N. 279 ORDINANZA 6 - 13 luglio 2000

Ordinanza 6-13 luglio 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Ordinanza di rimessione - Principio di autosufficienza - Elementi per
valutare  la rilevanza della questione - Desumibilita' dagli atti del
giudizio a quo - Esclusione.
Previdenza  e  assistenza  -  Contributi  previdenziali  -  Azione di
ripetizione  delle  somme  indebitamente versate in sede di condono -
Esclusione  di  interessi  sulle  somme  dovute  da  parte degli enti
impositori  -  Questione concernente norma sopravvenuta nel corso del
giudizio  a  quo  -  Difetto  palese di motivazione sulla rilevanza -
Manifesta inammissibilita'.
- Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 81, comma 9.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.30 del 19-7-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici:   Francesco  GUIZZI,  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,
Riccardo   CHIEPPA,   Gustavo   ZAGREBELSKY,   Valerio  ONIDA,  Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 81, comma 9,
della  legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per
la stabilizzazione e lo sviluppo), promosso con ordinanza emessa il 5
luglio  1999 dal Tribunale di Brescia nei procedimenti civili riuniti
Pasolini  Maria  Rosa  contro  INPS,  iscritta al n. 618 del registro
ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 45, prima serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 giugno 2000 il giudice
relatore Franco Bile;
    Ritenuto che con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Brescia,
in  composizione monocratica e in funzione di giudice del lavoro, nel
corso di un giudizio su due procedimenti riuniti di opposizione a due
diversi  decreti ingiuntivi, ottenuti dall'INPS contro Pasolini Maria
Rosa,  per omessa contribuzione previdenziale, ha sollevato questione
di  costituzionalita'  dell'art. 81, comma 9, della legge 23 dicembre
1998,  n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo
sviluppo), per violazione dell'art. 3 della Costituzione;
        che  il  rimettente  riferisce  che  nelle  more del giudizio
l'opponente  avrebbe  presentato, con riserva di ripetizione, domanda
di cosiddetto condono relativamente ai contributi richiesti con i due
decreti  opposti,  producendo  quindi  la  documentazione  inerente i
conseguenti adempimenti;
        che,  successivamente, l'opponente avrebbe chiesto di "essere
autorizzato  ad  integrare  le conclusioni con l'ulteriore domanda di
condanna  dell'INPS  alla restituzione delle somme versate in sede di
condono, oltre interessi legali dalla data del pagamento, nel caso di
riconoscimento   della   non   debenza  delle  somme  ingiunte  e  di
conseguente  revoca dei due decreti ingiuntivi opposti, facendo cosi'
valere la riserva di ripetizione";
        che  il  rimettente,  fatte  tali  premesse,  osserva  che la
domanda  di  restituzione  di  indebito  sarebbe ammissibile, perche'
costituirebbe  una  naturale espansione della domanda originariamente
formulata negli atti introduttivi;
        che,  quindi,  il rimettente assume che la sua decisione deve
contemplare   anche   detta  domanda  e,  quindi,  la  debenza  degli
interessi, spettanti all'opponente ai sensi dell'art. 2033 del codice
civile,  ma  di  seguito  rileva  che  nelle  more  del  giudizio  e'
sopravvenuto  il  suddetto  art. 81,  comma 9, della legge n. 448 del
1998,  il  quale - pur avendo previsto la validita' delle clausole di
riserva  di  ripetizione  delle somme pagate in esecuzione di condoni
previdenziali  -  ha  stabilito  che  sulle  somme  dovute dagli enti
impositori  a  seguito del contenzioso sulle azioni di ripetizione di
indebito  con  cui la riserva sia stata fatta valere, non sono dovuti
interessi;
        che  dopo tali assunti il rimettente enuncia testualmente che
"e'  superfluo  riferire alla Corte altri aspetti della controversia,
poiche' le risultanze di causa che determineranno la decisione devono
essere  valutate  da  questo  giudice  e non dal giudice delle leggi,
cosicche'  non  interessano  in  questa  sede,  neppure ai fini della
dimostrazione  della  sussistenza  della  rilevanza  in  causa  della
questione   incidentale   di  legittimita'  costituzionale"  per  poi
soggiungere che "in ogni caso gli atti del giudizio vengono trasmessi
