N. 75 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 luglio 2000

Ordinanza  emessa  il  5  luglio  2000  dal  tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio  sul  ricorso  proposto  da Pavone Paolo contro
Ministero della sanita' ed altri

Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
alla   facolta'  di  medicina  e  chirurgia  -  Esercizio  o  rinnovo
dell'opzione  per  l'attivita' assistenziale intramuraria, ovvero per
l'attivita' libero-professionale extramuraria - Termine perentorio di
quarantacinque  giorni  dalla  data  di entrata in vigore del decreto
legislativo  censurato  -  Previsione  dell'equivalenza  legale della
mancata  comunicazione  dell'opzione  entro il termine predetto, alla
scelta    dell'attivita'    assistenziale    esclusiva    -   Mancata
subordinazione   dell'esercizio  dell'opzione  alla  previa  concreta
disponibilita'  di  strutture  adeguate in cui esercitare l'attivita'
assistenziale  intramuraria  -  Irragionevolezza  -  Contrasto con il
principio di buon andamento della P.A.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 8.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla facolta' di medicina e chirurgia - Previsione, quale requisito
  necessario   per   l'attribuzione  di  incarichi  di  direzione  di
  struttura  nonche'  dei  programmi,  della  scelta  per l'attivita'
  assistenziale  esclusiva  -  Lesione  del  principio  di  autonomia
  didattico-scientifica  e di compenetrazione tra attivita' sanitaria
  assistenziale  e  attivita'  didattica  e  di ricerca scientifica -
  Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 7.
- Costituzione, artt. 33 e 76.
Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla  facolta'  di  medicina e chirurgia - Irretrattabilita', salvo
  limitate  eccezioni,  della  scelta  per  l'attivita' assistenziale
  intramuraria    -    Lesione    del    principio    di    autonomia
  didattico-scientifica.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 10.
- Costituzione, art. 33.
Sanita'  pubblica  -  Norme relative all'organizzazione interna delle
  aziende  sanitarie  e  in  materia  di  personale  delle  stesse  -
  Assoggettamento    dell'attivita'   assistenziale   del   sanitario
  universitario   alle  determinazioni  organizzative  del  Direttore
  generale  dell'Azienda  ospedaliera  -  Attribuzione  al  Direttore
  generale  del  potere  di  conferimento e revoca degli incarichi di
  strutture  semplici  e  di  natura  professionale,  su proposta del
  responsabile   della   struttura   complessa  di  appartenenza  del
  sanitario,  nonche'  degli  incarichi  di  direzione  di  strutture
  complesse  sulla  base  di  mera  intesa con il Rettore - Incidenza
  delle  determinazioni  del Direttore generale sulle attribuzioni in
  materia didattica e scientifica riservate all'universita' - Lesione
  del   principio   della   liberta'  di  insegnamento  in  relazione
  all'attribuzione  di  un  incarico  assistenziale  che non consente
  un'adeguata  e  proficua utilizzazione di strutture e personale per
  esigenze di didattica e ricerca - Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, artt. 3 e 5, commi da 1 a 6 e da 8
  a 11.
- Costituzione, artt. 33 e 76.
- Costituzione, art. 13, secondo e terzo comma.
