N. 197 SENTENZA 8 - 16 giugno 2000

Sentenza 8-16 giugno 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Regione   Siciliana   -   Dipendenti   e   amministratori  -  Diritto
all'assistenza  legale  riconosciuto ai dipendenti soggetti a giudizi
di  responsabilita'  (civile,  amministrativa  o  penale)  -  Mancata
estensione   agli   amministratori   per   fatti   e   atti  connessi
all'esercizio  delle  loro  funzioni pur in assenza di un rapporto di
dipendenza  -  Lamentata,  irragionevole, disparita' di trattamento -
Esercizio  non  arbitrario  della  discrezionalita' legislativa - Non
fondatezza della questione.
- Legge Regione Siciliana, 29 dicembre 1980, n. 145, art. 39.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.26 del 21-6-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare
RUPERTO,  Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'articolo 39 della
legge  della  Regione  Siciliana  29  dicembre  1980,  n. 145  (Norme
sull'organizzazione   amministrativa  e  sul  riassetto  dello  stato
giuridico ed economico del personale dell'Amministrazione regionale),
promosso  con  ordinanza  emessa  il  25 febbraio 1999 dal pretore di
Ragusa,  iscritta  al n. 236 del registro ordinanze 1999 e pubblicata
nella   Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 18,  prima  serie
speciale, dell'anno 1999.
    Visto l'atto di intervento della Regione Siciliana;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  dell'8 marzo 2000 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.

                          Ritenuto in fatto

    1.1.  -  Il pretore di Ragusa, nel procedimento civile tra alcuni
ex  componenti  del  Comitato  direttivo  del Consorzio per l'area di
sviluppo industriale della Provincia di Ragusa e il Consorzio stesso,
con  ordinanza  depositata  in  data  26  febbraio 1999, ha sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 39 della legge
della   Regione   Siciliana   29   dicembre   1980,   n. 145   (Norme
sull'organizzazione   amministrativa  e  sul  riassetto  dello  stato
giuridico ed economico del personale dell'Amministrazione regionale),
per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non
prevede   che  il  diritto  all'assistenza  legale,  riconosciuto  ai
dipendenti  che  siano  soggetti  a  procedimenti  di responsabilita'
civile,  amministrativa  o  penale  in  conseguenza  di fatti ed atti
connessi  all'espletamento  del servizio e dei compiti d'ufficio, nel
caso  di  esito  a  loro  favorevole,  sia  esteso  ai  "funzionari o
amministratori"  per  fatti  e atti connessi all'esercizio delle loro
funzioni pur in assenza di un rapporto di dipendenza.
    1.2.  -  Il  remittente  premette  di  aver  disposto con decreto
ingiuntivo  a  carico  del  citato  Consorzio il rimborso delle spese
legali  sostenute  dagli ex amministratori per la loro difesa innanzi
al  Tribunale di Ragusa in un procedimento che li vedeva imputati per
fatti commessi nell'esercizio di funzioni inerenti alla loro qualita'
di   amministratori   e  che  si  era  concluso  con  la  loro  piena
assoluzione.
    Contro  il  decreto  - prosegue il giudice a quo - aveva proposto
opposizione  il  Consorzio,  obiettando  che la norma in virtu' della
quale  gli  opposti  reclamavano  il  rimborso  della parcella, cioe'
l'art. 39  della  legge  della  Regione  Siciliana  29 dicembre 1980,
n. 145,  in  combinazione  con  l'art. 19 del d.P.R. 16 ottobre 1979,
n. 509  (Approvazione  della  disciplina  del  rapporto di lavoro del
personale  negli enti pubblici), prevederebbe tale diritto solo per i
dipendenti, non anche per gli amministratori della Regione Siciliana,
ne'  sussisterebbero i presupposti per una estensione analogica, come
invece  ritenuto dalle controparti sulla scorta di una giurisprudenza
del giudice amministrativo e contabile.
    1.3.  -  Il  remittente  mostra di condividere la tesi secondo la
quale  non  vi  sarebbe  spazio  per  una  estensione analogica della
disciplina,    in    quanto   l'omessa   previsione   normativa   non
corrisponderebbe  ad  un vuoto legislativo, bensi' alla insussistenza
di un diritto degli amministratori regionali.
    Il  giudice  a  quo  ritiene  d'altra  parte che nell'espressione
"dipendenti",  utilizzata  dalla  legge regionale, non possono essere
ricomprese  figure  soggettive  quali  gli amministratori, sia per il
pericolo  di  innescare  "una reazione a catena incontrollabile", sia
perche'  la figura di dipendente e quella di amministratore sarebbero
ben   differenziate,   la  prima  essendo  "uno  status  l'altra  una
qualita'".
    Ad avviso del pretore di Ragusa, la diversita' strutturale fra le
due   figure  soggettive  non  basterebbe  pero'  a  giustificare  la
disparita'  di  trattamento  "fra  il  dipendente  e il funzionario o
amministratore  non  dipendente", che sarebbe pertanto irragionevole.
La  ratio  della norma censurata, infatti, non andrebbe rinvenuta nel
vincolo  di  subordinazione,  ma  nell'imputabilita' dell'operato del
dipendente  all'Ente  per  il  quale  ha  agito;  una  ratio  che non
escluderebbe, quindi, l'amministratore.

