N. 73 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 luglio 2000

Ordinanza  emessa  il  12  luglio 2000, dalla Corte di cassazione sul
ricorso proposto da Ministero delle finanze contro Cazzuffi Antonella
ed altri

Imposta  sulle successioni e donazioni - Base imponibile per le quote
sociali comprese nell'attivo ereditario - Partecipazioni azionarie in
societa'  non  quotate  in  borsa  -  Tassazione  in  base  ai valori
risultanti  dall'ultimo bilancio o inventario - Omesso riferimento al
valore  effettivo  del  patrimonio  sociale (e, in particolare, degli
immobili  che ne fanno parte) - Violazione del principio di capacita'
contributiva  -  Disparita'  di trattamento impositivo rispetto a chi
riceve  in eredita' azioni quotate in borsa o beni immobili - Eccesso
di delega (in relazione all'art. 8, n. 2, legge n. 825/1971).
- D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 16, comma 1, lett. b).
- Costituzione, artt. 3, 53 e 76.
(GU n.6 del 7-2-2001 )
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso
  proposto  da:  Ministero  delle  finanze,  in  persona del Ministro
  pro-tempore,  elettivamente domiciliato in Roma, via Dei Portoghesi
  n. 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta
  e difende ope legis;
    Contro   Cazzuffi   Antonella,  Cesarotti  Elena  ved.  Cazzuffi,
  elettivamente  domiciliati  in  Roma,  via Boccioni n. 4, presso lo
  studio  dell'avvocato  D'Ayala  Valva  Francesco,  che  li  difende
  unitamente  agli  avvocati Casarotti Fernando, Moschetti Francesco,
  giusta procura a margine, controricorrente, nonche' contro Cazzuffi
  Paola, elettivamente domiciliata in Roma, via Boccioni n. 4, presso
  lo  studio  dell'avvocato  D'ayala  Valva Francesco, che la difende
  unitamente  agli  avvocati Casarotti Fernando, Moschetti Francesco,
  giusta  procura  a  margine,  controricorrente, avverso la sentenza
  n. 10/1997  della  commissione  tributaria  regionale  di  Venezia,
  depositata il 3 giugno 1997;
    Udita  la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
  12 luglio 2000 dal consigliere dott. Mario Cicala;
    Udito per il ricorrente, l'Avvocato dello Stato De Bellis, che ha
  chiesto l'accoglimento del ricorso;
    Udito per il resistente, l'avvocato D'ayala Valva, che ha chiesto
  il rigetto del ricorso;
    Udito  il  p.m.  in  persona  del  sostituto procuratore generale
  dott. Dario Cafiero, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

                      Svolgimento del processo

    La  amministrazione  finanziaria ricorre per cassazione deducendo
  un unico motivo avverso la sentenza 10/15/97 depositata il 3 giugno
  1997  con  cui  la  commissione  tributaria  regionale  del Veneto,
  accogliendo  l'appello  dei  contribuenti  avverso  la pronuncia di
  primo  grado affermava che la quota sociale della Solmec S.p.a. non
  quotata  ne'  in  borsa  ne'  al  mercato  ristretto,  caduta nella
  successione del sig. Giovanni Pio Gazzulfi doveva esser valutata in
  base ai valori di bilancio dell'anno 1992.
    I   contribuenti   resistono   con   controricorso.  Hanno  anche
  depositato memoria.

