N. 10 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 gennaio 2001

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 18 gennaio 2001 (della Regione Liguria)

Ambiente  (tutela  dell')  -  Tutela  idrogeologica  del territorio -
Procedura  per  l'adozione  e  l'attuazione  dei  piani  stralcio per
l'assetto  idrogeologico  -  Prevista  adozione  dei piani sulla base
degli  atti disponibili entro un termine perentorio - Previsto parere
di  una  istituenda conferenza programmatica convocata dalle Regioni,
in  sostituzione  del parere regionale ex lege n. 183/1989 - Prevista
operativita'   delle   determinazioni   del   comitato  istituzionale
dell'Autorita'  di  bacino  come  variante  automatica agli strumenti
urbanistici  -  Denunciata  invasione  delle competenze legislative e
amministrative  regionali  in  materia  di urbanistica, di difesa del
suolo   e  pianificazione  di  bacino  -  Lesione  del  principio  di
irretrattabilita'  degli  atti  ampliativi  dell'autonomia  locale  -
Violazione   dei   principi   di   imparzialita'   e  buon  andamento
amministrativo    (per    contrazione    incongrua   dell'istruttoria
procedimentale)  -  Violazione della normativa adottata dalle Regioni
in attuazione della legislazione statale di principio.
- D.L.  12  ottobre 2000, n. 279, art. 1-bis, aggiunto dalla legge di
  conversione 11 dicembre 2000, n. 365.
- Costituzione, artt. 5, 97, 117 e 118; legge 18 maggio 1989, n. 183,
  artt.  10 e ss.; legge 15 marzo 1997, n. 59, artt. 1 e 2; d.lgs. 31
  marzo 1998, n. 112, artt. 52, 57, 87, 88, e 89.
Ambiente  (tutela  dell')  -  Tutela  idrogeologica  del territorio -
  Autorizzazione  del  taglio  di  boschi  nelle  Regioni  colpite da
  calamita'  alluvionali - Prevista competenza del sindaco del comune
  su  cui  l'area  sottoposta  a  taglio  -  Denunciata lesione delle
  competenze  legislative  ed  amministrative regionali in materia di
  agricoltura  e  foreste  -  Ingiustificata  introduzione  di  norme
  statali   di  dettaglio  in  sostituzione  di  quelle  regionali  -
  Violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di buon andamento
  amministrativo.  - Contrasto con il proncipio della separazione tra
  politica e gestione amministrativa.
- Legge 11 dicembre 2000, n. 365, art. 2.
- Costituzione,  artt.  5, 97, 117, 118 e 128; d.P.R. 24 luglio 1977,
  n. 616, art.66 e 69; d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, art. 1; legge 15
  marzo  1997,  n. 59,  artt.  1  e 2; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267,
  artt. 1 e 107.
(GU n.10 del 7-3-2001 )
    Ricorso  della  regione  Liguria, in persona del Presidente della
Giunta  regionale  in  carica,  autorizzato  con  deliberazione della
Giunta  regionale  n. 1483  del  28  dicembre  2000,  rappresentata e
difesa,   come   da  mandato  a  margine  del  presente  atto,  anche
disgiuntamente,  dagli  avv.ti Mario Bucello e prof. Luigi Piscitelli
ed  elettivamente domiciliata presso l'avv. Enrico Romanelli, nel suo
studio in Roma, via Cosseria n. 5, contro il Presidente del Consiglio
dei  Ministri  in  carica,  al  fine  di ottenere la dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale  della  legge 11 dicembre 2000 n. 365,
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  -  serie  generale  -  n. 288
dell'11 dicembre  2000,  avente ad oggetto "conversione in legge, con
modificazioni,  del  decreto-legge  12 ottobre  2000  n. 279, recante
interventi  urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato
ed in materia di protezione civile, nonche' a favore delle zone della
regione   Calabria  danneggiate  dalle  calamita'  idrogeologiche  di
settembre   ed   ottobre   2000",  limitatamente  all'art. 1-bis  del
decreto-legge  n. 279  del  2000,  convertito con modificazioni, come
introdotto  dalla  legge di conversione, nella formulazione riportata
nell'allegato  alla  legge  stessa, nonche' all'art. 2 della medesima
legge n. 365 del 2000.

                              F a t t o

    1. - Nella  Gazzetta  Ufficiale  dell'11 dicembre  2000  e' stata
pubblicata la legge 11 dicembre 2000 n. 365, che converte in legge il
decreto-legge  12 ottobre 2000 n. 279, recante interventi urgenti per
le  aree  a  rischio  idrogeologico  molto  elevato  ed in materia di
protezione  civile nonche' a favore delle zone della regione Calabria
danneggiate  dalle  calamita'  idrogeologiche di settembre ed ottobre
2000.
    Il   decreto-legge  convertito  aveva  introdotto  previsioni  in
materia di misure di salvaguardia per le aree a rischio idrogeologico
elevato,  di  piani  e  programmi  di protezione civile, di attivita'
straordinaria  di  polizia  idraulica  e  di controllo del territorio
nonche'  norme  eccezionali relative alle zone della Calabria colpite
dalle calamita' di settembre ed ottobre del 2000.
    In  sede  di conversione, la legge n. 365 del 2000 ha introdotto,
fra le altre modifiche ed integrazioni, due previsioni che la regione
Liguria  ritiene  lesive  delle  proprie prerogative costituzionali e
contro le quali viene proposto il presente ricorso.
    In   particolare,   la  legge  di  conversione  ha  inserito  nel
decreto-legge  l'art. 1-bis,  che disciplina la procedura di adozione
dei   progetti   di   piano   stralcio  per  la  tutela  del  rischio
idrogeologico,  gia' previsti dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge
n. 180  del  1998.  La  norma, che si riferisce non solo ai bacini di
rilievo  nazionale,  ma  anche  ai  bacini  di  interesse  regionale,
stabilisce  nel  dettaglio competenze e procedimenti per l'adozione e
attuazione dei piani stralcio e ne definisce gli effetti.
