N. 10 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 gennaio 2001
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 18 gennaio 2001 (della Regione Liguria) Ambiente (tutela dell') - Tutela idrogeologica del territorio - Procedura per l'adozione e l'attuazione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico - Prevista adozione dei piani sulla base degli atti disponibili entro un termine perentorio - Previsto parere di una istituenda conferenza programmatica convocata dalle Regioni, in sostituzione del parere regionale ex lege n. 183/1989 - Prevista operativita' delle determinazioni del comitato istituzionale dell'Autorita' di bacino come variante automatica agli strumenti urbanistici - Denunciata invasione delle competenze legislative e amministrative regionali in materia di urbanistica, di difesa del suolo e pianificazione di bacino - Lesione del principio di irretrattabilita' degli atti ampliativi dell'autonomia locale - Violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento amministrativo (per contrazione incongrua dell'istruttoria procedimentale) - Violazione della normativa adottata dalle Regioni in attuazione della legislazione statale di principio. - D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, art. 1-bis, aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365. - Costituzione, artt. 5, 97, 117 e 118; legge 18 maggio 1989, n. 183, artt. 10 e ss.; legge 15 marzo 1997, n. 59, artt. 1 e 2; d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, artt. 52, 57, 87, 88, e 89. Ambiente (tutela dell') - Tutela idrogeologica del territorio - Autorizzazione del taglio di boschi nelle Regioni colpite da calamita' alluvionali - Prevista competenza del sindaco del comune su cui l'area sottoposta a taglio - Denunciata lesione delle competenze legislative ed amministrative regionali in materia di agricoltura e foreste - Ingiustificata introduzione di norme statali di dettaglio in sostituzione di quelle regionali - Violazione dei principi di ragionevolezza e di buon andamento amministrativo. - Contrasto con il proncipio della separazione tra politica e gestione amministrativa. - Legge 11 dicembre 2000, n. 365, art. 2. - Costituzione, artt. 5, 97, 117, 118 e 128; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art.66 e 69; d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, art. 1; legge 15 marzo 1997, n. 59, artt. 1 e 2; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, artt. 1 e 107.(GU n.10 del 7-3-2001 )
Ricorso della regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1483 del 28 dicembre 2000, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente atto, anche disgiuntamente, dagli avv.ti Mario Bucello e prof. Luigi Piscitelli ed elettivamente domiciliata presso l'avv. Enrico Romanelli, nel suo studio in Roma, via Cosseria n. 5, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 11 dicembre 2000 n. 365, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 288 dell'11 dicembre 2000, avente ad oggetto "conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 ottobre 2000 n. 279, recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonche' a favore delle zone della regione Calabria danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000", limitatamente all'art. 1-bis del decreto-legge n. 279 del 2000, convertito con modificazioni, come introdotto dalla legge di conversione, nella formulazione riportata nell'allegato alla legge stessa, nonche' all'art. 2 della medesima legge n. 365 del 2000. F a t t o 1. - Nella Gazzetta Ufficiale dell'11 dicembre 2000 e' stata pubblicata la legge 11 dicembre 2000 n. 365, che converte in legge il decreto-legge 12 ottobre 2000 n. 279, recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile nonche' a favore delle zone della regione Calabria danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000. Il decreto-legge convertito aveva introdotto previsioni in materia di misure di salvaguardia per le aree a rischio idrogeologico elevato, di piani e programmi di protezione civile, di attivita' straordinaria di polizia idraulica e di controllo del territorio nonche' norme eccezionali relative alle zone della Calabria colpite dalle calamita' di settembre ed ottobre del 2000. In sede di conversione, la legge n. 365 del 2000 ha introdotto, fra le altre modifiche ed integrazioni, due previsioni che la regione Liguria ritiene lesive delle proprie prerogative costituzionali e contro le quali viene proposto il presente ricorso. In particolare, la legge di conversione ha inserito nel decreto-legge l'art. 1-bis, che disciplina la procedura di adozione dei progetti di piano stralcio per la tutela del rischio idrogeologico, gia' previsti dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 180 del 1998. La norma, che si riferisce non solo ai bacini di rilievo nazionale, ma anche ai bacini di interesse regionale, stabilisce nel dettaglio competenze e procedimenti per l'adozione e attuazione dei piani stralcio e ne definisce gli effetti. L'art. 2 della legge di conversione ha inoltre previsto che nelle regioni danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di cui al decreto-legge n. 279 del 2000, fra le quali rientrerebbe la Liguria, "chiunque voglia operare tagli di bosco, anche ceduo, in zone di vincolo idrogeologico ai sensi delle normative vigenti, deve inoltrare richiesta al sindaco", il quale "dopo aver acquisito il parere della competente commissione del comune, dell'Autorita' di bacino, del Corpo forestale dello Stato competente per territorio, della Soprintendenza competente in materia di beni ambientali, nonche' della regione, rilascia nulla osta allo svolgimento dei tagli, indicando le prescrizioni di taglio". 