N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 dicembre 2000

Ordinanza  emessa  il 30 dicembre 2000 dal tribunale di Benevento nel
procedimento  civile vertente tra Silvestro Concetta ed altro e Cassa
Rurale  ed  Artigiana - Banca di Credito Cooperativo del Sannio S.c.a
r.l.

Obbligazioni   pecuniarie  -  Interessi  nei  contratti  di  mutuo  -
Interessi  usurari  - Qualificazione come tali dei soli interessi che
superano  il  limite  stabilito  dalla  legge nel momento in cui sono
promessi  o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente
dal  momento del loro pagamento - Irragionevole restrizione del campo
di  applicazione  degli  artt. 1815,  secondo comma, cod. civ., e 644
cod.  pen. -  Sanatoria  della  nullita'  di  clausole  qualificabili
usurarie  in base alla legge n. 108/1996 - Ingiustificato trattamento
di  favore  per le banche, in danno dei comuni cittadini - Violazione
del  principio di eguaglianza, per ingiustificata deroga al principio
generale  di  irretroattivita'  delle norme sostanziali - Lesione del
diritto  alla  tutela  giurisdizionale  - Contrasto con la tutela del
risparmio  e  con  il  favore  verso  l'accesso  al  credito  e  alla
proprieta'  dell'abitazione  - Carenza dei presupposti giustificativi
della  decretazione  d'urgenza  e  conseguente  irragionevolezza  del
ricorso ad essa.
- D.L.  28  dicembre  2000  (recte:  d.l.  29 dicembre 2000, n. 394),
  art. 1, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 24, 47 e 77.
(GU n.10 del 7-3-2001 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella causa iscritta al
n. 5184/1997  R.G.A.C.,  riservata in decisione all'udienza in data 4
dicembre  2000,  tra  Silvestro  Concetta  e De Vita Girolamo, el. te
dom.ti  in  Benevento  alla  Via  Capilongo  n. 18  presso  lo studio
dell'avv.  Vittorio  De  Luca,  che  li  rappresenta e difende giusta
procura a margine dell'atto di citazione, e Cassa Rurale ed Artigiana
-  Banca  di  Credito Cooperativo del Sannio s.c. a r. l., gia' Cassa
Rurale  ed Artigiana del Sannio, in persona del legale rappresentante
pro  tempore, el. te dom.ta in Benevento alla Via Salvator Rosa n. 13
presso  lo  studio  dell'avv.  Massimo  Pagano,  che la rappresenta e
difende giusta procura a margine del ricorso per decreto ingiuntivo.

                      Svolgimento del processo

    Con  atto di citazione del 10 luglio 1997 Silvestro Concetta e De
Vita   Guglielmo   proponevano   opposizione  al  decreto  ingiuntivo
n. 38/1997  emesso  in data 19 maggio 1997 dal pretore di San Giorgio
del Sannio, con il quale era ingiunto agli opponenti di pagare in via
solidale  tra  loro  ed in favore della Cassa Rurale ed Artigiana del
Sannio  la  complessiva  somma  di lire 19.271.632 oltre interessi al
tasso annuo del 20,50% e spese di procedura.
    Deducevano   a   motivi,  tra  l'altro,  l'illiceita'  del  tasso
d'interesse  pattuito e richiesto dalla banca in base al contratto di
mutuo  chirografario a medio termine, stipulato in data 4 agosto 1994
per  la  somma capitale di lire 25 milioni, da estinguersi in 48 rati
mensili  di lire 714.925 ciascuna cominciando dal 4 settembre 1994 al
4  agosto  1998,  al tasso annuo effettivo globale del 18,229%; mutuo
concesso  alla Silvestro Concetta e garantito con fideiussione dal De
Vita Guglielmo.
    In   particolare   gli  opponenti  rilevavano  che  l'alto  tasso
d'interesse  era stato pattuito, applicato e richiesto dalla banca in
violazione  alle  inderogabili  norme di legge, percio' chiedevano la
revoca del decreto ingiuntivo.
