N. 417 SENTENZA 28 settembre - 11 ottobre 2000

Sentenza 28 settembre-11 ottobre 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Costituzione in giudizio della Regione Toscana - Inammissibilita' per
tardiva Costituzione.
Norme  integrative  per  i giudizi davanti alla Corte costituzionale,
art. 23, ultimo comma.
Regione  Toscana  -  Passaggio  alla moneta unica europea - Norme per
l'adeguamento  dell'ordinamento regionale - Lamentata invasione nella
competenza  statale  in  materia di politica monetaria - Esclusione -
Attinenza   delle   misure   previste  alla  materia,  di  competenza
regionale,  dell'ordinamento  degli  uffici  e  degli enti dipendenti
della Regione - Non fondatezza della questione.
- Legge Regione Toscana riapprovata il 27 ottobre 1998.
- Costituzione, art. 117.
(GU n.43 del 18-10-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI
MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,
Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel   giudizio   di   legittimita'   costituzionale   della  delibera
legislativa  della  Regione  Toscana, riapprovata il 27 ottobre 1998,
contenente   "Norme   per  l'adeguamento  dell'ordinamento  regionale
toscano   all'introduzione   dell'Euro",  promosso  con  ricorso  del
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  notificato il 17 novembre
1998, depositato in cancelleria il 24 successivo ed iscritto al n. 43
del registro ricorsi 1998.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 giugno 2000 il giudice relatore
Piero Alberto Capotosti;
    Udito  l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del
Consiglio dei Ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  con  ricorso
notificato   il   17   novembre  1998  e  depositato  il  24 novembre
successivo,  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale
della  delibera  legislativa della Regione Toscana recante "Norme per
l'adeguamento  dell'ordinamento  regionale  toscano  all'introduzione
dell'Euro",  approvata  dal  Consiglio  regionale nella seduta del 15
settembre  1998  e  riapprovata  a maggioranza assoluta, a seguito di
rinvio  governativo,  il 27 ottobre 1998, in riferimento all'art. 117
della Costituzione.
    1.1. - Premette  il  ricorrente  che  l'introduzione della moneta
unica  europea  impone  agli  Stati  interessati  l'attuazione  delle
disposizioni  comunitarie  volte  a  risolvere  i  problemi  che tale
processo  e'  destinato  a  far sorgere fin dal 1o gennaio 1999, data
d'inizio  della  fase  transitoria, in cui e' prevista la coesistenza
tra  la  moneta  scritturale  "Euro" e quella fisica "Lira", e che le
pubbliche  amministrazioni devono assumere, in base alle scelte fatte
a  livello  nazionale  e tradottesi nella direttiva 3 giugno 1997 del
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  (pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  n. 155  del  5 luglio 1997), nella legge 17 dicembre 1997,
n. 433  e  nel  decreto  legislativo 24 giugno 1998, n. 213, un ruolo
propulsivo e di guida.
    In  tale  contesto,  la  delibera  impugnata  prescrive la doppia
indicazione  degli  importi  monetari  in  lire  ed  euro  negli atti
regionali,  a  partire dal 1o gennaio 1999, e da una data successiva,
da  stabilirsi  con  atto  regionale, per gli atti degli enti e delle
aziende dipendenti dalla regione, disponendo inoltre che nello stesso
periodo  sia  assicurato  il  conteggio  in  euro di ogni pagamento o
versamento  che  non  sia  in  contanti,  ed  istituendo  un comitato
regionale  per  l'Euro,  incaricato di sovrintendere alla risoluzione
delle problematiche in materia.
    Secondo  il  ricorrente, tali disposizioni interferirebbero nella
materia  della  politica  monetaria, che e' riservata alla competenza
dello  Stato,  e  che  non e' circoscritta alla fissazione dei cambi,
all'integrazione  dei  mercati  finanziari, alla liberalizzazione dei
movimenti  di  capitale ed alla creazione di istituti monetari, ma si
estende  anche  alla  disciplina  del  nuovo  sistema  monetario, ivi
compresa la fase transitoria. L'adeguamento delle realta' regionali e
locali  deve  infatti  aver  luogo,  secondo  la citata direttiva del
Presidente  del  Consiglio, in base ai criteri indicati nel quadro di
riferimento  nazionale e mediante programmi operativi approvati dalle
regioni  e trasmessi al comitato Euro, istituito a livello nazionale,
il  quale  deve  verificarne  la  coerenza e l'attuazione: proprio in
applicazione  di  tali  disposizioni,  il  ricorrente  osserva che la
Regione  Toscana  ha  provveduto alla redazione di un piano approvato
dalla  giunta regionale con deliberazione del 27 luglio 1998, n. 840,
e trasmesso al predetto comitato con nota del 26 ottobre 1998.
