N. 42 ORDINANZA 5 - 14 febbraio 2001

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Finanza  pubblica  -  Nuove entrate - Clausole legislative di riserva
all'erario delle entrate - Attuazione mediante decreti ministeriali -
Ricorso  della  Regione  Siciliana  per  conflitto  di attribuzione -
Lamentata,  indebita,  sottrazione alla Regione medesima di quote del
gettito tributario ad essa spettanti - Autorimessione della questione
di   legittimita'   costituzionale   delle  disposizioni  legislative
disciplinanti  il  procedimento di formazione del decreto impugnato -
Pregiudizialita'   della  questione  rispetto  alla  definizione  del
giudizio   sul   conflitto,   e  sua  non  manifesta  infondatezza  -
Sospensione del giudizio.
- D.L.  19  settembre  1992,  n. 384  (convertito, con modificazioni,
  dalla  legge  14 novembre 1992, n. 438), art. 13, comma 2; legge 24
  dicembre  1993, n. 537, art. 16, comma 17, secondo periodo; d.l. 30
  dicembre  1993,  n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge
  26 febbraio 1994, n. 133), art. 16, comma 2; d.l. 23 febbraio 1995,
  n. 41  (convertito,  con  modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995,
  n. 85),  art. 47,  secondo periodo; legge 28 dicembre 1995, n. 549,
  art. 3,  comma  241,  secondo  periodo; d.l. 20 giugno 1996, n. 323
  (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 425),
  art. 12,  secondo periodo; d.l. 22 maggio 1993, n. 155 (convertito,
  con  modificazioni,  dalla  legge 19 luglio 1993, n. 243), art. 18,
  comma 7.
- Statuto Regione Siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074,
  art. 2.
(GU n.8 del 21-2-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK.
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito del
decreto  23  dicembre  1997  emanato  dal  Ministro delle finanze, di
concerto   con   il  Ministro  del  tesoro,  recante:  "Modalita'  di
attuazione  delle  riserve all'erario dal 1o gennaio 1997 del gettito
derivante  dagli  interventi  in materia di entrate finanziarie della
Regione  Sicilia,  emanati  dal  1992",  promosso  con  ricorso della
Regione   Sicilia,  notificato  il  15  maggio  1998,  depositato  in
cancelleria  il  23  successivo  ed  iscritto  al  n. 13 del registro
conflitti 1998.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  gennaio  2001  il giudice
relatore Valerio Onida;
    Uditi l'avv. Giovanni Carapezza Figlia per la Regione Siciliana e
l'avvocato  dello  Stato  Giancarlo  Mando'  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri.
    Ritenuto   che  con  ricorso  notificato  il  15  maggio  1998  e
depositato  il  23  maggio  1998  la  Regione  Siciliana  ha promosso
conflitto  di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio
dei  ministri,  in riferimento al decreto del Ministro delle finanze,
di  concerto  con  il  Ministro  del  tesoro,  del  23  dicembre 1997
(Modalita' di attuazione delle riserve all'erario dal 1o gennaio 1997
del   gettito  derivante  dagli  interventi  in  materia  di  entrate
finanziarie della Regione Sicilia, emanati dal 1992);
        che   la  Regione  ricorrente  impugna  il  predetto  decreto
ministeriale  ritenendolo  lesivo  delle  attribuzioni  regionali  in
materia  finanziaria  di  cui  all'art. 36  dello  statuto speciale e
all'art. 2 delle relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 26
luglio  1965, n. 1074, chiedendone l'annullamento "nella parte in cui
sottrae  alla  Regione  Siciliana,  con  effetto dal 1o gennaio 1997,
quote  di  gettito  tributario  arbitrariamente  incluse tra le nuove
entrate  riservate  all'erario  statale,  in  forza dei provvedimenti
normativi di cui il decreto censurato costituisce attuazione";
        che,   secondo  la  Regione  Siciliana,  l'impugnato  decreto
estenderebbe   indebitamente   le   previsioni   normative  alla  cui
attuazione   esso  e'  inteso,  e  relative  alla  riserva  a  favore
dell'erario   statale  delle  nuove  entrate  derivanti  da  numerosi
provvedimenti   legislativi   succedutisi   dal   1992   al  1996,  e
interpreterebbe  dette previsioni in modo contrastante con lo statuto
e  le  norme  di  attuazione,  sottraendo cosi' alla Regione medesima
quote di gettito tributario ad essa spettanti;
        che   la   ricorrente   chiede  altresi'  preliminarmente  di
sospendere  l'esecuzione  dell'atto  impugnato, ai sensi dell'art. 40
della legge 11 marzo 1953, n. 87;
        che si e' costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, chiedendo che siano rigettati il ricorso e l'istanza di
sospensione;
        che questa Corte, con sentenza n. 98 del 2000, pronunciandosi
su  distinti ricorsi per illegittimita' costituzionale promossi dalla
