N. 6 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 gennaio 2001
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 29 gennaio 2001 (della Corte d'Appello di Roma). Parlamento - Immunita' parlamentari - Deliberazione della Camera dei deputati in data 23 marzo 1999, con la quale si dichiara che i fatti per cui si procede penalmente nei confronti dell'on. Vittorio Sgarbi per diffamazione aggravata, con il mezzo della stampa, nei confronti del magistrato Giancarlo Caselli, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dalla Corte d'Appello di Roma per la ritenuta mancanza di nesso tra i fatti attribuiti e l'esercizio delle funzioni parlamentari - Asserita indebita interferenza sulla funzione giurisdizionale. Lamentata disparita' di trattamento tra cittadini e parlamentari in ordine alla perseguibilita' penale - Incidenza sul principio della tutela giurisdizionale. - Delibera della Camera dei deputati 23 marzo 1999. - Costituzione, art. 68, primo comma, 24, primo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 104, primo comma.(GU n.8 del 21-2-2001 )
Nel procedimento penale n. 3614/1999 R.G. della Corte d'appello di Roma a carico di Sgarbi Vittorio, ha pronunciato la seguente ordinanza sulla richiesta avanzata dal Procuratore Generale e dalla parte civile all'udienza dibattimentale del 6 giugno 2000, con la quale si chiedeva che sia sollevato dinanzi alla Corte Costituzionale conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, con riferimento alle deliberazioni dell'assemblea, adottate in data 23 marzo 1999, con le quali sono state dichiarate non sindacabili le opinioni espresse dallo Sgarbi, oggetto del capo d'imputazione di cui al presente procedimento penale. Sentiti i difensori dell'imputato; O s s e r v a Con sentenza in data 28 ottobre 1998 il tribunale di Roma condannava Sgarbi Vittorio - imputato di diffamazione aggravata con il mezzo della stampa e per attribuzione di fatto determinato ai danni di Caselli Giancancarlo - alla pena di due mesi di reclusione. Nell'appello proposto avverso la sentenza indicata si chiedeva, fra l'altro, la dichiarazione di non punibilita', perche' la condotta incriminata era stata espletata nell'esercizio della funzione parlamentare. Era acquisita agli atti del procedimento penale d'appello la deliberazione della Camera dei Deputati assunta in data 23 marzo 1999, riferita ai fatti per cui e' processo e precisamente alle espressioni riportate nel capo d'imputazione, pronunciate dal deputato Sgarbi in occasione di un comizio tenuto il 27 marzo 1996. Nella deliberazione in esame era espressa l'opinione secondo la quale i fatti dedotti nell'imputazione erano da ricondursi in un contesto politico e che, quindi, lo Sgarbi aveva esercitato il legittimo diritto di critica parlamentare; percio' i fatti per i quali era in corso il presente procedimento, e gli altri che erano derivati dal medesimo fatto, riguardavano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni (art. 68, primo comma Cost.). Occorre a questo punto rilevare innanzi tutto, che alle deliberazioni della Camera, con la quale e' riconosciuta l'operativita' dell'articolo n. 68 della Costituzione, consegue necessariamente l'effetto preclusivo alla prosecuzione del giudizio che ci occupa; all'autorita' giudiziaria e percio' anche alla Corte d'appello, tuttavia, spetta il controllo sull'esattezza dell'esercizio del potere conferito dall'articolo n. 68 richiamato, mediante lo strumento del ricorso al conflitto di attribuzione, ai sensi dell'articolo n. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nel senso di verificare se sia stato dato causa a un uso non corretto del potere parlamentare, tale da vulnerare le attribuzioni degli organi della giurisdizione o di interferire sul relativo esercizio. La Corte costituzionale, a tal proposito, ha avuto modo di chiarire in piu' occasioni (sentenze n. 1150 del 1988, n. 443 del 1993, n. 265 e 375 del 1997), che nell'ambito del giudizio in tema di conflitto fra poteri riguardante l'affermazione della insindacabilita' ai sensi del gia' richiamato articolo n. 68 della Costituzione, "la Corte non puo' rivalutare la ponderazione compiuta dalle Camere, ma soltanto accertare se