    2. - Si  e' costituita la Regione Toscana, con memoria depositata
il 23 dicembre 1998, chiedendo il rigetto del ricorso.
    In  una  successiva  memoria  depositata  il  1o aprile  1999, la
Regione  Toscana  ha  insistito nelle proprie conclusioni, sostenendo
che  la  delibera  impugnata  non  riguarda il settore della politica
monetaria,  ma  singole  materie, riconducibili all'ordinamento degli
uffici  e degli enti dipendenti dalla regione, e mira a favorire, nel
rispetto  delle norme comunitarie e statali, la massima tempestivita'
ed  il  minore  impatto negativo sui cittadini nella transizione alla
moneta unica europea.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  giudizio  in  via principale promosso, con il ricorso in
epigrafe,  dal  Presidente  del  Consiglio dei Ministri nei confronti
della  Regione  Toscana ha ad oggetto la delibera legislativa recante
"Norme   per   l'adeguamento   dell'ordinamento   regionale   toscano
all'introduzione  dell'Euro", approvata dal consiglio regionale il 15
settembre 1998  e riapprovata, a seguito di rinvio governativo, il 27
ottobre  1998.  Ad  avviso  del  ricorrente  la  delibera legislativa
impugnata,  che  impone  alla regione ed agli enti ed alle aziende da
essa  dipendenti  determinati comportamenti per favorire il passaggio
alla  moneta  unica  europea,  contrasterebbe  con  l'art. 117  della
Costituzione,  in  quanto  le  singole disposizioni in essa contenute
interferirebbero  nella  materia  della politica monetaria, che e' di
competenza  dello  Stato  e  nella  delibera  medesima, pertanto, non
sarebbe  consentito  alle  regioni neppure di introdurre disposizioni
integrative o riproduttive della normativa statale.
    2. - In via preliminare, va rilevato che la Regione Toscana si e'
costituita  in  giudizio  tardivamente,  cioe'  dopo  la scadenza del
termine  di  venti  giorni  previsto al riguardo dall'art. 23, ultimo
comma,  delle  norme  integrative  per  i  giudizi davanti alla Corte
costituzionale.  Il  carattere  perentorio  dei termini relativi alla
costituzione  in  giudizio  comporta  pertanto,  alla  stregua  della
giurisprudenza  della  Corte  (sentenze  n. 155  del  1985, n. 71 del
1982),  la  dichiarazione  di  inammissibilita' della costituzione in
giudizio della Regione Toscana.
    3. - Nel merito la questione e' infondata.
    La delibera legislativa impugnata stabilisce per la regione e gli
enti   ed   aziende  da  essa  dipendenti  particolari  comportamenti
finalizzati  a favorire la massima tempestivita' ed il minore impatto
possibili  sui  cittadini  nel passaggio alla moneta unica europea. A
tal  fine  la delibera in oggetto prevede la doppia indicazione degli
importi  -  in  lire  ed in euro - in tutti gli strumenti giuridici e
documenti  posti  in  essere  dalla  regione  e  dagli altri soggetti
indicati, nonche' il relativo adeguamento della modulistica (art. 2),
attribuendo  ai  creditori  ed  ai  debitori dei soggetti predetti la
facolta'  di  ottenere  il  pagamento  in  euro  (art. 3)  ed  infine
istituisce   un   comitato   regionale  per  l'Euro,  allo  scopo  di
sovrintendere     alla    risoluzione    delle    problematiche    ed
all'impostazione  delle  azioni  correlate  alla  introduzione  della
moneta unica (art. 4).