Regione  Siciliana,  ha  dichiarato  la illegittimita' costituzionale
degli  artt. 2,  comma  154,  e 3, comma 216, della legge 23 dicembre
1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e
dell'art. 7,  comma  1,  del  decreto  legge 31 dicembre 1996, n. 669
(Disposizioni  urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile
a  completamento  della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997),
convertito,  con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30 -
disposizioni che stabiliscono la riserva a favore dell'erario statale
delle  nuove  entrate  derivanti dai provvedimenti legislativi in cui
esse  sono inserite, e alla cui attuazione provvede, in uno con altre
analoghe  clausole  di  riserva  all'erario, il decreto impugnato nel
presente  giudizio  -  "nella  parte in cui dette disposizioni, nello
stabilire  che  le modalita' della loro attuazione siano definite con
decreto  ministeriale,  non prevedono la partecipazione della Regione
Siciliana al relativo procedimento";
        che,   con   ordinanza   13-18  aprile  2000,  questa  Corte,
considerato che, a seguito delle predetta sentenza n. 98 del 2000, il
decreto  impugnato,  ancorche'  non  censurato dalla ricorrente sotto
questo  profilo,  risulta,  pro  parte  in  contrasto  con  le  norme
legislative  che  ne  disciplinano  il procedimento di formazione, ha
disposto  il rinvio del giudizio ad una nuova udienza, nelle quali le
parti  potessero  esprimersi  in  ordine  alla  permanenza  del  loro
interesse alla definizione nel merito del giudizio medesimo;
        che,  con  atto  depositato  il  22  giugno  2000, la Regione
ricorrente   ha   sollevato   "in   via   incidentale"  questione  di
legittimita'  costituzionale delle seguenti disposizioni legislative,
contenenti  clausole  di riserva all'erario statale di nuove entrate,
alle quali, pure, il decreto impugnato da' attuazione, affermando che
anche  nei confronti di queste varrebbero le stesse censure che hanno
condotto alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale parziale
delle disposizioni oggetto della sentenza n. 98 del 2000:
          art. 13,  comma  2,  del  decreto  legge 19 settembre 1992,
n. 384  (Misure  urgenti  in  materia  di previdenza, di sanita' e di
pubblico  impiego,  nonche'  disposizioni  fiscali),  convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438;
          art. 18,  comma 7, del decreto legge 22 maggio 1993, n. 155
(Misure   urgenti   per   la   finanza   pubblica),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243;
          art. 16,  comma  17,  della  legge 24 dicembre 1993, n. 537
(Interventi  correttivi  di  finanza pubblica); art. 16, comma 2, del
decreto   legge   30  dicembre  1993,  n. 557  (Ulteriori  interventi
correttivi  di  finanza  pubblica  per  l'anno 1994), convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133;
          art. 47  del  decreto legge 23 febbraio 1995, n. 41 (Misure
urgenti per il risanamento della finanza pubblica e per l'occupazione
nelle  aree  depresse), convertito, con modificazioni, dalla legge 22
marzo 1995, n. 85;
          art. 3,  comma  241,  della  legge 28 dicembre 1995, n. 549
(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);
          art. 9  del  decreto legge 30 dicembre 1995, n. 565 (Misure
di  completamento della manovra di finanza pubblica), convertito, con
modificazioni,  dalla  legge 23 dicembre 1996, n. 662 (recte: art. 2,
comma  164,  della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nella parte in cui
fa  salvi  gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla
base  dell'art. 9  del  decreto  legge  30 dicembre 1995, n. 565, non
convertito in legge);
          art. 12   del   decreto   legge   20  giugno  1996,  n. 323
(Disposizioni  urgenti  per  il  risanamento della finanza pubblica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 425;
        che, in subordine, la Regione chiede che questa Corte sollevi
d'ufficio,  dinanzi  a  se',  questione  incidentale  di legittimita'
costituzionale delle citate disposizioni legislative;
        che,   dalle  deduzioni  delle  parti  e  dalle  acquisizioni
documentali  effettuate  in vista ed in occasione dell'udienza del 23
gennaio 2001, e' emerso che l'atto impugnato e' tuttora efficace, pur
essendosi  avviato, ma non essendo ancora giunto in prossimita' della
conclusione,  un  procedimento  tendente  all'adozione  di  un  nuovo
decreto  destinato  a sostituirlo, mentre la Regione ha confermato il
proprio interesse alla definizione nel merito del presente giudizio;
        che,  con  separata  ordinanza  in  pari  data,  questa Corte
provvede  sulla  istanza,  avanzata  dalla ricorrente, di sospensione
dell'esecuzione dell'atto impugnato.