    L'art. 2 della legge di conversione ha inoltre previsto che nelle
regioni   danneggiate   dalle  calamita'  idrogeologiche  di  cui  al
decreto-legge  n. 279 del 2000, fra le quali rientrerebbe la Liguria,
"chiunque  voglia  operare  tagli  di  bosco, anche ceduo, in zone di
vincolo   idrogeologico   ai  sensi  delle  normative  vigenti,  deve
inoltrare  richiesta  al  sindaco",  il quale "dopo aver acquisito il
parere  della  competente  commissione  del comune, dell'Autorita' di
bacino,  del  Corpo  forestale dello Stato competente per territorio,
della  Soprintendenza  competente  in  materia  di  beni  ambientali,
nonche'  della  regione,  rilascia  nulla  osta  allo svolgimento dei
tagli, indicando le prescrizioni di taglio".

    2. - Entrambe  le  previsioni  incidono  in  ambiti di competenza
legislativa ed amministrativa regionale, con una disciplina analitica
di   dettaglio   procedurale   e  di  definizione  delle  competenze,
inconciliabile  con  i  principi  costituzionali  del  riparto  delle
attribuzioni  fra  Stato e Regioni ed in contrasto con i criteri e le
previsioni   della   piu'   recente  normativa  statale  in  tema  di
decentramento. Inoltre, le due disposizioni intervengono su oggetti e
materie  che hanno trovato, anche recentemente, esaustiva ed organica
disciplina nella legislazione regionale ligure.
    La  regione  ricorrente  ha  pertanto  interesse  a  proporre  la
presente    impugnazione,    che   viene   affidata   alle   seguenti
considerazioni in

                            D i r i t t o

    1. - Quanto  all'art. 1-bis  del  decreto-legge  12 ottobre  2000
n. 179,  come  introdotto  dall'art. 1  della  legge  di  conversione
11 dicembre  2000,  n. 365.  Violazione  degli artt. 5, 97, 117 e 118
della  Costituzione,  anche  in  relazione  agli artt. 10 e ss. della
legge  18 maggio  1989  n. 183, agli artt. 1 e 2 della legge 15 marzo
1997, n. 59 ed agli artt. 52, 57, 87, 88 e 89 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112.
    1.1. - L'art. 1-bis del decreto-legge n. 179 del 2000, introdotto
dalla  legge  di  conversione  n. 365  del  2000,  ha disciplinato la
"procedura  per  l'adozione  dei  progetti  di  piano stralcio", gia'
previsti  dall'art. 1,  comma  1,  del decreto-legge n. 180 del 1998.
Quest'ultima  norma  assegnava  termine  fino  al  30 giugno 2001 per
l'adozione  da  parte  delle  autorita'  di  bacino  (per i bacini di
rilievo  nazionale  o interregionale) e delle regioni (per i restanti
bacini), ove non si sia gia' provveduto, di "piani stralcio di bacino
per   l'assetto   idrogeologico...   che  contengano  in  particolare
l'individuazione   delle   aree   a   rischio   idrogeologico   e  la
perimetrazione  delle  aree  da  sottoporre a misure di salvaguardia,
nonche'  le  misure  medesime".  La disposizione rendeva obbligatoria
l'adozione  del  piano  stralcio tematico, ma non alterava il riparto
delle competenze e la disciplina procedimentale delineati dalla legge
n. 183  del  1989  e  dalle  leggi regionali sulla materia. Lo stesso
istituto  del piano "stralcio" era previsto dall'art. 17, comma 6-ter
della  legge  n. 183  del 1989, alla quale l'art. 1 del decreto-legge
n. 180 del 1998 rinviava.
    1.2. - Non  sembra  necessario  ripercorrere le vicende normative
che  hanno  interessato  la  disciplina  della  difesa  del suolo. E'
sufficiente   ricordare   come  la  materia  abbia  trovato  organica
definizione  nella  legge  n. 183  del 1989, piu' volte modificata ed
integrata,  e  nelle  leggi  regionali  adottate  in  attuazione  dei
principi della stessa.
    Sulla   materia   ha   inciso  inoltre  la  normativa  sul  nuovo
decentramento,  che  ha  considerevolmente ampliato le competenze del
sistema  locale,  conservando  allo Stato, nella materia della difesa
del  suolo,  solo  i  compiti  di rilievo nazionale (art. 1, comma 4,
lett.  c), della legge 15 marzo 1997 n. 59), identificati dal decreto
legislativo n. 112 del 1998.
    Quest'ultimo  in  particolare,  per  i profili che interessano in
questa sede:
      a) ha  identificato  come compiti di rilievo nazionale ai sensi
dell'art. 1,  comma  4, lett. c) della legge 1o marzo 1997, n. 59, in
materia   di  territorio  e  urbanistica  "i  compiti  relativi  alla
identificazione  delle linee fondamentali dell'assetto del territorio
nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali alla difesa
del suolo alla articolazione territoriale delle reti infrastrutturali
e  delle opere di competenza statale, nonche' al sistema delle citta'
e  delle  aree  metropolitane"  (art. 52),  da  esercitare attraverso
intese nella Conferenza unificata;
      b) ha  stabilito  che "la regione, con legge regionale, prevede
che  il  piano  territoriale  di  coordinamento  provinciale  di  cui
all'art. 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, assuma il valore e gli
effetti  dei  piani  di  tutela  nei  settori  della protezione della
natura,  della  tutela  dell'ambiente, delle acque e della difesa del
suolo   e   della  tutela  delle  bellezze  naturali,  sempreche'  la
definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma di intese
fra la provincia e le amministrazioni, anche statali, competenti", in
mancanza  delle  quali  "i  piani  di tutela di settore conservano il
valore  e  gli  effetti  ad essi assegnati dalla rispettiva normativa
nazionale e regionale" (art. 57);
      c) in  materia  di  difesa del suolo ha soppresso le competenze
consultive  del  consiglio  superiore  dei  lavori  pubblici  e della
conferenza Stato regioni (art. 87);
      d) ha identificato puntualmente i compiti di rilievo nazionale,
fra  i  quali  figurano,  in  materia  di  pianificazione  di bacino,
esclusivamente  i  compiti  di  delimitazione  dei bacini idrografici
nazionali  ed  interregionali  ed  i poteri sostitutivi gia' previsti
dalla legge n. 183 del 1989 (art. 88).
