N. 392 SENTENZA 13 - 28 luglio 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Ordinamento giudiziario militare - Supplenze di magistrati mancanti o
impediti - Criteri per la sostituzione - Assenza di criteri obiettivi
e   prefissati   -   Ritenuta   possibilita'   che  vengano  adottati
provvedimenti del tutto discrezionali, oltreche' privi di motivazione
-  Ininfluenza  come  vizio  della capacita' del giudice - Lamentata,
conseguente,   violazione   del   principio   del   giudice  naturale
precostituito  e  del  principio  di  eguaglianza, per ingiustificata
disparita'  di  trattamento  nella  disciplina  delle supplenze della
magistratura   militare   e   della   magistratura  ordinaria  -  Non
condivisibilita'  della  premessa  interpretativa  del  rimettente  -
Operativita'  delle  norme  dell'ordinamento giudiziario comune anche
per  le  applicazioni  e  supplenze  dei  magistrati  militari  - Non
fondatezza della questione.
- Cod. proc. pen., art. 33, comma 2, in relazione all'art. 1, secondo
  comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180, agli artt. 7-bis e 97 del
  r.d.  30 gennaio 1941, n. 12, modificati dalla legge 4 maggio 1998,
  n. 133, e al r.d. 9 settembre 1941, n. 1022.
- Costituzione, artt. 3 e 25, primo comma.
(GU n.32 del 2-8-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare
RUPERTO,  Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale,  in relazione all'art. 1, secondo
comma,  della  legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento
giudiziario  militare  di  pace),  agli  artt. 7-bis  e  97 del regio
decreto  30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) ed al regio
decreto 9 settembre 1941, n. 1022 (Ordinamento giudiziario militare),
promosso con ordinanza emessa il 5 giugno 1999 dal Tribunale militare
di  Torino  nel  procedimento  penale a carico di Antonino Cammarata,
iscritta  al  n. 587  del  registro ordinanze 1999 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 43,  prima serie speciale,
dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 23 febbraio 2000 il giudice
relatore Cesare Mirabelli.

                          Ritenuto in fatto


    1. -   Con  ordinanza  emessa  il  5  giugno 1999 nel corso di un
processo  penale  nel  quale  la difesa dell'imputato aveva formulato
eccezioni  sulla  composizione  del collegio giudicante, il Tribunale
militare  di  Torino  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25,
primo   comma,   della   Costituzione,   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 33, comma 2, del codice di procedura penale
(concernente  la  capacita'  del  giudice)  in relazione: all'art. 1,
secondo   comma,   della  legge  7  maggio  1981,  n. 180  (Modifiche
all'ordinamento  giudiziario  militare  di pace), che per regolare le
garanzie   di   indipendenza  dei  magistrati  militari  rinvia  alle
disposizioni  in  vigore  per i magistrati ordinari; agli artt. 7-bis
(relativo  alle  tabelle  degli uffici giudiziari per la destinazione
dei  singoli magistrati) e 97 (concernente le supplenze di magistrati
negli  organi  giudiziari  collegiali)  del  regio decreto 30 gennaio
1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) quali risultano dalle modifiche
apportate  dalla  legge  4  maggio  1998,  n. 133; al regio decreto 9
settembre 1941, n. 1022 (Ordinamento giudiziario militare).
    Il   Tribunale  rimettente  ricorda  che  nel  corso  degli  atti
preliminari  al  dibattimento la difesa dell'imputato aveva sostenuto
la  nullita'  della  costituzione  del collegio giudicante, formato a
seguito  di  un  provvedimento  di  supplenza per uno dei giudici del
collegio,  adottato  dal  presidente  della  corte militare d'appello
senza seguire criteri obiettivi e predeterminati e senza motivazione,
chiedendo  in  via  subordinata  che  fosse  sollevata  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 33,  comma  2,  del codice di
procedura penale, la' dove non considera attinenti alla capacita' del
giudice  le  disposizioni  sulla destinazione del giudice agli uffici
giudiziari  e  sulla  formazione  dei  collegi,  per violazione delle
garanzie del giudice naturale precostituito per legge e del principio
di eguaglianza, non essendo giustificata la diversita' dei criteri di
composizione  dei collegi giudicanti negli uffici giudiziari ordinari
ed in quelli militari.
    Il   Tribunale   militare   di  Torino,  dichiarata  non  fondata
l'eccezione  di  nullita',  in  quanto le condizioni di capacita' del
giudice  non  comprendono  la  destinazione  del  giudice agli uffici
giudiziari  e la formazione dei collegi (art. 33, comma 2, cod. proc.
pen.), ha ritenuto invece rilevante e non manifestamente infondata la
questione    di   legittimita'   costituzionale,   precisandola   con
riferimento  al  complesso  delle disposizioni che consentirebbero di
disporre l'assegnazione di giudici per comporre i collegi giudicanti,
in   caso   di  incompatibilita'  o  di  impedimento  dei  magistrati
originariamente  preposti,  mediante  provvedimenti di applicazione e
supplenza  discrezionali  e non motivati, senza che operi la nullita'
assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, prevista
per  l'inosservanza  delle  disposizioni concernenti le condizioni di
capacita'  del  giudice  ed  il  numero  dei  giudici  necessari  per
costituire  i collegi (artt. 178, comma 1, lettera a e 179 cod. proc.
pen.).
    Il  giudice  rimettente  ricorda  che  lo  stato  giuridico  e le
garanzie  di indipendenza dei magistrati militari sono regolati dalle
stesse  disposizioni  in  vigore  per  i magistrati ordinari (art. 1,
secondo  comma,  della legge n. 180 del 1981); ma ritiene che per gli
uffici  giudiziari  militari non opererebbero, a differenza di quanto
e' stabilito per gli uffici giudiziari ordinari, il sistema tabellare
e   le   regole   prefissate  per  l'adozione  dei  provvedimenti  di
applicazione  o  supplenza dei giudici, che il presidente della corte
militare  d'appello  potrebbe  dunque  disporre  in  modo  del  tutto
discrezionale e senza motivazione.
    Risulterebbe  cosi'  violato l'art. 3 della Costituzione, essendo
ingiustificata   la  disparita'  di  trattamento  della  magistratura
militare  rispetto  a quella ordinaria, mentre sono identici lo stato
giuridico  e le garanzie di indipendenza delle due magistrature ed e'
comune la disciplina del processo.
    Ad  avviso  del  giudice  rimettente  sarebbe  anche  violato  il
principio  del  giudice  naturale  precostituito  per legge (art. 25,
primo  comma,  della  Costituzione), diretto a garantire che anche la
composizione   degli   organi   giudiziari   sia  sottratta  ad  ogni
possibilita' di arbitrio.

