N. 333 SENTENZA 12 - 24 luglio 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Acque  pubbliche  e  acquedotti  -  Ente  autonomo  per  l'acquedotto
pugliese - Trasformazione in societa' per azioni - Attribuzioni delle
azioni  della  costituenda  societa' al Ministero del tesoro - Omessa
partecipazione  della  Regione Puglia alla amministrazione e gestione
della  societa'  -  Ricorso  della stessa Regione in via principale -
Lamentata   lesione  delle  proprie  attribuzioni  costituzionali  in
materia   di   acquedotti  -  Notificazione  tardiva  del  ricorso  -
Inammissibilita'.
- D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 141.
- Costituzione, artt. 5, 97 e 117.
(GU n.32 del 2-8-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI,  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo VARI,
Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale del decreto legislativo
11  maggio  1999,  n. 141, recante "Trasformazione dell'Ente autonomo
acquedotto  pugliese  in  societa'  per  azioni a norma dell'art. 11,
comma  1, lettera b), della legge 15 marzo 1997, n. 59", promosso con
ricorso  della  regione  Puglia,  notificato il 21 giugno 1999 presso
l'Avvocatura  generale  dello Stato ed il 28 dello stesso mese presso
la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  depositato il 24 e 30
giugno, ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 1999.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 9 maggio 2000 il giudice relatore
Piero Alberto Capotosti;
    Uditi  gli  avvocati  Vincenzo  Caputi  Jambrenghi per la regione
Puglia  e l'avvocato dello Stato Gian Paolo Polizzi per il Presidente
del Consiglio dei Ministri.

                          Ritenuto in fatto


    1. - Con ricorso notificato il 21 giugno 1999 presso l'Avvocatura
generale  dello  Stato e il 28 dello stesso mese presso il Presidente
del  Consiglio  dei Ministri, la regione Puglia ha promosso questione
di  costituzionalita', in riferimento agli articoli 5, 97 e 117 della
Costituzione,   del   decreto  legislativo  11  maggio  1999,  n. 141
(Trasformazione  dell'Ente  autonomo  acquedotto pugliese in societa'
per  azioni, a norma dell'art. 11, comma 1, lettera b) della legge 15
marzo  1997,  n. 59).  La  ricorrente  si  duole del fatto che l'atto
impugnato,  attribuendo tutte le azioni della costituenda societa' al
Ministero  del  tesoro,  viola  le proprie competenze costituzionali,
poiche',  per  effetto  di  detta  attribuzione,  "il  Presidente del
Consiglio  e  i  suoi  Ministri  eserciteranno  tutte  le funzioni di
gestione  e  amministrazione della societa' per l'acquedotto pugliese
nella totale assenza dell'Ente cui la Costituzione riserva la materia
degli acquedotti".

    2. - La regione Puglia espone che il decreto legislativo 31 marzo
1998,  n. 112  ha  trasferito alle regioni tutte le funzioni relative
alla  progettazione,  realizzazione e gestione delle opere idrauliche
di qualsiasi natura, e che la legge 5 gennaio 1994, n. 36 ha affidato
alle  medesime  regioni "il compito di individuare le forme e modi di
cooperazione affinche' comuni e province provvedano alla gestione del
servizio  idrico  integrato  tramite convenzione". Da tali competenze
deriva,  secondo  la ricorrente, che nella trasformazione in societa'
per azioni di tutti gli enti acquedottistici dislocati sul territorio
nazionale, trasformazione prevista dall'art. 1, comma 83, della legge
28  dicembre  1995, n. 549, "non puo' essere in alcun modo trascurato
il ruolo esercitato dalle Regioni, nella veste di titolari del potere
legislativo  in  materia  di  acquedotti, gestori ex lege di tutte le
opere idrauliche e promotori del servizio idrico integrato". Inoltre,
prosegue  la  regione Puglia, poiche' l'art. 10 della legge n. 36 del
1994 prevede per gli enti gestori di acquedotti disciolti il transito
obbligatorio  nel  soggetto  gestore  del servizio idrico, l'Ente per
l'acquedotto pugliese "restera' ancora soggetto alla disciplina della
legge n. 36 del 1994 a condizione che sia dichiarato incostituzionale
il decreto legislativo impugnato".
    Le competenze regionali in materia non sarebbero neppure escluse,
secondo  la  ricorrente, dalla circostanza che l'ente acquedottistico
in  questione sia annoverato fra gli enti pubblici non economici c.d.
parastatali  ai  sensi  della  legge  20  marzo  1975, n. 70, poiche'
proprio   l'art. 35   della  legge  lascerebbe  fermi  "i  poteri  di
costituzione,  soppressione  e  fusione  degli enti pubblici operanti
nelle  materie  attribuite  alla  competenza  delle  regioni  secondo
l'art. 117 della Costituzione".
    La   ricorrente  deduce  il  carattere  illegittimo  del  decreto
legislativo  impugnato  anche  laddove  questo prevede che le regioni
Puglia  e  Basilicata  siano  sentite  in merito all'approvazione del
piano  per  la  ristrutturazione  ed  il  risanamento  della societa'
"Acquedotto  pugliese",  che  l'organo  di  amministrazione  di detta
societa'  deve  presentare al Ministro del tesoro nel corso del primo
esercizio  del suo mandato. A suo avviso si tratta di un procedimento
di  interpello  "del  tutto  elusivo  del dettato costituzionale", in
quanto  consentirebbe  "di  conoscere  soltanto le linee del piano di
ristrutturazione",  restando  "estraneo  e  persino  ignoto qualsiasi
altro  aspetto  concernente la gestione concreta di un acquedotto che
ha sede e svolge la sua attivita' all'interno della regione Puglia".