    1.3. - In attuazione della legge n. 183 del 1989 la materia della
difesa  del  suolo  e  della  pianificazione di bacino era gia' stata
oggetto  di  disciplina  organica  nella regione Liguria con la legge
regionale   28 gennaio   1993,  n. 9.  La  materia  e'  stata  quindi
ridefinita,   anche  in  considerazione  dell'accresciuto  ruolo  del
sistema  locale,  in  attuazione  del  decreto legislativo n. 112 del
1998. In particolare, la legge regionale 21 giugno 1999, n. 18:
      a) ha  ridefinito  in  attuazione della legge n. 183 del 1989 e
del  decreto  legislativo n. 112 del 1998 il sistema delle competenze
locali nella materia che interessa, al fine di "a) garantire, con una
migliore distribuzione delle competenze, una piu' organica tutela dai
rischi  idrogeologici;  b)  migliorare  le capacita' di intervento in
tale  campo ottimizzando le risorse umane ed economiche; c) garantire
un equo utilizzo delle risorse idriche" (art. 90);
      b) ha  riservato  alla regione, fra le altre, le competenze per
"a)  l'elaborazione dei criteri per la formazione, il coordinamento e
la  verifica  di  efficacia  dei  piani  di bacino idrografici; b) la
delimitazione  dei  bacini  idrografici  di rilievo regionale e degli
ambiti territoriali comprendenti piu' bacini idrografici per il quale
deve  essere  redatto  un unico piano di bacino; c) la collaborazione
nel  rilevamento e nell'elaborazione del progetto di piano del bacino
del  fiume  Po  e  la  formulazione di proposte per la formazione dei
programmi  e  per  la  redazione  di  studi e di progetti relativi al
bacino  del fiume Po anche su proposta delle province interessate; d)
l'approvazione,  d'intesa con la regione Toscana, del piano di bacino
interregionale  del fiume Magra; e) il coordinamento degli interventi
in materia di difesa del suolo e di bilancio idrico..." (art. 91);
      c) ha  attribuito  alla  competenza provinciale, fra gli altri,
"a)  la  formazione  e  l'approvazione dei piani di bacino di rilievo
regionale;  b) l'approvazione con unico atto dei programmi annuali di
cui  all'art. 2  della  legge  regionale  n. 46/1996,  dei  programmi
triennali  di  intervento  di  cui  all'art. 19 della legge regionale
28 gennaio  1993,  n. 9  (organizzazione  regionale  della difesa del
suolo in applicazione della legge 18 maggio 1989, n. 183) relativi ai
piani  di bacino approvati nell'anno precedente e dell'annualita' dei
piani  triennali  gia'  approvati; c) la determinazione dei canoni di
concessione relativi alla gestione del demanio idrico, fatto salvo il
disposto  dell'art. 29,  comma 3 del d.lgs. n. 112/1998...", oltre ai
compiti   in  materia  di  opere  idrauliche  e  concessioni  idriche
(art. 92);
      d) ha  attribuito  ai comuni compiti relativi all'esecuzione di
opere  di  difesa  del  suolo,  comprese quelle indicate nei piani di
bacino,  ed alla manutenzione lungo i corsi d'acqua (art. 93) ed alle
comunita'  montane compiti relativi alle opere di bonifica montana ed
alla  tutela  dei vincoli idrogeologici (art. 94), da esercitare "nel
rispetto  dei criteri e degli indirizzi fissati dalla regione e dalle
province e dalla Autorita' di bacino" (art. 95);
      e) ha  istituito  per  tutti  i bacini di rilievo regionale, ai
sensi  della  legge  n. 183/1989,  Autorita'  di  bacino, definendone
l'organizzazione (art. 96);
      f) ha  disciplinato la formazione dei piani di bacino (art. 97)
stabilendo che:
        i  piani  di bacino sono elaborati dalla provincia sulla base
dei  criteri  e  degli  indirizzi  fissati dalle Autorita' di bacino,
acquisito  il parere del Comitato tecnico provinciale, organo tecnico
consultivo;
        il  piano di bacino o i piani di bacino stralcio sono redatti
e  adottati nei termini stabiliti dal Comitato Istituzionale. Qualora
entro detti termini la provincia non abbia provveduto, puo' procedere
in via sostitutiva la giunta regionale tramite un Commissario ad acta
avvalendosi  della  competente  sezione  del  CTR  per  il territorio
acquisendo  a  tal  fine  gli studi e le elaborazioni prodotte sino a
tale termine dalla Provincia;
        la   Provincia,   acquisito   l'apporto   istruttorio   della
competente  sezione  del  CTR  per il territorio della regione che si
esprime  nei tempi fissati dal Comitato istituzionale di cui al comma
3,  adotta  il  piano  di  bacino  e  lo  trasmette  ai comuni e alle
comunita'  montane  interessate,  ai  fini  della  espressione  entro
quaranta giorni del proprio parere. Scaduto tale termine la provincia
procede prescindendo dai pareri non pervenuti;
        il  piano e' depositato e pubblicato al fine di consentire la
partecipazione,  mediante  osservazioni  che chiunque puo' presentare
nei   trenta   giorni   successivi   alla  scadenza  del  periodo  di
pubblicazione;
        la  provincia,  acquisito  il  parere  del  Comitato  Tecnico
provinciale,  si  esprime  sui  pareri  dei  comuni e delle comunita'
Montane  e  sulle  osservazioni  pervenute  entro  i  sessanta giorni
successivi   e   trasmette   il   piano   al  Comitato  Istituzionale
dell'Autorita' di bacino regionale che, sentita la sezione competente
del  CTR  per il territorio, si esprime nel termine di trenta giorni.
La  provincia  approva  in via definitiva il piano entro i successivi
trenta  giorni,  decorsi  i quali la giunta regionale provvede in via
sostitutiva tramite la nomina di un Commissario ad acta.
    1.4. - Occorre inoltre ricordare che nella legislazione regionale
ligure,  ed in particolare in forza dell'art. 8 della legge regionale
n. 18  del  1999  e  degli  artt. 17  e  ss.  della  legge  regionale
4 settembre  1997  n. 36, ha trovato attuazione il principio espresso
dall'art. 57  del  decreto  legislativo  n. 112  del 1998, in base al
quale  la  pianificazione territoriale di coordinamento affidata alle
Province  costituisce  la  sede  di  raccordo  fra  la pianificazione
territoriale ed urbanistica e la pianificazione di settore.