2. - Entrambe le previsioni incidono in ambiti di competenza legislativa ed amministrativa regionale, con una disciplina analitica di dettaglio procedurale e di definizione delle competenze, inconciliabile con i principi costituzionali del riparto delle attribuzioni fra Stato e Regioni ed in contrasto con i criteri e le previsioni della piu' recente normativa statale in tema di decentramento. Inoltre, le due disposizioni intervengono su oggetti e materie che hanno trovato, anche recentemente, esaustiva ed organica disciplina nella legislazione regionale ligure. La regione ricorrente ha pertanto interesse a proporre la presente impugnazione, che viene affidata alle seguenti considerazioni in D i r i t t o 1. - Quanto all'art. 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000 n. 179, come introdotto dall'art. 1 della legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365. Violazione degli artt. 5, 97, 117 e 118 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 10 e ss. della legge 18 maggio 1989 n. 183, agli artt. 1 e 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59 ed agli artt. 52, 57, 87, 88 e 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 1.1. - L'art. 1-bis del decreto-legge n. 179 del 2000, introdotto dalla legge di conversione n. 365 del 2000, ha disciplinato la "procedura per l'adozione dei progetti di piano stralcio", gia' previsti dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 180 del 1998. Quest'ultima norma assegnava termine fino al 30 giugno 2001 per l'adozione da parte delle autorita' di bacino (per i bacini di rilievo nazionale o interregionale) e delle regioni (per i restanti bacini), ove non si sia gia' provveduto, di "piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico... che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia, nonche' le misure medesime". La disposizione rendeva obbligatoria l'adozione del piano stralcio tematico, ma non alterava il riparto delle competenze e la disciplina procedimentale delineati dalla legge n. 183 del 1989 e dalle leggi regionali sulla materia. Lo stesso istituto del piano "stralcio" era previsto dall'art. 17, comma 6-ter della legge n. 183 del 1989, alla quale l'art. 1 del decreto-legge n. 180 del 1998 rinviava. 1.2. - Non sembra necessario ripercorrere le vicende normative che hanno interessato la disciplina della difesa del suolo. E' sufficiente ricordare come la materia abbia trovato organica definizione nella legge n. 183 del 1989, piu' volte modificata ed integrata, e nelle leggi regionali adottate in attuazione dei principi della stessa. Sulla materia ha inciso inoltre la normativa sul nuovo decentramento, che ha considerevolmente ampliato le competenze del sistema locale, conservando allo Stato, nella materia della difesa del suolo, solo i compiti di rilievo nazionale (art. 1, comma 4, lett. c), della legge 15 marzo 1997 n. 59), identificati dal decreto legislativo n. 112 del 1998. Quest'ultimo in particolare, per i profili che interessano in questa sede: a) ha identificato come compiti di rilievo nazionale ai sensi dell'art. 1, comma 4, lett. c) della legge 1o marzo 1997, n. 59, in materia di territorio e urbanistica "i compiti relativi alla identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali alla difesa del suolo alla articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, nonche' al sistema delle citta' e delle aree metropolitane" (art. 52), da esercitare attraverso intese nella Conferenza unificata; b) ha stabilito che "la regione, con legge regionale, prevede che il piano territoriale di coordinamento provinciale di cui all'art. 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, assuma il valore e gli effetti dei piani di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali, sempreche' la definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma di intese fra la provincia e le amministrazioni, anche statali, competenti", in mancanza delle quali "i piani di tutela di settore conservano il valore e gli effetti ad essi assegnati dalla rispettiva normativa nazionale e regionale" (art. 57); c) in materia di difesa del suolo ha soppresso le competenze consultive del consiglio superiore dei lavori pubblici e della conferenza Stato regioni (art. 87); d) ha identificato puntualmente i compiti di rilievo nazionale, fra i quali figurano, in materia di pianificazione di bacino, esclusivamente i compiti di delimitazione dei bacini idrografici nazionali ed interregionali ed i poteri sostitutivi gia' previsti dalla legge n. 183 del 1989 (art. 88). 