N. 9 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 gennaio 2001
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 gennaio 2001 (della Regione Piemonte) Ambiente (tutela dell') - Tutela idrogeologica del territorio - Procedura per l'adozione e l'attuazione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico - Prevista adozione dei piani sulla base degli atti disponibili entro un termine perentorio (nella specie, 30 aprile 2001) - Previsto parere di una istituenda conferenza programmatica convocata dalle Regioni, in sostituzione del parere regionale ex lege n. 183/1989 - Prevista competenza di tale conferenza anche in ordine all'attuazione dei piani stralcio - Prevista operativita' delle determinazioni del comitato istituzionale dell'Autorita' di bacino come variante automatica agli strumenti urbanistici - Denunciata invasione delle competenze legislative e amministrative regionali in materia di urbanistica, lavori pubblici, tutela paesistica e ambientale, agricoltura e forestazione, attivita' estrattiva - Irragionevolezza - Violazione dei principi di buon andamento amministrativo e di leale cooperazione tra Stato e Regione. - D.L. 12 ottobre 2000, n. 279 (convertito, con modifiche, nella legge 11 dicembre 2000, n. 365) art. 1 bis, commi 2, 3, 4 e 5. - Costituzione, artt. 3, 5, 9, 97,117 e 118. Ambiente (tutela dell') - Tutela idrogeologica del territorio - Autorizzazione del taglio di boschi nelle Regioni colpite da calamita' alluvionali - Prevista competenza del sindaco del comune su cui insiste l'area sottoposta a taglio - Denunciata violazione delle competenze legislative ed amministrative regionali in materia di agricoltura, foreste e vincolo idrogeologico - Disparita' di trattamento fra Regioni priva di razionale giustificazione - Lesione del principio di buon andamento amministrativo. - Legge 11 dicembre 2000, n. 365, art. 2, commi 1 e 2. - Costituzione artt. 3, 5, 44, ultimo comma, 97, 117 e 118.(GU n.10 del 7-3-2001 )
Ricorso per la Regione Piemonte in persona del Presidente on. Enzo Ghigo, in forza di autorizzazione della Giunta Regionale n. 35-1870 del 28 dicembre 2000, con la rappresentanza e difesa dell'avv. Anita Ciavarra e dell'avv. Enrico Romanelli e con elezione di domicilio presso lo studio dell'avv. Enrico Romanelli in Roma, Via Cosseria n. 5, per procura speciale a margine del presente atto. Contro la Presidenza del consiglio dei Ministri in persona dell'on. presidente del consiglio pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi nonche' presso l'avvocatura generale dello Stato, in Roma, Via Portoghesi n. 12 per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1-bis, commi 2, 3, 4 e 5, del decreto-legge 12 ottobre 2000 n. 279 "Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonche' a favore delle zone della Regione Calabria danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000" come convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000 n. 365 e. dell'art. 2, commi 1 e 2, della medesima legge di conversione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 288 dell'11 dicembre 2000. Premesso in fatto Nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 288 dell'11 dicembre 2000 e' stata pubblicata la legge 11 dicembre 2000 n. 365 recante la conversione con modificazioni del decreto-legge 12 ottobre 2000 n. 279 "Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonche' a favore delle zone della regione Calabria danneggiate dalle calamita' idrogeologiche del settembre ed ottobre 2000". La legge di conversione ha apportato rilevanti modificazioni al decreto-legge. In particolare e' stato introdotto l'art. 1-bis "Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio" che, ai commi 2, 3, 4 e 5 innova la disciplina gia' prevista dalla legge 18 maggio 1989 n. 183 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo", eliminando l'obbligatorieta' del parere dell'ente regionale ai fini dell'adozione del piano stralcio per l'assetto idrogeologico per i bacini di rilievo nazionale, introducendo il parere di una "conferenza programmatica" e stabilendo che le determinazioni assunte dal comitato istituzionale dell'autorita' di bacino di rilievo nazionale costituiscono variante agli strumenti urbanistici. Inoltre, la stessa legge 11 dicembre 2000 n. 365 al proprio art. 2 ha stabilito che nelle regioni danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di cui al decreto legge 279/2000, (oltre alla regione Calabria inizialmente contemplata, le altre numerose regioni colpite dalle calamita' idrogeologiche dei mesi di ottobre e novembre 2000, fra cui la regione Piemonte), chiunque voglia operare tagli di bosco, anche ceduo, in zone soggette a vincolo idrogeologico deve ottenere il nulla-osta del