    1.5. - Attualmente    regione    e    province   sono   impegnate
nell'attuazione  amministrativa della richiamata normativa regionale,
operando  efficacemente  per  la  tutela  della  risorsa  idrica e la
protezione  dal rischio idrogeologica, nel pieno rispetto dei termini
indicati dal decreto-legge n. 180 del 1998.
    1.6. - La   disposizione   statale   in   questa  sede  impugnata
(art. 1-bis del decreto-legge n. 279 del 2000) ha stabilito:
      a) che  i  progetti  di  piano stralcio siano adottati entro il
termine  perentorio  del  20 aprile  2001,  con le modalita' previste
dall'art. 18,  primo  comma, della legge n. 182 del 1989 per i bacini
di  rilievo  nazionale  e  con  le modalita' di cui all'art. 20 della
stessa legge per i restanti bacini (comma primo);
      b) che  l'adozione dei piani stralcio e' effettuata "sulla base
degli atti e dei pareri disponibili" entro sei mesi dall'adozione del
relativo  progetto  di  piano  ovvero  entro il 30 aprile 2001, per i
progetti adottati prima dell'entrata in vigore della legge n. 365 del
2000;
      c) che ai fini dell'adozione e attuazione dei piani stralcio le
regioni   convocano   una   conferenza  programmatica  -  alla  quale
partecipano  la  regione,  i  comuni  e le province interessate ed un
rappresentante dell'Autorita' di bacino - al fine dell'espressione di
un  parere  sul  progetto  di piano "con particolare riferimento alla
integrazione  a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano,
prevedendo  le  necessarie  prescrizioni  idrogeologiche",  che tiene
luogo  di  quello  regionale previsto dall'art. 18, nono comma, della
legge n. 183 del 1989;
      d) la  decisione  che  viene assunta dal comitato istituzionale
dell'Autorita'  di  bacino,  tenendo conto delle determinazioni della
conferenza, costituisce "variante agli strumenti urbanistici".
    1.7. - Sembra  alla  regione  ricorrente  che la previsione sopra
richiamata  sia  costituzionalmente  illegittima  ed  invasiva  delle
competenze regionali in materia di urbanistica ed ambiente.
    La norma disciplina infatti il procedimento per la formazione dei
piani  stralcio  a  tutela del rischio idrogeologico, per i bacini di
rilievo  nazionale  e  per  quelli  di  rilievo  regionale,  ai quali
espressamente  si  riferisce  il  primo  comma, con una disciplina di
dettaglio ed esaustiva.
    Non  e'  infatti  dubbio  che  la  disciplina dei procedimenti di
pianificazione  di  bacino sia attribuita alla competenza legislativa
della  regione,  ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, in quanto
riconducibile  alla  materia  dell'urbanistica,  quale si e' venuta a
configurare nella legislazione vigente, ed intesa come concernente la
disciplina  dell'uso  del territorio comprensiva di tutti gli aspetti
conoscitivi  normativi  e  gestionali  riguardanti  le  operazioni di
salvaguardia  e  di  trasformazione  del  suolo nonche' la protezione
dell'ambiente.
    La legislazione di settore, ed in particolare la legge n. 183 del
1989  e  successive  integrazioni,  e  la piu' recente disciplina dei
conferimenti  operata  in  attuazione  della  legge n. 59 del 1997 ha
confermato  la  sicura  appartenenza  all'ambito  delle  attribuzioni
regionali  della  disciplina  della  materia della difesa del suolo e
della pianificazione bacino.
    La  legge  n. 183  del 1989 ha infatti trasferito o delegato alle
regioni  le funzioni in materia di difesa del suolo e "in particolare
quelle  di  gestione delle risorse d'acqua e di terra" indicate nella
legge, fra le quali figurano la delimitazione dei bacini idrografici,
la  collaborazione  nella  formazione dei piani dei bacini di rilievo
nazionale,  la  formazione dei piani di bacino di rilievo regionale e
interregionale,   l'organizzazione  dei  soggetti  ed  organismi  che
operano  nel settore ed "ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in
materia  di  conservazione  e  difesa del territorio, del suolo e del
sottosuolo  e  di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di
competenza" (art. 10).
    La  legge  n. 59  del  1997 ha indicato fra i compiti esclusi dai
conferimenti  "i  compiti  di  rilievo nazionale... per la difesa del
suolo" da identificarsi con il procedimento della previa intesa sugli
schemi  di  decreti legislativi con la Conferenza permanente (art. 1,
comma 4, lett. c) della legge n. 59 del 1997).
    L'art. 88   del   decreto   legislativo   n. 112   del  1998,  ha
identificato  i compiti di rilievo nazionale in materia di difesa del
suolo,  indicando,  nella  materia  che  interessa  in  questa  sede,
solamente   l'individuazione   dei  bacini  idrografici  nazionali  e
interregionali  e  l'esercizio  dei  poteri  sostitutivi  in  caso di
mancata  istituzione da parte delle regioni delle autorita' di bacino
di  rilievo interregionale, nonche' dei poteri sostitutivi per i casi
di  inerzia  delle regioni nell'adozione degli atti relativi ai piani
di  bacino di rilievo nazionale, interregionale e regionale, previsti
dagli  artt. 18,  19,  20 della legge n. 183 del 1989 (art. 88, primo
comma, lettere t) e u), del decreto legislativo n. 112 del 1998), che
devono  essere  esercitate  sentita  la  Conferenza  Stato  - regioni
(art. 88,  secondo  comma,  del decreto legislativo n. 112 del 1998).
Allo  Stato  residua anche il compito relativo alla programmazione ed
al finanziamento degli interventi di difesa del suolo (art. 88, primo
comma,  lett.  b)),  che  si  riferisce  evidentemente  al  programma
nazionale  di  intervento  di  cui all'art. 25 della legge n. 183 del
1989.
    L'art. 89  ha poi conferito alle regioni e agli enti locali tutte
le  funzioni  non  espressamente indicate nell'art. 88 e l'art. 92 ha
disposto  il  riordino degli organismi e delle strutture operanti nel
settore della difesa del suolo.