1.3. - In attuazione della legge n. 183 del 1989 la materia della difesa del suolo e della pianificazione di bacino era gia' stata oggetto di disciplina organica nella regione Liguria con la legge regionale 28 gennaio 1993, n. 9. La materia e' stata quindi ridefinita, anche in considerazione dell'accresciuto ruolo del sistema locale, in attuazione del decreto legislativo n. 112 del 1998. In particolare, la legge regionale 21 giugno 1999, n. 18: a) ha ridefinito in attuazione della legge n. 183 del 1989 e del decreto legislativo n. 112 del 1998 il sistema delle competenze locali nella materia che interessa, al fine di "a) garantire, con una migliore distribuzione delle competenze, una piu' organica tutela dai rischi idrogeologici; b) migliorare le capacita' di intervento in tale campo ottimizzando le risorse umane ed economiche; c) garantire un equo utilizzo delle risorse idriche" (art. 90); b) ha riservato alla regione, fra le altre, le competenze per "a) l'elaborazione dei criteri per la formazione, il coordinamento e la verifica di efficacia dei piani di bacino idrografici; b) la delimitazione dei bacini idrografici di rilievo regionale e degli ambiti territoriali comprendenti piu' bacini idrografici per il quale deve essere redatto un unico piano di bacino; c) la collaborazione nel rilevamento e nell'elaborazione del progetto di piano del bacino del fiume Po e la formulazione di proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi al bacino del fiume Po anche su proposta delle province interessate; d) l'approvazione, d'intesa con la regione Toscana, del piano di bacino interregionale del fiume Magra; e) il coordinamento degli interventi in materia di difesa del suolo e di bilancio idrico..." (art. 91); c) ha attribuito alla competenza provinciale, fra gli altri, "a) la formazione e l'approvazione dei piani di bacino di rilievo regionale; b) l'approvazione con unico atto dei programmi annuali di cui all'art. 2 della legge regionale n. 46/1996, dei programmi triennali di intervento di cui all'art. 19 della legge regionale 28 gennaio 1993, n. 9 (organizzazione regionale della difesa del suolo in applicazione della legge 18 maggio 1989, n. 183) relativi ai piani di bacino approvati nell'anno precedente e dell'annualita' dei piani triennali gia' approvati; c) la determinazione dei canoni di concessione relativi alla gestione del demanio idrico, fatto salvo il disposto dell'art. 29, comma 3 del d.lgs. n. 112/1998...", oltre ai compiti in materia di opere idrauliche e concessioni idriche (art. 92); d) ha attribuito ai comuni compiti relativi all'esecuzione di opere di difesa del suolo, comprese quelle indicate nei piani di bacino, ed alla manutenzione lungo i corsi d'acqua (art. 93) ed alle comunita' montane compiti relativi alle opere di bonifica montana ed alla tutela dei vincoli idrogeologici (art. 94), da esercitare "nel rispetto dei criteri e degli indirizzi fissati dalla regione e dalle province e dalla Autorita' di bacino" (art. 95); e) ha istituito per tutti i bacini di rilievo regionale, ai sensi della legge n. 183/1989, Autorita' di bacino, definendone l'organizzazione (art. 96); f) ha disciplinato la formazione dei piani di bacino (art. 97) stabilendo che: i piani di bacino sono elaborati dalla provincia sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle Autorita' di bacino, acquisito il parere del Comitato tecnico provinciale, organo tecnico consultivo; il piano di bacino o i piani di bacino stralcio sono redatti e adottati nei termini stabiliti dal Comitato Istituzionale. Qualora entro detti termini la provincia non abbia provveduto, puo' procedere in via sostitutiva la giunta regionale tramite un Commissario ad acta avvalendosi della competente sezione del CTR per il territorio acquisendo a tal fine gli studi e le elaborazioni prodotte sino a tale termine dalla Provincia; la Provincia, acquisito l'apporto istruttorio della competente sezione del CTR per il territorio della regione che si esprime nei tempi fissati dal Comitato istituzionale di cui al comma 3, adotta il piano di bacino e lo trasmette ai comuni e alle comunita' montane interessate, ai fini della espressione entro quaranta giorni del proprio parere. Scaduto tale termine la provincia procede prescindendo dai pareri non pervenuti; il piano e' depositato e pubblicato al fine di consentire la partecipazione, mediante osservazioni che chiunque puo' presentare nei trenta giorni successivi alla scadenza del periodo di pubblicazione; la provincia, acquisito il parere del Comitato Tecnico provinciale, si esprime sui pareri dei comuni e delle comunita' Montane e sulle osservazioni pervenute entro i sessanta giorni successivi e trasmette il piano al Comitato Istituzionale dell'Autorita' di bacino regionale che, sentita la sezione competente del CTR per il territorio, si esprime nel termine di trenta giorni. La provincia approva in via definitiva il piano entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali la giunta regionale provvede in via sostitutiva tramite la nomina di un Commissario ad acta. 1.4. - Occorre inoltre ricordare che nella legislazione regionale ligure, ed in particolare in forza dell'art. 8 della legge regionale n. 18 del 1999 e degli artt. 17 e ss. della legge regionale 4 settembre 1997 n. 36, ha trovato attuazione il principio espresso dall'art. 57 del decreto legislativo n. 112 del 1998, in base al quale la pianificazione territoriale di coordinamento affidata alle Province costituisce la sede di raccordo fra la pianificazione territoriale ed urbanistica e la pianificazione di settore. 