N. 65 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 ottobre 2000

Ordinanza  emessa  il  4  ottobre  2000 dal tribunale di Grosseto nel
procedimento penale a carico di Canepi Paolo

Processo   penale   -  Dibattimento  -  Acquisizione  delle  prove  -
Procedimenti  in  corso alla data di entrata in vigore della legge 25
febbraio  2000,  n. 35,  di  conversione  del decreto-legge 7 gennaio
2000,  n. 2  -  Utilizzabilita'  delle  dichiarazioni rese, nel corso
delle  indagini  preliminari,  da imputati in procedimento connesso -
Irragionevole  disparita' di trattamento tra imputati in base al mero
elemento temporale - Lesione del diritto di difesa.
- D.L.  7  gennaio  2000,  n. 2,  art. 1, comma 2, come modificato da
  legge 25 febbraio 2000 n. 35.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
Processo   penale   -  Dibattimento  -  Acquisizione  delle  prove  -
  Procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge 25
  febbraio  2000,  n. 35,  di conversione del decreto legge 7 gennaio
  2000,   n. 2   -   Dichiarazioni  rese  nel  corso  delle  indagini
  preliminari  da  imputati  in  procedimento  connesso - Limitazione
  della  valutazione  alle  dichiarazioni gia' acquisite al fascicolo
  per  il  dibattimento  -  Disparita'  di trattamento tra imputati -
  Lesione del diritto di difesa.
- D.L.  7  gennaio  2000,  n. 2,  art. 1, comma 2, come modificato da
  legge 25 febbraio 2000 n. 35.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
Processo  penale - Dibattimento - Acquisizione delle prove - Esame di
  persona   imputata  in  procedimento  connesso  -  Esercizio  della
  facolta'  di  non  rispondere  - Dichiarazioni rese nel corso delle
  indagini preliminari su fatti implicanti responsabilita' di altri -
  Utilizzabilita', in mancanza di accordo delle parti - Contrasto con
  il principio del contraddittorio nella formazione della prova.
- Cod. proc. pen., art. 513.
- Costituzione, art. 111.
(GU n.6 del 7-2-2001 )
                            IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza, nel procedimento n. 30/1999
  R.G.T.  nei  confronti  di  Canepi  Paolo, sulle richieste avanzate
  dalle parti all'udienza del 4 ottobre 2000, osserva quanto segue.
                           I n  f a t t o
    Il  Pubblico  Ministero  all'esito  dell'escussione  ex  art. 210
  c.p.p.  di  Cavallini Massimiliano, nel quale lo stesso si avvaleva
  della facolta' di non rispondere, presupponendo l'impossibilita' di
  acquisire  per  le  contestazioni  al fascicolo del dibattimento le
  dichiarazioni  rese  dal  medesimo in sede di indagine preliminare,
  formulava  eccezione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 513
  c.p.p.
    Il  difensore  si  dichiarava  remissivo sul punto ed a sua volta
  eccepiva, ma solo come subordinata all'accoglimento della eccezione
  formulata  dal pubblico ministero, la illegittimita' costituzionale
  della legge n. 35 del 25 febbraio 2000 che ha convertito il decreto
  legge  n. 2  del  7 gennaio 2000 - recante disposizioni urgenti per
  l'attuazione  dell'art. 2  della  legge  costituzionale 23 novembre
  1999, n. 2 - con riferimento al novellato art. 111 Costituzione.
                         I n  d i r i t t o
    1.  -  E'  in  discussione  nel  presente processo l'applicazione
  dell'art. 513 c.p.p. in relazione alla nuova disciplina di cui alla
  legge  n. 35/2000  di  conversione  del  decreto  legge  n. 2/2000,
  normativa  che trae origine dalle nuove disposizioni costituzionali
  sul c.d. "giusto processo".
