N. 8 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 7 febbraio 2001
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 7 febbraio 2001 (del tribunale di Cosenza) Parlamento - Immunita' parlamentari - Deliberazione della Camera dei deputati in data 9 novembre 1999, con la quale si dichiara che i fatti per cui si procede penalmente nei confronti dell'on. Vittorio Sgarbi per diffamazione a mezzo televisione, nei confronti del consulente tecnico Sandro Lopez, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Tribunale di Cosenza per la ritenuta mancanza di nesso strumentale tra i fatti attribuiti e l'esercizio delle funzioni parlamentari. - Deliberazione della Camera dei deputati in data 9 novembre 1999. - Art. 68, primo comma, Cost.(GU n.8 del 21-2-2001 )
Il tribunale di Cosenza, seconda sezione penale, ha pronunciato la seguente ordinanza nel processo iscritto al n. 190/1995 r.g.t. nei confronti di Sgarbi Vittorio, nato a Ferrara l'8 maggio 1952, in ordine al reato di cui all'art. 30, comma IV legge n. 223/1990 in relazione all'art. 595 c.p. e all'art. 13, legge n. 47/1985 per avere, in data 4 dicembre 1992, facendo uso del mezzo televisivo, nella specie l'emittente Canale 5, offeso la reputazione del consulente tecnico Lopez Sandro qualificandolo pubblicamente quale persona incapace, professionalmente inidonea, con l'attribuzione del fatto determinato di non essere in grado di effettuare una perizia balistica per l'assoluta ignoranza della materia e per la conclamata incapacita' di utilizzare il microscopio comparatore (strumento particolarmente importante nelle indagini balistiche) non essendo neanche in grado di conoscere se stesso in uno specchio. In Rende il 4 dicembre 1992. Premesso in fatto Con decreto del 9 gennaio 1995, il g.i.p. presso il tribunale di Cosenza disponeva il giudizio nei confronti Sgarbi Vittorio per il reato indicato in epigrafe. All'udienza del 28 giugno 1996, nella contumacia dell'imputato, la difesa invocava l'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, Cost., nel testo novellato dalla legge costituzionale 29 ottobre 1993 n. 3, e chiedeva che il tribunale disponesse, ai sensi dell'art. 3 del d.l. 8 gennaio 1996 n. 9, la trasmissione degli atti del giudizio alla Camera dei deputati e la sospensione del procedimento in attesa della deliberazione della stessa in ordine alla insindacabilita' del opinioni espresse dal proprio membro. Con ordinanza emessa nel corso della stessa udienza, il tribunale dichiarava la manifesta infondatezza della questione relativa all'applicabilita' dell'art. 68, comma 1, della Costituzione e disponeva la trasmissione alla Camera dei deputati degli atti del giudizio giusta art. 2, commi 4 e 5 decreto legge 10 maggio 1996 n. 253. L'assemblea, nel corso della seduta di martedi' 9 novembre 1999, deliberava - conformemente alla proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio - nel senso di ritenere che i fatti per i quali e' pendente il processo penale de quo concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni. All'udienza del 24 gennaio 2000, il pubblico ministero e la costituita parte civile sollecitavano questo tribunale a sollevare conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati a norma dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953 n. 87 essendo la citata delibera del 9 novembre 1999 viziata da erronea valutazione dei presupposti di applicazione dell'art. 68, primo comma, Cost. La difesa contestava la possibilita' di far ricorso nella specie allo strumento del conflitto di attribuzione non ricorrendo alcuna delle ipotesi in cui e' ammissibile secondo l'ordinamento vigente il controllo di legittimita' della Corte costituzionale sull'operato della Camera dei deputati: in particolare, deduceva che la delibera del 9 novembre 1999 non era viziata da errori in procedendo, risultando dai verbali allegati la puntuale corrispondenza fra la votazione della giunta e quella dell'assemblea, ne' da una