N. 8 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 1999
Ordinanza emessa il 6 ottobre 1999 dal tribunale di Lanciano sull'istanza proposta da Giammarino Gianluca Processo penale - Patrocinio a spese dello Stato - Nomina del difensore di fiducia - Limitazione ad un professionista iscritto ad uno degli albi degli avvocati del distretto di Corte d'appello ove ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto di difesa. - Legge 30 luglio 1990, n. 217, art. 9. - Costituzione, artt. 3e 24, secondo e terzo comma.(GU n.4 del 24-1-2001 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza premesso che: con ricorso pervenuto in data 19 giugno 1999 Giammarino Gianluca ha proposto reclamo avverso il provvedimento emesso in data 3 marzo 1999 dal g.i.p. della pretura di Lanciano (notificato il 31 maggio 1999), con il quale e' stato revocato il decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato emesso, su istanza del medesimo Giammarino, in data 2 marzo 1999; il ricorso e' stato notificato alla competente Direzione Regionale delle Entrate; il provvedimento reclamato ha, previa revoca del precedente provvedimento ammissivo, rigettato l'istanza in applicazione dell'art. 9 legge n. 217/1990 (ritenuto rilevante anche in sede di ammissione al beneficio nell'ipotesi in cui la scelta del difensore di fiducia sia gia' stata operata in precedenza dai richiedente), in quanto il Giammarino aveva nominato proprio difensore di fiducia l'avv. Pistelli, iscritto nell'albo professionale del distretto di Ancona, diverso da quello "nel quale ha sede il giudice che procede" (e cioe' il distretto dell'Aquila); il reclamo e' stato basato su tre motivi, sostenendosi anzitutto il mancato rispetto del termine di dieci giorni dalla presentazione dell'istanza previsto dall'art. 6, comma 2, legge n. 217/1990; in secondo luogo, la "abnormita'" del provvedimento di revoca in ipotesi diversa da quelle regolate dall'art. 10 legge citata; in terzo luogo l'erronea applicazione dell'art. 9 della stessa legge (che conterrebbe una disposizione in alcun modo vincolante, come dimostrato dall'uso del verbo "puo'" anziche' "deve") e comunque la illegittimita' costituzionale dell'art. 9 medesimo, per violazione degli artt., 3, 4, 16 e 24, commi secondo e terzo, Costituzione; Rilevato che: i primi due motivi di reclamo non appaiono fondati, in quanto - da un lato - il decorso del termine previsto dall'art. 6 comma l legge 217/1990 non e' in alcun modo sanzionato ne' qualificato sul piano processuale e su quello sostanziale e non puo', in particolare, attingere valore di silenzio - accoglimento, ne' comportare alcuna invalidita' del (doveroso) provvedimento reso dopo la scadenza; e - dall'altro lato - il provvedimento di ammissione di un soggetto al patrocinio a spese dello Stato in mancanza dei presupposti di legge puo' essere legittimamente revocato anche al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 10 della legge, rientrando la revoca nella generale potesta' di autotutela della pubblica amministrazione (in tal senso si vedano cass. pen, sez. I pen., sent. n. 3804 del 27 ottobre 1994, Boccuni; sez. IV sent. n. 1338 del 13 maggio 1995, Marinaci; sez. IV, sent. n. 2726 del 22 novembre 1996, Yeboha); quanto al terzo motivo di reclamo, non ritiene il tribunale di potere aderire alla opinione che non ravvisa nell'art. 9 in questione una limitazione della possibilita' di scelta del difensore di fiducia da parte del soggetto ammesso al beneficio a spese dello Stato, chiara essendo la formulazione letterale della norma (dove il verbo "puo'" e' chiaramente riferito alla nomina di difensore di fiducia - la quale non puo' che dipendere dalla volonta' dell'assistito - e non anche alla scelta - che viene limitata, dalla seconda parte dell'articolo, agli "iscritti ad uno degli albi degli avvocati ... del distretto di corte di appello nel quale ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento") e non potendosi evincere nulla di diverso