    2. - Si  e'  costituito  in  giudizio il Presidente della Regione
Siciliana,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale dello
Stato, sostenendo l'infondatezza della questione.
    L'Avvocatura  si chiede innanzitutto perche' mai il giudice a quo
nel  dispositivo dell'ordinanza di remissione, abbia esteso il dubbio
di   legittimita'   costituzionale   alla   mancata   previsione  dei
"funzionari",  che  ricadrebbero  pacificamente  nella  categoria dei
"dipendenti".
    Quanto  agli  amministratori,  l'Avvocatura  osserva che essi non
sarebbero  legati  all'ente  di appartenenza da un rapporto di lavoro
subordinato,  ne'  sarebbero  gravati  da  un obbligo di esclusivita'
delle  prestazioni. L'imputabilita' all'ente dell'operato non sarebbe
l'unica  ratio della disciplina, trovando essa fondamento concorrente
nell'obbligo  di  fedelta'  e di prestazione esclusiva caratteristico
del rapporto di lavoro subordinato.
    Considerato in diritto

    1.   -   Il   pretore   di   Ragusa   dubita  della  legittimita'
costituzionale  dell'articolo  39 della legge della Regione Siciliana
del  29  dicembre  1980,  n. 145,  per  violazione  dell'art. 3 della
Costituzione,   nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il  diritto
all'assistenza  legale, riconosciuto ai dipendenti che siano soggetti
a  procedimenti di responsabilita' civile, amministrativa o penale in
conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e
dei compiti di ufficio, sia esteso agli amministratori (i funzionari,
diversamente da quanto il giudice remittente mostra di ritenere, sono
anch'essi  dipendenti)  per fatti e atti connessi all'esercizio delle
loro funzioni pur in assenza di un rapporto di dipendenza.
    Secondo  il  giudice  a quo non sussisterebbero i presupposti per
una  interpretazione  analogica  della norma in questione, ma sarebbe
evidente  la  irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  le due
categorie di soggetti considerate, una volta rinvenuta la ratio della
norma    non    tanto   nel   vincolo   di   subordinazione,   quanto
nell'imputabilita' dell'operato del soggetto all'ente per il quale ha
agito.