vi sia stato un uso distorto, arbitrario del potere parlamentare, tale da vulnerare le attribuzioni degli organi della giurisdizione o da interferire sul loro esercizio" (sentenza n. 443 del 1993). Tale verifica "ha per oggetto l'esame della regolarita' dell'iter procedurale e... la sussistenza dei presupposti richiesti dall'articolo n. 68, cioe' la riferibilita' dell'atto alle funzioni parlamentari: e' il nesso funzionale, il discrimine fra quell'insieme di dichiarazioni, giudizi e critiche - che ricorrono cosi' di frequente nell'attivita' politica di deputati e senatori - e le opinioni che godono della particolare garanzia introdotta dall'articolo n. 68, primo comma, della Costituzione (sentenza n. 375 del 1997 e n. 289 del 1998). Anche sul c.d. nesso funzionale la Corte ha avuto modo di intervenire, precisando che "costituisce premessa ormai costante il principio, concernente i presupposti di applicabilita' della prerogativa della insindacabilita', per cui quest'ultima non si estende a tutti i comportamenti di chi sia membro delle Camere, ma solo a quelli funzionali all'esercizio delle attribuzioni proprie del potere legislativo..." (sentenza n. 289 del 1998); "La funzione parlamentare ha una dimensione peculiare nel sistema. Se essa non si risolve negli atti tipici e ricomprende quelli presupposti e consequenziali, non si puo' pero' ricondurvi l'intera attivita' politica svolta dal deputato o dal senatore: tale interpretazione finirebbe, invero, per vanificare il nesso funzionale posto dall'articolo n. 68, primo comma e comporterebbe il rischio di trasformare la prerogativa in un privilegio personale..." (sentenze n. 375 del 1997 e n. 289 del 1998). Si tratta, in fondo, di un principio ormai del tutto pacifico, che anche la Corte di cassazione ha ribadito di recente, affermando che gli atti di funzione - che sono insindacabili anche da parte dell'autorita' giudiziaria, perche' espressione della loro indipendenza e autonomia - sono soltanto quelli relativi all'esercizio delle funzioni proprie di membro del Parlamento, vale a dire gli atti tipici del mandato parlamentare (presentazione di disegni di legge, interpellanze e interrogazioni, ecc.), compiuti dagli organi parlamentari o para-parlamentari (gruppi), con l'esclusione di quelle attivita' che ne sono estranee pur latamente connesse con la funzione, quali l'attivita' politica extraparlamentare esplicata all'interno dei partiti. Ne consegue che non possono farsi rientrare nell'attivita' coperta dalla prerogativa della insindacabilita', tutte quelle manifestazioni di pensiero che - espresse in comizi, cortei, trasmissioni radiotelevisive o durante lo svolgimento di scioperi - non possono vantare alcun collegamento funzionale con l'attivita' parlamentare, se non meramente soggettivo, in quanto poste in essere da persona fisica che e' anche membro del Parlamento (cfr. Cass. sez. V, sentenza 11667 del 16 dicembre 1997 C.E.D. 209264). Chiarito cio', appare opportuno rilevare, a questo punto, che le espressioni contestate allo Sgarbi come diffamatorie non possano ritenersi collegate funzionalmente alla sua attivita' parlamentare; considerate l'occasione in cui tali espressioni furono pronunciate e il luogo, non puo' ritenersi sussistere alcuna connessione tra quelle e gli atti tipici della funzione parlamentare, ne' e' possibile individuare nel comportamento dello stesso, quale e' stato sottoposto alla cognizione di questa Corte d'Appello un sia pur minimo intento divulgativo di una scelta o di un'attivita' politico-parlamentare, quale una proposta di legge o un'interrogazione o interpellanza, eccetera. Per le ragioni esposte, le delibere di insindacabilita' adottate dalla Camera e sopra indicate, appaiono indubbiamente lesive delle attribuzioni di un organo giurisdizionale. Infatti, nel caso di specie non puo' ravvisarsi, a parere di questa Corte, alcun collegamento funzionale fra le espressioni contestate come diffamatorie all'imputato Sgarbi, stante la non riscontrabilita' di connessione con atti tipici della funzione parlamentare, in quanto non e' possibile individuare, nel comportamento sottoposto alla cognizione di questo giudice, un intento divulgativo di una scelta o, piu' in