1.5. - Attualmente regione e province sono impegnate nell'attuazione amministrativa della richiamata normativa regionale, operando efficacemente per la tutela della risorsa idrica e la protezione dal rischio idrogeologica, nel pieno rispetto dei termini indicati dal decreto-legge n. 180 del 1998. 1.6. - La disposizione statale in questa sede impugnata (art. 1-bis del decreto-legge n. 279 del 2000) ha stabilito: a) che i progetti di piano stralcio siano adottati entro il termine perentorio del 20 aprile 2001, con le modalita' previste dall'art. 18, primo comma, della legge n. 182 del 1989 per i bacini di rilievo nazionale e con le modalita' di cui all'art. 20 della stessa legge per i restanti bacini (comma primo); b) che l'adozione dei piani stralcio e' effettuata "sulla base degli atti e dei pareri disponibili" entro sei mesi dall'adozione del relativo progetto di piano ovvero entro il 30 aprile 2001, per i progetti adottati prima dell'entrata in vigore della legge n. 365 del 2000; c) che ai fini dell'adozione e attuazione dei piani stralcio le regioni convocano una conferenza programmatica - alla quale partecipano la regione, i comuni e le province interessate ed un rappresentante dell'Autorita' di bacino - al fine dell'espressione di un parere sul progetto di piano "con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche", che tiene luogo di quello regionale previsto dall'art. 18, nono comma, della legge n. 183 del 1989; d) la decisione che viene assunta dal comitato istituzionale dell'Autorita' di bacino, tenendo conto delle determinazioni della conferenza, costituisce "variante agli strumenti urbanistici". 1.7. - Sembra alla regione ricorrente che la previsione sopra richiamata sia costituzionalmente illegittima ed invasiva delle competenze regionali in materia di urbanistica ed ambiente. La norma disciplina infatti il procedimento per la formazione dei piani stralcio a tutela del rischio idrogeologico, per i bacini di rilievo nazionale e per quelli di rilievo regionale, ai quali espressamente si riferisce il primo comma, con una disciplina di dettaglio ed esaustiva. Non e' infatti dubbio che la disciplina dei procedimenti di pianificazione di bacino sia attribuita alla competenza legislativa della regione, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, in quanto riconducibile alla materia dell'urbanistica, quale si e' venuta a configurare nella legislazione vigente, ed intesa come concernente la disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonche' la protezione dell'ambiente. La legislazione di settore, ed in particolare la legge n. 183 del 1989 e successive integrazioni, e la piu' recente disciplina dei conferimenti operata in attuazione della legge n. 59 del 1997 ha confermato la sicura appartenenza all'ambito delle attribuzioni regionali della disciplina della materia della difesa del suolo e della pianificazione bacino. La legge n. 183 del 1989 ha infatti trasferito o delegato alle regioni le funzioni in materia di difesa del suolo e "in particolare quelle di gestione delle risorse d'acqua e di terra" indicate nella legge, fra le quali figurano la delimitazione dei bacini idrografici, la collaborazione nella formazione dei piani dei bacini di rilievo nazionale, la formazione dei piani di bacino di rilievo regionale e interregionale, l'organizzazione dei soggetti ed organismi che operano nel settore ed "ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza" (art. 10). La legge n. 59 del 1997 ha indicato fra i compiti esclusi dai conferimenti "i compiti di rilievo nazionale... per la difesa del suolo" da identificarsi con il procedimento della previa intesa sugli schemi di decreti legislativi con la Conferenza permanente (art. 1, comma 4, lett. c) della legge n. 59 del 1997). L'art. 88 del decreto legislativo n. 112 del 1998, ha identificato i compiti di rilievo nazionale in materia di difesa del suolo, indicando, nella materia che interessa in questa sede, solamente l'individuazione dei bacini idrografici nazionali e interregionali e l'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di mancata istituzione da parte delle regioni delle autorita' di bacino di rilievo interregionale, nonche' dei poteri sostitutivi per i casi di inerzia delle regioni nell'adozione degli atti relativi ai piani di bacino di rilievo nazionale, interregionale e regionale, previsti dagli artt. 18, 19, 20 della legge n. 183 del 1989 (art. 88, primo comma, lettere t) e u), del decreto legislativo n. 112 del 1998), che devono essere esercitate sentita la Conferenza Stato - regioni (art. 88, secondo comma, del decreto legislativo n. 112 del 1998). Allo Stato residua anche il compito relativo alla programmazione ed al finanziamento degli interventi di difesa del suolo (art. 88, primo comma, lett. b)), che si riferisce evidentemente al programma nazionale di intervento di cui all'art. 25 della legge n. 183 del 1989. L'art. 89 ha poi conferito alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni non espressamente indicate nell'art. 88 e l'art. 92 ha disposto il riordino degli organismi e delle strutture operanti nel settore della difesa del suolo. Coerentemente con l'assetto normativo descritto, deve concludersi che allo Stato non residua alcuna competenza in materia di pianificazione dei bacini idrici, nemmeno per i bacini di rilievo nazionale, come effettivamente e' stato sostenuto dai commentatori del decreto legislativo n. 112 del 1998. E' superfluo ricordare che l'art. 2 della legge n. 59 del 1997 riconosce la competenza legislativa regionale per la disciplina dei compiti conferiti, ai sensi dell'art. 117, primo e secondo comma della Costituzione, e "in ogni caso" sulla disciplina della organizzazione e dello svolgimento delle funzioni e dei compiti amministrativi conferiti. 