N. 84 SENTENZA 21 - 30 marzo 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Lavoro  (rapporto  di)  -  Diritto  al lavoro dei soggetti disabili -
  Illimitato  obbligo  delle  Province  autonome  di conformarsi alla
  normativa   regolamentare   dello   Stato  -  Conseguente  indebita
  alterazione  del  rapporto  tra  competenze statali e provinciali -
  Illegittimita' costituzionale.
- Legge 12 marzo 1999, n. 68, art. 20.
- Statuto  Regione  Trentino-Alto Adige, artt. 8, numeri 1, 23, e 29;
  9, numero 5; 16; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2 e 3.
(GU n.14 del 4-4-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge
12 marzo  1999,  n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili),
promosso  con  ricorso  della  Provincia  di  Trento,  notificato  il
21 aprile  1999,  depositato  in  cancelleria  il  27 aprile  1999 ed
iscritto al n. 16 del registro ricorsi 1999.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23 gennaio  2001  il  giudice
relatore Franco Bile;
    Uditi  gli  avvocati  Giandomenico  Falcon  e  Luigi Manzi per la
Provincia di Trento e l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ricorso  notificato  il  21 aprile  1999  la  Provincia
autonoma   di   Trento   ha   sollevato   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 20  della  legge 12 marzo 1999 n. 68 (Norme
per il diritto al lavoro dei disabili), per violazione delle potesta'
legislative  ed  amministrative  di cui all'art. 8, numeri 1, 10, 17,
18,  23,  25  e 29, all'art. 9, numeri 4, 5 e 10, e all'art. 16 dello
statuto di autonomia (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative
norme  di  attuazione  ed in particolare delle disposizioni di cui al
decreto  legislativo  16 marzo 1992 n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la potesta' statale di indirizzo e coordinamento).
    Osserva  la  difesa della provincia che la citata legge n. 68 del
1999  reca  numerose disposizioni che toccano competenze provinciali,
sia  primarie  (quali  l'ordinamento  degli  uffici  e del personale,
l'edilizia   ed  i  lavori  pubblici,  i  trasporti,  l'assistenza  e
l'orientamento   dei  lavoratori,  l'addestramento  e  la  formazione
professionale,  l'assistenza  sociale)  che concorrenti (quali quelle
relative   al  lavoro  ed  al  collocamento,  nonche'  all'assistenza
sanitaria).
    La  provincia  ricorrente  deduce  in  particolare  che in queste
materie   lo   Stato   puo'  si'  intervenire  dettando  una  propria
disciplina, ma il conseguente adeguamento della normativa provinciale
deve  seguire  le  regole  poste  dal d.lgs. n. 266 del 1992, citato:
ossia (ai sensi dell'art. 2) la provincia avra' il dovere di adeguare
la  propria  legislazione  ai vincoli derivanti dalla nuova normativa
primaria statale, mentre (ai sensi dell'art. 3) sara' vincolata dagli
atti di indirizzo e coordinamento in relazione al conseguimento degli
obiettivi o risultati in essi stabiliti.
    Argomenta  ulteriormente  la  Provincia  ricorrente  che la legge
n. 68  del  1999, mentre in generale (all'art. 19) sancisce che "sono
fatte  salve  le  competenze  legislative  nelle  materie di cui alla
presente  legge  delle  regioni  a  statuto speciale e delle province
autonome" al successivo art. 20 prevede che "entro venti giorni dalla
data di cui all'art. 23, comma 1, sono emanate, sentita la conferenza
unificata,  norme  di  esecuzione,  aventi  carattere  generale,  cui
regioni  e  le  province  autonome di Trento e Bolzano si conformano,
nell'ambito  delle  rispettive  competenze,  ai  fini dell'attuazione
della presente legge".
    In  tal modo - secondo la difesa della provincia - il legislatore
ha  previsto  un  potere  regolamentare  (del  Governo)  al  quale le
province autonome resterebbero soggette, potere che e' illegittimo ed
invasivo  rispetto  agli invocati parametri costituzionali, statutari
ed  attuativi,  che  regolano  i  rapporti  tra  normazione statale e
normazione   regionale,   atteso  che  il  potere  regolamentare  non
costituisce  fonte idonea e non puo' intervenire a porre vincoli alle
autonomie regionali ed a quella delle province autonome. In ogni caso
sono  violate  le regole poste dagli articoli 2 e 3 del citato d.lgs.
n. 266 del 1992, che definiscono in termini esaustivi gli obblighi di
adeguamento alle sopravvenute leggi statali ed agli atti di indirizzo
e coordinamento.