(GU n.6 del 7-2-2001 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 3682/00
  proposto  da  Pavone  Paolo,  rappresentato  difeso dall'avv. Mario
  Racco ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in
  Roma, viale Mazzini n. 114/b,
    Contro  Ministero  della  sanita';  M.U.R.S.T.; Universita' degli
  studi   di   Parma,  rappresentati  e  difesi  come  in  atti;  per
  l'annullamento,  del  provvedimento avente ad oggetto l'opzione per
  l'esercizio    dell'attivita'    assistenziale    intramuraria    o
  dell'attivita'   libero   professionale   extramuraria,   ai  sensi
  dell'art. 5 d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517;
        di ogni altro atto indicato nell'epigrafe del ricorso;
    Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio delle amministrazioni
  come da verbale;
    Nominato   relatore   il   consigliere   Bruno  Mollica  e  uditi
  all'udienza del 5 luglio 2000 gli avvocati come da verbale;

                           Fatto e diritto


    1. -   Il  ricorso,  proposto  da docente universitario afferente
  alla  facolta'  di  medicina  e  chirurgia  ed  in  servizio presso
  Policlinico  universitario, investe vari profili della legislazione
  delegata  di  riforma  del  settore sanitario: va allora definito e
  circoscritto  l'oggetto del giudizio, restando estranee allo stesso
  alcune  delle  argomentazioni  esposte, in quanto l'esame di questo
  giudice  deve  incentrarsi  esclusivamente  sull'oggetto  diretto e
  immediato  della  contestazione  giudiziale,  e  cioe'  l'esercizio
  dell'opzione,  da  parte dei sanitari universitari, per l'attivita'
  assistenziale   intramuraria   (definita   anche   come  "attivita'
  assistenziale  esclusiva")  o  per l'attivita' libero professionale
  extramuraria  ai sensi dell'art. 5, commi 7 e 8, d.lgs. 21 dicembre
  1999  n. 517,  e le conseguenze che ne derivano alla loro posizione
  di status nell'una e nell'altra ipotesi.

    2. - In  punto  di  rilevanza,  va  ricordato  che  la contestata
  opzione e' imposta dall'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre
  1999,   n. 517   cit.:   si  che,  dovendosi  fare  necessariamente
  applicazione  delle dette disposizioni, il giudizio non puo' essere
  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della questione di
  legittimita' costituzionale.
      D'altro  canto,  il  provvedimento  in  questa  sede  impugnato
  costituisce  puntuale applicazione delle disposizioni medesime, con
  la  conseguenza  che  l'eventuale  eliminazione  delle stesse dalla
  realta'   giuridica   determinerebbe   il   soddisfacimento   pieno
  dell'interesse sostanziale azionato.

    3.  - Quanto  alla  completezza del contraddittorio, in relazione
  all'eccepita  omessa  notifica  del  gravarne  alla  regione, basti
  considerare   che   il  ricorso  risulta  notificato  all'autorita'
  emanante  il  provvedimento  impugnato  nonche'  ai Ministeri della
  sanita'  e  dell'Universita': il che deve ritenersi sufficiente, ai
  fini  della  rituale  instaurazione  del contraddittorio, facendosi
  nella  specie  questione,  sostanzialmente,  di  riconoscimento del
  diritto  all'esercizio  di  funzioni  caratterizzanti  (in tesi) lo
  status  del  personale  sanitario docente universitario, anche alla
  stregua  dei  principi  di  autonomia  ex  art. 33  Cost.: profili,
  questi,   alla   cui  normazione  -  ed  al  relativo  giudizio  di
  costituzionalita' - la regione resta in definitiva estranea.

    4. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
  infondata;   ed   invero,  la  sezione  dubita  della  legittimita'
  costituzionale  delle norme poste a base della censurata opzione, e
  delle  disposizioni  alle  stesse  sottese  (o  comunque connesse):
  ritiene  pertanto di dover sollevare, anche d'ufficio per i profili
  non  trattati  dalla  parte  ricorrente,  la  relativa questione di
  costituzionalita' per contrasto con gli artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.