    Considerato   che  il  decreto  impugnato,  tuttora  efficace  ed
operante,  e'  diretto  a  dare  attuazione, a partire dal 1o gennaio
1997,  a  numerose  disposizioni  che riservano all'erario statale le
nuove  entrate  derivanti  dai  provvedimenti legislativi in cui esse
sono  contenute,  e  per  lo piu' demandano a decreti ministeriali la
definizione delle modalita' per la loro attuazione;
        che  alcune  fra  dette  disposizioni  (art. 2,  comma 154, e
art. 3,  comma  216, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; art. 7 del
decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669) sono state dichiarate, con la
sentenza   n. 98   del   2000,  costituzionalmente  illegittime,  per
violazione   dell'art. 36  dello  statuto  speciale  per  la  Regione
Siciliana  e  delle  relative  norme di attuazione di cui all'art. 2,
primo  comma, del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nella parte in cui,
nel  prevedere  la  definizione  delle  modalita' di attuazione delle
riserve  di entrate all'erario statale mediante decreti ministeriali,
non  contemplavano  la  partecipazione  della  Regione  Siciliana  al
relativo procedimento;
        che  sostanzialmente  identiche  sono  le clausole di riserva
allo  Stato  delle  entrate,  genericamente indicate, derivanti dagli
altri provvedimenti legislativi cui si e' data, sotto questo profilo,
attuazione con il decreto impugnato;
        che  dette  clausole  sono accompagnate - tranne che nel caso
dell'art. 18,  comma  7, del d.l. 22 maggio 1993, n. 155, che tace in
proposito  -  dalla  previsione  di  un  decreto  ministeriale per la
definizione  delle  modalita'  della loro attuazione, senza pero' che
sia  contemplata  alcuna  partecipazione  della  Regione Siciliana al
relativo  procedimento,  come  invece  ritenuto  necessario, anche in
riferimento  al  principio di leale cooperazione fra Stato e Regione,
dalla  sentenza  di  questa Corte n. 98 del 2000 (e cfr. anche, nello
stesso senso, sentenze n. 347 e n. 348 del 2000);
        che  il  medesimo problema, concernente la mancata previsione
di  una  partecipazione  della  Regione  al procedimento, si pone nei
riguardi  del  citato  art. 18, comma 7, del d.l. n. 155 del 1993, in
quanto anche in questo caso l'attuazione della clausola di riserva di
entrate  allo  Stato  sembra  richiedere  l'adozione,  ancorche'  non
prevista  espressamente,  di provvedimenti amministrativi (infatti il
decreto  in  questa  sede  impugnato e' volto anche all'attuazione di
detto  art. 18,  comma  7,  del  d.l. n. 155 del 1993), e comunque si
pongono  le  stesse  esigenze  di una attuazione alla quale non resti
estranea la Regione;
        che,  in definitiva, tutte le disposizioni legislative cui si
e'  inteso  dare  attuazione  con  il  decreto impugnato sono, o gia'
dichiarate costituzionalmente illegittime, ovvero sospette di esserlo
per  il  medesimo  motivo,  concernente la mancanza di partecipazione
della Regione al procedimento volto alla loro attuazione;
        che  tale  vizio,  riguardando  le  stesse  basi  legali  del
procedimento   di   formazione   del   decreto  ministeriale,  incide
radicalmente  sulla  legittimita'  del  decreto medesimo, e in specie
sulla   sua   idoneita'   a  ledere  attribuzioni  costituzionalmente
garantite  della  Regione  Siciliana, comportando, ove accertato, "la
necessita'  del  rinnovo  del  procedimento  di attuazione" (sentenza
n. 347 del 2000);
        che  pertanto  questa  Corte non puo' esimersi, ai fini della
decisione del conflitto di attribuzione, che investe il contenuto del
decreto  impugnato, dal prospettarsi e risolvere pregiudizialmente il
problema  della  legittimita'  del  procedimento  di  formazione  del
medesimo,   in   relazione  alla  legittimita'  costituzionale  delle
disposizioni  legislative  che tale procedimento disciplinano in modo
esplicito,  o  che  comunque  omettono, in ipotesi, di configurare un