    3. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri,   rappresentato   dall'Avvocatura   generale  dello  Stato,
chiedendo  che  la  questione sia dichiarata inammissibile o comunque
infondata.
    La  difesa  erariale  deduce  che l'intendimento perseguito dalla
legge  n. 549  del  1995  di trasformare radicalmente la natura degli
enti  acquedottistici, secondo obbiettivi di risparmio ed efficienza,
non  integra  alcuna violazione delle competenze regionali, in quanto
l'art. 117  attribuisce alle regioni potesta' legislativa nell'ambito
dei  principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Sarebbe
infondata, a suo avviso, la doglianza della regione Puglia "di essere
stata esautorata dal processo di trasformazione dell'Ente", in quanto
questo  "gia'  dal  1997  era  stato  commissariato  e  ripetutamente
finanziato  dall'amministrazione  statale, sicche' non puo' risultare
anomalo che il Tesoro sia l'unico azionista della societa'".

    4.  - In prossimita' della pubblica udienza, la regione Puglia ha
depositato   una   memoria   difensiva  nella  quale  ha  dedotto  in
particolare l'inidoneita' del parere richiesto alla regione Puglia in
merito  alla  ristrutturazione  della  societa' Acquedotto pugliese a
rispettare  le  competenze  regionali  in  materia. La stessa regione
sottolinea  altresi' che neanche vale ad incidere su dette competenze
la  circostanza  che  l'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese abbia
usufruito  di  finanziamenti  da  parte  dello  Stato, e ribadisce il
carattere  a  suo  dire  illogico  della "sottrazione alla competenza
regionale  di  ogni  ingerenza  nell'erogazione  di un servizio quale
quello  della  distribuzione  dell'acqua  potabile che tutte le altre
norme  di  legge  vigenti  affidano  all'ente  regione  nel quadro di
competenze  piu'  vaste  e  non  modificate  dal  decreto legislativo
impugnato".

    5.  -  In  una memoria presentata in prossimita' dell'udienza, il
Presidente   del   Consiglio  dei  Ministri  ha  eccepito  la  natura
sovraregionale  dell'ente  acquedottistico  in  questione,  cio'  che
escluderebbe la competenza della regione Puglia, in quanto l'art. 117
attribuisce   potesta'   legislativa   alle  regioni  in  materia  di
"viabilita',  acquedotti  e  lavori pubblici di interesse regionale".
Inoltre  ha  sottolineato  la  distinzione  concettuale  e  normativa
esistente   fra  il  profilo  relativo  alle  modalita'  di  gestione
dell'ente  ed  il diverso profilo della gestione del servizio idrico,
da  effettuarsi  ai  sensi  della  legge  n. 36  del 1994. Per quanto
attiene  ai  modi  di gestione dell'ente, la regione, ad avviso della
difesa erariale, non potrebbe vantare alcuna posizione giuridicamente
protetta,  poiche'  e'  soltanto nella successiva fase della gestione
del  servizio,  che  "assumeranno  rilievo  gli interessi regionali e
locali".
    La  difesa  dello  Stato, infine, ha ribadito che, data la natura
statale   dell'ente   interessato,   "nessun  vincolo  costituzionale
imponeva  al legislatore di mantenere operante il collegamento con le
comunita' locali".