    5. - Viene in primo luogo in considerazione la norma dell'art. 5,
  comma  8,  del d.lgs. n. 517/1999, che impone un termine perentorio
  (che  sia di tale natura non sembra revocabile in dubbio, attese le
  conseguenze   derivanti   dall'omesso  esercizio  dell'opzione  nel
  termine  fissato,  previste dall'ultima parte del comma stesso) per
  l'esercizio dell'opzione ai sensi e per gli effetti di cui al comma
  7:  tale  ultimo comma stabilisce che i professori ed i ricercatori
  universitari afferenti alla Facolta' di medicina e chirurgia optano
  rispettivamente   per   l'esercizio   di   attivita'  assistenziale
  intramuraria ai sensi dell'art. 15-quinquies del d.lgs. 30 dicembre
  1992, n. 502, e successive modificazioni e "secondo le tipologie di
  cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 2 dello stesso articolo"
  ovvero   per   l'esercizio   di   attivita'   libero  professionale
  extramuraria;  tali  "tipologie"  fanno  espresso  riferimento alle
  "strutture  aziendali  individuate  dal direttore generale d'intesa
  con  il  collegio  di  direzione",  con  cio'  ponendo  una stretta
  correlazione   tra   l'individuazione   delle  strutture  destinate
  all'attivita'  libero  professionale  e  l'esercizio dell'attivita'
  medesima.
    Tale  stretta correlazione e', del resto, logico corollario della
  "compenetrazione  tra  l'attivita' sanitaria assistenziale e quella
  didattico-scientifica  dei  docenti  universitari della Facolta' di
  medicina,  che operano nelle cliniche e negli istituti universitari
  di  ricovero  e  cura", che costituisce "il dato caratterizzante le
  loro  funzioni ed il conseguente stato giuridico" (cfr. Corte cost.
  16 maggio 1997, n. 134).
    E nel senso della "inscindibilita'" delle attivita' assistenziali
  del  personale universitario da quelle di didattica e di ricerca si
  pone  anche  l'art. 5  del  D.M.  31 luglio 1997, che reca le linee
  guida per la stipula dei protocolli d'intesa Universita'-Regioni.
    Nel sistema normativo scaturente dall'art. 5, comma 7, del d.lgs.
  n. 517/1999   e   dall'art. 15-quinquies,   comma   2,  del  d.lgs.
  n. 502/1992,     e'     quindi     configurabile     un     obbligo
  dell'amministrazione  di  individuare  le strutture aziendali entro
  cui  va  esercitata  l'attivita'  assistenziale  intramuraria (o le
  soluzioni alternative, di cui all'art. 72, comma 11, della legge 23
  dicembre  1998, n. 448), si da rendere concretamente disponibili le
  strutture  stesse  ed  i  servizi (in tal senso, cfr., anche, Cons.
  Stato,  VI sez., ordinanza, 24 marzo 2000, n. 1431). E tale obbligo
  dell'amministrazione  e'  correlato  al  "diritto  all'esercizio di
  attivita'   libero   professionale  individuale  nell'ambito  delle
  strutture  aziendali"  (art. 15-quinquies, punto 2, lettera a), del
  d.lgs.  30  dicembre 1992, n. 502 nel testo introdotto dall'art. 13
  del   d.lgs.  19  giugno  1999,  n. 229,)  da  parte  dei  sanitari
  universitari,   diritto   il   cui   esercizio   sembra  di  dubbia
  attuabilita'    in    assenza    della   detta   individuazione   e
  predisposizione delle strutture, non apparendo rilevante, sul piano
  della  effettivita'  del  diritto  stesso,  la mera possibilita' di
  tutela   nelle   competenti   sedi  nei  confronti  dei  funzionari
  inadempienti (ex art. 72, comma 11, della legge n. 448 del 1998).