generale, di una "attivita' politico-parlamentare. Invero, la Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio (doc. 4-quater, n. 65 presentato alla Presidenza il 22 marzo 1999) ha evidenziato che lo Sgarbi aveva "presentato numerose interrogazioni concernenti l'operato del Caselli nella sua veste di Procuratore di Palermo (l'onorevole Sgarbi ha depositato, in particolare, presso la Giunta, le interrogazioni n. 3/00009 del 29 aprile 1994, 3/00010 del 29 aprile 1994, 4/08683 del 21 marzo 1995, 3/01624 del 28 ottobre 1997, 3/02476 dell'8 giugno 1998). Tali interrogazioni non attengono, evidentemente, in modo diretto alle esternazioni rese dal deputato Sgarbi, per le quali pendono i procedimenti indicati. Ciononostante esse sono sintomo di una costante attenzione manifestata dal deputato Sgarbi, nell'esercizio dell'attivita' ispettiva propria di un parlamentare, sull'operato della Procura di Palermo. Sul merito della vicenda, l'opinione prevalente nell'ambito della Giunta e' stata nel senso che i fatti, per i quali e' pendente il procedimento, sono da ricondursi a un contesto prettamente politico, nell'ambito del quale e' stato esercitato, sia pure in forma paradossale e forse non conveniente, il legittimo diritto di critica del parlamentare. Il complesso di tali motivi ha indotto la Giunta ad approvare, a maggioranza, una proposta per l'assemblea nel senso che i fatti per i quali sono in corso i citati procedimenti concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'articolo n. 68, primo comma della Costituzione". Come emerge dagli atti parlamentari pervenuti, la Camera, accogliendo la proposta della Giunta (resoconto sommario 510, seduta di martedi' 23 marzo 1999, pag. 20) e condividendone i criteri adottati, ha omesso di considerare che non si puo' ricondurre, nella funzione parlamentare, l'intera attivita' politica svolta dal deputato, perche' tale interpretazione vanificherebbe il nesso funzionale di cui all'articolo n. 68, primo comma della Costituzione e comporterebbe il rischio di trasformare la prerogativa in un privilegio personale (sentenze Cost. n. 375/1997 e 289 del 1998): cio' perche', il fatto che si tratti di argomento rilevante politicamente e trattato in piu' occasione da un deputato, non comparta di per se' che ci si trovi in presenza di esercizio di funzione parlamentare, da ravvisare solo quando tale attivita' sia correlabile a uno specifico atto tipico parlamentare. Le dichiarazioni dello Sgarbi non possono ricondursi nell'alveo dell'insindacabilita', perche' hanno natura di insulto personale e scollegate dalle funzioni parlamentari e da qualsiasi valutazione politica e sono estranee a dette valutazioni, com'e' dimostrato dalla loro genericita' e dalla carenza di riferimenti a fatti concreti, specifici, determinati. Pertanto, la deliberazione della Camera esorbita dall'ambito derogatorio consentito dal citato articolo n. 68, risultando violati gli articoli 101, secondo comma, 102, primo comma e 104, primo comma della Costituzione, che tutelano la titolarita' della funzione giurisdizionale spettante alla magistratura, nonche' la legalita' e l'indipendenza del suo esercizio e appare violatrice altresi', degli articoli n. 3, primo comma Cost., per la disparita' di trattamento che verrebbe introdotta tra cittadini e parlamentari, nonche' dell'articolo 24, primo comma Cost., che inibirebbe alla parte lesa Caselli ogni tutela giurisdizionale sol perche' offeso da un parlamentare.
P. Q. M. Visti gli articoli n. 37, Legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, richiedendo che la Corte costituzionale: dichiari che non spetta alla Camera dei deputati di pronunciarsi sulla insindacabilita', ai sensi dell'articolo n. 68, primo comma della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato on. Vittorio Sgarbi, secondo quanto deliberato dalla stessa Camera dei deputati negli atti allegati; annulli, conseguentemente, le predette deliberazioni adottate dalla Camera dei deputati. Dispone la sospensione del presente procedimento penale nei confronti dell'on. Vittorio Sgarbi, nonche' l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Roma, addi' 30 giugno 2000. Il Presidente: Elio Quiligotti 01c0112