    2. - E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  per  l'infondatezza della questione di costituzionalita'
sollevata dalla Provincia di Trento.
    In   particolare  l'Avvocatura  sottolinea  che  la  disposizione
censurata  (art. 20  della  legge  n. 68  del 1999) deve essere letta
congiuntamente  al  precedente art. 19, che fa espressamente salve le
competenze  legislative  delle  Province  autonome (e delle regioni a
statuto   speciale).   Quindi  anche  l'art. 20  censurato  ribadisce
l'autonomia  delle  stesse  nelle  materie  rimesse  alla  disciplina
regolamentare ivi prevista.
    Tale   disposizione,   nel   far   riferimento   all'esigenza  di
conformita'  nell'ambito  delle "rispettive competenze" in realta' va
nella direzione di rafforzare l'indipendenza gestionale delle Regioni
e delle Province autonome.
    Infine  - conclude l'Avvocatura dello Stato, nel richiamare anche
il  decreto  legislativo  n. 430 del 21 settembre 1995 di delega alle
province  autonome  di Trento e Bolzano delle funzioni amministrative
in  materia di collocamento ed avviamento al lavoro - la disposizione
censurata   non  si  pone  in  contrasto  con  l'art. 2  del  decreto
legislativo n. 266 del 1992, le cui prescrizioni, quanto al dovere di
adeguamento  alla  legislazione  statale, rimangono salve nei termini
ivi previsti.

                       Considerato in diritto

    1. - La  questione  di  costituzionalita' ha ad oggetto l'art. 20
della  legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei
disabili),  nella  parte  in  cui prevede che le province autonome di
Trento   e   Bolzano  si  conformano,  nell'ambito  delle  rispettive
competenze,  alle  norme  di  esecuzione,  aventi carattere generale,
emanate,  sentita  la  conferenza  unificata, ai fini dell'attuazione
della  legge  medesima; ed e' sollevata con riferimento alle potesta'
legislative  ed  amministrative  delle  Province  di  cui all'art. 8,
numeri 1,  10,  17,  18, 23, 25 e 29, all'art. 9, numeri 4, 5 e 10, e
all'art. 16   dello  statuto  speciale  della  Regione  autonoma  del
Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31 agosto  1972, n. 670), nonche' alle
disposizioni  di  cui  agli  articoli 2 e 3 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 266.
    2. - La   legge   12 marzo  1999,  n. 68  -  la  quale  segue  la
legge-quadro  per  l'assistenza,  l'integrazione sociale ed i diritti
delle persone handicappate (legge 5 febbraio 1992, n. 104) e completa
la  riforma  del collocamento, che aveva conferito funzioni e compiti
alle  regioni  ed  agli  enti locali (decreto legislativo 23 dicembre
1997, n. 469) - detta norme per il diritto al lavoro dei disabili, in
particolare    sostituendo   la   precedente   regolamentazione   del
collocamento    obbligatorio    (legge    2 aprile   1968,   n. 482),
espressamente    abrogata.    Essa   disciplina   essenzialmente   la
costituzione,  lo  svolgimento  e l'estinzione del rapporto di lavoro
dei   soggetti   disabili;   e   strumentalmente   prevede  attivita'
amministrative  di supporto mirate, direttamente od indirettamente, a
realizzare  la  finalita' dell'occupazione di tali soggetti, anche in
ordine all'addestramento ed alla formazione professionale.
    Questa area di intervento della legge impugnata coinvolge plurime
competenze  legislative, sia primarie che concorrenti, delle province
di  Trento e Bolzano previste dallo statuto speciale di autonomia, in
tema  di  ordinamento del personale degli uffici provinciali (art. 8,
numero 1),  di  uffici del collocamento (art. 8, numero 23, e art. 9,
numero 5),  di  addestramento  e  formazione  professionale  (art. 8,
numero 29).  Queste competenze sono pero' rilevanti non in ragione di
una  specifica  disciplina  statale con esse in ipotesi confliggente,
bensi'  sotto il piu' generale profilo dell'incidenza di una potesta'
normativa  statale secondaria, configurata in termini non omogenei ai
criteri  cui  si ispira il rapporto tra normativa statale e normativa
delle  Province  autonome, posto in particolare dalle disposizioni di
attuazione  dello  statuto  speciale  di  autonomia  di cui al d.lgs.
n. 266 del 1992.