    Coerentemente con l'assetto normativo descritto, deve concludersi
che   allo   Stato  non  residua  alcuna  competenza  in  materia  di
pianificazione  dei  bacini  idrici,  nemmeno per i bacini di rilievo
nazionale,  come  effettivamente  e' stato sostenuto dai commentatori
del decreto legislativo n. 112 del 1998.
    E'  superfluo  ricordare  che l'art. 2 della legge n. 59 del 1997
riconosce  la  competenza legislativa regionale per la disciplina dei
compiti  conferiti,  ai  sensi  dell'art. 117,  primo e secondo comma
della   Costituzione,   e  "in  ogni  caso"  sulla  disciplina  della
organizzazione  e  dello  svolgimento  delle  funzioni  e dei compiti
amministrativi conferiti.
    1.8. - Sembra   dunque   incontestabile  che  la  disciplina  dei
procedimenti  di  pianificazione di bacino - sicuramente per i bacini
di  rilievo regionale ed interregionale, ma probabilmente anche per i
bacini  nazionali  - sia competenza legislativa regionale. Allo Stato
potrebbe tutt'al piu' spettare la posizione di principi fondamentali.
Trattandosi  di  disciplina meramente organizzatoria, inoltre, questi
dovrebbero effettivamente avere la struttura delle norme di principio
ed il carattere della fondamentalita'.
    Al  contrario  la  disciplina  della procedura per l'adozione dei
progetti  di  piano  stralcio  introdotta dall'art. 1-bis del decreto
legge  n. 279  del 2000 ha carattere esaustivo ed analitico. Oltre ad
assegnare  un  termine  perentorio  per  l'adozione  degli  atti,  la
disposizione  stabilisce  sulla completezza dell'istruttoria (i piani
sono  adottati  sulla  base  degli  atti  e  dei pareri disponibili);
prevede  la  convocazione  da  parte  delle  regioni della conferenza
programmatica  e  definisce  la composizione della conferenza stessa;
stabilisce   che   il  parere  della  conferenza  sostituisce  quello
regionale  ed  prevede che esso contenga "prescrizioni idrogeologiche
ed  urbanistiche";  dispone  infine  che  le  decisioni  del comitato
istituzionale  dell'Autorita'  di bacino "costituiscono variante agli
strumenti urbanistici".
    Si  tratta  dunque  di  una  disciplina  che invade la competenza
legislativa  regionale,  esorbitando  dall'ambito  dei  meri principi
fondamentali.
    Detta  disciplina  inoltre,  quantomeno  per  i bacini di rilievo
regionale ed interregionale, si sovrappone modificandola alla vigente
legislazione  della  regione  Liguria (in particolare legge regionale
n. 9  del  1993,  recentemente  precisata  ed  integrata  dalla legge
regionale   n. 18   del  1999),  che  disciplina  i  procedimenti  di
pianificazione di bacino, inclusi quelli per l'approvazione dei piani
stralcio.
    1.9. - In  secondo  luogo  la nuova disciplina sopprime il parere
regionale   previsto   nell'ambito  della  disciplina  originaria  di
adozione  dei  piani  di  bacino  di rilievo nazionale (art. 18, nono
comma,  della  legge  n. 183  del  1989), sostituendo ad esso il voto
della   conferenza  programmatica  costituita  da  comuni,  province,
regione e Autorita' di bacino.
    E'  pur  vero  che alla regione e' riconosciuta la partecipazione
alla  conferenza  programmatica.  Ma  certamente il rilievo di questa
partecipazione  non  puo'  essere  assimilato  a  quello  del  parere
previsto  dalla  legge  n. 183.  Il  parere  consentiva  infatti alla
regione   di  manifestare  nel  procedimento  di  pianificazione  gli
interessi  dei  quali  ha  la cura e di esprimere il proprio giudizio
sulle  osservazioni presentate al progetto di piano. Nella conferenza
la  partecipazione  della regione risulta filtrata e mediata nel voto
collegiale  della  conferenza,  alla  quale  partecipa anche l'organo
statale.  In  definitiva  quindi viene attenuato e compresso il ruolo
della regione nel procedimento.
    Tale   innovazione   configura   una   lesione  delle  competenze
amministrative riconosciute alla regione, in violazione dell'art. 118
della  Costituzione, come attuato dall'art. 18 della legge n. 183 del
1989,  e  dell'art. 5  della Costituzione, dal quale e' ricavabile il
principio    della    irretrattabilita'    degli    atti   ampliativi
dell'autonomia locale.
    1.10. - Piu' in generale deve inoltre rilevarsi che la disciplina
introdotta  dalla  disposizione impugnata, configura, per esigenze di
concentrazione,  un procedimento nel quale non puo' trovare forma una
istruttoria  adeguata  alle  esigenze di una organica pianificazione,
che  dovrebbe  riguardare  e  coordinare  gli aspetti idrogeologici e
territoriali.  In  particolare,  la  norma,  abbreviando  il  termine
originariamente  fissato  al  30 giugno  2001,  dispone  ex  lege  la
sufficienza  dell'istruttoria allo stato degli atti (sulla base degli
atti  e  dei  pareri  disponibili)  e  sopprime  fasi  procedimentali
indispensabili in un procedimento di pianificazione territoriale.
    Nello  schema  indicato  dalla norma viene infatti soppresso ogni
apporto   procedimentale   diverso   da   quello   della   conferenza
programmatica  e  soprattutto  viene eliminata la fase partecipativa,
nella  quale,  anche  nei  procedimenti  di pianificazione dei bacini
nazionali,  era  riconosciuto un ruolo primario della regione (che si
doveva  esprimere  sulle  osservazioni). Alla contrazione dei momenti
procedimentali   corrisponde   peraltro  una  maggiore  ricchezza  di
contenuti   dei   piani   stralcio   (che   contengono   prescrizioni
idrogeologiche ed urbanistiche) ed una efficacia piu' estesa, potendo
il  piano  adottato  dal  comitato (e dunque prima dell'approvazione)
costituire "variante agli strumenti urbanistici".