    Se    cio'   e'   vero,   sembra   ravvisabile   una   intrinseca
  contraddittorieta',  pur  nel  medesimo  contesto normativo, tra il
  comma  8  dell'art. 5  d.lgs. n. 517/1999 cit. - nella parte in cui
  introduce   il   censurato   termine  "perentorio"  per  l'opzione,
  omettendo  di  subordinare  o comunque correlare l'opzione medesima
  alla concreta disponibilita' delle strutture - ed il comma 7, nella
  parte  in cui (rinviando alle tipologie di cui alle lettere a), b),
  c),  d),  comma  2,  art. 15-quinquies  del  d.lgs.  n. 502/1992, e
  successive  modificazioni)  fa riferimento all'individuazione delle
  strutture  medesime,  con  conseguente  configurabilita',  per tale
  profilo,  di  un'ipotesi di contrasto tra la censurata disposizione
  dell'art. 5,  comma  8,  del  d.lgs.  n. 517/1999,  sub  specie  di
  manifesta  irragionevolezza  ed  intrinseca  contraddittorieta' col
  sistema normativo in cui si colloca e l'art. 3 della Cost. - inteso
  come  generale canone di coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento
  (Corte cost. n. 204/1982) - nonche' col principio di buon andamento
  ex  art. 97  Cost.:  quest'ultimo, in particolare, sotto il profilo
  della   mancanza   di  proporzionalita'  dei  mezzi  prescelti  dal
  legislatore delegato rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare
  o  alle  finalita'  da  perseguire,  nonche' sotto il profilo della
  razionale organizzazione dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
  costituzionalita'  dell'art. 5,  comma  8,  del d.lgs. n. 517/1999,
  nella  parte  in  cui,  imponendo  di  compiere una scelta entro un
  termine    perentorio,   e   attribuendo   alla   mancata   opzione
  dell'interessato  un  significato  legale  tipico (equivalenza alla
  scelta  per  l'attivita' assistenziale esclusiva), non condiziona o
  correla l'esercizio dell'opzione alla concreta disponibilita' delle
  strutture,  per  contrasto  con gli artt. 3 e 97 della Costituzione
  sotto i profili indicati.

    6. - Il   Collegio  dubita  nel  contempo  della  conformita'  ai
  parametri costituzionali ex art. 33 della Costituzione dell'art. 5,
  comma 7, del d.lgs. n. 517/1999, nella parte in cui impone la detta
  opzione  relativamente al personale sanitario universitario, in uno
  con  le  disposizioni  allo  stesso  sottese  (o comunque connesse,
  art. 5,  commi  da  1  a  6  e da 8 a 11, e art. 3 in parte qua) in
  quanto  sembra  porsi ex se - indipendentemente, cioe', dal profilo
  della  necessita' di prescrizione della previa individuazione delle
  strutture  -  altresi' in contrasto con il principio dell'autonomia
  universitaria  nel perseguimento dei fini istituzionali didattici e
  scientifici.
    Stabilisce  il  comma  7  citato  che  "l'opzione per l'attivita'
  assistenziale  esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione
  ai  professori e ricercatori universitari di incarichi di direzione
  di struttura nonche' dei programnmi di cui al comma 4".
    A  tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati
  di  una  prescrizione  siffatta,  giusta  altresi'  le  conseguenze
  derivanti  alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi
  4,  5  e 6 dello stesso art. 5), certo e' che i programmi di cui al
  comma   4,   infra   o  interdipartimentali,  sono  dichiaratamente
  finalizzati   "alla  integrazione  delle  attivita'  assistenziali,
  didattiche  e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni
  tecnologiche  ed  assistenziali,  nonche'  al  coordinamento  delle
  attivita'  sistematiche  di  revisione  e valutazione della pratica
  clinica ed assistenziale".
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
  gestione  dei  detti  programmi  per  i  sanitari  universitari non
  optanti  per  l'attivita'  assistenziale esclusiva appare con tutta
  evidenza  lesiva di quel principio di compenetrazione tra attivita'
  sanitaria   assistenziale   e  attivita'  didattica  e  di  ricerca
  scientifica,  che  costituisce  dato caratterizzate l'attivita' dei
  sanitari  universitari  e  che trova tutela (anche) nei principi di
  autonomia didattico-scientifica postulati dall'art. 33 Cost.
    Ma  la  stessa  opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva -
  tra  l'altro  irretrattabile,  a  norma  del  comma  10 dell'art. 5
  citato,  fatta  eccezione  per  limitate  specifiche  ipotesi - non
  sembra  in  linea con i principi di autonomia didattico-scientifica
  ex art. 33 Cost.
