N. 357 ORDINANZA 12 - 25 luglio 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento   civile   -   Chiusura   dell'istruzione   -  Ordinanza
successiva,  anticipatoria  di  condanna  -  Inidoneita' a costituire
titolo   per   l'iscrizione   dell'ipoteca   giudiziale  -  Lamentata
disparita'  di trattamento tra i destinatari di ordinanze in funzione
anticipatoria    di    sentenza    e,    in   particolare,   rispetto
all'ordinanza-ingiunzione   ex   art.   186-ter  cod.  proc.  civ.  -
Diversita'  strutturale  e  funzionale  delle  ordinanze  in  esame -
Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., art. 186-quater.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.32 del 2-8-2000 )
Ordinanza 12-25 luglio 2000
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI, Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo
CHIEPPA,   Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 186-quater del
codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 15 marzo
1999  dalla Corte di appello di Roma nel procedimento civile vertente
tra Massei Salvatore e il Conservatore dei registri immobiliari "Roma
2"  ed  altra,  iscritta  al  n. 588  del  registro  ordinanze 1999 e
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 43, prima
serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  Camera  di  Consiglio  del 5 luglio 2000 il giudice
relatore Cesare Ruperto;
    Ritenuto  che  - nel corso di un procedimento di impugnazione del
decreto  con  cui  il  tribunale  di  Roma  aveva respinto un reclamo
avverso   la  decisione  del  competente  conservatore  dei  registri
immobiliari  che,  a  seguito  di  richiesta di iscrizione ipotecaria
fondata  su  un'ordinanza  pronunciata  ai sensi dell'art. 186-quater
cod.  proc.  civ.,  aveva  eseguito  tale formalita' con riserva - la
Corte di appello di Roma, con ordinanza emessa in Camera di Consiglio
il  15 marzo  1999,  ha  sollevato,  in riferimento agli artt. 3 e 24
della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale del
menzionato  art. 186-quater  nella  parte  in  cui  non  prevede  che
l'ordinanza   costituisca   titolo   per   l'iscrizione  dell'ipoteca
giudiziale;
        che   -   affermata   l'inapplicabilita'   nella  fattispecie
dell'art. 2818  cod.  civ.,  secondo  cui  costituiscono  titoli  per
l'iscrizione   dell'ipoteca  giudiziale  unicamente  le  sentenze  di
condanna   al   pagamento   di  una  somma  di  denaro  e  gli  altri
provvedimenti   ai  quali  la  legge  attribuisce  tale  effetto,  ed
affermata  inoltre  l'impossibilita'  di  equiparare  ad una sentenza
l'ordinanza anticipatoria di condanna - il giudice a quo osserva come
la   mancata  collocazione  di  tale  provvedimento  tra  quelli  che
consentono  l'iscrizione dell'ipoteca, ponga in essere una disparita'
di  trattamento  fra destinatari di ordinanze comportanti condanna al
pagamento di somme in funzione anticipatoria di sentenza;
        che  la  rimettente  ravvisa  la  disparita', in particolare,
rispetto  all'ordinanza  disciplinata  dall'art. 186-ter  cod.  proc.
civ.,  la  quale viene dichiarata esecutiva sulla base di presupposti
meno  rigorosi  di  quelli  previsti  dalla  norma  denunciata  ed e'
revocabile  dal  giudice in qualsiasi momento: con violazione, cosi',
anche  del principio di ragionevolezza, non potendosi giustificare la
minore efficacia attribuita al provvedimento ex art. 186-quater;
        che  e'  intervenuto  nel presente giudizio il Presidente del
Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza
della sollevata questione.