erronea valutazione dei presupposti della prerogativa, essendo l'insindacabilita' motivata in ragione dell'essenza politica delle dichiarazioni dell'on. Sgarbi. Ritenuto in diritto La delibera, adottata il 9 novembre 1999, con la quale la Camera ha provato la proposta della giunta e ha dichiarato l'insindacabilita' delle opinioni espresse dall'on. Sgarbi risulta motivata attraverso il rinvio alle considerazioni svolte dal relatore on. Gaetano Pecorella. In tale relazione si fa rilevare che "le frasi pronunciate dall'on. Sgarbi erano in stretta ed immediata connessione con lo svolgimento di un procedimento penale che, all'epoca del suo inizio, aveva gravemente leso la reputazione degli indagati, alcuni ex membri del Parlamento, sottoposti ad una lunga custodia cautelare ed esposti con grande enfasi alla pubblica berlina. Si trattava, dunque, di una critica tutta politica sulla conduzione, da parte dell'accusa, di un procedimento penale nel quale le tesi della medesima si sono poi rivelate del tutto infondate, non senza avere arrecato, tuttavia un grave vulnus non solo alla reputazione degli interessati, ma anche al rapporto tra opinione pubblica e classe politica ...". Cio' posto, ritiene questo collegio che alla luce degli elementi desumibili dalla delibera di insindacabilita' e dalla relazione della giunta non appare configurabile un collegamento tra le espressioni contestate come diffamatorie al deputato e la sua attivita' parlamentare. In argomento, la Corte costituzionale ha, in piu' occasioni, avuto modo di chiarire che l'art. 68, primo comma, della Costituzione intende tutelare i membri del Parlamento in relazione all'esercizio delle funzioni che l'ordinamento giuridico assegna loro (formazione delle leggi, collaborazione nella formazione degli altri organi costituzionali, funzioni giurisdizionali) mentre al di fuori di tali funzioni il diritto del parlamentare alla manifestazione del pensiero incontra gli stessi limiti espressivi degli altri cittadini ( v. tra le tante sent. n 289 del 1998). In altri termini la prerogativa dell'insindacabilita' non si estende a tutti i comportamenti di chi sia membro delle Camere, ma solo a quelli funzionali all'esercizio delle attribuzioni proprie del potere legislativo, con esclusione della generica attivita' politica svolta dal deputato o senatore: diversamente argomentando, si finirebbe per vanificare il nesso funzionale posto dall'art. 68, primo comma, della Costituzione con il rischio concreto di trasformare la prerogativa in un privilegio personale (v. sentenze nn. 375 del 1997 e 379 del 1998, nn. 56 e 58 del 15 febbraio 2000). Trattasi di un principio del tutto pacifico che anche la Suprema Corte ha ribadito affermando che gli atti c.d. "di funzione" ( quegli atti, cioe', che, compiuti da parlamentari in relazione a tale specifica qualita', si rendono insindacabili anche da parte dell'autorita' giudiziaria perche' espressione della loro indipendenza e autonomia) sono soltanto quelli relativi all'esercizio delle funzioni proprie di membro del Parlamento, vale a dire gli atti tipici del mandato parlamentare (presentazione di disegni di legge, interpellanze ed interrogazioni, relazioni ecc.) compiuti nei vari organi parlamentari e para-parlamentari (gruppi), ad eccezione di tutte quelle attivita' che, pur latamente connesse con l'esercizio di tali funzioni, ne sono tuttavia estranee, quali l'attivita' politica extraparlamentare esplicata all'interno dei partiti. Ne consegue che non possono farsi rientrare nell'attivita' coperta dalla prerogativa dell'insindacabilita' tutte quelle manifestazioni di pensiero che - espresse in comizi, cortei trasmissioni radio-televisive o durante lo svolgimento di scioperi - non possono vantare alcun collegamento funzionale con l'attivita' parlamentare, se non meramente soggettivo in quanto poste in essere da persona fisica che e' anche membro del Parlamento (Cass. sez. V 16 dicembre 1997 n. 11667). Ebbene, passando ad applicare