N. 70 ORDINANZA 7 - 16 marzo 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Indagini  preliminari  - Proroga del termine per
  l'espletamento   dell'incidente   probatorio   -  Necessita'  della
  richiesta  di  parte - Asserita violazione dei principî della legge
  delega,  irragionevole disparita' di trattamento tra l'acquisizione
  della prova dibattimentale e quella in incidente probatorio, tra la
  posizione   dell'imputato   in   udienza   preliminare   e   quella
  dell'indagato,  nonche'  asserita menomazione del diritto di difesa
  della  persona  offesa  e  lesione  del  principio dell'adattamento
  automatico   dell'ordinamento   interno   alle  norme  del  diritto
  internazionale  generalmente  riconosciute - Difetto di rilevanza -
  Manifesta inammissibilita' della questione.
- Cod. proc. pen., art. 393.
- Costituzione,  artt.  3,  10,  24,  76  e  111;  convenzione per la
  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo e delle liberta' fondamentali
  (resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848).
(GU n.12 del 21-3-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo   ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda
CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 393 del codice
di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale,
dal  giudice per le indagini preliminari del tribunale di Venezia con
ordinanza  emessa  il 12 maggio 2000, iscritta al n. 557 del registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 42, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 21 febbraio 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del tribunale
di  Venezia  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 111, 76 e
10  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 393  del  codice  di  procedura penale, "nella parte in cui
prescrive  la necessita' della richiesta di proroga del termine delle
indagini preliminari per l'espletamento dell'incidente probatorio";
        che il giudice a quo non definisce il contesto processuale in
cui  la  questione  e'  sollevata, ma dal tenore della motivazione si
desume  che  l'ordinanza  e'  stata  emessa nel corso di un incidente
probatorio  disposto per l'assunzione di una perizia (art. 392, comma
2, cod. proc. pen.);
        che  il rimettente premette di essere investito del "problema
della  inutilizzabilita'  degli atti di indagine effettuati al di la'
del  termine stabilito dalla legge", come disposto dall'art. 407 cod.
proc. pen., atteso che nella specie il deposito "della prima perizia"
e  l'esame  del  perito erano avvenuti dopo il termine di sei mesi: e
cioe',  si  intende,  dopo il termine ordinario per la chiusura delle
indagini preliminari ex art. 405, comma 2, cod. proc. pen;
        che  il  giudice a quo precisa che, essendosi reso necessario
disporre  un  secondo  adempimento peritale, "pervenuto a conclusioni
diametralmente  opposte  al  primo", non aveva potuto provvedere alla
proroga   dei  termini  delle  indagini  "in  quanto,  avendo  deciso
d'ufficio  la rinnovazione della perizia, non era abilitato, ai sensi
dell'art. 393  cod.  proc.  pen.,  ad  emettere  il  relativo decreto
difettando   la  richiesta  del  p.m.  e  tanto  meno  delle  persone
sottoposte alle indagini";
        che,  in  siffatta  situazione,  il giudice rimettente dubita
della  legittimita'  costituzionale della norma che regola la proroga
dei termini delle indagini preliminari in occasione dell'espletamento
dell'incidente probatorio;
        che   la  disciplina  censurata  violerebbe  in  primo  luogo
l'art. 76  Cost.,  posto che la direttiva n. 40 dell'art. 2, comma 1,
della  legge-delega  16 febbraio  1987, n. 81, dedicata all'incidente
probatorio,  non fa alcun accenno al termine per la conclusione delle
indagini;
        che  di  tale  limite temporale si occupa invece la direttiva
n. 48,  ove  e' contenuta la previsione della inutilizzabilita' degli
atti  compiuti  dal  pubblico  ministero "oltre i termini stabiliti o
prorogati", disciplinata dall'art. 407, comma 3, cod. proc. pen;
        che  tale norma fa riferimento agli "atti di indagine", tra i
quali  non  potrebbe essere compreso l'incidente probatorio, istituto
destinato all'acquisizione di prove utilizzabili in dibattimento;
        che  la  previsione della applicabilita' "della normativa del
termine   delle  indagini  preliminari  in  occasione  dell'incidente
