N. 707 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2000
Ordinanza emessa il 16 giugno 2000 dal giudice dell'udienza preliminare dal tribunale di Verona nel procedimento penale a carico di Contin Cristian ed altri Reato in genere - Associazioni che si propongono o svolgono attivita' diretta a distruggere o a deprimere il sentimento nazionale - Divieto - Contrasto con il diritto di liberta' di associazione - Lesione del diritto alla libera manifestazione del pensiero - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 87 del 1966. - Cod. pen., art. 271. - Costituzione, artt. 2, 18 e 21.(GU n.48 del 22-11-2000 )
IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE Nel procedimento n. 97/974 RGGIP e 97/1291 RGNR a carico di: Contin Cristian, Contin Flavio, Buson Gilberto, Segato Giuseppe, Contin Severino, Carnovelli Guglielmo, Zantedeschi Mario, Dal Forno Antonio Vittorio, Piccoli Stefania, Terzi Roberto, Chiamento Roberto, Bernardini Alberto, Vettorello Ugo, Sacco Aldo, De Bortoli Lino, Drago Giuseppe, Brunato Domenico, Grassi Maurizio, Pin Danilo, Alba Agostino, Alba Antonio, De Poli Flaminio, Garbin Giorgio, imputati dei seguenti reati: a) art. 306 codice penale rel. agli artt. 270, 270-bis, 271 c.p. e art. 1, decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 626, convertito nella legge n. 15/1980; b) art. 270-bis codice penale; c) art. 271 codice penale; Tutti in Verona in epoca precedente al marzo 1997 e fino al maggio 1997; d) artt. 81, 304 cpv. c.p. in Venezia, Verona, Treviso, Bassano ed altre citta' del Veneto dal 17 marzo all'8 maggio 1997; Sentiti il pubblico ministero, il patrono delle parti civili, nonche' le difese degli imputati, nel corso dell'udienza preliminare del 16 giugno 2000, ha pronunciato mediante lettura la seguente ordinanza in ordine alla sollevata questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 271 codice penale per violazione degli art. 21, 18, 2 della Costituzione, sollevata di ufficio: premesso che con provvedimento emesso in data 14 gennaio 1999 il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Verona chiedeva l'emissione del decreto che dispone il giudizio nei confronti dei sopra menzionati imputati (nonche' di altri le cui posizioni sono state separate essendo state definite ai sensi dell'art. 444 c.p.p), in ordine ai delitti sopra specificati, nonche' al reato di cui all'art. 303 codice penale, relativamente al quale e' intervenuta sentenza emessa in corso d'udienza ex art. 129 c.p.p. per abolitio criminis (dalla legge n. 205/1999) O s s e r v a Quanto alla rilevanza della questione proposta, pare sufficiente sottolineare che per tutti gli imputati e' stata inoltrata richiesta di rinvio a giudizio in relazione al reato di cui all'art. 271 c.p., o nella veste di promotori, fondatori e organizzatori, o nel ruolo di partecipanti ad un'associazione, "avente lo scopo di svolgere attivita' dirette a distruggere o deprimere il sentimento nazionale inteso come coscienza dell'unita' territoriale, sociale e politica dell'Italia". Questo giudice e' pertanto chiamato a decidere rispetto al contestato delitto di cui all'art. 271 c.p., se sussistano o meno gli elementi per il rinvio a giudizio, o comunque a pronunciarsi sulla penale responsabilita', nel caso di accoglimento di richieste di rito abbreviato, o, infine, sulla non sussistenza delle condizioni per addivenire ai proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., in caso di definizione del procedimento ex art. 444 c.p.p. In tal senso la questione proposta pare rilevante. Quanto al profilo della non manifesta infondatezza, si pone in evidenza che, tra i possibili vizi di illegittimita' dell'art. 271 c.p.p., il primo e verosimilmente piu' rilevante aspetto di contrasto, si pone rispetto all'art. 21 Cost., che tutela il diritto alla libera manifestazione del pensiero, attraverso qualsiasi mezzo di diffusione. Unico limite posto esplicitamente dalla Costituzione al libero esercizio del diritto in parola e' quello del buon costume, rispetto al quale il sentimento nazionale non pare avere alcuna pertinenza. In effetti la giurisprudenza costituzionale ha gia' escluso in alcune pronunce che il concetto di "buon costume" possa identificarsi con la morale o con la coscienza etica, nel rispetto di una concezione posta a tutela del dissenso o del pensiero non conformista esprimibile da minoranze (sentt. 