    Il costituente, come noto, nel prevedere regole volte a garantire
  un  processo  che  si svolga in condizioni di effettiva parita' tra
  accusa  e  difesa e al fine precipuo di evitare che affermazioni di
  responsabilita'  penale  possano  derivare da processi nei quali il
  contraddittorio  e' concretamente impedito dalla impossibilita' per
  l'imputato di controinterrogare il proprio accusatore, ha stabilito
  che  la  "colpevolezza  dell'imputato non puo' essere provata sulla
  base  di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre
  volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato
  o  del  suo  difensore"  (art. 1  legge  costituzionale n. 2 del 23
  novembre   1999,   introduttiva   del   nuovo  testo  dell'art. 111
  Costituzione).
    2) Per quanto riguarda l'art. 513 c.p.p. la questione muove dalla
  ipotesi   che   questo   Collegio   si   trovi   a  dover  limitare
  l'utilizzabilita'   delle   dichiarazioni   rese   in   istruttoria
  preliminare a quelle gia' acquisite al fascicolo del dibattimento.
    Se   mal  non  si  interpreta  infatti  il  quadro  normativo  di
  riferimento,   la  disposizione  contenuta  nella  succitata  norma
  processuale   (art. 513   c.p.p.)   -  per  come  risultante  dalla
  interpretazione  dettata  dalla  Corte  costituzionale  nella  nota
  pronuncia  n. 361  del  2  novembre  1998 (che ha dichiarato tra le
  altre  l'incostituzionalita'  del  secondo comma nella parte in cui
  non prevede che qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta in
  tutto   o   in   parte  di  rispondere  sui  fatti  concernenti  la
  responsabilita'   di  altri,  gia'  oggetto  delle  sue  precedenti
  dichiarazioni,  in  mancanza dell'accordo delle parti, alla lettura
  si  applica  l'articolo  500  commi  2-bis e 4 c.p.p.) - e' tuttora
  vigente  nell'ordinamento;  pertanto, nulla sembra vietare in linea
  di   principio   che   anche   per  il  futuro  possano  e  debbano
  (sussistendone   i  presupposti)  acquisirsi  le  dichiarazioni  di
  imputati  in  procedimenti  connessi  che  rifiutino  di sottoporsi
  all'esame.
    Una  tale  evenienza  processuale  appare  tuttavia  in  evidente
  contrasto   con  le  nuove  disposizioni  (di  cui  alla  legge  di
  conversione  n. 35/2000), le quali vietano l'utilizzabilita' previa
  acquisizione,   posto   l'evidente   rapporto   di  interdipendenza
  funzionale   fra   le  due  attivita'.  Si  profila  pertanto  come
  anticipato  un  primo  dubbio  di  costituzionalita' concernente la
  incompatibilita'  sopravvenuta  del vigente articolo 513 c.p.p. con
  le  disposizioni  di  cui  alla  legge  n. 35  del 25 febbraio 2000
  (legge,  quest'ultima,  che  potrebbe  reputarsi  in  qualche  modo
  "prevalente"  rispetto  alla  prima  norma  in  quanto direttamente
  applicativa del precetto di cui all'art. 111 Costituzione).
    3.  -  La  questione  sopra  esposta  non esaurisce la materia da
  sottoporre  al  vaglio  della  Corte  costituzionale, atteso che il
  difensore ha posto in discussione anche la normativa per cosi' dire
  transitoria  e  del  resto  questo  stesso  tribunale di recente ha
  formulato  al  riguardo  altra  ordinanza  in  data  17  marzo 2000
  nell'ambito  del procedimento 64/1997 R. Dib. a carico di Campanile
  + 23.
    Il  legislatore costituente si e' infatti posto il problema della
  applicazione  dei  nuovi  princi'pi ai procedimenti penali in corso
  alla  data  di  entrata di vigore della nuova disciplina, tanto che
  l'art. 2  della  citata  legge  costituzionale  ne  ha  delegato la
  regolazione alla legge ordinaria.
