N. 587 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 luglio 2000

Ordinanza  emessa  il  10 luglio  2000  dal  tribunale di Venezia nel
procedimento  civile vertente tra Cesaro' Ermanno ed altri e Ferrovie
dello Stato S.p.a.

Previdenza e assistenza sociale - Dipendenti dell'Ente Ferrovie dello
Stato in possesso della prescritta anzianita' minima - Collocamento a
riposo  d'ufficio,  in  forza  del  d.l. n. 324/1998, successivamente
decaduto  per  mancata conversione in legge - Prevista validita', con
la  norma  censurata,  degli atti e provvedimenti adottati e salvezza
degli  effetti  prodottisi  e dei rapporti giuridici sorti sulla base
del  predetto d.l. n. 324/1998 - Deteriore trattamento dei dipendenti
F.S.,  in  quiescenza  in  base  al  d.l.  n. 324/1998, con diritto a
pensione  nella  misura  minima,  rispetto  ai  dipendenti privati in
genere   e   ai   dipendenti   di  altre  aziende  operanti,  sebbene
limitatamente,  nel  settore  ferroviario  - Incidenza sulla garanzia
previdenziale.
- Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 43, commi 7 e 9.
- Costituzione, artt. 3 e 38.
(GU n.43 del 18-10-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Sciogliendo la riserva che precede, rileva:
    Con  unico  ricorso  tre  dipendenti  delle  Ferrovie dello Stato
  S.p.a.  (le  cui domande in un primo tempo, sembrando differenziata
  la posizione di uno dei tre, sono state oggetto di provvedimento di
  separazione  e  successivamente,  riscontratasi  l'identita'  della
  fattispecie, sono state oggetto di trattazione congiunta) impugnano
  comunicazione  di  risoluzione del rapporto, decorrente in due casi
  dal 19 settembre 1998 ed in un caso dal 12 settembre 1998, motivata
  prima  (nell'agosto 1998) in base a norma contrattuale collettiva e
  richiamo  a  norma  legislativa (art. 1, comma 2, d.l. n. 324/1998,
  non  convertito  in  legge) e successivamente, in data 11 settembre
  1998,   sempre   con  la  stessa  decorrenza,  con  la  motivazione
  "aggiunta,   in  via  prioritaria,  alla  precedente"  in  base  al
  contenuto dell'art. 1 del d.l. 10 settembre 1998 n. 324 (pubblicato
  in  pari  data, antecedente in un solo giorno la comunicazione) che
  sospende,  per il periodo dal 10 settembre 1998 al 1o gennaio 2002,
  per   il  personale  delle  F.S.  la  facolta'  di  optare  per  il
  mantenimento  in servizio fino al 65% anno di eta', con risoluzione
  del  rapporto  per  legge anche per coloro (tra i quali rientrano i
  ricorrenti,  che  avevano  esercitato  tra  il  1996  ed il 1997 la
  facolta'  di cui all'art. 16 del d.lgs. n. 503/1992) che prestavano
  servizio in virtu' dell'esercizio di tale facolta'.
    Le  parti  ricorrenti  contestano  la  legittimita' del motivo di
  risoluzione  loro  comunicato inizialmente e, senza muovere rilievi
  in   ordine   all'intervento  integrativo  ed  alla  duplicita'  di
  motivazione  addotte,  eccepiscono  come  unico  motivo del ricorso
  l'illegittimita'  costituzionale della normativa in base alla quale
  la  risoluzione  del  rapporto  e' stata ulteriormente motivata con
  motivazione "aggiunta in via prioritaria alla prima".
    Rispetto   a   tale   normativa  e'  da  precisare  che  il  d.l.
  10 settembre  1998  n. 324  non  e'  stato  oggetto  di conversione
  (cfr. Gazzetta   Ufficiale  10 novembre  1998  n. 263)  ed  il  suo
  contenuto  e' stato riprodotto nell'art. 43 della legge 23 dicembre
  1998,  n. 448,  con  l'aggiunta  (comma 8)  che la "risoluzione del
  rapporto  di  lavoro ai sensi del comma 7 avverra' in ogni caso con
  un  preavviso  di  sei  mesi"  e  previsione di validita' di atti e
  provvedimenti  adottati e salvezza di effetti derivanti dall'art. 1
  del d.l. 10 settembre 1998 n. 324 (comma 9).
    Tale  normativa  non  e'  esente  da  dubbi  di costituzionalita'
  rispetto  ai  principi  di  cui  agli  artt. 3  e 38 Cost., poiche'
  differenzia  una  singola  impresa  rispetto ad altre del settore e
  nello   stesso  tempo,  precludendo  solo  ai  suoi  dipendenti  di
  esercitare  il  diritto  di  opzione  di cui all'art. 16 del d.lgs.
  n. 503/1992,  li  differenzia  da  altri lavoratori, negando solo a
  loro   la  possibilita'  di  migliorare  ulteriormente  la  propria
  posizione contributiva, in violazione dell'art. 38 Cost.