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
  del   sanitario  universitario  alle  determinazioni  organizzative
  assistenziali  del direttore generale dell'azienda ospedaliera (sia
  pure  d'intesa  col  rettore  o  su  proposta  del  responsabile di
  struttura  complessa;  in particolare, commi 1, 2, 5, 6 dell'art. 5
  citato):  dell'adempimento  della attivita' assistenziali - che pur
  "si  integrano"  con  quelle  di didattica e di ricerca a norma del
  comma 2 dell'art. 5 - il personale universitario risponde al (solo)
  direttore  generale,  ai sensi dello stesso comma; l'attribuzione e
  la  revoca  degli incarichi di struttura semplice e degli incarichi
  di  natura  professionale  e'  disposta  dal  direttore generale su
  proposta del responsabile della struttura complessa di appartenenza
  del  sanitario  (comma  6);  l'incarico  di  direzione di struttura
  complessa  e'  attribuito (e revocato) dal direttore generale sulla
  base  di  (mera)  intesa  con  il  rettore,  ai  sensi  del comma 5
  (analogamente  a  quanto disposto per il direttore del dipartinento
  ad attivita' integrata dall'art. 3, comma 4).
    Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del
  direttore  generale  sulle  attribuzioni  in materia didattica e di
  ricerca riservate all'istituzione universitaria (anche per cio' che
  concerne  l'attivita' di programmazione di tali aspetti); la stessa
  collocazione  funzionale assistenziale per effetto della esercitata
  opzione  - rimessa, in definitiva, al direttore generale - ben puo'
  incidere,  in concreto, sulla liberta' d'insegnamento (si pensi, in
  particolare,  all'attribuzione di un incarico assistenziale che non
  consenta  un'adeguata  e  proficua  utilizzazione  di  strutture  e
  personale  per  esigenze  di  didattica  e ricerca nel quadro della
  programmazione del dipartimento).
    L'attivita'  di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di
  condizionamenti   in   relazione  alle  determinazioni  in  materia
  assistenziale  di  un  direttore  generale  che  ha  come obiettivo
  gestionale  essenzialmente  la  realizzazione  di  un  progetto  di
  assistenza  sanitaria  ospedaliera,  e  non  certo  di un programma
  universitario scientifico- didattico.
    Cio'  in  presenza  di  una  posizione  "marginale" assegnata dal
  sistema    normativo    in    esame   agli   organi   istituzionali
  dell'Universita'  in  materia  di coordinamento degli interessi che
  sono   propri   dell'autonomia   dell'istituzione   (id   est,   di
  insegnamento e ricerca scientifica), posizione non bilanciata dalla
  previsione  di  partecipazione  (recte,  intesa)  del  rettore alla
  nomina  del  direttore  del  dipartimento ad attivita' integrata ex
  art. 3  comma  4,  quale  centro  di  collegamento  tra assistenza,
  didattica e ricerca.
    Se  e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione
  del  detto  necessario coordinamento, e' pur vero che gli interessi
  istituzionali    dell'Universita'   restano   comunque   ampiamente
  condizionati    dalle   scelte   gestionali   del   direttore   del
  dipartimento: e cio' in termini di programmazione, organizzazione e
  gestione  dell'attivita'  di  insegnamento  e  di  aggiornamento  e
  ricerca  scientifica,  che  la  Costituzione assegna primariamnente
  all'autonomia dell'Universita' stessa.