Sindaco del comune in cui ricade l'area interessata, rilasciato dopo l'acquisizione del parere della competente commissione comunale, dell'autorita' di bacino, del Corpo forestale dello Stato, della sovrintendenza ai beni ambientali, nonche' della Regione. La regione Piemonte reputa le suddette norme costituzionalmente illegittime ed invasive della competenza legislativa ed amministrativa rimessa all'ente regionale dagli articoli 117 e 118 della Costituzione per le seguenti considerazioni In Diritto 1) Sull'art. 1-bis, commi 2, 3, 4 e 5 del D.L. n. 279/2000, come convertito con legge n. 365/2000. Violazione degli articoli 5, 9, 117 e 118 della Costituzione. Violazione del principio di leale cooperazione. Violazione degli articoli 3 e 97 della Cost. Irragionevolezza e violazione del Principio di buon andamento. L'art. 1-bis in esame attiene all'adozione dei piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legge n. 180/1998. Com'e' noto, i piani di bacino disciplinati dalla legge 18 maggio 1989 n. 183 possono essere formati anche per stralci relativi a settori funzionali (art. 17, comma 6 ter, legge cit.) e l'art. 1 del decreto legge n. 180/1998 obbliga le Autorita' di bacino di rilievo nazionale ed interregionale e le Regioni per i restanti bacini ad adottare, entro il 30 giugno 2001, piani stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI). Per quanto concerne la Regione Piemonte la questione riguarda il Piano stralcio del bacino di rilievo nazionale del fiume Po, nel cui ambito ricade tutto il territorio regionale piemontese. Il progetto di Piano stralcio per l'assetto idrogeologico e' stato adottato dall'Autorita' di bacino del fiume Po l'11 maggio 1999; sono state effettuate le pubblicazioni, occorrenti per la fase delle consultazioni e della presentazione delle osservazioni sul progetto di piano (art. 18, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8, legge 183/1989). Tale fase si e' conclusa e le oltre mille osservazioni presentate per il territorio piemontese sono attualmente all'esame della Regione, in vista della pronuncia sulle stesse e della formulazione del parere regionale sul progetto di piano come gia' previsto dall'art. 18, comma 9, della legge 183/1989. E' stato ora emanato l'art. 1-bis in esame, che innova la disciplina prevista dalla legge n. 183/1989 con disposizioni gravemente lesive delle competenze regionali. Il testo della norma non esprime se la sua applicazione attenga solamente ad una situazione di urgenza per la formazione dei primi piani stralcio per l'assetto idrogeologico, restando ferme le disposizioni di cui alla legge n. 183/1989, ovvero stabilisca la permanente disciplina di detti piani (i quali attengono agli aspetti piu' salienti della regolamentazione propria dei piani di bacino). Ma anche ove si trattasse di una urgente "prima attuazione", l'importanza del piano stralcio per l'assetto idrogeologico e la vastita' degli effetti da esso prodotti e destinati a perdurare nel tempo, con rilevantissima incidenza su molteplici aspetti della tutela e degli usi del territorio tutti rientranti nella competenza dall'ente regionale, non puo' in alcun modo determinare l'esautoramento delle precise attribuzioni tutelate dagli articoli 117 e 118 della Costituzione. Cio', a maggior ragione, ove si trattasse di permanente disciplina della materia. La Regione Piemonte non pone affatto in discussione l'impellente esigenza di pervenire rapidamente all'emanazione dei piani per la difesa del suolo, che anzi propugna. Ne' si ignora che la sentenza della Corte Costituzionale 20-26 febbraio 1990 n. 85, avendo riguardo alla legge 18 maggio 1989 n. 183, ha posto in luce che "la difesa del suolo e' una finalita' il cui raggiungimento coinvolge funzioni e materie assegnate tanto alla competenza statale quanto a quella regionale" ed "essendo dunque un obiettivo comune allo Stato ed alle regioni, puo' essere perseguita soltanto attraverso la via della cooperazione fra l'uno e gli altri soggetti". Sotto questo riguardo la legge n. 183/1989, che si dichiarava legge di riforma economico-sociale e di principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, poneva un'articolata disciplina che, attraverso la partecipazione delle Regioni alla formazione dei piani di bacino di rilievo nazionale con l'espressione di obbligatorio parere ai fini della loro adozione e mediante modalita' di attuazione, di cui ai commi 4 e 6 dell'art. 17 legge cit., conformi alle ordinarie competenze pianificatorie delle Regioni e degli altri enti locali, si svolgeva nel solco delle rispettive attribuzioni dello Stato e delle regioni costituzionalmente garantite. Tutto cio' e' sovvertito dall'art. 1-bis in esame ed in modo tanto piu' clamoroso considerando