N. 586 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 giugno 2000
Ordinanza emessa il 14 giugno 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Verbania sui ricorsi riuniti proposti da "Graniti e marmi di Baveno S.r.l." contro l'Ufficio delle entrate di Verbania Contenzioso tributario - Commissioni tributarie - Trattamento economico dei componenti - Prevista determinazione e corresponsione dei compensi da parte del Ministro delle finanze - Contrasto con i principi di terzieta' ed imparzialita' del giudice e di "parita'" delle parti. - D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, art. 13. - Costituzione, art. 111, secondo comma (come modificato dall'art. 1, legge cost. 23 novembre 1999, n. 2). Contenzioso tributario - Organi della giurisdizione tributaria - Regolamentazione contenuta nel d.lgs. n. 545/1992 - Contrasto con i principi di terzieta' ed imparzialita' del giudice e di "parita'" delle parti. - D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, artt. da 1 a 6. - Costituzione, art. 111, secondo comma (come modificato dall'art. 1, legge cost. 23 novembre 1999, n. 2).(GU n.43 del 18-10-2000 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Sui ricorsi presentati dalla societa' "Graniti e marmi di Baveno S.r.l." con sede in Baveno, in persona del suo amministratore unico e legale rappresentante sig. Alberto Giacomini, elettivamente domiciliata presso lo studio del dott. Sergio Sangalli in Milano, via Quintino Sella n. 4; Contro l'Ufficio delle entrate di Verbania; Ha emesso la seguente ordinanza. La societa' "Graniti e marmi di Baveno S.r.l." con sede in Baveno, rappresentata e difesa dal prof. avv. Giuseppe Di Chio, dal dott. Sergio Sangalli e dal rag. Stefano Cattelan, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del dott. Sergio Sangalli in Milano in via Quintino Sella n. 4, proponeva due tempestivi ricorsi contro altrettanti avvisi di accertamento - notificati il 23 e il 30 dicembre 1999 - con i quali l'Ufficio delle entrate di Verbania aveva rettificato ai fini Irpeg ed Ilor 1993 la dichiarazione presentata (che evidenziava una perdita di L. 1.566.666.000), accertando maggiori imposte Irpeg ed Ilor per complessive L. 198.588.000 ed irrogando sanzioni per L. 199.188.000 ed accertando una maggiore imposta patrimoniale di L. 10.832.000. La ricorrente chiedeva l'annullamento degli atti impuati con la condanna dell'Ufficio al pagamento delle spese processuali. L'Ufficio delle entrate di Verbania si costituiva tempestivamente in giudizio con proprie deduzioni scritte. La decisione dei ricorsi, a parere di questo collegio, deve essere preceduta dalla soluzione di una questione di legittimita' costituzionale che attiene allo stesso giudice tributario e, in particolare, al suo modo di essere e alle "difficili condizioni" in cui, per i suoi rapporti con una delle parti (Ministero delle finanze), esercita la funzione giurisdizionale. Quindi trattasi di questione che, ictu oculi, e' "rilevante" ai fini della definizione della causa ed anche, per le argomentazioni che seguono, "non manifestamente infondata". L'art. 111 della Costituzione - nel testo modificato con la legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, prevede che "ogni processo si svolge nel contraddittonio tra le parti, in condizioni di parita', davanti ad un giudice terzo ed imparziale". Il citato principio e' applicabile - senza alcun dubbio - a qualsiasi processo, quindi anche al processo tributario e, in base alla citata norma, il giudice, qualsiasi giudice, compreso il giudice tributario, deve essere "terzo ed imparziale". Il giudice, inoltre, non solo deve essere terzo o imparziale, ma per la credibilita' della giustizia, deve anche poter apparire tale. Ed e' opinione comune, prima che concetto giuridico, che non potrebbe essere o, quanto meno, non potrebbe apparire "terzo ed imparziale" un giudice retribuito da una delle parti in causa. In tutti i processi tributari (tranne in quelli in cui il ricorso viene proposto contro un ente locale), parte in causa (o comunque interessato) e' il Ministero (o il Ministro) delle fmanze al quale il legislatore, con l'art. 13 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, ha attribuito il potere, peraltro ampiamente