tali principi al caso di specie, non e' certamente riscontrabile negli apprezzamenti formulati dall'on. Sgarbi in ordine alla competenza e professionalita' del consulente tecnico Sandro Lopez una attinenza con atti tipici della funzione parlamentare; ne' e' possibile individuare nel comportamento sottoposto alla cognizione di questo giudice un qualche intervento divulgativo di una scelta o di un'attivita' politicoparlamentare (quale ad es. una proposta di legge, un'interrogazione o un'interpellanza, ecc.). Il deliberato della Camera dei deputati, motivando l'insindacabilita' con la natura di critica tutta politica delle espressioni usate dall'on. Sgarbi, contestate come diffamatorie, si basa evidentemente sull'erronea interpretazione che la prerogativa costituzionale copre tutti i comportamenti riconducibili all'attivita' politica del deputato o senatore, cosi' vanificando il requisito, di cui all'art. 68, primo comma, Cost., della connessione tra le opinioni espresse dal parlamentare e le relative funzioni. Ad avviso di questo tribunale tale estensione delle prerogative previste dall'art. 68, primo comma, della Costituzione a comportamenti non strettamente funzionali all'esercizio delle attribuzioni parlamentari importa l'ingiustificata menomazione della sfera di attribuzioni costituzionali dell'autorita' giudiziaria, sicche' si rende necessario il ricorso al rimedio del conflitto di attribuzione a norma dell'art. 37 legge 11 marzo 1953 n. 87. Ne' e' possibile ritenere che la delibera di insindacabilita' del 9 novembre 1999 non e' idonea ad inibire una pronuncia di responsabilita' in quanto intervenuta ben oltre il termine posto dal decreto legge 10 maggio 1996 n. 253 di giorni novanta, prorogabile di altri trenta giorni, dalla ricezione degli atti e comunque in attuazione di un decreto legge definitivamente decaduto a causa della mancata conversione. In ordine al primo profilo, si osserva che il termine di giorni novanta e' previsto dall'art. 2, comma 5, del decreto citato con esclusivo riguardo alla durata della sospensione del procedimento, e cio' all'evidente fine di evitare lunghi periodi di stasi processuale, e non alla decisione della camera, sicche' l'inutile suo decorso non puo' dirsi che determini la decadenza per la Camera dei deputati dal potere di valutare la condotta dell'on. Vittorio Sgarbi in relazione alla previsione dell'art. 68, primo comma, Cost. In ordine al secondo profilo, si rileva che il potere valutativo delle camere in materia di prerogative costituzionali non discende affatto dalla decretazione d'urgenza decaduta che regolava le modalita' secondo le quali investire la camera della questione; ma trae fondamento nello stesso, contenuto precettivo dell'art. 68, primo comma, della Costituzione (Corte costituzionale 29 dicembre 1988 n. 1147). Ne discende l'assoluta irrilevanza della mancata conversione del decreto legge rispetto alla validita' ed efficacia di un atto compiuto in attuazione della menzionata norma costituzionale. Rendendosi necessario alla luce delle argomentazioni esposte il controllo sul legittimo esercizio dei poteri della Camera dei deputati nella vicenda in esame, vanno rimessi gli atti alla Corte costituzionale per la soluzione del conflitto tra i poteri dello stato, con conseguente necessaria sospensione del presente procedimento.
P. Q. M. Visto l'art. 37 legge 11 marzo 1953 n. 87; Solleva conflitto di attribuzione in ordine al corretto uso del potere di decidere sulla sussistenza dei presupposti di applicabilita' dell'art. 68, primo comma, Cost., come esercitato dalla Camera dei deputati con la delibera adottata in data 9 novembre 1999 relativamente al giudizio penale pendente davanti a questo tribunale nei confronti del-l'on. Vittorio Sgarbi; Dispone la sospensione del presente processo sino alla risoluzione del conflitto; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito. Cosenza, addi' 11 agosto 2000. Il presidente estensore: Gabriella Portale 01c0179