    Instaurato  il  contraddittorio,  la  banca  opposta  chiedeva il
rigetto  della  domanda,  affermando, tra l'altro, che gli interessi,
sia  convenzionali  sia moratori, erano legittimi ed adeguati al tipo
di  finanziamento  concesso  a  suo  tempo  alla  Silvestro Concetta,
risultando   chiaramente   indicati  nel  testo  del  contratto  come
interessi  non  suscettibili  d'alcuna variazione, ne' in diminuzione
ne' in aumento, in quanto non indicizzati.
    Concessa  la  provvisoria  esecuzione  del decreto ingiuntivo dal
pretore, istituito il giudice unico di primo grado e passata la causa
a  trattazione del tribunale ordinario di Benevento, alle udienze del
25  ottobre  2000  e  4 dicembre 2000 la difesa degli opponenti, alla
luce  dei  piu' recenti orientamenti giurisprudenziali e segnatamente
della  sentenza della Corte di cassazione I sez. civ. n. 14899 del 17
novembre  2000  in  tema  d'interessi  bancari  usurai,  chiedeva  la
sospensione  della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e la
nomina  di  un  consulente  tecnico  contabile  per  il calcolo degli
interessi  effettivamente  dovuti.  Il giudice riservava la decisione
assegnando alle parti termine per deposito di memorie defensionali.

                             Motivazione

    Il  tribunale  ritiene  sussistenti  i  presupposti per sollevare
d'ufficio  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1 del
decreto-legge  28  dicembre  2000,  limitatamente  al comma primo, in
quanto unica disposizione applicabile alla fattispecie in esame.
    Secondo    tale    disposizione    "Ai   fini   dell'applicazione
dell'articolo  644  del  codice  penale e dell'articolo 1815, secondo
comma,  del  codice  civile,  si  intendono usurari gli interessi che
superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono
promessi  o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente
dal momento del loro pagamento".
    Le  norme violate da tale disposizione sono gli artt. 3, 24, 47 e
77 della Costituzione della Repubblica Italiana.
    Giova   premettere  che,  malgrado  talune  isolate  affermazioni
dottrinali  e  giurisprudenziali,  non  vi  sono dubbi in ordine alla
sottoponibilita' dei decreti-legge al sindacato di legittimita' della
Corte  costituzionale  prima  ancora della loro conversione in legge.
Detta  Corte, in particolare, equiparando il decreto-legge alla legge
formale,  ha  ritenuto  piu' volte in passato la propria competenza a
sindacare i decreti-legge impugnati in via incidentale (cfr. sentenze
19 giugno 1974 n. 184 e 20 luglio 1999 n. 327).
    Ne'   costituiscono   un  ostacolo  alla  pronuncia  della  Corte
costituzionale   il  carattere  provvisorio  dei  decreti-legge  e  i
ristretti  tempi di decisione prima della deliberazione delle Camere,
atteso  che,  in ogni caso, una decisione d'accoglimento o di rigetto
dell'impugnativa,  che  intervenisse  prima della conversione o della
decadenza del decreto-legge, non sarebbe inutile e priva di rilevanti
effetti  giuridici;  e il ricorso all'istituto dell'abbreviazione dei
termini   consente   alla   Corte  di  decidere  prima  ancora  della
conversione parlamentare.
    In  ogni  caso,  se  la  disposizione impugnata fosse riprodotta,
prima  della  pronuncia della Corte costituzionale sul decreto-legge,
nella  legge  di conversione con il medesimo testo, la Corte potrebbe
estendere   la   verifica   della   legittimita'   costituzionale   a
quest'ultima legge, che continua ad esprimere il contenuto precettivo
della norma denunciata.
    Nel   presente  giudizio  civile  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'impugnato  decreto-legge  e' rilevante in quanto
dalla decisione della stessa dipende il contenuto della pronuncia che
questo  giudicante  si e' riservato di prendere sulle richieste della
difesa  degli  opponenti  e  piu'  in  generale sull'istruzione della
causa.