1.8. - Sembra dunque incontestabile che la disciplina dei procedimenti di pianificazione di bacino - sicuramente per i bacini di rilievo regionale ed interregionale, ma probabilmente anche per i bacini nazionali - sia competenza legislativa regionale. Allo Stato potrebbe tutt'al piu' spettare la posizione di principi fondamentali. Trattandosi di disciplina meramente organizzatoria, inoltre, questi dovrebbero effettivamente avere la struttura delle norme di principio ed il carattere della fondamentalita'. Al contrario la disciplina della procedura per l'adozione dei progetti di piano stralcio introdotta dall'art. 1-bis del decreto legge n. 279 del 2000 ha carattere esaustivo ed analitico. Oltre ad assegnare un termine perentorio per l'adozione degli atti, la disposizione stabilisce sulla completezza dell'istruttoria (i piani sono adottati sulla base degli atti e dei pareri disponibili); prevede la convocazione da parte delle regioni della conferenza programmatica e definisce la composizione della conferenza stessa; stabilisce che il parere della conferenza sostituisce quello regionale ed prevede che esso contenga "prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche"; dispone infine che le decisioni del comitato istituzionale dell'Autorita' di bacino "costituiscono variante agli strumenti urbanistici". Si tratta dunque di una disciplina che invade la competenza legislativa regionale, esorbitando dall'ambito dei meri principi fondamentali. Detta disciplina inoltre, quantomeno per i bacini di rilievo regionale ed interregionale, si sovrappone modificandola alla vigente legislazione della regione Liguria (in particolare legge regionale n. 9 del 1993, recentemente precisata ed integrata dalla legge regionale n. 18 del 1999), che disciplina i procedimenti di pianificazione di bacino, inclusi quelli per l'approvazione dei piani stralcio. 1.9. - In secondo luogo la nuova disciplina sopprime il parere regionale previsto nell'ambito della disciplina originaria di adozione dei piani di bacino di rilievo nazionale (art. 18, nono comma, della legge n. 183 del 1989), sostituendo ad esso il voto della conferenza programmatica costituita da comuni, province, regione e Autorita' di bacino. E' pur vero che alla regione e' riconosciuta la partecipazione alla conferenza programmatica. Ma certamente il rilievo di questa partecipazione non puo' essere assimilato a quello del parere previsto dalla legge n. 183. Il parere consentiva infatti alla regione di manifestare nel procedimento di pianificazione gli interessi dei quali ha la cura e di esprimere il proprio giudizio sulle osservazioni presentate al progetto di piano. Nella conferenza la partecipazione della regione risulta filtrata e mediata nel voto collegiale della conferenza, alla quale partecipa anche l'organo statale. In definitiva quindi viene attenuato e compresso il ruolo della regione nel procedimento. Tale innovazione configura una lesione delle competenze amministrative riconosciute alla regione, in violazione dell'art. 118 della Costituzione, come attuato dall'art. 18 della legge n. 183 del 1989, e dell'art. 5 della Costituzione, dal quale e' ricavabile il principio della irretrattabilita' degli atti ampliativi dell'autonomia locale. 1.10. - Piu' in generale deve inoltre rilevarsi che la disciplina introdotta dalla disposizione impugnata, configura, per esigenze di concentrazione, un procedimento nel quale non puo' trovare forma una istruttoria adeguata alle esigenze di una organica pianificazione, che dovrebbe riguardare e coordinare gli aspetti idrogeologici e territoriali. In particolare, la norma, abbreviando il termine originariamente fissato al 30 giugno 2001, dispone ex lege la sufficienza dell'istruttoria allo stato degli atti (sulla base degli atti e dei pareri disponibili) e sopprime fasi procedimentali indispensabili in un procedimento di pianificazione territoriale. Nello schema indicato dalla norma viene infatti soppresso ogni apporto procedimentale diverso da quello della conferenza programmatica e soprattutto viene eliminata la fase partecipativa, nella quale, anche nei procedimenti di pianificazione dei bacini nazionali, era riconosciuto un ruolo primario della regione (che si doveva esprimere sulle osservazioni). Alla contrazione dei momenti procedimentali corrisponde peraltro una maggiore ricchezza di contenuti dei piani stralcio (che contengono prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche) ed una efficacia piu' estesa, potendo il piano adottato dal comitato (e dunque prima dell'approvazione) costituire "variante agli strumenti urbanistici". Sembra alla regione che la norma impugnata leda, per i profili descritti, i principi di imparzialita' e buon andamento stabiliti dall'art. 97 della Costituzione, proprio in considerazione della contrazione dell'istruttoria procedimentale, che non consente una adeguata valutazione degli interessi in gioco e si dimostra inidonea, da un lato, a garantire l'efficienza e la opportunita' delle scelte amministrative e, dall'altro lato, a graduare le scelte in maniera adeguata alle esigenze concrete, non consentendo l'attuazione del precetto di imparzialita' dell'amministrazione. La violazione dell'art. 97 assume rilevanza anche nel presente giudizio in via principale, riverberandosi in lesione dell'ambito di competenza regionale. Come si e' visto infatti l'incongruo sistema delineato dal legislatore statale ha comportato la soppressione di ambiti di intervento regionale ed inoltre sacrifica l'emersione degli interessi della collettivita' al corretto assetto territoriale, dei quali la regione e' primariamente titolare. 