discrezionale, non solo di determinare il trattamento economico dei giudici tributari ma anche di provvedere al pagamento dei relativi compensi che, anche se "mensili", vengono corrisposti con deplorevole ritardo. Quindi il giudice tributario viene "retribuito" da una delle pani in causa e, conseguentemente, a parere di questo collegio, potrebbe essere compromesso o vanificato il principio costituzionale delle terzieta' e dell'imparzialita' del giudice. E se l'anzidetto principio non trova sicura e completa applicazione, di certo, viene meno anche la "condizione di parita'" tra le parti che, invece, la Costituzione vuole assicurare. Peraltro, la "patologica" situazione in cui si trovano i giudici tributari (creditori di una delle parti) potrebbe essere causa di astensione obbligatoria ai sensi dell'art. 51, n. 3, cod. proc. civ., disposizione applicabile anche ai giudici tributari per il rinvio di cui all'art. 6 del d.lgs. n. 546/1992. Ed essendo o potendo essere causa di astensione obbligatoria consente (o consentirebbe) la ricusazione degli stessi giudici, cosi' come, peraltro, e' gia' avvenuto per alcuni giudici della commissione tributaria regionale di Palermo. Ed e' di particolare rilevanza, a parere di questo collegio, per la migliore comprensione della questione, che nel Senato della Repubblica il sen. Pasquini, peraltro relatore del ddl n. 4253, presentato dal Governo, "Modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi 31 dicembre 1992, n. 545 e n. 546, concernenti il riordino del contenzioso tributario", abbia rimarcato che "la vera anomalia del processo tributario risiede nel fatto che la terzieta' del giudice e' negata in radice per effetto dei compensi erogati agli stessi da parte dell'amministrazione finanziaria" (Commissione finanze e tesoro, 6 giugno 2000). L'affermazione del sen. Pasquini non e' stata ne' smentita ne' "attenuata" da alcun altro senatore. L'assenza di "terzieta' ed imparzialita'" del giudice tributario, a parere di questo collegio deriva essenzialmente dalle disposizioni di cui all'art. 13 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, che affidano al Ministro delle finanze la determinazione e la corresponsione dei compensi ai componenti delle commissioni tributarie. Pertanto questo collegio rimette al giudizio della Corte costituzionale la questione di legittimita' delle disposizioni di cui al citato art. 13 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, in relazione all'art. 111 della Costituzione "Ogni processo si svolge nel contradditorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo ed imparziale". Qualora, pero', l'eccezione relativa alle disposizioni di cui al citato art. 13, dovesse essere ritenuta, per ragioni tecnico-giuridiche, "irrilevante" ai fini della definizione della presente causa, questo collegio, pur consapevole della gravita' delle conseguenze per l'ordinamento giurisdizionale, rimette al giudizio della Corte costituzionale la legittimita' anche di tutte le altre norme che prevedono e regolano gli organi della giurisdizione tributaria (d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545) e, in particolare, gli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 dell'anzidetto d.lgs. n. 545/1992 in relazione al citato principio di cui all'art. 111 della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara, d'ufficio, "non manifestamente infondata" la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13 (trattamento economico dei giudici tributari) del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, e di tutte le norme che regolano gli organi della giurisdizione tributaria e, in particolare, degli artt. 1, 2 3, 4, 5 e 6 dell'anzidetto d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, in relazione all'art. 111, secondo comma, della Costituzione "Ogni processo si svolge nel contraddittorio fra le parti, in condizione di parita', davanti a giudice terzo e imparziale", e "rilevante" per quanto in motivazione; Sospende il procedimento in corso ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga notificata alla ricorrente e all'Ufficio delle entrate di Verbania e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Verbania, addi' 14 giugno 2000. Il Presidente: Piscitello 00C1051