    2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
inammissibile o comunque infondata.
    In   una   successiva   memoria   l'Avvocatura,   richiamando  la
giurisprudenza   costituzionale,   ricorda   che   il   principio  di
precostituzione del giudice non implica che i criteri di assegnazione
dei   singoli   procedimenti   nell'ambito  dell'ufficio  giudiziario
competente    siano   necessariamente   configurati   come   elementi
costitutivi  della capacita' generale del giudice, pur dovendo essere
tali   criteri  obiettivi,  predeterminati  e  comunque  verificabili
(sentenza n. 419 del 1998).
    L'Avvocatura  ritiene,  inoltre, che il problema della disciplina
delle supplenze di magistrati nell'ordinamento militare si risolva in
via  interpretativa;  troverebbero applicazione anche all'ordinamento
militare le disposizioni contenute nella legge 4 maggio 1998, n. 133,
giacche'  l'art. 1,  secondo comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180
rinvia alle norme che disciplinano stato giuridico e indipendenza dei
magistrati ordinari, estendendole ai magistrati militari.

                       Considerato in diritto


    1. -   La  questione  di  legittimita'  costituzionale investe la
disciplina  delle  supplenze  di  magistrati  nei tribunali militari,
giacche' l'ordinamento per essi previsto consentirebbe, ad avviso del
Tribunale  militare  di  Torino,  al  presidente della corte militare
d'appello di adottare provvedimenti di sostituzione di magistrati, in
caso  di  loro mancanza o impedimento, per la composizione di collegi
giudicanti  con  magistrati di altri uffici giudiziari, senza seguire
criteri  precostituiti con le tabelle degli uffici giudicanti e senza
una  motivazione  dei  provvedimenti  che  permetta  di  verificare i
criteri seguiti per la sostituzione.
    Il  giudice rimettente denuncia l'art. 33, comma 2, del codice di
procedura  penale - il quale prevede che non si considerano attinenti
alle  condizioni  di  capacita' del giudice, stabilite dalle leggi di
ordinamento  giudiziario,  le  disposizioni  sulla  destinazione  del
giudice  agli  uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei
collegi  e sulla assegnazione dei processi - in relazione all'art. 1,
secondo  comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180, che attribuisce ai
magistrati  militari  le  stesse  garanzie in vigore per i magistrati
ordinari,  agli  artt. 7-bis  e 97 del regio decreto 30 gennaio 1941,
n. 12  (quali  risultano  a  seguito delle aggiunte introdotte per la
magistratura   ordinaria  dall'art. 6  della  legge  4  maggio  1998,
n. 133),  che  regolano  le  tabelle  degli  uffici  giudicanti  e le
supplenze  di  magistrati,  ed  inoltre  all'ordinamento  giudiziario
militare (regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022).
    Queste disposizioni, consentendo ad avviso del giudice rimettente
provvedimenti del tutto discrezionali ed immotivati di applicazione e
supplenza  senza  che ne derivi un vizio della capacita' del giudice,
sarebbero  in  contrasto  con  la garanzia costituzionale del giudice
naturale  precostituito per legge (art. 25, primo comma, Cost.) e con
il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), essendo ingiustificata la
disparita'  di  trattamento, nella disciplina delle supplenze e delle
applicazioni,  per  la magistratura militare rispetto alla disciplina
prevista per la magistratura ordinaria.