    Tali disposizioni regionali si inseriscono nell'ampio processo di
transizione   dalla  moneta  nazionale  alla  moneta  unica  europea,
previsto dagli articoli da 105 a 124 (gia' art. 109M) del trattato CE
e  disciplinato,  per  quanto  attiene  alla  delineazione del quadro
normativo  europeo  relativo  appunto alla fase di introduzione della
moneta   unica,   in   particolare   dai  regolamenti  del  consiglio
n. 1103/1997  del  17 giugno 1997 e n. 974/1998 del 3 maggio 1998. Da
questi  ultimi  si  ricavano,  ai fini dell'eventuale incidenza della
normativa  comunitaria  sulla  fattispecie  in  esame,  due  principi
applicabili  nel  periodo transitorio: innanzi tutto, il principio di
continuita'  degli "strumenti giuridici" - intesi, secondo gli stessi
regolamenti,  in  senso onnicomprensivo come "disposizioni normative,
atti amministrativi, decisioni giudiziarie, contratti, atti giuridici
unilaterali,  strumenti  di pagamento diversi dalle banconote e dalle
monete  metalliche  ed ogni altro atto avente effetti giuridici" - in
base  al  quale  il  processo  di  introduzione dell'euro deve essere
considerato  "neutrale"  rispetto agli strumenti giuridici in essere.
In   secondo   luogo,  il  principio  del  "nessun  obbligo,  nessuna
proibizione",  secondo  cui al settore pubblico e' lasciata la scelta
circa l'opportunita' di adottare o meno l'euro nell'ambito dei propri
rapporti,  senza che ne derivino particolari conseguenze sull'assetto
dei rapporti stessi.
    La sostanziale "neutralita'", desumibile dalla indicata normativa
comunitaria,  dei  criteri  di  introduzione  dell'euro rispetto alla
situazione   giuridica   in  atto  ha  dunque  lasciato  spazio  alla
legislazione   italiana  per  "favorire  un  ordinato  e  trasparente
passaggio  dalla  lira  all'euro"  (art. 1  legge  17  dicembre 1997,
n. 433),  mediante  le  disposizioni  di una serie di atti normativi,
che,  per  il  periodo  transitorio 1o gennaio 1999-31 dicembre 2001,
impongono,  tra l'altro, alle amministrazioni ed ai soggetti pubblici
una   serie   di   adempimenti,   sul   piano  dell'organizzazione  e
dell'attivita',  adeguati  all'esigenza  di  uniformita' di atti e di
comportamenti in relazione all'adozione della moneta unica. In questo
senso  va ricordato che il decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213
ha  stabilito, oltre ad una serie di regole che incidono su specifici
profili  di  politica  monetaria,  che  nel  periodo  transitorio  le
amministrazioni    pubbliche,   anche   non   statali,   individuino,
"nell'ambito  delle  proprie  competenze  e  nelle forme previste dai
rispettivi ordinamenti", gli atti che possono essere prodotti con gli
importi  indicati  in euro (art. 47), nonche' individuino i documenti
contabili,  i  cui  importi riassuntivi abbiano l'indicazione in euro
(art. 50) ed infine consentano che i creditori ed i debitori nei loro
rapporti con le amministrazioni stesse possano, a richiesta, ottenere
che  i pagamenti abbiano luogo in euro, quando le relative operazioni
non avvengono in contanti (art. 48).
    4. - In   questo   quadro   normativo,  la  delibera  legislativa
regionale   impugnata   non   puo'  essere  configurata,  secondo  la
prospettazione  del  ricorrente,  come  atto  invasivo  della materia
"politica   monetaria",   o  comunque  riproduttivo  di  disposizioni
legislative  statali  su  materia  non  di  competenza  regionale. In
effetti,  la  delibera  legislativa  in  questione  non interviene su
quegli oggetti disciplinati dal citato decreto legislativo n. 213 del
1998,  i  quali  riguardano  specificamente particolari profili della
politica  monetaria,  come,  ad  esempio,  la  fissazione  dei cambi,
l'integrazione   dei  mercati  finanziari,  la  liberalizzazione  dei
movimenti  di capitale e cosi' via, ma regola invece aspetti diversi,
quali, in sostanza, l'indicazione degli importi monetari nella moneta
nazionale   o   nella  moneta  unica  europea,  che,  pur  rientrando
nell'ambito  disciplinare  dello  stesso decreto n. 213, non appaiono
oggettivamente  pertinenti alla politica monetaria, ma sono piuttosto
interpretabili,  anche  alla stregua del citato principio comunitario
"nessun  obbligo, nessuna proibizione", come canone di buon andamento
dell'amministrazione  regionale,  in quanto finalizzati a predisporre
un   piu'   ordinato  e  trasparente  passaggio  alla  moneta  unica.