    Ed  invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume
  la  responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale
  in ordina alla razionale e corretta programmazione e gestione delle
  risorse, assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti,
  tenendo  "anche"  conto della necessita' di soddisfare le peculiari
  esigenze  connesse  alle  attivita'  didattiche e scientifiche, con
  cio'  conferendo,  nelle  scelte  decisionali, priorita' ai profili
  dell'assistenza  rispetto a quelli della ricerca e della didattica,
  in  violazione, altresi', del disposto dell'art. 6 lettera b) della
  legge delega (vedasi al riguardo il successivo punto 7), laddove si
  intende  "assicurare" lo svolgimnento delle attivita' assistenziali
  "funzionali  alle  esigenze  della  didattica e della ricerca", con
  inversione,  quindi,  del processo logico postulato dal legislatore
  delegante.
    Quanto   sopra   fa  dubitare,  anche,  in  via  derivata,  della
  conformita'  al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema di
  organizzazione  interna delle aziende, di cui all'art. 3 del d.lgs.
  citato,  per  i  riflessi  sulla posizione dei sanitari optanti per
  l'attivita'   assistenziale  esclusiva,  nella  parte  in  cui  non
  prevedono  una  partecipazione  diretta di organi universitari alle
  scelte   decisionali   in  tema  di  collegamento  tra  assistenza,
  didattica e ricerca.
    Sembra  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
  costituzionalita'  dell'art. 5  comma  7,  del d.lgs. n. 517/1999 e
  delle  norme  ad  esso  sottese,  o comunque connesse, in parte qua
  (art. 5,  commi  da  1 a 6 e da 8 ad 11 e art. 3) per contrasto con
  l'art. 33 Cost.

    7. - La  normativa  delegata  in mnateria di opzione dei sanitari
  universitari  non  sembra  inoltre avere compiutamente realizzato -
  attese  le  evidenziate  incongruenze  del sistema - il disegno del
  legislatore  delegante  in  ordine  alla  "coerenza fra l'attivita'
  assistenziale  e  le  esigenze  della  formazione  e della ricerca"
  (art. 6,  lett. b), c), della legge 30 novembre 1998, n. 419, anche
  in relazione a quanto sopra esposto).
    E'  ben  vero che la normativa medesima si occupa di tale profilo
  laddove  si  prevede  -  come  gia'  ricordato  al  punto  6  - una
  organizzazione  dipartimentale  al  fine  di assicurare l'esercizio
  integrato  delle  attivita'  assistenziali, didattiche e di ricerca
  (art. 3)  anche sotto l'aspetto della utilizzazione delle strutture
  assistenziali;  ma  sembra  al  collegio  che debba ragionevolmente
  dubitarsi  della  effettivita'  della  richiesta  "coerenza" tra le
  dette  esigenze e l'attivita' assistenziale (oltre che per i motivi
  gia'   illustrati)  in  presenza  di  un  espresso  disposto  della
  legislazione  delegata  che non consente al sanitario universitario
  non    optante   per   l'attivita'   assistenziale   esclusiva   la
  preposizione, non solo alla direzione di strutture, con conseguente
  impossibilita'  di  impostazione  dei  programmi, delle modalita' e
  degli specifici contenuti della ricerca scientifica, ma addirittura
  ai  programmi  espressamente  finalizzati  alla "integrazione delle
  attivita'  assistenziali,  didattiche e di ricerca, con particolare
  riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali".
    E  tale  limite  di legge non puo' essere posto nel nulla neppure
  dal   sistematico  rinvio  a  futuri  (ed  incerti  nei  contenuti)
  protocolli d'intesa.
    D'altro canto, non puo' esservi "coerenza" tra i detti profili se
  il  sistema e' "sbilanciato" verso la primaria considerazione delle
  esigenze  assistenziali;  ne'  il  legislatore delegato si e' mosso
  nell'ottica  di un rafforzamento dei processi di collaborazione tra
  Universita'  e  servizio  sanitario  nazionale ex art. 6 lettera a)
  della  legge delega, se e' vero che l'autonomia dell'Universita' ne
  risulta    ampiamente    "sacrificata",    giusta    le   pregresse
  considerazioni.