                       Considerato in diritto


    1.  -  Il  giudizio di legittimita' costituzionale promosso dalla
regione  Puglia  ha ad oggetto l'intero decreto legislativo 11 maggio
1999,  n. 141,  con  il  quale  e'  stata disciplinata, in attuazione
dell'art. 11,  comma  1, lettera b) della legge 15 marzo 1997, n. 59,
la  trasformazione  dell'Ente  autonomo  per l'acquedotto pugliese in
societa'  per  azioni.  Secondo  la  ricorrente  il suddetto decreto,
omettendo  di  prevedere forme di partecipazione della stessa regione
Puglia  sia alla proprieta' sia alla amministrazione e gestione della
costituenda  societa' per azioni "Acquedotto pugliese", violerebbe le
attribuzioni   costituzionali  in  materia  di  acquedotti  stabilite
dall'art. 117 della Costituzione a garanzia dell'autonomia regionale,
nonche'  violerebbe  anche  gli artt. 5 e 97 della Costituzione. Tali
violazioni  peraltro  non sarebbero comunque evitate dal procedimento
previsto  dall'art. 1,  comma  5,  dello  stesso  decreto  impugnato,
secondo  cui le regioni Puglia e Basilicata debbono essere sentite in
merito  al  piano  di  ristrutturazione  della  societa'  "Acquedotto
pugliese".

    2. - Il ricorso e' inammissibile.
    La   regione   Puglia   ha   promosso  il  presente  giudizio  di
legittimita' costituzionale mediante uno stesso ricorso notificato al
Presidente  del Consiglio dei Ministri, una prima volta, il 21 giugno
1999  presso  la  sede  dell'Avvocatura  generale dello Stato, ed una
seconda volta il 28 dello stesso mese presso la sede della Presidenza
del Consiglio dei Ministri.
    Secondo  la  costante  giurisprudenza di questa Corte "ai giudizi
costituzionali  non  si applicano le norme sulla rappresentanza dello
Stato  in  giudizio  previste  dall'art. 1 della legge 25 marzo 1958,
n. 260  e  dalla legge 3 aprile 1979, n. 103", con la conseguenza che
per   la   rituale  proposizione  del  giudizio  l'atto  deve  essere
notificato  presso  la sede del Presidente del Consiglio dei Ministri
(sentenze  n. 135  del  1997,  n. 295  del 1993, n. 355 del 1992). Si
tratta  dunque  di una modalita' particolare di un regime processuale
che  tiene  conto  anche  della speciale posizione di "rappresentanza
dell'unita' dell'ordinamento statale" che il Presidente del Consiglio
assume  quando si costituisce nei giudizi di costituzionalita' in via
principale (sentenze n. 194 del 1997, n. 172 del 1994).
    Nella   fattispecie   in   esame,   quindi,  non  puo'  ritenersi
validamente  instaurato  il giudizio in forza della notificazione del
ricorso  avvenuta,  nei  termini,  presso l'Avvocatura generale dello
Stato,  mentre il ricorso risulta notificato presso la Presidenza del
Consiglio  dei  Ministri tardivamente, quando il termine previsto per
l'impugnazione  era gia' decorso, essendo stato pubblicato il decreto
legislativo impugnato nella Gazzetta Ufficiale del 21 maggio 1999.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il ricorso indicato in epigrafe proposto
dalla  regione  Puglia avverso il decreto legislativo 11 maggio 1999,
n. 141  (Trasformazione  dell'ente  autonomo  acquedotto  pugliese in
societa'  per azioni, a norma dell'art. 11, comma 1, lettera b) della
legge  15  marzo  1997, n. 59), in riferimento agli artt. 5, 97 e 117
della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta il 12 luglio 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                       Il redattore: Capotosti
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 luglio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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