N. 593 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 2000
Ordinanza emessa il 28 giugno 2000 dal tribunale di Locri nel procedimento penale a carico di Ietto Petrolina Processo penale - Dibattimento - Acquisizione delle prove - Esame di imputato in procedimento connesso - Dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari su fatti implicanti responsabilita' di altri - Esercizio della facolta' di non rispondere - Utilizzabilita' delle dichiarazioni in mancanza di accordo delle parti - Contrasto con il principio del contraddittorio nella formazione della prova. - Cod. proc. pen., art. 513, comma 2. - Costituzione, art. 111.(GU n.43 del 18-10-2000 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato, mediante lettura alla pubblica udienza, la seguente ordinanza. F a t t o Con decreto del g.u.p. in sede del 4 marzo 1999 Ietto Petrolina e' stata rinviata al giudizio di questo tribunale per rispondere del reato di cui all'imputazione. All'udienza odierna, ad istruttoria dibattimentale inoltrata, veniva citato e si presentava dinanzi al collegio, Allegrini Antonello, persona ex art. 210 c.p.p., il quale - alla presenza del proprio difensore d'ufficio e prima che ne iniziasse l'esame ed a fronte dell'espresso avvertimento di legge - affermava di volersi avvalere della facolta' di non rispondere. Conseguentemente, il p.m. - difettando l'accordo dell'altra parte alla lettura dei verbali delle dichiarazioni gia' rese dall'Allegrini - chiedeva di contestare al predetto il loro contenuto, onde consentirne - a stregua del disposto dell'art. 513.2 c.p.p., come integrato dalla sentenza Corte cost. n. 361/98 - l'acquisizione al fascicolo del dibattimento. Il difensore si opponeva, assumendo che alla richiesta del p.m. fosse d'ostacolo, impedendo l'applicazione dell'art. 513.2 c.p.p., l'immediata operativita' dei principi di cui all'art. 111 Cost., recentemente novellato. Il p.m. insisteva nella propria richiesta. D i r i t t o Il tribunale, sciogliendo la superiore riserva, ritiene doversi porre d'ufficio il problema se il meccanismo processuale, collegato alla richiesta del p.m., sia - a seguito dell'entrata in vigore della legge cost. 23 novembre 1999, n. 2, ancora in sintonia con il dettato del nuovo testo dell'art. 111 Cost. Osserva, pertanto che la richiesta del p.m. di contestare all'Allegrini le dichiarazioni da lui precedentemente rese, si basa sulla norma dell'art. 513.2 c.p.p. Detta norma, come noto, e' il frutto di un complesso excursus caratterizzato dalla stratificazione di piu' interventi, accavallatisi sull'originario disposto, e del giudice delle leggi, e del legislatore ordinario. Invero, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 254 del 3 giugno 1992, dichiaro' l'illegittimita' della norma nella parte in cui non prevedeva che il giudice, sentite le parti, disponesse la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dalle persone indicate nell'art. 210 c.p.p., qualora queste si fossero avvalse della facolta' di non rispondere. A seguito ed in applicazione di tale decisione, la successiva sentenza n. 60 del 24 febbraio 1995 dichiaro' l'illegittimita' della norma anche nella parte in cui non prevedeva la possibilita' di lettura delle dichiarazioni rese alla p.g. delegata dal p.m. Gli interventi della Corte furono giustificati dall'esigenza di evitare la dispersione di dati probatori forniti durante la fase delle indagini preliminari. Su tale conteso opero', quindi, il legislatore. Approvando la legge 7 agosto 1997 n. 267, stabili' che, nel caso in cui le persone indicate nell'art. 210 c.p.p. si avvalessero della facolta' di non rispondere, l'utilizzabilita' dei verbali delle dichiarazioni da loro gia' rese nei confronti di soggetti diversi fosse condizionata all'accordo delle parti, salva la sopravvenuta ed imprevedibile irripetibilita' dell'atto. Su detta disciplina intervenne nuovamente il giudice costituzionale. Pronunciando la sentenza 2 novembre 1998, n. 361, sanci' l'illegittimita' dell'art. 513.2, ultimo periodo, nella parte in cui non prevedeva che qualora il dichiarante rifiutasse o comunque omettesse in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilita' di altri, gia' oggetto delle proprie precedenti dichiarazioni, in mancanza dell'accordo delle parti, si applicasse l'art. 500, commi 2-bis e 4 c.p.p. Secondo la Corte, appariva privo di ragionevole giustificazione assoggettare l'utilizzabilita' delle precedenti dichiarazioni alla scelta assolutamente discrezionale e potestativa dell'imputato