procedimento  conforme  alle  esigenze  costituzionali  attinenti  al
rapporto tra lo Stato e la Regione;
        che,  nella  presente fattispecie, l'accertamento incidentale
della legittimita' costituzionale delle ricordate disposizioni non e'
precluso dal fatto che la Regione ricorrente non le abbia a suo tempo
impugnate, o non le abbia impugnate sotto questo profilo, con ricorso
in via diretta;
        che,  infatti,  nel  presente giudizio la Regione lamenta una
asserita   lesione   di   proprie   attribuzioni   costituzionalmente
garantite,  derivante  dal  contenuto  del decreto impugnato - che si
assume  avere  determinato  la  indebita  sottrazione alla Regione di
entrate  ad essa spettanti, attraverso una cattiva applicazione delle
disposizioni legislative che riservano entrate all'erario statale - e
l'accennato    vizio   di   procedimento,   che   deriverebbe   dalla
illegittimita'  costituzionale,  sotto questo profilo, delle medesime
disposizioni,  riguarda  il  modo  in  cui si e' giunti a determinare
detto contenuto: cosi' che, se fosse stata prevista la partecipazione
regionale  al  procedimento,  questa  avrebbe consentito un confronto
preventivo  sui  sollevati  problemi  di  applicazione  delle  leggi,
potendo  in ipotesi condurre alla composizione dei dissensi, ovvero a
motivate   determinazioni   da   parte   degli   organi   competenti,
suscettibili di successivo controllo in sede giurisdizionale;
        che,  d'altra parte, secondo quanto ha ritenuto questa Corte,
la  portata  del tutto generica delle clausole legislative di riserva
di  entrate  allo  Stato  (per  di  piu' accompagnata, talora, da una
esplicita clausola di salvaguardia concernente l'applicazione di esse
"in  quanto non in contrasto" con le norme statutarie e di attuazione
relative  alle  Regioni  a  statuto  speciale:  cfr.  art. 47,  terzo
periodo,  del  d.l.  n. 41 del 1995, nonche' art. 3, comma 243, della
legge  n. 549 del 1995, e su di esso la sentenza n. 430 del 1996) non
lascia  spazio  ad  una  definizione degli stessi problemi, attinenti
alla  individuazione  delle entrate riservate e ai criteri della loro
determinazione e quantificazione, in sede di giudizio di legittimita'
costituzionale  delle  leggi  contenenti dette clausole, mentre, "ove
(...),  in sede applicativa, sorgesse controversia circa il carattere
di  "nuova entrata tributaria attribuibile a questo o a quel gettito,
sara'  in  quella sede, e con gli strumenti ad essa appropriati - ivi
compreso,  se del caso, il conflitto di attribuzioni - che la Regione
potra'  difendere  la  propria  autonomia  finanziaria  da  eventuali
illegittime  lesioni" (sentenza n. 98 del 2000; e cfr. anche sentenze
n. 347  e n. 348 del 2000, nonche' sentenze n. 430 e n. 429 del 1996,
concernenti   rispettivamente  la  infondatezza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  di  una  clausola di riserva di entrate
all'erario  statale,  e  l'accoglimento  del ricorso per conflitto di
attribuzione   promosso   in   riferimento   all'attuazione,  per  un
determinato aspetto, della stessa clausola);
        che   il   presente   giudizio  non  potrebbe  dunque  essere
correttamente definito, mediante pronunce concernenti singoli aspetti
del  contenuto  del  decreto  impugnato, senza il previo accertamento
della  legittimita'  dello  stesso  sotto  il profilo procedimentale,
accertamento   condizionato  a  sua  volta  dalla  risoluzione  delle
questioni  di  legittimita'  costituzionale,  sotto  il profilo della
disciplina o della mancata disciplina del procedimento di attuazione,
delle disposizioni legislative su cui il decreto si fonda: risultando
dette questioni, per tali ragioni, rilevanti nel presente giudizio;
        che  dette  questioni si palesano altresi' non manifestamente
infondate,  in  riferimento  alle  nome  statutarie  e  di attuazione
statutaria   concernenti   l'autonomia   finanziaria   della  Regione