dalla sua ratio (costituita dall'esigenza di limitare gli esborsi a carico dello Stato e di evitare il rischio della concentrazione di una eccessiva mole di lavoro su determinati professionisti conseguente al possibile orientamento delle scelte verso quelli piu' noti); peraltro, la questione di legittimita' costituzionale prospettata in via subordinata e' rilevante e non manifestamente infondata, come gia' in altra occasione reputato da questo tribunale; considerato che: quanto alla rilevanza, il decreto con cui il Giammarino era stato ammesso al gratuito patrocinio, poi revocato con il, provvedimento qui reclamato, rende evidente la sussistenza degli elementi formali prescritti dagli artt. 2 e 5 legge n. 217/1990 e delle condizioni reddituali previste dall'art. 3 legge cit., sicche' il tribunale deve necessariamente fare applicazione ai fini della decisione dell'art. 9, in base al quale e' stato pronunciato il provvedimento reclamato, nel suo chiaro significato limitativo sopra evidenziato; che, quanto alla non manifesta infondatezza, i profili di verosimile contrarieta' della norma in esame ai precetti costituzionali coinvolgono - a parere di questo giudice - sia l'art. 3, sia l'art. 24, comma secondo e terzo, della Costituzione: a) pur avendo la legge n. 217/1990 inteso "assicurare" il patrocinio nel procedimento penale "per la difesa del cittadino non abbiente" e pur avendo a tal fine il legislatore optato per un sistema di assunzione a carico dello Stato delle spese connesse con la predetta difesa, la limitazione contenuta nell'art. 9 in esame si traduce in una differenziazione tra persone abbienti da un lato e persone non abbienti dall'altro. Infatti i primi, a differenza dei secondi, possono scegliere di avvalersi dell'opera professionale di legali intra o extra districtum. Accade cioe' che la discriminazione tra coloro che, dotati di risorse, potevano permettersi di agire e difendersi in giudizio a qualunque costo e coloro che, per penuria di mezzi non lo potevano, si riproduce come discriminazione tra coloro che, proprio in quanto dotati di mezzi, possono scegliere il professionista che piu' ispira fiducia e coloro che, proprio a causa della mancanza di risorse, possono sceglierlo, ma entro una rosa (territorialmente) limitata. Una discriminazione solo in apparenza nuova, che, in realta', presenta gli stessi termini di diseguaglianza sostanziale, sia pure concentrati in un aspetto particolare, di quella generale "di ordine economico che, limitando di fatto l'eguaglianza dei cittadini" la legge n. 217/1990 intendeva rimuovere, in ossequio al dettato dell'art. terzo/secondo Cost. Sembrerebbe infatti che per i non abbienti l'essenziale stia nell'avere un patrocinatore, non anche un patrocinatore fiduciario. b) anche nell'ambito della categoria dei "non abbienti", inoltre, la limitazione territoriale imposta dall'art. 9 legge n. 217/1990 comporta diseguaglianze che non appaiono giustificate da alcuna differenza sostanziale di situazioni (e quindi contrarie all'art. 3 Cost.), in quanto soltanto il non abbiente che abbia rapporti fiduciari con professionisti legali iscritti in albi del distretto nell'ambito del quale si svolge il procedimento penale puo' avvalersi di un patrocinio e di una difesa effettivamente fiduciaria, mentre il non abbiente che simili rapporti abbia (per le ragioni piu' svariate, tra le quali ad esempio quelle legate al luogo di residenza e domicilio) con difensori iscritti in albi posti al di fuori dal distretto dovra' limitarsi ad una difesa sostanzialmente d'ufficio anche ove formalmente di fiducia c) le differenziazioni evidenziate sono poi tali da incidere in modo significativo sul diritto di difesa, che l'art. 24 Cost. qualifica come inviolabile al secondo comma e vuole "assicurato" anche ai non abbienti al terzo comma. Una volta prevista la difesa fiduciaria del non abbiente con assunzione degli oneri economici a carico dello Stato, infatti, condizionare la scelta del difensore di