N. 1 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 gennaio 2001

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 4 gennaio 2001 (della Regione Friuli-Venezia Giulia)

Lavoro  -  Disposizioni  in  materia  di  lavori  socialmente utili -
Convenzioni  tra  Regioni  e Ministero del lavoro per l'impiego delle
risorse   del   Fondo  per  l'occupazione  destinate  alle  attivita'
socialmente utili - Predeterminazione, ad opera del d.l. n. 346/2000,
dei  relativi  contenuti  organizzativi,  finanziari  e  funzionali -
Denunciata  violazione  della  potesta'  legislativa  primaria  della
Regione  Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli uffici
e  degli  enti  dipendenti  dalla  Regione - Lesione del principio di
leale  collaborazione  -  Incidenza  sul  buon andamento degli uffici
regionali   -   Lesione   dell'autonomia   finanziaria   regionale  e
dell'obbligo di copertura delle spese.
- D.L. 24 novembre 2000, n. 346, art. 2, commi 2 e 3.
- Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, n. 1, e 48;
- Costituzione, artt. 81, quarto comma, e 97.
(GU n.6 del 7-2-2001 )
    Ricorso  per  questione  di  legittimita' costituzionale proposto
  dalla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  in  persona del Presidente
  pro-tempore  della  Giunta  regionale, giusta delibere della Giunta
  regionale  15 dicembre  2000,  n. 3892 e 21 dicembre 2000, n. 3998,
  rappresentata  e  difesa,  come  da  mandato a margine del presente
  atto,  dagli avv. prof. Mario Bertolissi di Padova e Luigi Manzi di
  Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in
  Roma,  via F. Confalonieri n. 5, contro la Presidenza del Consiglio
  dei ministri, in persona del Presidente "pro tempore" del Consiglio
  dei  Ministri,  rappresentata  e  difesa  ex  lege dalla Avvocatura
  generale  dello  Stato,  per  la  declaratoria  di  illeggittimita'
  costituzionale   dell'art. 2,  comma  1  e  2,  comma  2  e  3  del
  decreto-legge 24 novembre 2000, n. 346 (recante "Interventi urgenti
  in  materia  di  ammortizzatori  sociali,  di previdenza, di lavori
  socialmente  utili  e  di  formazione  continua"), pubblicato nella
  Gazzetta  Ufficiale  n. 277 del 27 novembre 2000, avente ad oggetto
  "Disposizioni in materia di lavori socialmente utili".

                           Fatto e diritto


    1. - Con  decreto-legge  24  novembre  2000,  n. 346, lo Stato e'
  nuovamente  intervenuto nell'ambito materiale designato dei "lavori
  socialmente utili": dunque, in un campo riservato alle attribuzioni
  proprie,  per  cio'  solo regolabili con assoluta discrezionalita'.
  Nell'avvalersi  della  fonte  normativa  precaria  dell'atto avente
  forza   di  legge  prevista  dall'art. 77  della  Costituzione,  ha
  principalmente  integrato  quanto  stabilito dall'art. 45, comma 6,
  della  legge  17  maggio 1999, n. 144, e dal decreto legislativo 28
  febbraio  2000,  n. 81,  quest'ultimo  riguardante  "Integrazioni e
  modifiche  della  disciplina  dei lavori socialmente utili, a nonna
  dell'art. 45, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144".