in procedimento connesso di rispondere in dibattimento su fatti concernenti la responsabilita' di altri, dopo che lo stesso - pur avendo avuta la facolta' di non rispondere - aveva ritenuto di rendere dichiarazioni etero-accusatorie. Ancora, la Corte giudicava irragionevole che la scelta del dichiarante si combinasse con la prevedibile mancanza dell'accordo di tutte le parti alla lettura, in particolare, di quella interessata ad impedire l'acquisizione e l'utilizzazione di tali dichiarazioni; sosteneva che la mancata previsione di contestazioni, in caso di esercizio della facolta' di non rispondere, precludesse in modo assoluto la possibilita' di far rientrare le precedenti dichiarazioni fra il materiale suscettibile di valutazione probatoria. Su questo complesso dato normativo, e' di recente intervenuto nuovamente il legislatore, questa volta costituzionale, per introdurre nella Carta fondamentale i principi del c.d. giusto processo, fra cui quello stabilente il diritto dell'imputato (recte, del suo difensore) di interrogare il proprio accusatore. E' stato cosi' novellato, con l'art. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2 (Inserimento dei principi del giusto processo nell'art. 111 della Costituzione), l'art. 111 della Carta costituzionale. I primi commi di detto articolo hanno ora - a seguito della novellazione - il seguente tenore: La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parita', davanti a giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel piu' breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facolta' davanti al giudice di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nella stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. Il processo penale e' regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilita' di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. L'art. 2 di detta legge costituzionale ha, poi, previsto che: la legge regola l'applicazione dei principi contenuti nella presente legge costituzionale ai procedimenti penali in corso alla data della sua entra in vigore. Sennonche', non essendo il legislatore ordinario stato in grado di arrivare alla conclusione dell'iniziativa legislativa, prevista da detto art. 2, prima dell'entrata in vigore della stessa legge di riforma costituzionale (cosi' e' dato evincere dalla relazione al provvedimento d'urgenza), il Governo ha emanato il decreto-legge n. 2/2000 (Disposizioni urgenti per l'attuazione dell'art. 2 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, in materia di giusto processo), il cui testo - giusta le modifiche portate dalla legge di conversione 25 febbraio 2000, n. 35 - e' il seguente: Articolo 1: - Fino alla data di entrata in vigore della legge che disciplina l'attuazione dell'art. 111 della Costituzione, cosi' come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, ed in applicazione dell'art. 2 della stessa legge, i principi di cui all'art. 111 della Costituzione si applicano ai procedimenti in corso salvo le regole contenute nei commi successivi. Le dichiarazioni rese nel corso dell'indagine preliminare da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, sono valutate, se gia' acquisite al fascicolo per il dibattimento, solo se la loro attendibilita' e' confermata da altri elementi di prova, assunti o formati con diverse modalita'. Le dichiarazioni possono essere comunque valutate quando, sulla base di elementi concreti, verificati in contraddittorio, risulta che la persona e' stata sottoposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di danaro o di altra utilita' affinche' si sottragga all'esame. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e gia' valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento della decisione stessa. Nell'udienza preliminare dei processi penali in corso nei confronti di imputato minorenne, il giudice, se ritiene di poter decidere allo stato degli atti, informa l'imputato della possibilita' di consentire che il procedimento a suo carico sia definito in quella fase. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche ai procedimenti che proseguono con le norme del codice di procedura penale anteriormente vigenti. Osserva il collegio che la norma processuale ordinaria dell'art. 513.2 c.p.p., oggetto della richiesta - sopra richiamata - del p.m., non e' compresa nella previsione della riportata disciplina urgente per l'attuazione della legge costituzionale in materia di giusto processo, e pertanto essa, oltre che essere rimasta immutata, e' senz'altro attualmente vigente. Ma la possibilita' di utilizzare le dichiarazioni rese da persona imputata in procedimento connesso (art. 210 c.p.p.), che sia avvalsa della facolta' di non rispondere, nei confronti dell'attuale imputata, che non ha prestato assenso, e' esclusa dal su richiamato, comma 4 dell'art. 111 Cost., il quale, vale ripetere, sancisce che: Il processo penale e' regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. Orbene, i principi stabiliti in detta norma costituzionale non possono non trovare immediata applicazione al caso all'esame. Invero, pur essendo il presente procedimento in corso alla data di entrata in vigore di essa, e' indubitabile che le dichiarazioni dell'Allegrini [che si e' avvalso della facolta' di non rispondere, e si e' quindi (anche) sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore] non siano state gia' acquisiste al fascicolo del dibattimento (art. 1.2 d.l. n. 2/2000, come convertito dalla legge 25 febbraio 2000, n. 35). Ne consegue che, nella specie, non opera l'eccezione di cui all'ultima parte del comma 1 del citato articolo unico della normativa urgente d'attuazione: vale, tout court, la legge costituzionale. E poiche', come noto, la legge costituzionale sopravvenuta non abroga, facendole decadere automaticamente, le norme processuali ordinarie che le si pongono in contrasto, ma in tal caso deve essere attivato lo scrutinio di costituzionalita', mediante il meccanismo previsto dall'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, non resta a questo collegio che sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513.2 c.p.p., in relazione all'art. 111.4 della Costituzione. La rilevanza e' evidente. Invero, per procedere a quanto richiesto dal p.m., ed alla acquisizione delle dichiarazioni accusatorie dello Allegrini, occorre applicare la (vigente) norma processuale in predicato, sospetta di incostituzionalita'. Pertanto, solo la soluzione della questione da parte del giudice delle leggi, con l'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale della normativa indicata, eviterebbe al collegio di prendere in considerazione la domanda del requirente e di valutare, quindi, se dette dichiarazioni, acquisite mediante il meccanismo delle contestazioni, siano utili a fondare una dichiarazione di responsabilita' della prevenuta. Ne' puo' esser negato che il meccanismo delle contestazioni, introdotto dalla sentenza n. 361/1998 della Corte costituzionale, la quale ha integrato (anche) il testo dell'art. 513.2 c.p.p., consentendo l'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni rese da persone che si sono sottratte all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore, vulneri - in maniera non palesemente inconsistente - il principio del contraddittorio nella formazione della prova, oltre che quello, secondo il quale... La colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. Il che consente di affermare la sussistenza, nella specie, anche del requisito della non manifesta infondatezza della questione. Non ignora, nondimeno, il giudicante che altro e' acquisire, altro e' valutare le risultanze del materiale probatorio frutto dell'acquisizione, e che e' stata anche sostenuta la tesi secondo cui lo sbarramento per chi giudica, riveniente dalla ripetuta norma costituzionale, andrebbe identificato in detta seconda fase: in sostanza, andrebbero consentite le contestazioni delle dichiarazioni gia' rese dalla persona ex art. 210 c.p.p., ma non potrebbero essere utilizzate quelle accusatorie. Orbene, non v'e' chi non vede che in tal modo operando si porrebbe in essere, quando si tratti di dichiarazioni di contenuto accusatorio (nel presupposto che soltanto la colpevolezza non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi... si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio dell'imputato o del suo difensore), una attivita' sicuramente superflua, con evidenze violazione del principio di buon andamento che, a norma dell'art. 97 Cost., opera sicuramente anche con riferimento all'amministrazione della giustizia.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara d'ufficio, per le ragioni su esposte, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513.2 c.p.p. in relazione all'art. 111 della Costituzione; Dichiara sospeso il giudizio in corso; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria perche' copia della presente ordinanza venga notifica al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Locri, addi' 28 giugno 2000. Il Presidente: Vetrone 00C1058