fiducia limitandola ad un ambito territoriale (che peraltro puo' non coincidere con quello nel quale il soggetto da difendere vive, opera e instaura rapporti e quindi nel quale egli potrebbe reperire il difensore di fiducia) significa privare di contenuto e di effettivita' il diritto al cui esercizio la scelta e' finalizzata. La difesa inviolabile non e' piu' tale qualora si pretenda di apporre delle condizioni limitative al suo esercizio concreto, quale appunto appare essere quella di assicurare copertura economica a carico dello Stato a prestazioni legali a favore di persone non abbienti, ma a patto che la scelta fiduciaria sia fatta fra i professionisti iscritti agli albi del distretto del giudice procedente. Se, come ha riconosciuto lo stesso legislatore del 1990, il diritto di difendersi in giudizio comprende la facolta' di nominare un difensore di fiducia, ogni limitazione di questa facolta' si traduce in una limitazione di quel diritto e in una verosimile lesione dell'inviolabilita' prescritta dal secondo comma dell'art. 24 ed in una solo apparente assicurazione al non abbiente dei mezzi per difendersi effettivamente, come voluto dal terzo comma del medesimo art. 24. d) non ignora il tribunale che la Corte costituzionale ha, con diverse pronunce rese in relazione agli artt. 128, 130 e 131 del c.p.p. del 1930 ed al r.d. n. 3282/1923, ritenuti conformi all'art. 24, comma terzo, della Costituzione anche sistemi inadeguati alla efficace difesa dei non abbienti, costituenti pur sempre "appositi istituti" diretti a tale scopo che "considerare, in ipotesi, ...come insufficienti o scarsamente efficienti rispetto allo scopo voluto dalla Costituzione, non potrebbe mai voler dire riconoscere contrari alla Costituzione stessa" (cosi' nella sentenza n. 114/1964, ma nello stesso senso anche sentenze successive: 97/1970, 149/1972, 35/1973). Tuttavia il tribunale ritiene che tale orientamento meriti riconsiderazione alla luce del sistema introdotto dalla legge n. 217/1990, nell'ambito del quale non paiono potersi giustificare le limitazioni imposte dall'art. 9, che creano differenziazioni e lacune di effettivita' della difesa anche tra i non abbienti e non solo tra questi ultimi e gli abbienti e che impediscono la esplicazione del diritto di difesa dei non abbienti nella estensione esplicitamente conferitagli dalla stessa legge n. 217; Ritenuto che: pertanto, a norma dell'art. 23 legge n. 87/1953, deve essere rimessa alla Corte costituzionale, cui vanno trasmessi gli atti, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 legge 30 luglio 1990, n. 217, nella parte in cui limita la possibilita' di nomina del difensore di fiducia da parte dell'ammesso al patrocinio a spese dello Stato agli "iscritti ad uno degli albi degli avvocati o procuratori del distretto di corte di appello nel quale ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento", in relazione agli art. 3 e 24, comma secondo e terzo, della Costituzione; che il presente giudizio deve essere sospeso;
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e ss. legge n. 87/1953; 1) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli art. 3 e 24, comma secondo e terzo, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 legge 30 luglio 1990 n. 217, nella parte in cui limita la possibilita' di nomina del difensore di fiducia da parte dell'ammesso al patrocinio a spese dello Stato agli "iscritti ad uno degli albi degli avvocati o procuratori del distretto di corte di appello nel quale ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento"; 2) Dispone la trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte costituzionale; 3) Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alle parti ed al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento della Repubblica; 4) Sospende il presente giudizio di reclamo fino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Lanciano, addi' 6 ottobre 1999. Il Presidente: Moffa Il giudice relatore: Filocamo 01C0062