9/1965, 11/1966). Nella ricerca di limiti impliciti al diritto tutelato dall'art. 21 Cost., pare corretto seguire la procedura analitica suggerita in numerose pronunce della Corte costituzionale, che partono dalla individuazione del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, per stabilire quindi se esso sia disarmonico rispetto ai dettami della Costituzione. La stesso art. 271 c.p. individua quale bene giuridico meritevole di tutela il sentimento nazionale, che, secondo la migliore dottrina si identifica con il patriottismo, inteso come coscienza dell'unita' territoriale, sociale e politica del Paese. Ebbene pare significativo, se non decisivo, evidenziare che nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale del successivo art. 272, secondo comma, c.p., il giudice delle leggi, con sentenza 1966 n. 87, abbia chiaramente ritenuto che il sentimento nazionale non riceva alcuna tutela dalla Corte costituzionale. Vale la pena di ricordare che la norma penale di cui ci si sta occupando, ossia l'art. 271 c.p., sanziona le associazioni "che si propongono di svolgere o che svolgono un'attivita' diretta a distruggere o deprimere il sentimento nazionale", mentre il secondo comma dell'art. 272 c.p., dichiarato illegittimo, vietava la propaganda "fatta per distruggere o deprimere il sentimento nazionale". Si tratta in entrambi i casi di reati di pericolo, caratterizzati dal dolo specifico, nonche' dall' identico oggetto di tutela, e da condotte, come si vedra', fortemente assimilabili . Nel ritenere, con la citata sentenza n. 87 del 1966, che la tutela penale del sentimento nazionale sia in palese contrasto con l'art. 21 Cost, la Corte costituzionale afferma: "Questo sentimento, che non va confuso col nazionalismo politico, corrisponde al modo di sentire della maggioranza della Nazione e contribuisce al senso di unita' etnica e sociale dello Stato. Ma e' pur tuttavia un sentimento che sorgendo e sviluppandosi nell'intimo della coscienza di ciascuno, fa parte esclusivamente del mondo del pensiero e delle idealita'. La relativa propaganda, non e' indirizzata a suscitare violente reazioni, ..., ne' e' rivolta a vilipendere la Nazione od a compromettere i doveri che il cittadino ha verso la Patria od a menomare altri beni costituzionalmente garantiti. Non trattasi quindi di propaganda che ha finalita' illecite, e pertanto qualsiasi limitazione di esse contrasta con la liberta' garantita dall'art. 21 della Costituzione". Evidentemente la Corte pare voler affermare l'impossibilita' di tutelare penalmente un sentimento, anche se si pone in contrasto con valori di rilevanza costituzionale, tra i quali potrebbe anche rientrare quello della unita' nazionale. Si potrebbe obiettare che la sopra riportata motivazione si attaglia perfettamente alla condotta prevista dall'art. 272, secondo comma, c.p., che consiste nel fare propaganda per distruggere o deprimere il sentimento nazionale, mentre non sarebbe pertinente alle associazioni di cui all'art. 271, c.p. In questo caso infatti la condotta parrebbe avere uno spettro piu' ampio della mera propaganda, in quanto la norma fa riferimento ad "un'attivita'" diretta a distruggere o deprimere il sentimento nazionale. Pare a questo giudice che la differenza concettuale tra l'attivita' di propaganda e il piu' generico termine "attivita'", non dovrebbe incidere sulla trasferibilita' alla norma che ci occupa dei concetti espressi dalla Corte costituzionale nella citata sentenza. A ben vedere infatti, se l'attivita' diretta a distruggere o deprimere il sentimento nazionale, dovesse esplicitarsi attraverso condotte che assumono caratterizzazioni diverse od ulteriori rispetto alla mera manifestazione del pensiero (eventualmente anche per mezzo di propaganda), tali modi di agire rientrerebbero nell'area concettuale di altre norme incriminatrici, molte delle quali hanno resistito al vaglio di costituzionalita'. . Gli esempi in tal senso possono essere moltissimi e non vale la pena di esaminarli in una casistica dettagliata. Si puo' comunque affermare che molte situazioni sono inquadrabili in altri delitti contro la personalita' dello Stato, nei quali la condotta assume connotazioni di violenza, di prevaricazione, di utilizzo di metodi antidemocratici, eversivi, o terroristici; si pensi inoltre ai vari delitti di vilipendio