    Considerato  che  questa  Corte  - chiamata in altre occasioni al
vaglio  di legittimita' costituzionale della stessa norma, denunciata
sotto  differenti  profili - ha gia' rilevato come l'ordinanza emessa
ai  sensi  dell'art. 186-quater  cod.  proc. civ. si caratterizzi per
l'effetto anticipatorio della decisione definitiva, derivante da essa
in  virtu'  di  un meccanismo potenzialmente capace di determinare la
definizione  del  processo  di  primo  grado  (v. sentenza n. 385 del
1997):  meccanismo  predisposto  a fini essenzialmente deflattivi del
contenzioso,   ritenuti  conseguibili  dal  legislatore  grazie  alla
immediata  realizzazione  (totale  o  parziale) del petitum, e che si
attua  attraverso  la predisposta idoneita' dell'ordinanza (esecutiva
ex  lege)  ad  acquistare  l'efficacia  di  sentenza  ove  vi sia una
rinuncia  da parte dell'intimato alla successiva pronuncia di merito,
ovvero  si  verifichi l'estinzione del giudizio (ordinanza n. 168 del
2000);
        che,  in  tali  occasioni,  la  Corte ha anche precisato che,
allorquando   non   si   verifichino   le  condizioni  auspicate  dal
legislatore   per  addivenire  a  detta  anticipata  conclusione,  il
giudizio  prosegue normalmente sino alla pronuncia della sentenza, la
quale  e'  per  sua natura destinata a riassorbire in se' l'ordinanza
stessa  relativamente al decisum salva la possibile modifica in tutto
o in parte delle relative statuizioni;
        che,  viceversa, l'ordinanza-ingiunzione pronunciata ai sensi
dell'art. 186-ter  cod.  proc.  civ.  (soggetta alla disciplina delle
ordinanze  revocabili  ai  sensi  degli artt. 177 e 178, primo comma,
cod.  proc.  civ.) si caratterizza quale prodotto dell'innesto, nella
struttura  di  un  giudizio  ordinario  a  cognizione  piena,  di  un
sub-procedimento   che   trova  diretto  riscontro  nel  procedimento
speciale  monitorio  regolato  dagli  artt. 633 e seguenti cod. proc.
civ.   per   la   concessione   del  decreto  ingiuntivo,  del  quale
l'ordinanza-ingiunzione  mutua  quasi  pedissequamente presupposti ed
effetti  (sentenza n. 295 del 1995), tra cui appunto la sua idoneita'
a   costituire   titolo   per  l'iscrizione  dell'ipoteca  giudiziale
(art. 655 cod. proc. civ.);
        che  la  diversita' strutturale e funzionale tra le ordinanze
in  esame  rende  palese l'inidoneita' dell'art. 186 ter a fungere da
tertium  comparationis  onde  affermare  la  sospettata  lesione  del
principio  di uguaglianza da parte del successivo art. 186-quater (v.
sentenza n. 200 del 1996 ed ordinanza n. 80 del 1998);
        che   -   nel   quadro   dell'ampia  potesta'  discrezionale,
ripetutamente  riconosciuta  da questa Corte al legislatore, riguardo
alla    conformazione    degli    istituti    processuali   ed   alla
differenziazione  delle  condizioni di accesso all'esecuzione forzata
nei  vari  tipi  di  giudizi  (cfr.  sentenza  n. 65  del  1996) - la
denunciata divergenza tra i due paradigmi normativi messi a confronto
andrebbe semmai considerata quale mera disarmonia normativa (sentenza
n. 358  del  1996),  tuttavia  razionalmente  spiegabile  proprio  in
rapporto    alla    fisiologica    destinazione   dell'ordinanza   ex
art. 186-quater  ad  essere  riassorbita  nella  sentenza,  ovvero ad
acquistare  essa  medesima  l'efficacia  della  sentenza  impugnabile
sull'oggetto  dell'istanza  e  quindi  a  divenire, come tale, titolo
idoneo ad iscrivere l'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 cod.
civ.;
        che,  pertanto,  la  sollevata  questione  e'  manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  della norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 186-quater  cod.  proc. civ.,
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla
Corte di appello di Roma, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
      Cosi'  deciso  in  Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                        Il redattore: Ruperto
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 25 luglio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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