    2. - L'art. 2  del  decreto-legge  n. 346/2000 dispone - oltre al
  differimento   della   data   di  presentazione  della  domanda  di
  ammissione  alla  contribuzione  volontaria (comma 1) - che possano
  essere  stipulate  le  convenzioni  di cui all'art. 8, comma 1, del
  decreto  legislativo, n. 81/2000, nonche' convenzioni ulteriori tra
  il  Ministero  del  lavoro  e della previdenza sociale e le regioni
  "nei  limiti  delle  risorse preordinate allo scopo nell'ambito del
  Fondo   per   l'occupazione"   e   "in   riferimento  a  situazioni
  straordinarie" (comma 2).
    Cio'  che  conta  e'  che  il  teto  del decreto-legge, invece di
  limitarsi  alla  previsione  dello  strumento negoziale (com'e', ad
  esempio,   nell'art. 8   del   decreto   legislativo   n. 81/2000),
  predetermina  il  contenuto  delle  convenzioni, dal momento che le
  medesime debbono necessariamente prevedere (come si desume dall'uso
  del predicato verbale "prevedono"):
        a)  la realizzazione, da parte delle regioni, di programmi di
  stabilizzazione dei soggetti di cui all'art. 2, comma 1, del citato
  decreto  legislativo n. 81 del 2000, con l'indicazione di una quota
  predeterminata di soggetti da avviare alla stabilizzazione che, per
  il  primo  anno,  non  potra'  essere inferiore al 30 per cento del
  numero   dei   soggetti   appartenenti   al  bacino  regionale;  le
  convenzioni  possono essere annualmente rinnovate, a condizione che
  vengano  raggiunti gli obiettivi di stabilizzazione dei soggetti di
  cui al citato art. 2, comma 1;
        b)  le risorse finanziarie necessarie ad assicurare a tutti i
  soggetti  non stabilizzati entro il 31 dicembre 2000, ad esclusione
  di  quelli  impegnati  in  attivita'  progettuali interregionali di
  competenza  nazionale  e dei soggetti che maturino il cinquantesimo
  anno  di  eta'  entro  il  31  dicembre  2000,  anche  a  copertura
  dell'erogazione  della  quota di cui all'art. 4 comma 2, del citato
  decreto  legislativo  n. 81 del 2000, del 50 per cento dell'assegno
  per  prestazioni  in  attivita'  socialmente  utili  e  dell'intero
  ammontare  dell'assegno  al  nucleo  familiare,  che  le regioni si
  impegnano   a  versare  all'I.N.P.S.;  nonche',  nell'ambito  delle
  risorse  disponibili  a  valere  sul  Fondo  per  l'occupazione, un
  ulteriore  stanziamento  di  entita'  non  inferiore al precedente,
  finalizzato   ad   incentivare   la  stabilizzazione  dei  soggetti
  interessati  da  situazioni  di  straordinarieta'; a tale scopo per
  l'anno  2001,  verranno  utilizzate  le  risorse  destinabili  alle
  regioni, ai sensi dell'art. 8, commi 1 e 2, del decreto legislativo
  n. 81   del   2000,   tenendo   conto   dei   conguagli   derivanti
  dall'applicazione  dell'art.  45  comma  6,  della legge n. 144 del
  1999;
        c)  la possibilita' di impiego, da parte delle regioni, delle
  risorse   del   citato  Fondo  per  l'occupazione,  destinate  alle
  attivita'  socialmente  utili  e  non impegnate per il pagamento di
  assegni,  per  misure  aggiuntive  di stabilizzazione e di politica
  attiva  del  lavoro  e per il sostegno delle situazioni di maggiore
  difficolta'".
    A  cio'  si aggiunga che l'attivazione delle convenzioni comporta
  che sia trasferita alle regioni la "responsabilita' di destinazione
  delle  risorse  finanziarie"  (comma  3),  ed e' infine prevista la
  facolta'  -  per  regioni  ed  enti locali - di effettuare, a certe
  condizioni.   "assunzioni   di   soggetti  collocati  in  attivita'
  socialmente utili" (comma 5).