Siciliana  (art. 36  dello  statuto;  art. 2  del  d.P.R. n. 1074 del
1965),  nonche' in riferimento al principio di leale cooperazione fra
Stato e Regione, per gli stessi motivi gia' enunciati da questa Corte
nelle sentenze n. 98, n. 347 e n. 348 del 2000, e sopra richiamati;
        che  deve  dunque  essere  sollevata questione incidentale di
legittimita'  costituzionale dell'art. 13, comma 2, del decreto legge
19  settembre  1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza,
di  sanita'  e  di  pubblico  impiego, nonche' disposizioni fiscali),
convertito,  con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438;
dell'art. 16,  comma  17,  secondo  periodo,  della legge 24 dicembre
1993,   n. 537   (Interventi   correttivi   di   finanza   pubblica);
dell'art. 16,  comma  2,  del  decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557
(Ulteriori  interventi  correttivi  di  finanza  pubblica  per l'anno
1994),  convertito,  con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994,
n. 133;  dell'art. 47, secondo periodo, del decreto legge 23 febbraio
1995, n. 41 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica
e   per   l'occupazione   nelle   aree   depresse),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge 22 marzo 1995, n. 85; dell'art. 3, comma
241, secondo periodo, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica);  dell'art. 12,  secondo
periodo,  del  decreto  legge  20  giugno  1996, n. 323 (Disposizioni
urgenti  per  il risanamento della finanza pubblica), convertito, con
modificazioni,  dalla legge 8 agosto 1996, n. 425, nella parte in cui
dette  disposizioni,  nello  stabilire  che  le  modalita' della loro
attuazione  siano definite con decreto ministeriale, non prevedono la
partecipazione della Regione Siciliana al relativo procedimento;
        che  il decreto legge 30 dicembre 1995, n. 565, al cui art. 9
pure il decreto impugnato afferma di dare attuazione come del resto i
successivi  decreti  legge  28  febbraio 1996, n. 93; 29 aprile 1996,
n. 230;  29  giugno  1996, n. 342; 30 agosto 1996, n. 449; 23 ottobre
1996,  n. 547,  che  ne  hanno  reiterato  il  contenuto non e' stato
convertito  in  legge  e  ha  perso quindi efficacia sin dall'inizio,
benche'  il  medesimo d.l. n. 565 del 1995 sia erroneamente indicato,
nelle  premesse  e  nell'art. 1,  comma  1,  lettera  g) dello stesso
decreto  impugnato,  come  "convertito  in  legge, con modificazioni,
dalla  legge  23  dicembre  1996,  n. 662":  mentre  e' vero solo che
l'art. 2,  comma  164,  della  legge  n. 662 del 1996 ha disposto che
restano  validi  gli  atti  ed  i provvedimenti adottati e sono fatti
salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base
del  d.l.  n. 565  del  1995 e degli altri predetti decreti legge non
convertiti;
        che,  peraltro,  gli  effetti  di  detti decreti legge, fatti
salvi  dall'art. 2, comma 164, della legge n. 662 del 1996, sono solo
quelli  prodottisi nel periodo di provvisoria vigenza degli stessi, e
dunque  nell'anno  1996,  onde  il  decreto  impugnato,  che riguarda
l'attuazione  delle clausole di riserva di entrate all'erario statale
dal  1997  in  poi,  non  puo'  fondarsi sulla menzionata clausola di
sanatoria  degli effetti dei decreti legge decaduti, ma, per le nuove
entrate prese in considerazione nella tabella intitolata erroneamente
al d.l. n. 565 del 1995, deve ritenersi fondato sull'art. 2, commi da
134  a  153,  della  legge  n. 662  del  1996, che ha riprodotto, con
effetto  dal  1997,  le stesse misure di incremento dell'entrata gia'
recate  dai decreti legge decaduti, accompagnate da nuova clausola di
riserva  all'erario  statale  (art. 2,  comma 154, della stessa legge
n. 662  del  1996)  e  deve intendersi come attuativo di quest'ultima
disposizione;
        che,  tuttavia,  l'art. 2,  comma 154, della legge n. 662 del
1996  e'  gia' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella
parte  in cui non prevedeva la partecipazione della Regione Siciliana