    2. - La   questione   non   e'   fondata,  giacche'  la  premessa
interpretativa  dalla  quale  muove  il  giudice  rimettente non puo'
essere condivisa.
    L'ordinamento  giudiziario  militare  di  pace  e'  improntato, a
seguito  delle modifiche apportate dalla legge 7 maggio 1981, n. 180,
al  principio  di  assimilazione  delle  garanzie di indipendenza dei
magistrati  militari  a  quelle  previste  per  i magistrati ordinari
(sentenze  n. 71  del  1995  e n. 52 del 1998). Tale parificazione e'
stabilita  mediante  il rinvio alle disposizioni in vigore per questi
ultimi  (art. 1, secondo comma, legge n. 180 del 1981), e non si puo'
ritenere  che  sia  esclusa  da  questo generale rinvio la disciplina
della  predeterminazione  dei criteri per la composizione dei collegi
giudicanti e per le applicazioni e supplenze dettata per i magistrati
ordinari dalle norme che il giudice rimettente, sul presupposto della
loro  inapplicabilita'  alla  magistratura  militare, vorrebbe invece
assumere  quale elemento di comparazione per denunciare la violazione
del principio di eguaglianza.
    Si  deve  invece  ritenere  - come del resto ha gia' affermato il
Consiglio   della  magistratura  militare  fondandosi  proprio  sulla
ricordata equiparazione dello stato giuridico dei magistrati militari
a  quelli ordinari, stabilita dall'art. 1 della legge n. 180 del 1981
- che nell'ambito dell'ordinamento giudiziario militare operino tutte
le  norme  dell'ordinamento  giudiziario  comune, comprese quelle che
disciplinano le applicazioni e le supplenze dei magistrati mancanti o
impediti.  Anche  nell'ordinamento  militare applicazioni e supplenze
possono,  quindi,  essere disposte solo seguendo criteri prefissati e
con   provvedimenti   motivati,   che  consentano  di  verificare  la
rispondenza  di ogni singolo provvedimento adottato ai presupposti ed
ai  criteri  obiettivi  indicati  dal  Consiglio  della  magistratura
militare.
    Questa  interpretazione delle disposizioni denunciate, diversa da
quella   proposta   dal   giudice  rimettente,  e'  confermata  dalla
giurisprudenza  della  Corte  di cassazione, la quale ha ritenuto che
debbano  trovare  applicazione,  per  sostituire il giudice astenuto,
ricusato o impedito, i criteri obiettivi e predeterminati stabiliti a
tal  fine  dal  Consiglio  della  magistratura  militare;  mentre  il
presidente  della  corte  militare  d'appello,  cui  spetta  valutare
l'opportunita' di provvedere mediante decreto motivato di supplenza o
di  applicazione  quando  cio' sia necessario per l'impossibilita' di
funzionamento  dell'organo  giudicante, vede il proprio provvedimento
di sostituzione del giudice mancante con altro magistrato soggetto al
controllo del Consiglio della magistratura militare.

    3. - L'estensione  alla magistratura militare delle stesse regole
previste   per  l'applicazione  e  la  supplenza  dei  giudici  della
magistratura   ordinaria   esclude  ogni  ipotesi  di  disparita'  di
trattamento.
    Inoltre  la disciplina della sostituzione dei giudici nei collegi
giudicanti, da applicare anche nell'ordinamento giudiziario militare,
prevede garanzie che escludono la denunciata lesione del principio di
precostituzione  del  giudice; mentre eventuali prassi interpretative
che   si   discostino   dal  disegno  normativo  non  possono  essere
considerate    perche'   si   possa   affermare   la   illegittimita'
costituzionale  delle  norme  (cfr. sentenze n. 468 del 1992 e n. 276
del 2000).
    Ogni  altro  profilo  dedotto  con riguardo all'art. 33, comma 2,
cod. proc. pen. rimane cosi' superato.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 33,  comma  2, del codice di procedura penale, in relazione
all'art. 1,   secondo  comma,  della  legge  7  maggio  1981,  n. 180
(Modifiche   all'ordinamento  giudiziario  militare  di  pace),  agli
artt. 7-bis   e   97   del  regio  decreto  30  gennaio  1941,  n. 12
(Ordinamento  giudiziario),  modificati  dalla  legge  4 maggio 1998,
n. 133,  e  al  regio  decreto 9 settembre 1941, n. 1022 (Ordinamento
giudiziario  militare),  sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25,
primo comma, della Costituzione, dal Tribunale militare di Torino con
l'ordinanza indicata in epigrafe.

    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2000.
                 Il Presidente-redattore: Mirabelli
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 luglio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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