Analogamente la previsione che crediti e debiti con l'amministrazione
regionale possano essere estinti, a richiesta, mediante versamenti in
euro  non  determina,  trattandosi  di  operazioni  non  in contanti,
effetti  diretti sulla massa monetaria circolante, ma e' inquadrabile
nella  stessa  ottica  di buon andamento, poiche' fa riferimento a un
valore  monetario  figurativo,  costituendo  in sostanza una forma di
indicazione  dell'importo  del  pagamento nella moneta unica europea,
anziche' in quella nazionale.
    Si  puo'  cosi'  dire  che  i contenuti della delibera impugnata,
lungi  dall'incidere  sulla  manovra  inerente  alla  massa monetaria
nazionale,  attengono  invece alla competenza regionale in materia di
ordinamento  degli uffici e degli enti ed aziende dipendenti, nonche'
in  materia  di  contabilita'. Si tratta invero di una manifestazione
del  potere  di  autoorganizzazione  della regione nei rapporti con i
cittadini,  che  si  esprime  anche  attraverso  la  regolazione  dei
connessi  procedimenti  amministrativi  (sentenza n. 69 del 1995), al
fine    di    adeguare,    nell'ambito    della   propria   autonomia
costituzionalmente  garantita,  fatto  salvo il principio di unita' e
indivisibilita'  della  Repubblica,  la propria azione al processo di
integrazione    europea,   in   particolare   per   quanto   riguarda
l'introduzione  dell'euro (sentenze n. 20 del 1997, n. 126 del 1996).
D'altra  parte,  anche  la direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri  del 3 giugno 1997 ha sottolineato in generale la necessita'
che  le  pubbliche  amministrazioni,  tra cui anche quelle regionali,
svolgano "un ruolo propulsivo e di guida nel processo di introduzione
dell'euro,  anche  al  fine  di  facilitare,  soprattutto nel periodo
transitorio,  il  passaggio  dalla  moneta  nazionale  all'euro per i
cittadini e le imprese".
    In  questa  ottica,  l'art. 1, comma 2, della delibera impugnata,
nella  parte  in  cui  stabilisce che "resta in ogni caso fermo tutto
quanto  disposto  a  livello  legislativo nazionale per assicurare la
continuita'   degli  strumenti  e  dei  rapporti  giuridici  e  della
neutralita'  del  passaggio  dalla  moneta  nazionale  all'euro ed in
particolare  quanto  disposto  dal  titolo II del decreto legislativo
1998  n. 213  a  proposito  di  parametri  di indicizzazione, calcoli
intermedi  e  importi  in  lire  contenuti  in  norme  vigenti",  non
costituisce   affatto   un'indebita   conferma   o   una  surrettizia
riproduzione  di  norme  statali  operanti  in  materie precluse alla
competenza  legislativa regionale. Puo' invece essere ragionevolmente
interpretato  come  espressione di rigorosa delimitazione dell'ambito
applicativo  delle disposizioni adottate entro la sfera di competenza
regionale  in  materia  di ordinamento degli uffici, cosi' da evitare
ogni  interferenza con le determinazioni di competenza dello Stato in
materia di politica monetaria.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
della   delibera   legislativa  approvata  il  15  settembre  1998  e
riapprovata,  a  seguito  di  rinvio governativo, dal consiglio della
Regione  Toscana il 27 ottobre 1998, recante "Norme per l'adeguamento
dell'ordinamento   regionale   toscano  all'introduzione  dell'Euro",
promossa,   in   riferimento  all'art. 117  della  Costituzione,  dal
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  con il ricorso indicato in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 settembre 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                       Il redattore: Capotosti
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria l'11 ottobre 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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