    Il  governo,  ritenuta  l'urgenza,  ha  emanato il citato decreto
  legge  (n. 2/2000), secondo il quale fino alla data dell'entrata in
  vigore  della  legge  che  ne  disciplina l'attuazione nel processo
  penale,  i  princi'pi  introdotti  nel novellato articolo 111 della
  Costituzione  dovevano trovare applicazione nei procedimenti penali
  in  corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale
  nei  quali  non  fosse ancora avvenuta la dichiarazione di apertura
  del  dibattimento;  per  quelli  a  dibattimento gia' aperto valeva
  invece  il principio secondo il quale la colpevolezza dell'imputato
  non   poteva  essere  provata  "esclusivamente"  sulla  base  delle
  dichiarazioni  rese da chi per libera scelta si sottraeva all'esame
  in dibattimento.
    Il  testo  legislativo  derivante  dalla conversione in legge del
  decreto  citato stravolge radicalmente il principio statuito in via
  d'urgenza, in quanto, affermando l'applicazione dei nuovi princi'pi
  costituzionali  per  tutti  i  processi  indistintamente  e  dunque
  prescindendo  da  ogni distinzione tra processi a dibattimento gia'
  aperto   o   meno,   limita   per   i   processi   gia'   in  corso
  l'utilizzabilita'   probatoria  (e  dunque  il  possibile  connesso
  giudizio  di  colpevolezza)  alle  dichiarazioni gia' presenti - in
  quanto   gia'   in   precedenza   acquisite   -  al  fascicolo  del
  dibattimento.
    Questa  sembra essere - secondo l'opinione del Collegio - l'unica
  interpretazione   plausibile  dell'inciso  "se  gia'  acquisite  al
  fascicolo  del  dibattimento",  nel  senso  che solo i verbali gia'
  annessi  possono essere utilizzati ai fini probatori, mentre invece
  vi e' un divieto di utilizzazione - e dunque di previa acquisizione
  (non  rintracciandosi  a  questo punto alcuna logica processuale in
  una  eventuale acquisizione di atti insuscettibili di valutazione e
  utilizzazione  da  parte  del  giudice)  di quelli che alla data di
  entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione non hanno ancora
  trovato ingresso nel fascicolo del dibattimento.
    Una  diversa  interpretazione  - che neghi al periodo in esame il
  carattere  di  spartiacque temporale ostativo a future acquisizioni
  dei  verbalide  de  quibus - appare priva di significato innovativo
  sia  nella  logica del sistema che con riguardo all'iter dei lavori
  parlamentari  che  hanno  condotto  alle  modifiche  descritte:  e'
  infatti  di  tutta  evidenza che il dibattito parlamentare relativo
  alla regolazione dei princi'pi del giusto processo sui procedimenti
  in  corso  si  e'  insistentemente  soffermato  sulla necessita' di
  individuare  uno spartiacque temporale che consentisse di ribadire,
  pur    con   i   dovuti   accorgimenti,   l'utilizzabilita'   delle
  dichiarazioni  rilasciate  in  sede  di  indagine da chi si sottrae
  legittimamente    ma   volontariamente   all'esame,   in   ossequio
  all'esigenza  di  contemperare  in maniera ragionevole i diritti di
  difesa  con  il  principio  di  conservazione (non dispersione) del
  materiale probatorio.
    A  dimostrazione dell'assunto sta il testo del decreto originario
  sopra  riportato  (che  limitava l'utilizzazione, con il correttivo
  della  non  esclusivita',  ai  dibattimenti  gia'  aperti);  ancora
  successivamente,  nella  fase  di conversione, veniva introdotto un
  emendamento  (approvato dalla commissione giustizia della Camera in
  data  27  gennaio  2000),  che  addirittura  arretrava la soglia di
  utilizzabilita'  probatoria dei verbali ai processi per i quali era
  gia' stata esercitata l'azione penale.
    4.  -  Cio'  premesso,  ritiene  questo  collegio  che  non possa
  escludersi  che  la legge di conversione confligga sotto un duplice
  profilo con gli articoli 3 e 24 della Costituzione.