    Si  e' consapevoli che gia' in passato il ricorso alla temporanea
  sospensione   del  diritto  di  opzione  ha  costituito  uno  degli
  strumenti  legislativi  di  gestione  e  di  risoluzione  di  crisi
  settoriali   particolarmente  gravi  (cfr  art. 1,  comma 4,  legge
  31 maggio   1984   n. 293),   ritenuto   esente   da   profili   di
  incostituzionalita'  (cfr. Cass. 24 ottobre 1996 n. 9301 richiamata
  e  prodotta,  nonche' pubblicata in M.G.C. 1996, 1434, trib. Milano
  16 novembre  1985  in  O.G.L.,  1985,  1214, Cass. 15 dicembre 1988
  n. 6829  in  O.G.L. 1989, 511) ma il caso in esame presenta profili
  di differenziazione.
    In  primo  luogo  tale sospensione riguarda una singola azienda e
  non  altre  che  pur  operano,  sebbene  limitatamente, nel settore
  ferroviario  (nel  precedente richiamate la sospensione operava per
  tutte  le aziende individuali, diverse da quelle edili, delle quali
  era stato accertato con delibera del C.I.P.I., lo stato di crisi).
    Inoltre  nella  ratio  dell'art. 1,  settimo  comma,  della legge
  31 maggio  1984 n. 193, l'esigenza di provvedere alla riduzione del
  personale  costitutiva  un imperativo pressante, mentre nel caso in
  esame   (come   da   accordi   richiamati,   causa  dell'intervento
  legislativo)  la  finalita'  ultima  di  tale  operazione  (che  ha
  comportato un migliaio di licenziamenti, come enunciato in commenti
  dottrinali  alla  normativa)  e'  costituito  da  un avvicendamento
  generazionale  che  trova  la  sua  prima  ragione  di essere nella
  riduzione del costo del lavoro.
    Non  si  puo'  condividere  che i profili di incostituzionalita',
  come eccepito dalla resistente nella memoria 7 aprile 2000, possano
  essere  superati  dall'importanza del servizio essenziale espletato
  dall'azienda  e,  indirettamente,  per i suoi riflessi sul bilancio
  dello  Stato  poiche' la residente si configura ormai come soggetto
  privatistico  a  tutti  gli  effetti (con necessita' di adeguarsi a
  tale  diversa realta' normativa) e perche' esigenze di bilancio non
  possono inficiare diritti di rilevanza costituzionale.
    Ne'  si  puo'  ritenere  che  la  salvezza  della normativa possa
  derivare   dalla   sua   temporaneita'   fino  al  1o gennaio  2002
  (previsione,  peraltro,  che  non  ha  tenuto  conto che, in virtu'
  dell'art. 11  della  legge  23 dicembre 1994 n. 724, dal 1o gennaio
  2000  la  regola generale per la percezione di vecchiaia presuppone
  il  compimento  del  65o anno di eta') poiche' per i dipendenti nei
  cui  confronti  opera  la  normativa,  i  suoi  effetti non possono
  ritenersi  a carattere transitorio, poiche', in base alla loro eta'
  anagrafica   e  le  caratteristiche  del  mercato  del  lavoro,  e'
  estremamente  improbabile  una  loro  rioccupazione  lavorativa con
  possibilita' di incremento della posizione contributiva.
    L'eccezione  di non manifesta infondatezza della normativa di cui
  sopra  e' rilevante nel presente giudizio poiche' e' l'unico motivo
  del   ricorso  rispetto  alla  motivazione  della  risoluzione  del
  rapporto   aggiunta  in  via  prioritaria  a  quella  temporalmente
  comunicata per prima la quale, come da prevalente giurisprudenza di
  merito  espressasi  sul  punto  e  richiamato  dal  procuratore dei
  ricorrenti,  non  si  ritiene  sia  legittima  poiche' derivante da
  previsione    contrattuale   che   valorizza   il   solo   criterio
  dell'anzianita',  in  contrasto  sia con il contenuto dell'art. 59,
  comma 6  della legge n. 449/1997) (che prevede l'individuazione del
  personale  eccedentario  "anche  sulla  base di criteri che tengano
  conto  dell'anzianita'  contributiva o anagrafica"), sia perche' le
  previsioni  legislative  dalle quali ha origine la ristrutturazione
  fonte  di  causa (art. 2, comma 28, legge n. 662/96 e art. 59 sopra
  citato)  operando  con  l'istituzione  di  fondi  di sostegno in un
  momento  successivo  rispetto  all'espulsione  delle  eccedenze  di
  personale,  non  puo'  implicare  deroga  a  quanto proceduralmente
  previsto in via generale, in proposito, dalla legge n. 223/1991.
                              P. Q. M.
    Visto   l'art. 23   della  legge  11 marzo  1953  n. 87  dichiara
  rilevante   e   non   manifestamente   infondata  la  questione  di
  legittimita'  costituzionale dell'art. 43, commi 7 e 9, della legge
  23 dicembre 1998 n. 448 per contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost;
    Dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla cancelleria
  della Corte costituzionale;
    Dispone la sospensione del procedimento fino alla decisione della
  Corte costituzionale;
    Dispone  che,  a  cura  della  cancelleria, la presente ordinanza
  venga  notificata  alle  parti,  al  Presidente  del  Consiglio dei
  Ministri,   nonche'  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera  dei
  deputati e del Senato della Repubblica.
        Venezia, addi' 10 luglio 2000.
                         Il giudice: Santoro
00C1052