    Sembra  alla  regione  che la norma impugnata leda, per i profili
descritti,  i  principi  di  imparzialita' e buon andamento stabiliti
dall'art. 97  della  Costituzione,  proprio  in  considerazione della
contrazione  dell'istruttoria  procedimentale,  che  non consente una
adeguata valutazione degli interessi in gioco e si dimostra inidonea,
da  un  lato, a garantire l'efficienza e la opportunita' delle scelte
amministrative  e,  dall'altro  lato, a graduare le scelte in maniera
adeguata  alle  esigenze  concrete,  non consentendo l'attuazione del
precetto di imparzialita' dell'amministrazione.
    La  violazione  dell'art. 97  assume rilevanza anche nel presente
giudizio  in via principale, riverberandosi in lesione dell'ambito di
competenza  regionale.  Come  si e' visto infatti l'incongruo sistema
delineato  dal  legislatore  statale ha comportato la soppressione di
ambiti di intervento regionale ed inoltre sacrifica l'emersione degli
interessi  della  collettivita' al corretto assetto territoriale, dei
quali la regione e' primariamente titolare.
    1.11. - Infine,  la  normativa  in  questione e' incostituzionale
laddove attribuisce al piano stralcio, formato con il procedimento in
questa  sede  contestato,  contenuti  ed  effetti  di  "variante agli
strumenti urbanistici".
    Quest'ultima  previsione  e' anzitutto illegittima perche' incide
su  profili  che  non  possono  ritenersi  nella  disponibilita'  del
legislatore    statale.    La    materia   urbanistica   e'   infatti
incontestabilmente  attribuzione regionale e la previsione non ha ne'
la  struttura  della  norma-principio  (ossia  indicazione di un tema
normativo   suscettibile   di  integrazione  nel  dettaglio)  ne'  il
carattere    di   fondamentalita'   richiesti   dall'art. 117   della
Costituzione.
    Inoltre essa si sovrappone alla vigente legislazione regionale in
materia urbanistica e ambientale. In particolare, la previsione della
variante  automatica costituisce deroga alla disciplina degli effetti
dei   piani  urbanistici  e  territoriali  disciplinati  dalla  legge
urbanistica  regionale  (legge n. 36 del 1997) e riguarda sia i piani
di livello comunale che sovracomunale.
    Questa   norma   inoltre   contraddice  il  principio  introdotto
dall'art. 57  del  decreto  legislativo  n. 112  del 1998, in base al
quale  "la  regione,  con  legge  regionale,  prevede  che  il  piano
territoriale  di  coordinamento provinciale... assuma il valore e gli
effetti  dei  piani  di  tutela  nei  settori  della protezione della
natura,  della  tutela  dell'ambiente, delle acque e della difesa del
suolo  e  della  tutela delle bellezze naturali...". Non solo infatti
viene  lesa  la  riserva  regionale  di  competenza legislativa sulla
definizione dei meccanismi di composizione fra i piani territoriali e
quelli  settore,  fra  i  quali  appunto  i piani di bacino, ma viene
disatteso nella sostanza il principio, assegnando al piano di settore
un   valore   di   prevalenza   immediata  ed  automatica  sui  piani
territoriali,  compreso  il piano provinciale che dovrebbe costituire
la  sede di coordinamento. Come si e' ricordato la regione Liguria ha
dato  attuazione  alla  norma  nazionale,  con  l'art. 8  della legge
regionale  n. 18  del  1999  e,  gia'  in  precedenza,  con  la legge
regionale  n. 36  del  1997, la cui disciplina viene vanificata nella
fattispecie dalla norma in questa sede impugnata.
    La  previsione  costituisce inoltre violazione delle attribuzioni
amministrative  regionali  nella  materia,  in quanto consente che un
piano  di  settore,  adottato  con  le  modalita' procedimentali gia'
descritte  e  senza  consistenti  apporti  decisionali della regione,
produca  gli  effetti  di  pianificazione urbanistica sostituendosi o
variando  strumenti urbanistici di competenza regionale o ai quali la
regione ha partecipato.
    La  norma  e'  infine  intrinsecamente  incongrua  e  lesiva  dei
principi  enunciati  dall'art. 97  della  Costituzione,  sotto  altro
profilo.   Essa   infatti   attribuisce  ai  piani  stralcio  effetti
urbanistici,  anche  in  deroga  alla pianificazione territoriale, ma
sulla  base  di  un procedimento sommario, come si e' gia' visto, nel
quale viene esclusa ogni forma di partecipazione diffusa.
    In   secondo   luogo  l'effetto  di  variante  e'  incongruamente
attribuito  al piano stralcio solo adottato e non anche approvato. In
questo  modo,  si  consente  ad un piano che ha una efficacia di mera
salvaguardia ed i cui contenuti non possono dirsi definiti in assenza
di   approvazione,   di   produrre   effetti  di  variante  ai  piani
territoriali approvati.
    Anche  sotto questo profilo la violazione palese del principio di
buon  andamento  dell'art. 97  della Costituzione assume rilevanza in
questa sede per l'intrinseca lesivita' della competenza regionale che
deriva  dall'alterazione  incongrua  del  sistema  di  pianificazione
territoriale  definito dalla legislazione regionale e che si concreta
in  una  riduzione del ruolo regionale nella definizione delle scelte
territoriali.

    2. - Quanto  all'art. 2  della  legge  11 dicembre  2000, n. 365.
Violazione  degli  artt. 5,  97,  117,  118 e 128 della Costituzione,
anche  in  relazione  agli  artt. 66  e  69  del  decreto legislativo
24 luglio  1977,  n. 616; all'art. 1 del decreto legislativo 4 giugno
1997, n. 143; agli artt. 1 e 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59; agli
artt. 1 e 107 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
    2.1. - L'art. 2,  comma  1,  della  legge  n. 365  del  2000,  ha
stabilito che, a decorrere dall'entrata in vigore della stessa, nelle
regioni   danneggiate   dalle  calamita'  idrogeologiche  di  cui  al
decreto-legge  n. 279 del 2000 (e, quindi, anche in Liguria) chiunque
voglia  operare  tagli  di  bosco,  anche  ceduo, in zone con vincolo
idrogeologico,  deve inoltrare richiesta al sindaco del comune su cui
insiste l'area sottoposta a taglio.