    Non  sembra  altresi' che la delega ex art. 6, lettera c) citato,
  abbia  ad  oggetto anche la modificazione dello stato giuridico del
  personale  sanitario  universitario:  nel  momento  in cui si va ad
  alterare, quantomeno per il personale universitario non optante per
  l'attivita'  assistenziale  esclusiva,  il  quadro  di  ragionevole
  compenetrazione  fra  attivita'  didattico-scientifica  e attivita'
  assistenziale, siccomne consolidato anche dal complessivo andamento
  della pluriennale legislazione in materia, si va invero ad incidere
  in  modo sostanziale sulla particolare connotazione della posizione
  dei sanitari universitari, che costituisce il "dato caratterizzante
  le  loro  funzioni  ed il conseguente stato giuridico" (Corte cost.
  n. 134/1997 citato).
    L'art. 6  della  legge  delega, alla lettera c), si e' limitato a
  demandare   al   legislatore   delegato   l'emanazione  di  "idonee
  disposizioni  in  materia di personale" nel quadro dell'esigenza di
  assicurare  la "coerenza" fra l'attivita' assistenziale e quella di
  formazione  e  ricerca, e non ha inteso assolutamente consentire lo
  stravolgimento  dello stato giuridico dei sanitari universitari: ed
  invero,  l'oggetto  della  delega  e'  espressamente  e chiaramente
  definito nella prima parte del comma 1, laddove la delega stessa e'
  intesa   all'emanazione  di  decreti  legislativi  specificatamente
  "volti  a  ridefinire i rapporti tra servizio sanitario nazionale e
  universita'";   ed  in  tali  limiti  deve  mantenersi  l'attivita'
  normativa del legislatore delegato.
    Ne  e'  riferibile ai professori e ricercatori universitari - sia
  per  la  collocazione  sistematica della norma che per il richiamno
  inequivoco   al  "solo  personale  della  dirigenza  sanitaria"  in
  servizio  al  31  dicembre  1998  -  il  criterio  direttivo di cui
  all'art. 2  lettera q) della legge n. 419/1998 cit., in ordine alla
  previsione di modalita' per pervenire all'esclusivita' del rapporto
  di lavoro quale scelta individuale.
    Sembra  pertanto ipotizzabile il contrasto della norma di opzione
  (e delle norme sottese o connesse, gia' sopra indicate) anche con i
  canoni costituzionali ex art. 76 Cost.

    8. - Per  le  considerazioni  che  precedono, va conseguentemente
  sollevata  la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5,
  comma  8,  del d.lgs. 21 dicembre 1999 n. 517 per contrasto con gli
  artt. 3  e  97  Cost.; dell'art. 5. comma 7, del d.lgs. n. 517/1999
  per  contrasto  con  gli  artt. 33 e 76 Cost.; nonche' dell'art. 5,
  commi  da  1  a 6 e da 8 a 11, e dell'art. 3 del d.lgs. n. 517/1999
  cit., in parte qua, per contrasto con gli artt. 33 e 76 Cost.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
  costituzionale,  con  conseguente sospensione del giudizio ai sensi
  dell'art. 23  della  legge  11  marzo 1953, n. 87, per la pronuncia
  sulla legittimita' costituzionale delle suindicate norme.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
  legittimnita'  costituzionale  dell'art. 5,  comma 8, del d.lgs. 21
  dicembre  1999,  n. 517,  per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.;
  dell'art. 5,  comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 per contrasto con gli
  artt. 33 e 76 della Cost.; dell'art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11,
  e  dell'art. 3  del d.lgs. n. 517/1999, in parte qua, per contrasto
  con gli artt. 33 e 76 Cost.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
  costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
  notificata  alle  parti  in causa e al Presidente del Consiglio dei
  ministri   e   sia   comunicata  ai  Presidenti  delle  Camere  del
  Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  Camera di Consiglio del 5 luglio
  2000.
                        Il Presidente: Cossu
                 Il consigliere, estensore: Mollica
01C0124