al  procedimento  per  la  sua  attuazione, con la ricordata sentenza
n. 98  del  2000,  onde  non  v'e'  luogo  a  sollevare  questione di
legittimita' costituzionale, ne' dell'art. 9 del d.l. n. 565 del 1995
e  delle corrispondenti disposizioni dei successivi decreti legge, in
quanto  privi  di  efficacia,  ne'  della clausola di sanatoria degli
effetti  di  detti  decreti  legge  decaduti, in quanto produttiva di
effetti  solo  per  il 1996, ne' infine dell'art. 2, comma 154, della
legge  n. 662  del 1996, in quanto gia' dichiarato costituzionalmente
illegittimo;
        che,   invece,   questione  di  legittimita'  costituzionale,
analoga  a quella di cui sopra, in riferimento agli stessi parametri,
deve essere sollevata nei riguardi dell'art. 18, comma 7, del decreto
legge   22  maggio  1993,  n. 155  (Misure  urgenti  per  la  finanza
pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 243,  nella  parte  in  cui  non  prevede che all'attuazione della
riserva  di  entrate all'erario statale, ivi disposta, si proceda con
la partecipazione della Regione Siciliana.
    Visti  l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1,
e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Solleva  disponendone  la trattazione innanzi a se', questione di
legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 36 dello statuto
speciale  per  la Regione Siciliana, approvato con r.d.lgs. 15 maggio
1946,  n. 455,  all'art. 2  delle  norme  di  attuazione dello stesso
statuto,  di  cui  al  d.P.R.  26  luglio  1965,  n. 1074, nonche' al
principio di leale cooperazione fra Stato e Regioni:
      a)  dell'art. 13, comma 2, del decreto legge 19 settembre 1992,
n. 384  (Misure  urgenti  in  materia  di previdenza, di sanita' e di
pubblico  impiego,  nonche'  disposizioni  fiscali),  convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  14 novembre 1992, n. 438; dell'art. 16,
comma  17,  secondo  periodo,  della  legge  24 dicembre 1993, n. 537
(Interventi  correttivi  di finanza pubblica); dell'art. 16, comma 2,
del  decreto  legge  30  dicembre  1993, n. 557 (Ulteriori interventi
correttivi  di  finanza  pubblica  per  l'anno 1994), convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  26 febbraio 1994, n. 133; dell'art. 47,
secondo  periodo,  del  decreto legge 23 febbraio 1995, n. 41 (Misure
urgenti per il risanamento della finanza pubblica e per l'occupazione
nelle  aree  depresse), convertito, con modificazioni, dalla legge 22
marzo  1995,  n. 85;  dell'art. 3,  comma 241, secondo periodo, della
legge  28  dicembre  1995,  n. 549 (Misure di razionalizzazione della
finanza  pubblica);  dell'art. 12, secondo periodo, del decreto legge
20 giugno 1996, n. 323 (Disposizioni urgenti per il risanamento della
finanza  pubblica),  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 8
agosto  1996,  n. 425,  nella  parte in cui dette disposizioni, nello
stabilire  che  le modalita' della loro attuazione siano definite con
decreto  ministeriale,  non prevedono la partecipazione della Regione
Siciliana al relativo procedimento;
      b)  dell'art. 18,  comma  7,  del decreto legge 22 maggio 1993,
n. 155  (Misure  urgenti  per  la  finanza pubblica), convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, nella parte in cui
non  prevede  che  all'attuazione della riserva di entrate all'erario
statale,  ivi  disposta,  si  provveda  con  la  partecipazione della
Regione Siciliana;
    sospende   il  presente  giudizio  fino  alla  definizione  delle
questioni di legittimita' costituzionale di cui sopra alle lettere a)
e b);
    ordina che la cancelleria provveda agli adempimenti di legge.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 2001.
                     Il Presidente: Santosuosso
                         Il redattore: Onida
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 febbraio 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
01C0193