la profonda evoluzione dell'ordinamento regionale successiva al 1990 ed ora culminante nella legge 15 marzo 1997 n. 59 e nel d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112, con il quale si trasferiscono alle Regioni maggiori funzioni anche in particolare riguardanti la difesa del suolo (articoli 87 e seguenti d.lgs. cit.). Specificamente: a) Il comma 2 dell'art. 1-bis prevede che l'adozione del piano sia effettuata sulla base degli atti e dei pareri "disponibili" entro il 30 aprile 2001 per i progetti di piano adottati antecedentemente alla legge in esame (come e' per il progetto di piano stralcio del bacino del Po gia' adottato il 1o maggio 1999). Cosicche' l'obbligatorio parere regionale ai sensi della legge n. 183/1989 diventa irrilevante, potendo l'Autorita' di bacino deliberare il piano anche in sua assenza. b) Secondo la previsione dei commi 3 e 4 dell'art. 1-bis, il parere della regione e' comunque sostituito dal parere di una "conferenza programmatica" di nuova istituzione, alla quale partecipano le province, i comuni, la regione e l'autorita' di bacino. Cosicche' viene diminuita la funzione amministrativa della regione per le materie ad essa spettanti, rimanendo essa assorbita dai vari enti partecipanti alla conferenza, che sono posti nella identica posizione per la formulazione del parere sul progetto di piano, cosi' interferendo anche nelle attribuzioni proprie dell'ente regionale. c) Il comma 3 dell'art. 1-bis riferisce il compito della conferenza programmatica non solo all'adozione ma anche all'attuazione del piano stralcio ed ai fini della necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale. Si tratta di riferimento tutt'altro che perspicuo, ma che induce a ritenere che il meccanismo della "conferenza programmatica" debba operare anche nell'attuazione del piano stralcio, riguardando quindi direttamente la pianificazione territoriale di competenza della Regione e l'assunzione delle deliberazioni di adeguamento, ove occorrenti, al piano stralcio per l'assetto idrogeologico, nonche' delle deliberazioni sempre di competenza regionale riguardanti piani paesistici, piani dei parchi, piani e programmi di tutela ambientale, di agricoltura e forestazione ecc., sui quali si ripercuotono le previsioni del piano stralcio di bacino, od ancora delle deliberazioni che riguardano la realizzazione di opere pubbliche, pure di competenza regionale anche a norma del d.lgs. n. 112/1998, che occorrano per la concreta attuazione delle previsioni del piano stralcio per l'assetto idrogeologico. La norma in esame invade illegittimamente con disposizioni di dettaglio l'ambito della potesta' legislativa ed amministrativa regionale nella regolamentazione delle funzioni ad essa rimesse, in particolare nella materia urbanistica, dei lavori pubblici, della tutela paesistica ed ambientale, dell'agricoltura e forestazione, dell'attivita' estrattiva. d) Ai sensi del comma 4, la "conferenza programmatica" svolge un ruolo solamente consultivo ai fini dell'adozione del piano-stralcio. Questa infatti e' decisa dal comitato istituzionale dell'Autorita' di bacino, di cui all'art. 12, comma 2, lett. a) legge n. 183/1989, il quale "tiene conto" del parere della conferenza. Inopinatamente, il comma 5 stabilisce che le determinazioni assunte dal comitato istituzionale in sede di adozione del piano-stralcio costituiscono variante automatica agli strumenti urbanistici. Cosicche' le decisioni dell'Autorita' di bacino elidono la competenza dell'ente regionale, nonche' dei comuni, nella formazione degli strumenti urbanistici e sostituiscono direttamente ed automaticamente le proprie determinazioni alla disciplina dei piani territoriali ed urbanistici, finendo per incidere sull'essenza stessa della competenza regionale. Tutto cio' costituisce un'indebita ingerenza nella materia urbanistica rimessa alla potesta' legislativa ed amministrativa regionale ai sensi dell'art. 117 e 118, della Costituzione ed esula dalla legislazione di principio fornendo invece una disciplina puntuale, esaustiva ed inderogabile. Il travalicamento delle competenze regionali non puo' trovare alcuna giustificazione in motivazioni d'urgenza o di misure straordinarie. La corretta applicazione della norma gia' vigente dell'art. 17, comma 5, legge n. 183/1989, che consente di attribuire immediata efficacia vincolante a specifiche prescrizioni del piano di bacino, e' di per se' sufficiente ad assicurare l'immediata osservanza, da parte di tutti i soggetti pubblici e privati, di determinazioni essenziali del piano. Senza invece sottrarre alla regione, come invece avviene con l'art. 1-bis in questione, la potesta' di deliberare con opportuni criteri in ordine al coordinamento ed all'adeguamento dei piani