alla  Corte costituzionale che, ove lo ritenga necessario, ben potra'
agevolmente   esaminarli,   motu  proprio  nell'ambito  del  corretto
esercizio  della  propria  funzione, tenendo conto che questo giudice
non   puo',   comunque,   manifestare   anticipatamente   il  proprio
orientamento";
        che  il rimettente motiva la non manifesta infondatezza della
questione   osservando   anzitutto  che  vi  sarebbe  una  violazione
dell'art. 3  della  Costituzione  ed  all'uopo  egli  afferma  che il
legislatore  non  potrebbe  escludere  del tutto la corresponsione di
interessi,  ma  solo ridurli ad una misura non simbolica, e che nella
specie non ricorrerebbero nemmeno gli estremi per una loro riduzione;
        che la scelta di escludere la corresponsione degli interessi,
inoltre,  sarebbe  incomprensibile  e contraddittoria, anche se le si
attribuisse   un   intento   sanzionatorio   o   se  si  considerasse
l'effettuazione    del    condono    come    "ipotesi    di    natura
pseudo-transattiva";
        che, infine, il rimettente sostiene che non sarebbe possibile
alcuna  interpretazione  costituzionale, e che la questione sollevata
sarebbe rilevante;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  Ministri, sostenendo in via preliminare l'inammissibilita' della
questione,  in  quanto  il  rimettente  non  avrebbe  accertato se in
concreto  sussistevano  le  condizioni  poste  dalla denunciata norma
dell'art. 81,  comma  9,  per  la  ripetizione delle somme versate in
occasione  del  condono,  ed  in via subordinata l'infondatezza della
questione.
    Considerato  che il giudice a quo nell'assumere espressamente che
sarebbe  superfluo  riferire  nell'ordinanza  ulteriori  elementi  in
ordine alla controversia, enuncia che la loro individuazione dovrebbe
desumersi  da questa Corte attraverso l'esame degli atti del giudizio
a quo;
        che  tale assunto, in quanto i detti elementi sarebbero stati
necessari per apprezzare la rilevanza della questione, contraddice la
consolidata  giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in ossequio
al  c.d.  principio  di  autosufficienza dell'ordinanza di rimessione
(cfr.  ordinanza  n. 242  del  1999), e' escluso che gli elementi per
apprezzare  la rilevanza della questione possano desumersi dagli atti
del giudizio a quo (cfr. da ultimo l'ordinanza n. 300 del 1999);
        che  la  motivazione  sulla  rilevanza della questione e' del
tutto  apparente  ed  apodittica,  in  quanto  il  rimettente  non ha
enunciato  in  alcun  modo  le  ragioni  per cui la norma denunciata,
sopravvenuta  nel  corso  del giudizio, sarebbe eventualmente in esso
applicabile, ed in quanto - sussistendo nel giudizio a quo cumulo fra
la  domanda inerente l'azione di condanna al pagamento dei contributi
esercitata dall'INPS, oggetto dell'opposizione ai decreti ingiuntivi,
e  la  domanda  di  restituzione delle somme pagate in esecuzione del
condono,  proposta dall'opponente, ed essendo tale cumulo regolato da
un  nesso  di  pregiudizialita'  della  prima  domanda  rispetto alla
seconda  -  il  rimettente,  per  poter prospettare la questione come
concretamente    rilevante,    avrebbe    dovuto    decidere    prima
sull'opposizione  a  decreto  ingiuntivo  (e, in caso di accoglimento
dell'opposizione  nel  merito,  disporre la prosecuzione del giudizio
sulla domanda restitutoria e solo allora sollevare la questione), o -
scegliendo  di decidere congiuntamente sulle due domande - quantomeno
dare  atto  di  avere  esaurito  l'istruzione sulla prima domanda con
risultati  tali  da  far  ritenere  almeno  possibile  l'accoglimento
dell'opposizione nel merito;
        che   pertanto,   in  presenza  di  tale  palese  difetto  di
motivazione   sulla   rilevanza,   la   questione  e'  manifestamente
inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 81, comma 9, della legge 23
dicembre   1998,   n. 448   (Misure   di   finanza  pubblica  per  la
stabilizzazione   e  per  lo  sviluppo),  sollevata,  in  riferimento
all'articolo  3  della  Costituzione,  dal  Tribunale  di Brescia con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 e il 13 luglio 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 13 luglio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Fruscella
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