    Per  un  primo  aspetto,  infatti,  contrasta con il principio di
  uguaglianza  direttamente  sancito dall'art. 3 della Costituzione e
  con quello di ragionevolezza dei provvedimenti legislativi comunque
  desumibile  sul  piano  interpretativo  dalla  norma costituzionale
  appena  richiamata,  nonche' con il diritto inviolabile alla difesa
  statuito  dal  secondo  comma  dell'art. 24,  la  stessa previsione
  contemplata   prima   nel  decreto  legge  e  poi  nella  legge  di
  conversione   di   un   regime   che  diversifichi  l'utilizzazione
  probatoria   (e   la   preventiva   acquisizione)  dei  verbali  di
  interrogatorio  resi durante le indagini preliminari da imputati in
  procedimenti   connessi,   affermandone   l'ammissibilita'   per  i
  procedimenti in corso e negandola al contrario per quelli a venire.
    Le  perplessita'  sono  evidentemente  motivate  dalla  possibile
  illegittimita'  costituzionale  di  una  disparita'  di trattamento
  delle  posizioni  degli  imputati  per  il  solo effetto di un dato
  processual-temporale  quale  quello  costituito  dalla pendenza del
  procedimento penale.
    E'  ben  vero che la previsione traduce normativamente quella che
  sembra  essere stata - come in precedenza ricordato - la principale
  finalita'  ispiratrice  dei  lavori  parlamentari;  cosi'  come  e'
  altrettanto  indiscutibile  che  sia la stessa legge costituzionale
  (n.  2  del  23  novembre  1999)  a prevedere una "regolazione" dei
  princi'pi del giusto processo sui procedimenti in corso.
    Resta  tuttavia  da  dimostrare  -  ed  in  tal senso il collegio
  sottopone  la  questione  al  vaglio  del  giudice delle leggi - in
  primis   che   la   "regolazione"   voluta  dal  legislatore  possa
  legittimamente    tradursi    in    una    demarcazione   temporale
  dell'applicazione dei principi costituzionali e che - ove realmente
  l'espressione  "regolazione"  possa  e  debba essere intesa in tale
  accezione  -  tale  interpretazione,  ancorche' dettata dall'art. 2
  della legge costituzionale non confligga comunque con il princi'pio
  di  uguaglianza  di tutti i cittadini innanzi alla legge, principio
  che  nel  sistema  dei  valori costituzionali gode evidentemente di
  rango  e  forza prevalente su quello di cui e' espressione la norma
  costituzionale citata (art. 2 legge costituzionale).
    Il  sospetto  di illegittimita' esce poi ulteriormente rafforzato
  con  riguardo  alla  previsione - quest'ultima contenuta nella sola
  legge  di  conversione  -  di  un  discrimine  nemmeno  ancorato  a
  possibili scansioni processuali in una qualche misura coerentemente
  inserite  nel sistema (quali appunto la apertura del dibattimento o
  ancor  prima l'avvenuto esercizio dell'azione penale), ma legato ad
  un  accadimento  processuale  del tutto casuale e discrezionale nei
  tempi,  quale  e' l'acquisizione dei verbali di interrogatorio resi
  nelle  indagini preliminari da chi si e' poi sottratto all'esame in
  dibattimento:  e  cio'  in  quanto  tale  acquisizione non puo' che
  avvenire solo e nel momento in cui si esplica concretamente l'esame
  della  persona  e  questa  dichiari  - nell'esercizio delle proprie
  facolta' difensive - di avvalersi della facolta' di non rispondere.
    Lo  spartiacque temporale individuato dalla norma, dunque, appare
  del  tutto  aleatorio,  legato  a  dinamiche  dibattimentali ognuna
  diversa  dall'altra:  nel  processo  che occupa, ad esempio, non e'
  stata   compiuta   l'escussione   del   Cavallini,   con  eventuali
  contestazioni  ed  acquisizione al fascicolo del dibattimento delle
  dichiarazioni  rese  dal  medesimo in sede di indagine preliminare,
  per  il  solo  fatto  della  sua  ingiustificata  assenza  e  detta
  escussione  si e' resa possibile solo all'odierna udienza a seguito
  di accompagnamento.