    Il  secondo  comma  stabilisce inoltre che prima del rilascio del
nulla-osta  al  taglio  (corredato di prescrizioni per il taglio), il
sindaco  deve  acquisire  il parere: della competente commissione del
comune;  dell'Autorita'  di  bacino; del Corpo Forestale dello Stato;
della  Sovrintendenza competente in materia di beni ambientali; della
regione.
    2.2. - E'  bene  ricordare  che  il  d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 11
("Trasferimento  alle  regioni  a  statuto  ordinario  delle funzioni
amministrative statali in materia di agricoltura forense, di caccia e
di  pesca  nelle  acque  interne e dei relativi personale ed uffici")
aveva  gia'  puntualizzato che il trasferimento di funzioni di specie
riguardava, tra l'altro, la sistemazione dei bacini montani, i boschi
e le foreste.
    Il  d.P.R.  24 luglio 1977, n. 616 aveva quindi stabilito che, in
materia   di   agricoltura  e  foreste,  le  funzioni  amministrative
trasferite  alle  regioni  concernono,  tra  l'altro,  "i  boschi, le
foreste e le attivita' di produzione forestale e di utilizzazione dei
patrimoni  silvopastorali,  ...gli  interventi  di  protezione  della
natura"   (Capo   VIII,   art. 66).   L'art. 69   aveva  previsto  il
trasferimento  alle  regioni  di  "tutte le funzioni esercitate dallo
Stato  o  da  altri enti pubblici, comprese le camere di commercio...
concernenti  i territori montani, le foreste, la proprieta' forestale
privata,  i rimboschimenti e le proprieta' silvo-pastorali degli enti
locali,  compresi  i  poteri  di  determinazione  di  vincoli  e  gli
interventi sui terreni sottoposti a vincoli".
    Con  il  decreto  legislativo  4 giugno  1997,  n. 143  e'  stato
completato il trasferimento delle competenze in materia alle regioni.
Specificatamente  l'art. 1,  comma 2, ha stabilito infatti che "tutte
le  funzioni  e  i compiti svolti dal Ministero di cui al comma 1 (il
soppresso Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali) e
relativi  alle  materie  di agricoltura, foreste, pesca, agriturismo,
caccia, sviluppo rurale, alimentazione sono esercitate dalle regioni,
direttamente o mediante delega o attribuzione...".
    Nel  sistema della legge n. 59 del 1997 e del decreto legislativo
n. 112   del  1998,  infine,  nessuna  competenza  nella  materia  e'
riservata allo Stato o dichiarata di interesse nazionale.
    2.3. - Sulla  base  del predetto quadro di competenze, le regioni
si   sono   dotate   di   propria   normativa   in  campo  forestale,
disciplinando,  tra l'altro, l'attivita' silvopastorale, le procedure
autorizzatorie  da  adottare  in  materia,  anche  tenuto conto delle
necessita'   territoriali   collegate   all'assetto  idrogeologico  e
ambientale.
    La  regione Liguria, con la legge regionale 16 aprile 1984, n. 22
("Legge forestale regionale") aveva gia' provveduto, prima in Italia,
a  stabilire  norme  in  materia  di  tagli  boschivi  e  di  vincolo
idrogeologico;  con  la legge regionale 22 gennaio 1999, n. 4 ("Norme
in  materia  di foreste e di assetto idrogeologico"), che sostituisce
la  predetta  n. 22/1984,  ha  nuovamente  disciplinato  la  materia,
adeguando  le proprie norme alle mutate situazioni socio-territoriali
e  armonizzando  la normativa forestale con quella di settori ad essa
collegati  (appunto  la  difesa del suolo, l'urbanistica, l'ambiente,
ecc.).
    In   particolare,   il   regolamento   regionale  n. 1  del  1999
("Regolamento  delle prescrizioni di massima e di polizia forestale")
previsto  all'art. 48  della  predetta legge regionale n. 4 del 1999,
dispone  che  il  taglio  delle  piante  di  alto  fusto  deve essere
preventivamente   comunicato   all'Ispettorato  Ripartimentale  delle
Foreste  territorialmente competente, che puo' dettare prescrizioni o
inibire  l'attivita'.  Il  taglio del bosco ceduo e' consentito senza
particolari  autorizzazioni,  ma  nel  rispetto  di  turni,  epoche e
modalita' stabilite precisamente dal regolamento predetto.
    2.4. - La disposizione dell'art. 2 della legge n. 365 del 2000 e'
lesiva delle competenze regionali ed incostituzionale.
    La  competenza  regionale,  legislativa  ed amministrativa, sulla
materia che interessa e' indiscutibile sulla base dell'art. 117 della
Costituzione e del quadro legislativo sopra brevemente richiamato.
    La norma introdotta dalla legge n. 365 del 2000, disciplinando la
materia  dell'autorizzazione al taglio del bosco incide indebitamente
su  materia  regionale,  con  una  disciplina che certamente non puo'
ritenersi  di  mero  principio  fondamentale, ma che, anche in questo
caso,  e'  analitica,  dettagliata  ed  esaustiva  della materia e si
sovrappone  all'assetto  attribuito  alla  materia  dalla  normazione
regionale.
    2.5. - Essa     costituisce     inoltre    una    incomprensibile
riappropriazione di competenza, attraverso un ritaglio all'interno di
materie ormai da decenni di sicura e pacifica attribuzione regionale,
in  contraddizione  con  la normativa sui trasferimenti del 1972, del
1977 del 1997 e del 1998 ed in contrasto con il principio dell'art. 5
della Costituzione.
    Inoltre  l'assegnazione  diretta  ai  comuni  della funzione, che
ricade nell'ambito delle attribuzioni costituzionali delle regioni in
materia  di  agricoltura  e  foreste (e comunque nel settore organico
dell'ambiente  e  territorio)  contrasta con i principi dell'art. 118
della  Costituzione,  dal momento che prescinde dall'accertamento del
carattere  esclusivamente  locale  delle  stesse  e  dal  ruolo della
regione   nella   programmazione   e   distribuzione  delle  funzioni
all'interno  del sistema locale, quale emerge anche dall'art. 4 della
legge n. 59 del 1997 e dall'art. 3 del decreto legislativo n. 112 del
1998.
    Vengono  inoltre riservate competenze amministrative, sia pure di
natura  consultiva  all'interno  del  procedimento autorizzatorio, ad
organi  statali  (autorita'  di  bacino,  corpo  forestale  di Stato,
Soprintendenze),    ai    quali   la   legislazione   non   riconosce
istituzionalmente  alcuna competenza in materia di taglio dei boschi.