1.11. - Infine, la normativa in questione e' incostituzionale laddove attribuisce al piano stralcio, formato con il procedimento in questa sede contestato, contenuti ed effetti di "variante agli strumenti urbanistici". Quest'ultima previsione e' anzitutto illegittima perche' incide su profili che non possono ritenersi nella disponibilita' del legislatore statale. La materia urbanistica e' infatti incontestabilmente attribuzione regionale e la previsione non ha ne' la struttura della norma-principio (ossia indicazione di un tema normativo suscettibile di integrazione nel dettaglio) ne' il carattere di fondamentalita' richiesti dall'art. 117 della Costituzione. Inoltre essa si sovrappone alla vigente legislazione regionale in materia urbanistica e ambientale. In particolare, la previsione della variante automatica costituisce deroga alla disciplina degli effetti dei piani urbanistici e territoriali disciplinati dalla legge urbanistica regionale (legge n. 36 del 1997) e riguarda sia i piani di livello comunale che sovracomunale. Questa norma inoltre contraddice il principio introdotto dall'art. 57 del decreto legislativo n. 112 del 1998, in base al quale "la regione, con legge regionale, prevede che il piano territoriale di coordinamento provinciale... assuma il valore e gli effetti dei piani di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali...". Non solo infatti viene lesa la riserva regionale di competenza legislativa sulla definizione dei meccanismi di composizione fra i piani territoriali e quelli settore, fra i quali appunto i piani di bacino, ma viene disatteso nella sostanza il principio, assegnando al piano di settore un valore di prevalenza immediata ed automatica sui piani territoriali, compreso il piano provinciale che dovrebbe costituire la sede di coordinamento. Come si e' ricordato la regione Liguria ha dato attuazione alla norma nazionale, con l'art. 8 della legge regionale n. 18 del 1999 e, gia' in precedenza, con la legge regionale n. 36 del 1997, la cui disciplina viene vanificata nella fattispecie dalla norma in questa sede impugnata. La previsione costituisce inoltre violazione delle attribuzioni amministrative regionali nella materia, in quanto consente che un piano di settore, adottato con le modalita' procedimentali gia' descritte e senza consistenti apporti decisionali della regione, produca gli effetti di pianificazione urbanistica sostituendosi o variando strumenti urbanistici di competenza regionale o ai quali la regione ha partecipato. La norma e' infine intrinsecamente incongrua e lesiva dei principi enunciati dall'art. 97 della Costituzione, sotto altro profilo. Essa infatti attribuisce ai piani stralcio effetti urbanistici, anche in deroga alla pianificazione territoriale, ma sulla base di un procedimento sommario, come si e' gia' visto, nel quale viene esclusa ogni forma di partecipazione diffusa. In secondo luogo l'effetto di variante e' incongruamente attribuito al piano stralcio solo adottato e non anche approvato. In questo modo, si consente ad un piano che ha una efficacia di mera salvaguardia ed i cui contenuti non possono dirsi definiti in assenza di approvazione, di produrre effetti di variante ai piani territoriali approvati. Anche sotto questo profilo la violazione palese del principio di buon andamento dell'art. 97 della Costituzione assume rilevanza in questa sede per l'intrinseca lesivita' della competenza regionale che deriva dall'alterazione incongrua del sistema di pianificazione territoriale definito dalla legislazione regionale e che si concreta in una riduzione del ruolo regionale nella definizione delle scelte territoriali. 2. - Quanto all'art. 2 della legge 11 dicembre 2000, n. 365. Violazione degli artt. 5, 97, 117, 118 e 128 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 66 e 69 del decreto legislativo 24 luglio 1977, n. 616; all'art. 1 del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143; agli artt. 1 e 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59; agli artt. 1 e 107 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 2.1. - L'art. 2, comma 1, della legge n. 365 del 2000, ha stabilito che, a decorrere dall'entrata in vigore della stessa, nelle regioni danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di cui al decreto-legge n. 279 del 2000 (e, quindi, anche in Liguria) chiunque voglia operare tagli di bosco, anche ceduo, in zone con vincolo idrogeologico, deve inoltrare richiesta al sindaco del comune su cui insiste l'area sottoposta a taglio. Il secondo comma stabilisce inoltre che prima del rilascio del nulla-osta al taglio (corredato di prescrizioni per il taglio), il sindaco deve acquisire il parere: della competente commissione del comune; dell'Autorita' di bacino; del Corpo Forestale dello Stato; della Sovrintendenza competente in materia di beni ambientali; della regione. 