  alla norma indicata, quando la prestazione
riguardi la progettazione di lavori di particolare rilevanza sotto il
profilo architettonico, ambientale, storico-artistico e conservativo,
nonche' tecnologico. La norma non definisce la natura ed il contenuto
della   due  procedure  stabilendo  che  alle  stesse,  tuttavia,  si
applicano  le  disposizioni  in  materia  di pubblicita' previste dai
commi  10  e 12 dello stesso art. 17. Analogamente, il regolamento di
attuazione  della  legge  quadro in corso di definizione contiene due
articoli  (57  e 58) relativi al concorso di idea e tre articoli (59,
60 e 61) relativi al concorso di progettazione, che disciplinano solo
le   concernenti   modalita'  di  espletamento  e  senza  indicazioni
riguardanti la sostanza dei due istituti.

Per  definire la natura ed il contenuto del concorso di idee occorre,
pertanto, fare riferimento al D.P.R. 6 novembre 1962, n. 1930 che per
primo  lo  ha  previsto  e  che  lo qualifica come una sottospecie di
concorso  di  progettazione  cui  si ricorre quando occorre acquisire
progetti  preliminari  che attengano allo studio dei problemi che per
la loro natura consentono varie possibilita' di impostazione, per cui
i concorrenti sono chiamati a presentare idee o proposte mediante una
relazione,   corredata   da  disegni  sommari  o  schizzi  (art.  3).
Trattandosi,  quindi, di una specie di concorso di progettazione deve
anche  richiamarsi  il  disposto  di  cui  all'art.  26  del  decreto
legislativo  17  marzo  1995,  n.  157, di attuazione della direttiva
comunitaria 92/50 CEE, che, riproducendone il contenuto, definisce lo
stesso  come una procedura intesa a fornire alla amministrazione o al
soggetto  aggiudicatore  un  piano  o un progetto, selezionati da una
commissione   giudicatrice   in   base  ad  una  gara,  con  o  senza
assegnazione di premi.

E' evidente allora che il concorso di progettazione ed il concorso di
idee,   che   ne   e'  una  sottospecie,  si  distinguono  nettamente
dall'appalto  di  progettazione,  meglio  definito  come  appalto  di
servizi  di  architettura  o  di  ingegneria.  I  primi identificano,
infatti,  una  offerta  al  pubblico  con  la quale l'amministrazione
aggiudicatrice  promette  di  acquistare, premiandola o meno, un'idea
progettuale, ovvero un progetto che normalmente e' definito a livello
di  preliminare,  ritenuti  i  migliori,  sul  piano  qualitativo  ed
economico,   da   una  apposita  commissione,  in  relazione  ad  una
preindicata esigenza. Si puo' dire, quindi, che la procedura relativa
al   concorso  di  idee  o  di  progettazione  si  conclude  con  una
compravendita  di  un  prodotto  dell'ingegno e cioe' di un progetto.
Laddove,  invece, nell'appalto di progettazione oggetto del contratto
e'  una prestazione professionale intesa ad un risultato e cioe' alla
redazione  di  un progetto, per cui la procedura tende alla selezione
del  relativo  progettista.  Tale diversita' di natura e di contenuto
del  concorso  di progettazione rispetto all'appalto di progettazione
costituisce  la  ragione  per  la  quale  l'allegato  n. 6 al decreto
legislativo  157/1995 indicato, in coerenza con quanto disposto dalla
direttiva   comunitaria  92/50  CEE,  non  prevede  l'indicazione  di
particolari   requisiti   minimi   di   partecipazione  di  carattere
economico-finanziario   e  tecnico-organizzativo  che  devono  essere
posseduti  dai  concorrenti, escluso quello professionale. Si tratta,
infatti,  di procedura intesa ad esalta re le sole capacita' creative
e  progettuali dei soggetti partecipanti indipendentemente dalle loro
capacita' economico-finanziarie e tecnico organizzative.