e programmi regionali - con puntuale rilievo dei piani paesistici, che attengono alla primaria tutela di cui all'art. 9, della Costituzione sormontante la difesa del suolo - nonche' della strumentazione urbanistica locale. Oltretutto per le stesse caratteristiche del piano di bacino, che e' un piano - direttore redatto alla scala 1: 25.000 rapportato alla vastita' dei territori interessati, e' tecnicamente incongruente una sostituzione automatica di esso agli strumenti urbanistici. Aggiungasi che la regione Piemonte ha gia' emanato propria disciplina legislativa per garantire gli interventi di necessario adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle determinazioni di piani di livello superiore con l'art. 17, comma 6, legge regionale n. 56/1997. Per tutto quanto esposto l'art. 1-bis, commi 2, 3, 4 e 5 e' costituzionalmente illegittimo per la violazione degli articoli 5, 9, 117 e 118 della Costituzione, nonche' per violazione degli articoli 3 e 97, per irragionevolezza e violazione del principio di buon andamento e del principio di leale cooperazione fra Stato e regioni. 2) Sull'art. 2, commi 1 e 2, della legge 11 dicembre 2000 n. 365, violazione degli art. 5, 117, 118 della Cost. Violazione degli articoli 3, 44, ultimo comma, 97 della Costituzione. Irragionevolezza, disparita' di trattamento violazione del principio di buon andamento. a) La norma impugnata costituisce indebita invasione delle competenze legislative ed amministrative della Regione nella materia ad essa spettante dell'agricoltura, foreste e vincolo idrogeologico ed esula dalla legislazione di principio, fornendo invece una disciplina puntuale, esaustiva ed inderogabile, con esautoramento della potesta' regionale ai sensi degli articoli 117, 118 Cost. b) La specifica normativa introdotta incorre anche in violazione dell'art. 3 Cost., stabilendo al comma 1 l'assoggettamento all'obbligo di richiedere il nulla osta del sindaco per il taglio dei boschi soltanto per i cittadini delle regioni danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di cui al decreto legge n. 279/2000, cioe' dei mesi di settembre, ottobre, novembre 2000. Cio', inoltre, senza alcuna razionale giustificazione, non sussistendo rapporto di causa-effetto fra gli eventi calamitosi verificatisi rispetto allo stato boschivo dei territori colpiti e neppure avendo ragione di porsi un criterio di prevenzione limitato ad alcune regioni soltanto, potendo le stesse calamita' investire regioni non precedentemente colpite e per le quali non trovano invece applicazione le medesime disposizioni. c) Il comma 1 assoggetta al nulla-osta del Sindaco tutte le operazioni di tagli di bosco, anche ceduo, ricomprendendo quindi anche le correnti cure di silvicoltura nelle zone agricole e montane. Cosi' viene creato un aggravamento burocratico all'esplicazione di interventi quotidianamente occorrenti sul territorio, per le esigenze di vita degli abitanti nelle zone montane, per la salvaguardia dei territori da dissesto idrogeologico con la manutenzione dei soprassuoli forestali e la pulizia delle sponde lungo fiumi e torrenti, nell'osservanza della disciplina in materia data dalla regione (legge regionale Piemonte 5 dicembre 1977 n. 56, art. 30; legge regionale Piemonte 4 settembre 1979 n. 57, articoli 10 e seguenti). In tal modo viene a determinarsi un disincentivo alle attivita' di manutenzione delle aree boschive, producendosi un effetto contrario a quello costituzionalmente previsto a favore delle zone montane a norma dell'art. 44 ultimo comma, Cost. d) Il secondo comma dell'articolo in esame condiziona poi il nulla-osta del Sindaco ad una notevole attivita' burocratica di acquisizione dei pareri di ben cinque enti, mentre rientra nella competenza legislativa della regione disciplinare la materia ed i procedimenti occorrenti con criteri idonei, anche in relazione alle differenziate dimensioni comunali ed alle esigenze effettive dei singoli territori. Oltretutto la norma crea aggravamento burocratico che ritarda notevolmente le attivita' di silvicoltura e di prevenzione dal dissesto idrogeologico, ponendosi anche in contrasto con l'art. 97, della Costituzione per violazione del principio di buon andamento.
P. Q. M. Per tutto quanto esposto; Si chiede piaccia all'ecc.ma Corte - dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1-bis, commi 2, 3, 4, 5 del decreto-legge 12 ottobre 2000 n. 279, convertito con modificazioni con la legge 11 dicembre 2000 n. 365 per violazione degli articoli 3, 5, 9, 97, 117 e 118 Cost.; Dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 2, della legge 11 dicembre 2000 n. 365 per violazione degli articoli 3, 44, ultimo comma, 97, 117 e 118 Cost. Avv. Anita Ciavarra - Avv. Enrico Romanelli 01C0095