    Infatti,  se non fosse intervenuto il decreto-legge, condividendo
questo  giudicante  i  princi'pi  di  diritto  sanciti dalla Corte di
cassazione  con  la  recente  sentenza  n. 14899/2000, il tasso degli
interessi  bancari  indicati nel decreto ingiuntivo troverebbe la sua
fonte contrattuale in una clausola nulla ex artt. 1418, primo comma e
1419,  secondo  comma  c.c.  in  relazione  a  quanto  previsto dagli
artt. 1, 2 e 4 della legge 7 marzo 1996 n. 108.
    Tale  legge  n. 108/1996,  riscrivendo  il  reato  d'usura di cui
all'art. 644  c.p., ha previsto che gli interessi sono sempre usurari
se  superano  di  oltre  il  50%  quelli trimestralmente rilevati dal
Ministero del Tesoro.
    Orbene, vuoi considerando l'odierno tasso effettivo globale medio
dell'11,10,   vuoi   considerando   quello  ancor  piu'  basso  delle
rilevazioni  precedenti,  sempre  relativi  a finanziamenti bancari a
medio  termine,  ne  deriva  il  carattere  usuraio  del tasso (TAEG)
convenzionale del 18,229 pattuito dalle parti in causa all'art. 3 del
contratto di finanziamento e richiesto ed ottenuto dalla banca con il
decreto   ingiuntivo,   con  la  maggiorazione  ulteriore  del  tasso
moratorio (che porta l'interesse al 22,50% annuo).
    Passando    al    merito    della   questione   di   legittimita'
costituzionale,  l'art.  3  della  Costituzione  e' violato in quanto
l'impugnato  provvedimento  contraddittoriamente ed irragionevolmente
riserva  un  ingiustificato trattamento di favore per le banche e gli
altri enti creditizi che abbiano commesso usura a danno di coloro che
in  passato,  indiscriminatamente  sia  prima sia dopo il marzo 1996,
hanno  contratto mutui alle condizioni dettate dal cartello bancario,
i  quali  non  possono  piu' avvalersi delle disposizioni della legge
n. 108/1996  e quindi della nullita' delle clausole con le quali sono
stati convenuti interessi usurai e consequenzialmente del disposto di
cui agli artt. 1339 e 1815, secondo comma c.c..
    Viene,  di  fatto,  cioe', cancellata, per atto dell'Esecutivo la
piu'   efficace   delle  sanzioni  a  livello  privatistico,  sanando
irragionevolmente  e retroattivamente il pregresso, senza distinzione
alcuna  in  base  al tempo di stipula del contratto, al contenuto del
contratto, tra vizi genetici e vizi funzionali del rapporto di mutuo,
tra  rapporti esauriti, rapporti in corso d'esecuzione e rapporti per
i  quali  pende  giudizio,  tra  interessi  corrispettivi e interessi
moratori.
    L'impugnata  disposizione, peraltro, restringe irragionevolmente,
andando  ben  oltre  le  finalita'  del provvedimento, anche il campo
d'applicazione   del   delitto  d'usura  di  cui  all'art. 644  c.p.,
riformulato  dalla  legge 108/1996 nel senso di far rientrare a pieno
titolo  la  riscossione  degli  interessi  tra le condotte penalmente
rilevanti.
    In  tal  modo,  infatti,  non  solo  si  abbandona  il  principio
generale,  introdotto  dalla  legge  n. l08/1996,  secondo  il  quale
l'ottenimento mediante mutuo di corrispettivi che superano una soglia
predeterminata   integra   sempre   reato;   ma  si  priva  anche  la
collettivita' di uno degli strumenti di lotta alle forme piu' subdole
di  usura,  quella  praticata  per  mezzo  di  apparentemente innocui
congegni  contrattuali,  dei quali a rimanere vittima e' quasi sempre
il  semplice  consumatore; vale a dire quel cittadino che non vive di
rendite  di  posizione, ma solo del proprio quotidiano lavoro, quello
sul  quale, secondo l'art. 1 della Costituzione, e' fondata la nostra
Repubblica democratica.