Da   sottolineare   anche  che  siffatta  previsione  si  giustifica,
tuttavia,  soltanto  con riferimento al concorso di progettazione che
non  sia inserito in un procedimento di appalto che comprenda anche e
successivamente  un  servizio di ingegneria o di architettura; atteso
che,  in  tale  ipotesi,  i concorrenti, potendo essere aggiudicatari
anche  dell'appalto,  devono  possedere altresi' i necessari indicati
ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi.

Pur  trattandosi,  tuttavia,  di  istituti  diversi, non e' possibile
ugualmente  aderire  alla  tesi  prospettata  dal comune di Gallarate
circa  la possibilita' di prevedere una clausola del bando che limiti
la  partecipazione ad un concorso di idee dei soli soggetti residenti
nella  regione.  E  tanto  per  l'assorbente  rilievo  che  una  tale
possibilita'  e'  tassativamente  esclusa  dal  disposto  del comma 7
dell'indicato  art. 26 del decreto legislativo n. 157/1995 secondo il
quale  "l'ammissione dei partecipanti ai concorsi di progettazione (e
quindi  a quelli di idee che ne sono una fattispecie) non puo' essere
limitata al territorio nazionale o parte di esso".

Quanto  alla  seconda  questione riguardante la formazione di albi di
collaudatori   regionali,   va  rilevato,  in  primo  luogo,  che,  a
differenza  di  quanto  previsto  per gli incarichi di progettazione,
l'art.  28  della  legge-quadro  non contiene disposizioni specifiche
relative  alla  selezione  dei  collaudatori  esterni,  limitandosi a
stabilire (al comma 4) che i tecnici collaudatori sono nominati dalle
amministrazioni   appaltanti  nell'ambito  della  propria  struttura,
"salvo   che   nell'ipotesi   di  carenza  di  organico  accertata  e
certificata    dal   responsabile   del   procedimento".   L'emanando
regolamento  di  attuazione della legge-quadro, a sua volta, prevede,
all'art. 188, che, ai fini dell'affidamento dell'incarico di collaudo
a  soggetti  esterni  all'organico  delle  stazioni  appaltanti, sono
istituiti  presso  il  Ministero dei lavori pubblici, le regioni e le
province autonome elenchi di collaudatori (comma 8).

Dal  che  sembra  consentito  dedurre  che,  stante anche l'esplicita
previsione  regolamentare,  sia,  in  primo  luogo,  possibile che le
regioni istituiscano propri albi di collaudatori. Stante, inoltre, la
mancanza   di   vincoli  normativi  in  ordine  alla  individuazione,
nell'ambito  degli  albi, dei collaudatori cui affidare gli specifici
incarichi,  sembra  anche  legittima la mancata indicazione nel bando
dei criteri per la valutazione dei singoli curricula.

Non   pare,  invece,  consentito  limitare  l'iscrizione  negli  albi
regionali  indicati  ai  soli  professionisti  residenti  nell'ambito
territoriale della regione.

Un'eventuale  clausola  limitativa  nei  sensi  indicati  inserita in
avviso  per  l'aggiornamento  dell'albo  regionale  dei  collaudatori
contrasta,  infatti,  con  il  principio costituzionale di parita' di
trattamento  di  cui  all'art.  3  della  Costituzione.  E' precluso,
inoltre. dalla normativa comunitaria in materia di appalti di servizi
laddove  si  impone  alle  amministrazioni  aggiudicatrici parita' di
trattamento  tra  i  relativi  prestatori  (art.  3,  comma  2  della
direttiva 92/50 CEE).

Questo contrasto porta a valutazioni di invalidita' della clausola in
tali sensi inserita in provvedimento amministrativo, salvo che questa
clausola  trovi supporto in una norma regionale, perche' la questione
allora  attiene  a  livello  di illegittimita' costituzionale, da far
valere in giudizio innanzi al giudice competente.

                                  Il Presidente: GARRI