probatorio"   violerebbe   l'art. 3   Cost.,   per  la  irragionevole
disparita'    di   trattamento   tra   l'acquisizione   della   prova
dibattimentale,  per  la  quale  non  e'  previsto  alcun  termine, e
l'acquisizione  della prova in incidente probatorio; tra la posizione
dell'imputato  in  udienza  preliminare, per la quale non e' previsto
alcun  termine,  rispetto  a  quella dell'indagato; tra la disciplina
dell'incidente  probatorio  e quella della archiviazione, nella quale
il giudice ha il potere di fissare di sua iniziativa un nuovo termine
qualora,  a  fronte  della  richiesta  di  archiviazione,  ritenga la
necessita'  di  ulteriori  indagini,  a norma dell'art. 409, comma 4,
cod. proc. pen;
        che  la disposizione per la quale la proroga dei termini puo'
essere chiesta solo dal pubblico ministero e dalla persona sottoposta
alle  indagini violerebbe anche l'art. 24 Cost., menomando il diritto
di difesa della persona offesa, e cioe' proprio del soggetto alla cui
tutela e' funzionale la giurisdizione penale;
        che  la  disciplina  censurata,  non  attuando i "principi di
giustizia  e  di esigenze sociali su cui si fonda un moderno Stato di
diritto",   e   ostacolando   la  ricerca  della  verita'  attraverso
l'imposizione  di un inutile limite temporale all'acquisizione di una
prova  decisiva,  violerebbe  altresi'  il  principio  secondo cui la
giurisdizione  "si  attua  mediante il giusto processo regolato dalla
legge", enunciato dall'art. 111 [secondo comma] Cost;
        che   per  le  medesime  ragioni  la  disposizione  censurata
violerebbe   infine  l'art. 10  Cost.,  che  prescrive  l'adeguamento
dell'ordinamento   giuridico   italiano   alle   norme   del  diritto
internazionale  generalmente riconosciute, ponendosi in contrasto con
l'art. 6  della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e  delle  liberta'  fondamentali,  ratificata e resa esecutiva con la
legge  del  4 agosto  1955,  n. 848,  che  assicura  il  diritto a un
"processo equo".
    Considerato  che  il  giudice  a  quo  dubita  della legittimita'
costituzionale  del comma 4 dell'art. 393 cod. proc. pen. nella parte
in  cui  subordina  alla  richiesta di parte il potere del giudice di
prorogare  il  termine  delle indagini preliminari per l'espletamento
dell'incidente probatorio, ritenendo che dalla disposizione censurata
discenderebbe   l'inutilizzabilita'  della  prova  raccolta  oltre  i
termini;
        che,  nella  specie,  dall'ordinanza  di  rimessione parrebbe
emergere che la prova la cui utilizzabilita' e' in predicato consiste
in una perizia disposta, a rinnovazione di un precedente accertamento
peritale,  quando  detti  termini  erano  gia'  scaduti e senza alcun
provvedimento di proroga, mancando la richiesta delle parti;
        che  il rimettente non da' conto, nel sollevare la questione,
di  quale  sia  il profilo per il quale egli, giudice per le indagini
preliminari,  sia  investito  del  tema  della utilizzabilita' di una
prova,  da  lui stesso (anticipatamente) assunta mediante l'incidente
probatorio,   la  cui  valutazione  e  utilizzazione  e'  normalmente
riservata  al  giudice  del  dibattimento  o,  comunque,  al  giudice
chiamato  a  emettere  una  decisione  sulla  base  di tale risultato
probatorio;
        che  peraltro  la  disposizione  impugnata, che ad avviso del
rimettente  vieterebbe  di  provvedere  ex  officio  alla proroga dei
termini  delle  indagini anche quando essi vengano a scadenza durante
l'incidente  probatorio,  non  e'  idonea  a  regolare  la situazione
processuale  in  cui risulta trovarsi il procedimento a quo nel quale
si controverte della utilizzabilita' di un accertamento peritale gia'
espletato,  senza  alcuna  proroga, successivamente alla scadenza dei
termini per le indagini preliminari;
        che  la  questione,  difettando  di  rilevanza,  va  pertanto
dichiarata manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 393  del  codice di procedura
penale,  sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 3, 10, 24, 76 e 111
della  Costituzione,  dal  giudice  per  le  indagini preliminari del
tribunale di Venezia, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                     Il redattore: Neppi Modona
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 16 marzo 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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