    Peraltro,  l'impugnata  norma,  operando  sugli  artt. 644 c.p. e
1815,  secondo comma c.c., introduce una sanatoria di ben definiti ed
individuabili  rapporti  di  mutuo  usurari, che, di fatto, deroga al
principio  generale,  sebbene  non  di  rango  costituzionale,  della
irretroattivita'  delle  norme di diritto sostanziale, cosi' violando
il principio costituzionale d'uguaglianza.
    Ne'  la  sostanziale  retroattivita' si spiega per la particolare
natura  della norma, sicuramente innovativa e solo apparentemente "di
interpretazione autentica".
    Invero,  un'interpretazione  proveniente dal legislatore si rende
necessaria  solo  quando si determinano tra gli operatori del diritto
contrasti   in  ordine  al  significato  di  una  legge  o  alle  sue
conseguenze   giuridiche,   cosa   non   verificatasi  per  la  legge
n. 109/1996. Anzi, la soluzione legislativa contrasta apertamente con
l'interpretazione unanimemente data dai tribunali e dalle Corti della
Repubblica.
    L'irragionevolezza  della  norma  impugnata  appare  "ictu oculi"
evidente   se   si   considera  che,  nella  controversia  in  esame,
applicandola,  consentirebbe  ad  un  tribunale  della Repubblica una
pronuncia  di condanna al pagamento in favore della banca d'interessi
al tasso del 22,50%, pari cioe' quasi al doppio del tasso che i commi
2 e 3 del decreto-legge impongono per i mutui a tasso fisso in essere
alla data della sua entrata in vigore e con rate ancora da scadere.
    Per   gli   stessi   motivi   risulta   violato  l'art. 24  della
Costituzione,  atteso  che tutti coloro, probabilmente non molti, che
hanno avuto la forza, il coraggio e l'intuito giuridico di opporsi in
un  giudizio  contro le banche si vedono lesi nel diritto alla tutela
giurisdizionale  nella  quale  avevano  confidato  in base al diritto
vigente all'epoca della domanda.
    Risulta cosi' frustrata la tutela giurisdizionale di diritti lesi
dalla  reiterazione  di  condotte consapevolmente finalizzate a farsi
dare  interessi  usurari  anche  dopo  l'introduzione, con la legge 7
marzo  1996 n. 108, di un criterio oggettivo per l'individuazione del
limite  oltre  il quale la riscossione degli interessi integra sempre
l'usura.
    L'art. 47   della  Costituzione,  da  ritenersi  norma  non  solo
programmatica,  e' violato perche' con l'impugnato decreto-legge, con
un deciso mutamento di rotta rispetto alle vigenti leggi anti usura e
a  tutela  del consumatore licenziate dalle Camere negli ultimi anni,
non si protegge il piccolo risparmiatore, ne' si incoraggia l'accesso
al credito e alla proprieta' dell'abitazione, alla quale notoriamente
il  lavoratore  puo'  anelare  solo contraendo un mutuo; viceversa si
tutela la condotta dei banchieri piu' arroganti che non si sono fatti
carico,  da  contraenti  forti,  ne'  al  momento  della  stipula dei
contratti   di   mutuo,   ne'  nell'esecuzione  degli  stessi,  della
prevedibile   evoluzione   in   senso  usuraio  degli  effetti  delle
convenzioni  sugli  interessi, come doverosamente erano tenuti a fare
in  base  all'ordinamento  e  segnatamente  subito  dopo l'entrata in
vigore della legge n. 108/1996.