o ancora a tutte le norme penali che si pongono a tutela di diritti costituzionalmente garantiti. Non pare che l'art. 271 c.p. rientri in tale casistica. In effetti la fattispecie in esame parrebbe sanzionare illegittimamente una mera manifestazione del pensiero. Non si ritiene d'altra parte che l'ulteriore elemento caratterizzante della norma in esame, costituito dalla natura plurisoggettiva ed associativa del reato, possa lasciare intravedere un maggior allarme sociale, o un incremento dell'offensivita', riconducibile a fatto che la condotta deve essere necessanamente realizzata da un gruppo associato di persone. L'oggetto giuridico della fattispecie, infatti, e' e resta soltanto il sentimento nazionale. Inoltre si ricorda come il diritto di associarsi liberamente e', al pari della liberta' di espressione del pensiero, garantito dall'art. 18 Cost. Anche in questo caso si puo' osservare che il limite esplicito a tale diritto e' espressamente individuato nelle associazioni segrete e in quelle che perseguono scopi politici mediante organizzazioni militari. Non si tratta chiaramente di caratteristiche che connotino la condotta descritta dall'art. 271 c.p. Altri limiti impliciti, ma comunque in armonia con principi costituzionali, non paiono individuabili (ad es. scopo di commettere reati fine, o di ricostituire il partito fascista). A proposito del parametro costituzionale in argomento non pare fuori luogo richiamare la massima relativa alla sentenza emessa dalla Corte costituzionale il 14 luglio 1967 n. 114: "Le norme di cui agli artt. 215, r.d. 6 novembre 1926, n. 1848, e r.d, 18 giugno 1931, n. 773, sono illegittime, perche' con esse si volle e si vuole impedire l'esistenza di associazioni che svolgono comunque attivita' contraria "all'ordine nazionale" o "agli ordinamenti politici costituiti nello Stato". Ora in uno Stato di liberta' qual'e' quello fondato dalla nostra Costituzione e' consentita anche l'attivita' di associazioni che si propongono anche il mutamento degli ordinamenti politici esistenti, purche' questo proposito sia perseguito con metodo democratico, mediante il libero dibattito e senza ricorso, diretto o indiretto, alla violenza". Logico corollario a tale principio e' il consentire anche l'attivita' di associazioni che si propongono quale fine la depressione o la distruzione del sentimento nazionale, sulla cui irrilevanza sotto il profilo costituzionale gia' si e' detto. Si evidenzia, infine, che l'associazione e' una formazione sociale ove l'individuo svolge la sua personalita' e come tale e' garantita e tutelata dall'art. 2 Cost., ultimo dei parametri rispetto ai quali questo giudice ritiene di proporre la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 271 c.p. Si nota infine che la dottrina, utilizzando evidentemente un provocatorio paradosso giuridico, ritiene che l'art. 271 c.p. sia norma "tacitamente" abrogata, osservando che una formale dichiarazione di illegittimita' costituzionale non sia mai intervenuta, per il semplice motivo, che tale reato non risulta mai essere stato contestato, prima d'ora, dalla nascita della Repubblica. Data la stretta interdipendenza ontologica e probatoria, nonche' la connessione tra i reati contestati, tutti riferiti alla medesima struttura associativa, si ritiene indispensabile sospendere l'intero procedimento. A conferma di cio' si pone in evidenza che le ipotesi associative contestate ai capi a) ed f) della richiesta di rinvio a giudizio, inglobano tra l'altro anche la condotta di cui all'ipotesi associativa sanzionata dall'art. 271 codice penale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata nel presente procedimento la questione di legittimita' costituzionale dell'art 271 c.p. per violazione degli artt. 2, 18 e 21 della Costituzione; Dispone sospendersi il presente procedimento, nonche', manda alla cancelleria per: 1) la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con la prova delle avvenute comunicazioni e notificazioni; 2) la notifica, della presente ordinanza al Presidente dcl Consiglio dei Ministri; 3) la notifica della presente ordinanza alle parti non presenti alla odierna udienza; 4) la comunicazione, della presente ordinanza ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Letta in udienza alle parti presenti. Verona, addi' 16 giugno 2000. Il giudice dell'udienza preliminare: Dusi 00C1214