                       Motivi della decisione

    La amministrazione deduce con il suo unico motivo del ricorso una
  violazione  degli  artt.  16 e 34 del d.lgs. n. 346/1990, in quanto
  tali  norme, in analogia di quanto disposto dall'art. 22 del d.P.R.
  637/1992  disporrebbero  la tassazione delle azioni di societa' non
  quotate  in  borsa  sulla  base della situazione patrimoniale della
  societa'.  Stabilisce  l'art. 16  del  d.lgs. n. 346/1990: "la base
  imponibile, relativamente alle azioni, obbligazioni, altri titoli e
  quote  sociali  compresi  nell'attivo  ereditario,  e'  determinata
  assumendo ... per le azioni ... non quotate in borsa, ne' negoziati
  al  mercato  ristretto,  nonche'  per  le  quote  di  societa'  non
  azionarie, comprese le societa' semplici e le societa' di fatto, il
  valore  proporzionalmente  corrispondente  al  valore, alla data di
  apertura  della successione, del patrimonio netto dell'ente o della
  societa'  risultante  dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo
  inventano  regolarmente  redatto  e  vidimato,  tenendo  conto  dei
  mutamenti  sopravvenuti,  ovvero"  solo  "in mancanza di bilancio o
  inventario",   la   legge   consente  di  far  ricorso  "al  valore
  complessivo  dei  beni  e  dei diritti appartenenti all'ente o alla
  societa'  al  netto  delle  passivita'  risultanti  a  norma  degli
  articoli  da  21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e
  i) dell'art. 12 e aggiungendo l'avviamento".
    Il testo appare diverso rispetto a quanto affermato dall'art. 22,
  secondo comma del d.P.R. n. 637/1972 secondo cui "per le azioni non
  ammesse  alla  quotazione  di  borsa e per le quote di societa' non
  azionarie  il  valore  venale  era determinato avendo riguardo alla
  situazione   patrimoniale   della   societa'";  e  quindi  la  base
  imponibile  -  a  somiglianza  di quanto stabilito dall'art. 31 del
  regio  decreto  n. 3270/1923  - era pari all'effettivo valore della
  parte  di  patrimonio  sociale  che le azioni o quote rappresentano
  (Cass. 9 aprile 1994, n. 3343).
    Questa  Corte,  ha preso atto di simile novita' e, sia pure in un
  inciso  costituente  obiter  dictum,  ha  di  recente affermato "la
  formulazione  dell'art. 16,  facendo riferimento "al valore ... del
  patrimonio  netto ... risultante dall'ultimo bilancio pubblicato" e
  prevedendo  che  solo  "in mancanza di bilancio o inventario" possa
  prendersi  in  considerazione  il valore complessivo dei beni e dei
  diritti  appartenenti  all'ente  o  alla  societa'  al  netto delle
  passivita'", indica che le partecipazioni sociali non quotate vanno
  stimate,  in  linea  di  massima,  al  valore  di  bilancio che non
  riflette  quello effettivo del patrimonio sociale (Cass. 28 gennaio
  2000 n. 993).
    La  tassazione  delle  partecipazioni  in societa' non quotate in
  borsa  viene cioe' dal legislatore del 1990 svincolata da qualunque
  riferimento  a  valori  effettivi,  realizzabili sul mercato e cio'
  suscita  un ragionevole dubbio di illegittimita' costituzionale per
  contrasto con gli artt. 3, 53, 76 della Costituzione.
    La  imposta  sulle successioni, nel caso che qui interessa, viene
  infatti  applicata senza tener conto del parametro della "capacita'
  contributiva"   scolpito  nell'art. 53  della  Costituzione  e  nel
  contempo  in  una  ingiustificata disparita' di trattamento (art. 3
  della   Costituzione)   rispetto   a  chi  riceva  per  successione
  partecipazioni  azionarie  quotate  in borsa o negoziate al mercato
  ristretto,  che  vengono  tassate in base alla "media dei prezzi di
  compenso   o  dei  prezzi  fatti  nell'ultimo  trimestre  anteriore
  all'apertura  della  successione". Dunque le partecipazioni sociali
  quotate  in  borsa o negoziate al mercato ristretto vengono colpite
  in  base  ai  prezzi  praticati  in  tali  mercati,  e  tali prezzi
  costituiscono  un  adeguato  punto  di  riferimento per valutare la
  capacita' contributiva acquisita dall'erede. Certo e' possibile che
  anche  il  prezzo  di borsa, o quello spuntato al mercato ristretto
  siano  in  qualche  modo  alterati,  ma  costituisce  pur sempre un
  incisivo  riferimento  al "mercato" cioe' allo strumento attraverso
  cui  si  formano  i  "valori"  e  si  misura  la  ricchezza  di  un
  contribuente.
    Mentre  i  bilanci  delle  societa'  per  azioni,  cui  il d.lgs.
  n. 346/1990 fa riferimento per le azioni non quotate in borsa, sono
  redatti - pur dopo la riforma apportata del d.lgs. n. 127/1991, con
  criteri  prudenziali,  sulla  base  dei  "costi  d'acquisto"  e non