    Tanto  piu' se si considera che: 1) negli anni precedenti al 1996
le  banche  hanno  tratto  notevoli vantaggi dai c.d. mutui a medio e
lungo termine a tasso fisso stipulati quando, con la crisi degli anni
settanta,  il  costo  del  denaro era massimo per poi calare ai tassi
fisiologici degli anni novanta; 2) le banche hanno ed avevano tutti i
mezzi  e  le professionalita' per prevedere, unitamente alla dinamica
per nulla eccezionale del costo del denaro, la suddetta evoluzione in
senso  usuraio  degli  interessi  convenzionali;  tanto  piu'  quando
quest'ultimi,  nonostante  la  legge n. l08/1996 e l'iniziale discesa
del  costo  del  denaro,  continuavano  a rasentare la soglia d'usura
prevista  per  legge;  3)  le  stesse banche, anche dopo l'entrata in
vigore della legge n. 108/1996 e il superamento della soglia d'usura,
non hanno assunto alcuna seria iniziativa per rinegoziare i contratti
di  mutuo, pur consentendolo gli enormi margini di guadagno derivanti
dal  diminuito  costo  del denaro, di cui le banche sempre si giovano
(anche  estinguendo anticipatamente o rinegoziando i mutui passivi da
esse  eventualmente contratti a loro volta con la Banca d'Italia); 3)
la   forza  economica  e  la  sopravvivenza  delle  banche  italiane,
nonostante  il  grido di dolore ed il catastrofismo dei banchieri, di
certo   non   puo'   dirsi  pregiudicata  dall'eventuale  obbligo  di
restituzione  di  cio'  che  male  e'  stato tolto in dispregio della
normativa sulla quale e' intervenuto l'impugnato decreto-legge.
    Da   dette   considerazioni   deriva   anche  che  la  violazione
dell'art. 77  della Costituzione per carenza assoluta dei presupposti
giustificativi dei decreti-legge.
    Sotto  questo  profilo, se da una parte, come ritiene la dottrina
dominante,   deve   escludersi  che  la  Corte  costituzionale  possa
estendere il suo sindacato anche sull'esistenza dei presupposti della
straordinaria  necessita'  ed  urgenza,  dato che tale valutazione ha
natura esclusivamente politica e di conseguenza e' inibita alla Corte
dall'art. 28  della  legge  1953/87;  dall'altra, non sembra precluso
alla  Corte  di  svolgere  il proprio giudizio sotto il profilo della
palese   contraddittorieta'   delle   disposizioni  con  il  fine  di
straordinaria  necessita'  ed urgenza, cosi' come desunto da elementi
intrinseci  al decreto-legge stesso (quali il titolo, la motivazione,
se esplicitata, il contenuto).
    In  tal  modo,  delimitando  il  sindacato  di legittimita' sulla
necessita'  ed  urgenza  nell'alveo  del  giudizio di ragionevolezza,
potrebbe   ascriversi   a   tale   ambito  il  giudizio  relativo  al
decreto-legge  in  esame,  quale  verifica da parte della Corte della
sussistenza  di  un  eventuale  abuso  di  potere  costituzionale, se
dovesse   risultare   che   la   competenza   governativa   e'  stata
arbitrariamente assunta sulla base di pretestuosi ed infondati motivi
giustificativi di necessita' e urgenza, allo scopo di perseguire fini
d'esclusivo   interesse   patrimoniale   delle  banche  (e  dei  loro
azionisti)  mettendo,  tramite  il  decreto,  i deboli consumatori di
fronte al fatto compiuto e vincerne la resistenza.
                              P. Q. M.
    Solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1,
comma  1,  del  decreto-legge  28  dicembre  2000  in  relazione agli
artt. 3,  24, 47 e 77 della Costituzione nei termini e per le ragioni
di cui in motivazione;
    Sospende il procedimento in corso;
    Dispone  la notificazione della presente ordinanza ai procuratori
delle  parti  e  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la
comunicazione  della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e
del Senato;
    Ordina  la  trasmissione dell'ordinanza alla Corte costituzionale
insieme  con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni
e delle comunicazioni prescritte.
    Cosi' deciso in Benevento in data 30 dicembre 2000.
                         Il giudice: Cusani
01c0228