2.2. - E' bene ricordare che il d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 11 ("Trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura forense, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personale ed uffici") aveva gia' puntualizzato che il trasferimento di funzioni di specie riguardava, tra l'altro, la sistemazione dei bacini montani, i boschi e le foreste. Il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 aveva quindi stabilito che, in materia di agricoltura e foreste, le funzioni amministrative trasferite alle regioni concernono, tra l'altro, "i boschi, le foreste e le attivita' di produzione forestale e di utilizzazione dei patrimoni silvopastorali, ...gli interventi di protezione della natura" (Capo VIII, art. 66). L'art. 69 aveva previsto il trasferimento alle regioni di "tutte le funzioni esercitate dallo Stato o da altri enti pubblici, comprese le camere di commercio... concernenti i territori montani, le foreste, la proprieta' forestale privata, i rimboschimenti e le proprieta' silvo-pastorali degli enti locali, compresi i poteri di determinazione di vincoli e gli interventi sui terreni sottoposti a vincoli". Con il decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 e' stato completato il trasferimento delle competenze in materia alle regioni. Specificatamente l'art. 1, comma 2, ha stabilito infatti che "tutte le funzioni e i compiti svolti dal Ministero di cui al comma 1 (il soppresso Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali) e relativi alle materie di agricoltura, foreste, pesca, agriturismo, caccia, sviluppo rurale, alimentazione sono esercitate dalle regioni, direttamente o mediante delega o attribuzione...". Nel sistema della legge n. 59 del 1997 e del decreto legislativo n. 112 del 1998, infine, nessuna competenza nella materia e' riservata allo Stato o dichiarata di interesse nazionale. 2.3. - Sulla base del predetto quadro di competenze, le regioni si sono dotate di propria normativa in campo forestale, disciplinando, tra l'altro, l'attivita' silvopastorale, le procedure autorizzatorie da adottare in materia, anche tenuto conto delle necessita' territoriali collegate all'assetto idrogeologico e ambientale. La regione Liguria, con la legge regionale 16 aprile 1984, n. 22 ("Legge forestale regionale") aveva gia' provveduto, prima in Italia, a stabilire norme in materia di tagli boschivi e di vincolo idrogeologico; con la legge regionale 22 gennaio 1999, n. 4 ("Norme in materia di foreste e di assetto idrogeologico"), che sostituisce la predetta n. 22/1984, ha nuovamente disciplinato la materia, adeguando le proprie norme alle mutate situazioni socio-territoriali e armonizzando la normativa forestale con quella di settori ad essa collegati (appunto la difesa del suolo, l'urbanistica, l'ambiente, ecc.). In particolare, il regolamento regionale n. 1 del 1999 ("Regolamento delle prescrizioni di massima e di polizia forestale") previsto all'art. 48 della predetta legge regionale n. 4 del 1999, dispone che il taglio delle piante di alto fusto deve essere preventivamente comunicato all'Ispettorato Ripartimentale delle Foreste territorialmente competente, che puo' dettare prescrizioni o inibire l'attivita'. Il taglio del bosco ceduo e' consentito senza particolari autorizzazioni, ma nel rispetto di turni, epoche e modalita' stabilite precisamente dal regolamento predetto. 2.4. - La disposizione dell'art. 2 della legge n. 365 del 2000 e' lesiva delle competenze regionali ed incostituzionale. La competenza regionale, legislativa ed amministrativa, sulla materia che interessa e' indiscutibile sulla base dell'art. 117 della Costituzione e del quadro legislativo sopra brevemente richiamato. La norma introdotta dalla legge n. 365 del 2000, disciplinando la materia dell'autorizzazione al taglio del bosco incide indebitamente su materia regionale, con una disciplina che certamente non puo' ritenersi di mero principio fondamentale, ma che, anche in questo caso, e' analitica, dettagliata ed esaustiva della materia e si sovrappone all'assetto attribuito alla materia dalla normazione regionale. 2.5. - Essa costituisce inoltre una incomprensibile riappropriazione di competenza, attraverso un ritaglio all'interno di materie ormai da decenni di sicura e pacifica attribuzione regionale, in contraddizione con la normativa sui trasferimenti del 1972, del 1977 del 1997 e del 1998 ed in contrasto con il principio dell'art. 5 della Costituzione. Inoltre l'assegnazione diretta ai comuni della funzione, che ricade nell'ambito delle attribuzioni costituzionali delle regioni in materia di agricoltura e foreste (e comunque nel settore organico dell'ambiente e territorio) contrasta con i principi dell'art. 118 della Costituzione, dal momento che prescinde dall'accertamento del carattere esclusivamente locale delle stesse e dal ruolo della regione nella programmazione e distribuzione delle funzioni all'interno del sistema locale, quale emerge anche dall'art. 4 della legge n. 59 del 1997 e dall'art. 3 del decreto legislativo n. 112 del 1998. Vengono inoltre riservate competenze amministrative, sia pure di natura consultiva all'interno del procedimento autorizzatorio, ad organi statali (autorita' di bacino, corpo forestale di Stato, Soprintendenze), ai quali la legislazione non riconosce istituzionalmente alcuna competenza in materia di taglio dei boschi. Anche per questa parte si puo' dunque rilevare una sottrazione di ambiti di funzioni gia' trasferite al sistema locale, mediante l'attribuzione di compiti sulla materia ad organi statali. 