Anche  per  questa  parte  si puo' dunque rilevare una sottrazione di
ambiti  di  funzioni  gia'  trasferite  al  sistema  locale, mediante
l'attribuzione di compiti sulla materia ad organi statali.
    2.6. - La   lesione  delle  competenze  regionali  attuata  dalla
disposizione impugnata e' inoltre irragionevole ed ingiustificata. La
norma  infatti  disciplina  un procedimento autorizzatorio di portata
non  generale,  ma  valido  solamente nelle regioni interessate dagli
eventi  calamitosi  di  settembre  ed  ottobre  2000. Le misure cosi'
introdotte  non  sono tuttavia collegate alla fase dell'emergenza, ma
hanno  carattere  stabile  e presumibilmente definitivo, anche con la
cessazione degli effetti della situazione calamitosa.
    Questa   disciplina  prescinde  dall'accertamento  dell'esistenza
nella   legislazione   regionale   di  normativa  atta  a  soddisfare
l'esigenza  tutelata  dal  legislatore  nazionale,  come  in concreto
avviene  in  Liguria, dotata di una legislazione regionale organica e
collaudata   nella   materia,   e   comunque   senza  salvezza  della
legislazione regionale.
    Non  si  comprende  dunque  l'esigenza  per  la  quale  il  nuovo
procedimento  debba sostituirsi a quello disciplinato dalla normativa
regionale.  Al  contrario  la norma imporrebbe la riorganizzazione di
funzioni   per   le  quali  sono  gia'  state  stabilite  competenze,
procedimenti  ed  organizzazione di personale e mezzi, contravvenendo
al principio della economicita' dell'azione pubblica.
    2.7. - Anche  dal  punto  di  vista dei contenuti la norma appare
incongrua sotto diversi profili.
    Quasi  tutti  i  soggetti individuati per esprimere un parere sul
taglio, e lo stesso sindaco che dovrebbe rilasciare l'autorizzazione,
si troverebbero a pronunciarsi su temi sui quali non hanno competenza
istituzionale   e,   verosimilmente,   competenza  tecnica.  I  tempi
amministrativi che si possono presumere come necessari per completare
l'iter   autorizzatorio,   potrebbero  determinare  un  rallentamento
dell'attivita' silvicola, che ha carattere stagionale.
    La   mancata   gestione   del   bosco,   connessa  al  meccanismo
vincolistico introdotto dalla legge n. 365 del 2000 e la complessita'
del  procedimento  autorizzatorio, potrebbe portare ad una situazione
di  degrado ambientale peggiore di quella che la norma vuole evitare.
L'eccessivo  peso delle ceppaie dei cedui invecchiati, la presenza di
materiale   legnoso   schiantato   da   avversita'  atmosferiche  non
adeguatamente allontanato o raccolto, l'aumento delle possibilita' di
incendio  connesso  alla  minore  accessibilita'  dei  boschi  e alla
maggiore  presenza  di  materiale  combustibile, anche di sottobosco,
sono   infatti   solo   alcuni   dei   fattori   che,  al  contrario,
suggerirebbero   una   agevolazione   dell'attivita'  silvoculturale,
certamente esercitata secondo una precisa e specifica disciplina che,
proprio  perche'  e'  collegata  a  particolarita' territoriali, deve
essere stabilita dalle singole regioni.
    Sotto  quest'ultimo  profilo si configura dunque anche un profilo
di  incostituzionale della norma per violazione del principio di buon
andamento  di  cui  all'art. 97  della Costituzione, poiche' la nuova
disciplina  appare  irragionevole  e  contraddittoria  rispetto  alle
esigenze   di   liberalizzazione  delle  attivita'  economiche  e  di
sussidiarieta'   orizzontale.   La   violazione   dell'art. 97  nella
fattispecie,  riverbera  in  lesione  della competenza regionale, dal
momento   che   la   norma   censurata   introduce   una   disciplina
irragionevole, sostitutiva di quella regionale.
    2.8. - L'attribuzione  del  potere  autorizzatorio  al sindaco e'
infine  contraddittorio  con le linee di sviluppo dell'organizzazione
pubblica e con il principio della separazione fra politica e gestione
amministrativa, che ha trovato definitivamente forma nelle previsioni
del  decreto legislativo n. 80 del 1998 e della legge n. 127 del 1997
e  costituisce  una  deroga immotivata ed inespressa all'art. 107 del
decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267 in materia di ordinamento
degli   enti   locali   (che   riserva  ai  dirigenti  le  competenze
autorizzatorie).  La  disposizione  configura dunque violazione anche
dell'art. 128,  come  attuato  dall'art. 1  del  decreto  legislativo
n. 267  del  2000,  e  dell'art. 5  della  Costituzione, rilevante in
questa  sede, in quanto comunque riflette la lesione della competenza
regionale,  attuata  attraverso la disciplina di dettaglio di materia
di competenza legislativa ed amministrativa regionale.
                              P. Q. M.
    La   regione   Liguria  chiede  che  l'ecc.ma  Corte  voglia,  in
accoglimento   del   presente  ricorso,  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale  della  legge  11 dicembre  2000,  n. 365,  avente  ad
oggetto  "conversione  in legge, con modificazioni, del decreto-legge
12  ottobre  2000,  n. 279,  recante interventi urgenti per le aree a
rischio  idrogeologico  molto  elevato  ed  in  materia di protezione
civile,   nonche'   a   favore  delle  zone  della  regione  Calabria
danneggiate  dalle  calamita'  idrogeologiche di settembre ed ottobre
2000",  limitatamente  all'art. 1-bis  del  decreto-legge  n. 279 del
2000,  convertito  con  modificazioni, come introdotto dalla legge di
conversione,  nella  formulazione  riportata nell'allegato alla legge
stessa,  ed  all'art. 2 della medesima legge n. 365 del 2000, sotto i
profili indicati in ricorso.
    Con ogni conseguente statuizione.
        Genova-Roma, addi' 5 gennaio 2001
          Avv. Mario Bucello - Avv. Prof. Luigi Piscitelli
01C0109