    Non   ignora   il   tribunale  che  l'introduzione  di  modifiche
  costituzionali   di   tale   portata   pone  evidenti  problemi  di
  coordinamento con riferimento ai processi in corso.
    La  ricordata  esigenza  di contemperare l'applicazione dei nuovi
  princi'pi  con  la  necessita'  di  salvaguardare le attivita' gia'
  compiute  -  stante  la  scelta  del legislatore di non intervenire
  (quanto  meno  allo stato del diritto vigente) sulla disciplina del
  cd.  "diritto  al  silenzio",  quanto piuttosto di diversificare le
  posizioni  di  chi  si  trova  ad  essere sottoposto a procedimento
  penale - presta il fianco a dubbi di costituzionalita' allorche' si
  traduce  normativamente  nella  previsione  di  un'applicazione dei
  nuovi   princi'pi   legata   ad   un   evento  temporale  puramente
  accidentale,  privo  cioe'  di  una valenza autonoma giustificativa
  della dicotomia.
    5.  -  La rilevanza della decisione nel caso di specie, qualunque
  sia  la  decisione  e  l'ambito della stessa, e' di tutta evidenza,
  atteso  che  le  dichiarazioni  del  Cavallini,  quali  si  possono
  ipotizzare sulla scorta dell'imputazione, ove lo stesso e' indicato
  come  l'acquirente  della  sostanza  stupefacente il cui spaccio e'
  attribuito all'imputato, possono certamente costituire una fonte di
  prova  di  rilievo,  ovviamente  da  vagliare unitamente alle altre
  risultanze processuali.
    6.  -  Le  questioni  sopra  evidenziate  sono poi sicuramente da
  ritenere  non  manifestamente  infondate, posto che in relazione ad
  altri  procedimenti  penali  sono  state gia', ed ormai piu' volte,
  poste all'attenzione della Corte costituzionale.
    7. - Su tali premesse, il tribunale ritiene la rilevanza e la non
  manifesta   infondatezza   della   questione  di  costituzionalita'
  dell'art. 513   c.p.p.   per   conflitto   con   l'art. 111   della
  Costituzione,  del  quale  la legge n. 35/2000 costituisce concreta
  attuazione,  nonche' dell'art. 1, comma 2, decreto-legge n. 2 del 7
  gennaio  2000, per come modificato dalla legge di conversione n. 35
  del  25  febbraio  2000, nella sua totalita' e, in via subordinata,
  nella  parte  in cui limita la valutazione delle dichiarazioni rese
  nel  corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si
  e'  sempre  volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del
  suo  difensore,  a  quelle  gia'  acquisite  al  fascicolo  per  il
  dibattimento,   per  contrasto  con  gli  articoli  3  e  24  della
  Costituzione.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Ritenutane  la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva
  questione  di costituzionalita', per contrasto con gli articoli 3 e
  24 della Costituzione:
      dell'intero  art. 1,  comma 2, decreto legge n. 2 del 7 gennaio
  2000,  per  come modificato dalla legge di conversione n. 35 del 25
  febbraio 2000;

ovvero

      dell'art. 1,  comma  2,  decreto legge n. 2 del 7 gennaio 2000,
  per  come  modificato  dalla  legge  di  conversione  n. 35  del 25
  febbraio  2000, nella sola parte in cui limita la valutazione delle
  dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per
  libera  scelta,  si  e'  sempre volontariamente sottratto all'esame
  dell'imputato  o  del  suo  difensore,  a  quelle gia' acquisite al
  fascicolo per il dibattimento;

ovvero

      dell'art. 513   c.p.p.   per  conflitto  con  l'art. 111  della
  Costituzione.

    Sospende  il  processo  in  corso  e  manda  alla cancelleria per
  l'immediata   trasmissione  della  presente  ordinanza  alla  Corte
  costituzionale  e  per la notifica della medesima al Presidente del
  Consiglio  dei  Ministri e per la comunicazione ai Presidenti delle
  due Camere del Parlamento.
        Grosseto, addi' 4 ottobre 2000.
                       Il Presidente: La Gamba
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