    3. - Ove  si  legga anche affrettatamente il disposto dell'art. 2
  del  decreto-legge n. 346/2000, ci si avvede che esso contrasta con
  una   molteplicita'   di   parametri  fissati  in  norme  di  rango
  costituzionale.
    a)   Sotto   un   primo   profilo,   l'analitica   e  unilaterale
  puntualizzazione  del  contenuto  della  convenzione, nel prevedere
  azioni da compiere da parte della regione, attraverso l'utilizzo di
  proprio  personale  e  di  proprie  strutture, finisce per porsi in
  contrasto  con  il  dettato  dell'art. 4,  n. 1),  dello Statuto di
  autonomia  (approvato con legge costituzionale n. 1/1963), il quale
  attribuisce alla potesta' legislativa regionale primaria la materia
  dell'"ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti  dipendenti  dalla
  regione".
    E'  evidente,  infatti,  che tale contenuto convenzionale imposto
  esclude  che la regione possa valutare autonomamente l'incidenza e,
  quindi,  la  ricaduta  sulle proprie strutture degli obiettivi piu'
  generali  e delle opzioni piu' concrete unilateralmente individuati
  dallo   Stato:   il   quale,   se   ha   il  diritto  di  avvalersi
  dell'ordinamento  dei  livelli  substatali di governo ha il dovere,
  tuttavia,  di  operare nel rispetto del principio costituzionale di
  leale  collaborazione,  evitando intromissioni che, ove considerate
  sul  piano  organizzativo,  sono  lesive  delle  accennate,  sicure
  prerogative  costituzionali,  che  oltretutto  "non  incontrano  il
  limite  degli  interessi"  (come rileva Paladin, Diritto regionale,
  Padova, 2000, 126).
    b)  Sotto  un  secondo  e connesso profilo, le censure suindicate
  comportano    la   violazione,   altresi',   dell'art.   97   della
  Costituzione:  nel senso che le disposizioni del decreto-legge sono
  suscettibili  di  incidere  sul funzionamento ottimale degli uffici
  regionali,  la'  dove  appunto l'art. 2 del testo normativo indica,
  relativamente  ai  "programmi  di  stabilizzazione"  dei  "soggetti
  impegnati  in  progetti  di  lavori  socialmente utili" (ex art. 2,
  comma  1, del decreto legislativo n. 81/2000), quantita' di persone
  e  ammontari  di  risorse,  senza che sia possibile individuarne la
  ricaduta  nell'ambito  di  un rapporto Stato-Regioni reciprocamente
  libero,  come  deve  essere  quando  si misurano l'autonomia di una
  parte   con  l'autonomia  della  controparte.  Ed  e'  qui  che  si
  concretizza  una  evidente  lesione dell'autonomia funzionale della
  regione.
    c)   Sotto   un  terzo  rilevante  profilo,  e'  l'insieme  delle
  previsioni  dell'art.  2,  riguardanti  l'autonomia  finanziaria, a
  collidere con quanto stabilito dall'art. 48 dello Statuto, la' dove
  questo  prevede  che "la regione ha una propria finanza, coordinata
  con   quella   dello   Stato,  in  armonia  con  i  principi  della
  solidarieta' nazionale ...".
    Infatti,  come  si  avra'  modo  di  chiarire  in  una successiva
  memoria, il vincolo delle risorse posto dall'art. 2, secondo comma,
  (si  tratta  dell'inciso "nei limiti delle risorse preordinate allo
  scopo  nell'ambito  del  Fondo  per  l'occupazione"), combinato con
  determinazioni  quantitative  di interventi rigide (sub lett. a) si
  parla  di  "indicazione  di una quota predeterminata di soggetti da
  avviare  alla  stabilizzazione  che,  per il primo anno, non potra'
  essere   inferiore   al  30  per  cento  del  minimo  dei  soggetti
  appartenenti  al  bacino  regionale")  e  con  l'attribuzione  alla
  regione   della  "responsabilita'  di  destinazione  delle  risorse
  finanziarie"  (art.2,  terzo comma), finisce per interferire con le
  scelte,  sicuramente  riservate  dallo  Statuto  alla  regione,  di
  modulare gli interventi sopportabili con le risorse disponibili: le
  quali, ultime, neppure crerte e non commisurabili alla percventuale
  rigida  di  soggetti  appartenenti  al  bacino regionale possono, a
  conti fatti, essere inadeguate, comportando, per cio' solo, pure la
  violazione dell'art. 81, quarto comma della Costituzione.
                              P. Q. M.
    La   regione   ricorrente   chiede  che  l'eccellentissima  Corte
  costituzionale     dichiari     l'illegittimita'     costituzionale
  dell'art. 2,  comma  2  e  3,  del  decreto-legge 24 novembre 2000,
  n. 346.
        Padova-Roma, addi' 22 dicembre 2000.
      Avvocato prof.: Mario Bertolissi - Avvocato: Luigi Manzi
01C0050