  dell'effettivo  valore  del bene. Le rivalutazioni vengono inserite
  nel   conto   economico   solo   quando   cio'   sia  deciso  dagli
  amministratori,  che  non  rispondono delle loro decisioni ove esse
  non  siano  fonte  di pregiudizio economico per la societa' e per i
  soci. L'obbligo di adeguare le immobilizzazioni al valore effettivo
  sussiste,  del  resto,  solo  ove  tale  valore  sia  "durevolmente
  inferiore"  alla iscrizione nello stato patrimoniale (art. 2426 del
  codice civile).
    Chi  riceve  in  eredita'  azioni  quotate  in borsa viene quindi
  tassato  in  base  al  valore  delle  azioni stesse, mentre se tali
  azioni  fanno  parte  del patrimonio di una societa' non quotata il
  contribuente  e'  tassato  in  base  al  valore con cui la posta e'
  iscritta a bilancio.
    Analoga  disarmonia  si  crea  nei  confronti  di  chi erediti un
  immobile.
    I  beni immobili sono infatti computati nell'attivo ereditario in
  base  al  "valore venale in comune commercio" (art. 14, lettera a).
  E'  vero che non e' sottoposto a rettifica il valore dichiarato ove
  risponda  a  certi  parametri di valutazione "automatica" (art. 34,
  quinto  comma),  ma  tali  parametri assumono a base di partenza la
  rendita   catastale,   determinata   attraverso  una  procedura  di
  rilevamento  gestita  da  uffici  pubblici,  e moltiplicata secondo
  coefficienti  individuati  dal legislatore. Dunque anche il sistema
  della  valutazione  automatica  degli immobili risponde al criterio
  della  capacita'  contributiva,  sia  pur dedotta da parametri solo
  indirettamente connessi con il mercato.
    Di nuovo e' evidente la disparita' di trattamento che si verifica
  tra  l'erede  di un immobile e chi erediti le quote di una societa'
  non  quotata  che  possieda  immobili. Mentre se identici beni sono
  posseduti da una societa' quotata in borsa il loro valore influisce
  sul valore delle azioni.
    La  Corte costituzionale, nella sua recente ordinanza, 341 del 24
  luglio  2000,  ha  rilevato  che  la  Costituzione  non impone "una
  tassazione  fiscale  uniforme, con criteri assolutamente identici e
  proporzionali  per tutte le tipologie di imposizione tributaria, ma
  esige   invece   un   indefettibile   raccordo   con  la  capacita'
  contributiva,  in  un  quadro  di  sistema  informato  a criteri di
  progressivita'".  Ed  e'  proprio  questo raccordo con la capacita'
  contributiva che nel caso di specie viene meno.
    La  situazione  cosi'  descritta  appare  poi  in  contrasto  con
  l'art. 8,  n. 2,  della  legge  delega  n. 825/1971  secondo cui la
  imposta  sulle  successioni  deve  essere commisurata al valore dei
  beni  ricevuti dall'erede. Il termine "valore" non e' seguito dalla
  specificazione  "di  mercato" e quindi risultano legittime le forme
  di  tassazione fondate su parametri presuntivi (come appunto accade
  nelle  ipotesi  di  valutazione  automatica degli immobili), ma non
  quelle  in  cui  svanisca  ogni  riferimento al valore, come accade
  quando  si  fa  riferimento  al bilancio di una societa', nella cui
  redazione  gli  organi  sociali non sono affatto tenuti ad indicare
  valori di mercato, ma anzi incoraggiati alla "sottovalutazione" dei
  beni  posseduti.  Ne'  sembra  che  l'art. 17,  terzo  comma  della
  medesima   legge   n. 865/1971   consentisse,  nell'ambito  di  una
  attivita'  volta al coordinamento ed alla eliminazione di eventuali
  contrasti,   di   apportare  una  cosi'  significativa  innovazione
  rispetto   alle  disposizioni  previgenti.  E'  quindi  fondato  il
  sospetto di una violazione anche dell'art. 76 Cost.
    Il  collegio  ritiene  percio'  di  dover  sollevare eccezione di
  illegittimita' costituzionale.
                              P. Q. M.
    La Corte, visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
  agli   artt. 3,   53  e  76  della  Costituzione  la  questione  di
  legittimita'  costituzionale dell'art. 16, lettera b) del d.lgs. 31
  ottobre   1990,   n. 346  ai  sensi  e  nei  termini  di  cui  alla
  motivazione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Manda  alla cancelleria di provvedere alla immediata trasmissione
  degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  di  notificare la presente ordinanza al
  Presidente del Consiglio dei ministri;
    Manda  alla  cancelleria  di  comunicare la presente ordinanza ai
  Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
    Cosi'  deciso  nella camera di consiglio della sezione tributaria
  il 12 luglio 2000.
                       Il Presidente: Cantillo
                                    Il consigliere estensore: Cicala
01C0122