    2. - La questione non e' fondata.
    Il  remittente,  nel  soffermarsi sulla diversita' di significato
giuridico  dei  termini  "dipendente"  e  "amministratore",  respinge
l'ipotesi   che   la   disposizione  censurata  sia  suscettibile  di
estensione analogica dall'una all'altra figura. Nondimeno ritiene che
la  ratio  della previsione dell'art. 39 di tenere indenne la persona
"processata  ingiustamente per la sua attivita' di dipendente" sia da
ricercare   nella  imputabilita'  sostanziale  dell'operato  di  tale
persona  all'ente  per  il  quale  ha  agito; caratteristica, questa,
riscontrabile,   a   suo   avviso,   anche   nell'attivita'  gestoria
dell'amministratore.
    Anche  a  voler accedere alla non incontrovertibile ricostruzione
dogmatica  del  giudice  a  quo in tema di imputazione degli atti, si
deve  rilevare  che, cosi' argomentando, egli seleziona un profilo di
presunta assimilabilita' delle due figure e lo pone come esclusivo ai
fini  dell'apprezzamento  della  portata  prescrittiva  della  ratio.
Svaluta quindi ogni altro elemento al quale il legislatore possa aver
attribuito  rilievo  nello  stabilire per i dipendenti un trattamento
diverso  e  piu' favorevole rispetto agli amministratori. Deve invece
osservarsi   che,   per   una   corretta  impostazione  del  giudizio
costituzionale  di  eguaglianza,  occorre  aver  presenti  tutti  gli
elementi giuridicamente rilevanti delle fattispecie poste a raffronto
e  verificare se essi siano riconducibili ad una ratio unitaria. Solo
nel  caso  in  cui  una  siffatta verifica dia esito positivo sarebbe
infatti   possibile   censurare   come   discriminatoria   la  scelta
diversificatrice del legislatore.
    Ebbene, nel caso di specie vi e' sicuramente un profilo rilevante
che,   nell'ambito  dell'organizzazione  dell'ente  di  appartenenza,
investe   la   posizione   del   dipendente   e   non   anche  quella
dell'amministratore:   il  rapporto  di  subordinazione.  Mettere  le
proprie  energie  lavorative  a  disposizione  del  datore di lavoro,
assumere quest'ultimo, oltre all'obbligo della retribuzione, i rischi
e i corrispondenti oneri di protezione per tutto cio' che viene fatto
dal  lavoratore  nello  svolgimento  della  prestazione  oggetto  del
rapporto,  sono  i  tratti  che  caratterizzano il lavoro dipendente;
tratti  immediatamente  percepibili  allorche'  ci  si riferisca alle
qualifiche  funzionali  meno elevate, ma che non vengono meno quando,
come  nel  caso  degli  alti  funzionari  o  dei dirigenti, il lavoro
richieda  prestazioni  professionali  che,  per  qualita', comportino
livelli  di autonomia decisionale e poteri di gestione anche prossimi
a  quelli dell'amministratore. Si tratta sempre di conferire all'ente
di  appartenenza  le proprie energie lavorative, cio' che non avviene
per gli amministratori, la cui immedesimazione organica con l'ente si
basa  su  un  rapporto,  variamente  configurato  in dottrina, ma che
comunque non e' di lavoro subordinato.
    Anche  nelle ipotesi in cui, esaminando isolatamente il contenuto
delle attivita' alle quali sono chiamati dipendenti e amministratori,
le  due  figure  possono  apparire  piu'  vicine,  residua  sempre un
elemento  differenziale  sul  quale  e' ben possibile al legislatore,
senza  superare  i  limiti  della sua discrezionalita', costruire una
disciplina  diversificata in materia di indennizzabilita' degli oneri
di  difesa  sopportati  dai dipendenti, per il caso in cui si trovino
sottoposti  ad  un procedimento, all'esito del quale siano dichiarati
esenti da responsabilita'.
    Se   dunque   si   esaminano  tutti  i  profili  rilevanti  delle
fattispecie  poste  a  raffronto,  e'  agevole  comprendere che nella
disciplina  di  cui al censurato art. 39 della legge regionale n. 145
del  1980  non  e'  riscontrabile alcunche' di arbitrario, rientrando
appieno  nella  discrezionalita' del legislatore limitare il previsto
beneficio   ai   soli   dipendenti   ovvero   estenderlo  anche  agli
amministratori.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'articolo  39  della  legge  della  Regione Siciliana 29 dicembre
1980,   n. 145   (Norme   sull'organizzazione  amministrativa  e  sul
riassetto   dello   stato   giuridico   ed  economico  del  personale
dell'Amministrazione    regionale),    sollevata,    in   riferimento
all'articolo   3  della  Costituzione,  dal  pretore  di  Ragusa  con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                      Il redattore: Mezzanotte
    Depositata in cancelleria il 16 giugno 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
00C0636