2.6. - La lesione delle competenze regionali attuata dalla disposizione impugnata e' inoltre irragionevole ed ingiustificata. La norma infatti disciplina un procedimento autorizzatorio di portata non generale, ma valido solamente nelle regioni interessate dagli eventi calamitosi di settembre ed ottobre 2000. Le misure cosi' introdotte non sono tuttavia collegate alla fase dell'emergenza, ma hanno carattere stabile e presumibilmente definitivo, anche con la cessazione degli effetti della situazione calamitosa. Questa disciplina prescinde dall'accertamento dell'esistenza nella legislazione regionale di normativa atta a soddisfare l'esigenza tutelata dal legislatore nazionale, come in concreto avviene in Liguria, dotata di una legislazione regionale organica e collaudata nella materia, e comunque senza salvezza della legislazione regionale. Non si comprende dunque l'esigenza per la quale il nuovo procedimento debba sostituirsi a quello disciplinato dalla normativa regionale. Al contrario la norma imporrebbe la riorganizzazione di funzioni per le quali sono gia' state stabilite competenze, procedimenti ed organizzazione di personale e mezzi, contravvenendo al principio della economicita' dell'azione pubblica. 2.7. - Anche dal punto di vista dei contenuti la norma appare incongrua sotto diversi profili. Quasi tutti i soggetti individuati per esprimere un parere sul taglio, e lo stesso sindaco che dovrebbe rilasciare l'autorizzazione, si troverebbero a pronunciarsi su temi sui quali non hanno competenza istituzionale e, verosimilmente, competenza tecnica. I tempi amministrativi che si possono presumere come necessari per completare l'iter autorizzatorio, potrebbero determinare un rallentamento dell'attivita' silvicola, che ha carattere stagionale. La mancata gestione del bosco, connessa al meccanismo vincolistico introdotto dalla legge n. 365 del 2000 e la complessita' del procedimento autorizzatorio, potrebbe portare ad una situazione di degrado ambientale peggiore di quella che la norma vuole evitare. L'eccessivo peso delle ceppaie dei cedui invecchiati, la presenza di materiale legnoso schiantato da avversita' atmosferiche non adeguatamente allontanato o raccolto, l'aumento delle possibilita' di incendio connesso alla minore accessibilita' dei boschi e alla maggiore presenza di materiale combustibile, anche di sottobosco, sono infatti solo alcuni dei fattori che, al contrario, suggerirebbero una agevolazione dell'attivita' silvoculturale, certamente esercitata secondo una precisa e specifica disciplina che, proprio perche' e' collegata a particolarita' territoriali, deve essere stabilita dalle singole regioni. Sotto quest'ultimo profilo si configura dunque anche un profilo di incostituzionale della norma per violazione del principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, poiche' la nuova disciplina appare irragionevole e contraddittoria rispetto alle esigenze di liberalizzazione delle attivita' economiche e di sussidiarieta' orizzontale. La violazione dell'art. 97 nella fattispecie, riverbera in lesione della competenza regionale, dal momento che la norma censurata introduce una disciplina irragionevole, sostitutiva di quella regionale. 2.8. - L'attribuzione del potere autorizzatorio al sindaco e' infine contraddittorio con le linee di sviluppo dell'organizzazione pubblica e con il principio della separazione fra politica e gestione amministrativa, che ha trovato definitivamente forma nelle previsioni del decreto legislativo n. 80 del 1998 e della legge n. 127 del 1997 e costituisce una deroga immotivata ed inespressa all'art. 107 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 in materia di ordinamento degli enti locali (che riserva ai dirigenti le competenze autorizzatorie). La disposizione configura dunque violazione anche dell'art. 128, come attuato dall'art. 1 del decreto legislativo n. 267 del 2000, e dell'art. 5 della Costituzione, rilevante in questa sede, in quanto comunque riflette la lesione della competenza regionale, attuata attraverso la disciplina di dettaglio di materia di competenza legislativa ed amministrativa regionale.
P. Q. M. La regione Liguria chiede che l'ecc.ma Corte voglia, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 11 dicembre 2000, n. 365, avente ad oggetto "conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonche' a favore delle zone della regione Calabria danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000", limitatamente all'art. 1-bis del decreto-legge n. 279 del 2000, convertito con modificazioni, come introdotto dalla legge di conversione, nella formulazione riportata nell'allegato alla legge stessa, ed all'art. 2 della medesima legge n. 365 del 2000, sotto i profili indicati in ricorso. Con ogni conseguente statuizione. Genova-Roma, addi' 5 gennaio 2001 Avv. Mario Bucello - Avv. Prof. Luigi Piscitelli 01C0109