    3. - In   relazione   alla   posizione   di   autonomia  ad  esse
costituzionalmente  garantita,  la  legge n. 68 del 1999 contiene due
espresse   disposizioni   (gli   articoli 19   e  20)  specificamente
riguardanti (anche) le province autonome di Trento e Bolzano.
    Da  un lato, l'art. 19 fa salve le competenze legislative di tali
province  (oltre  che  di  tutte  le  Regioni  a  statuto  speciale),
movendosi  in  linea  di  continuita' con la precedente disciplina di
settore  (cfr.,  in  particolare e nella stessa materia, l'art. 9 del
d.lgs.  23 dicembre  1997,  n. 469, e l'art. 2 della legge 5 febbraio
1992, n. 104).
    Ma,  d'altro  lato,  siffatto  dichiarato rispetto dell'autonomia
provinciale  e' contraddetto dal successivo art. 20, il quale prevede
che  le  province  autonome  (oltre  che  le  Regioni)  si conformano
"nell'ambito  delle  rispettive competenze" alle norme di esecuzione,
aventi    carattere    generale,    della   legge   medesima   (norme
successivamente poste dal d.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333).
    Orbene,  anche  se  l'art. 20,  come  propone  l'Avvocatura dello
Stato,  viene  letto  in  coordinamento sistematico con il precedente
art. 19,  la  pur  ampia  salvezza  delle  competenze  delle province
autonome,  da  quest'ultimo predicata, non puo' sovrapporsi del tutto
al  contenuto  normativo del primo, al punto di assicurare ad esso la
compatibilita'  con  le  competenze costituzionalmente garantite alle
Province stesse.
    L'inequivoco tenore testuale della norma censurata mostra infatti
che  il  legislatore  ordinario  ha  inteso introdurre a carico delle
province autonome un obbligo di conformazione che, in quanto riferito
alla  normativa statale secondaria, si pone come diverso ed ulteriore
rispetto  al  meccanismo  di  adeguamento  disegnato  nelle  norme di
attuazione  dello  statuto  (articoli 2 e 3 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 266,  la  cui valenza integrativa del precetto statutario e' stata
piu'  volte affermata dalla giurisprudenza di questa Corte: da ultimo
sentenza  n. 520 del 2000); e risulta percio' con esse contrastante e
come tale affetto da illegittimita' costituzionale.
    4. - Secondo   il   consolidato   orientamento  della  Corte,  un
regolamento  (governativo  o  ministeriale)  non puo' contenere norme
miranti a limitare la sfera di competenza delle regioni nelle materie
loro  attribuite,  in  quanto  esse  "non  sono soggette, in linea di
principio,  alla  disciplina  dettata  con i regolamenti governativi"
(sentenze  n. 507  del 2000 e n. 352 del 1998). Infatti "la regola di
base  nei  rapporti fra fonti secondarie statali e fonti regionali e'
quella  della  separazione delle competenze, tale da porre le regioni
al  riparo  dalle  interferenze  dell'esecutivo  centrale"  (sentenza
n. 250 del 1996); e quindi la potesta' regolamentare volta ad attuare
la  legge  statale  non  puo'  disciplinare  materie  riservate  alla
competenza  regionale  (sentenze  numeri 420  del 1999, 482 e 333 del
1995, 461 e 97 del 1992).
    Questi    principia    valgono    anche    per    le   competenze
costituzionalmente  garantite  alle  Province autonome, che - al pari
delle  Regioni  -  non  possono subire interferenze derivanti da atti
regolamentari dello Stato (sentenza n. 31 del 2001).
    5. - Con  particolare  riferimento  alla  speciale  posizione  di
autonomia  garantita  alle  Province  autonome  di  Trento e Bolzano,
questa Corte ha gia' scrutinato altra disposizione (art. 11, comma 1,
della  legge  4 maggio 1990, n. 107) che, non dissimilmente da quella
in  esame,  prevedeva  per  tali  province  un  generale  obbligo  di
conformazione  alle  norme  di  indirizzo e coordinamento emanate per
l'attuazione  della legge medesima. E - nell'escludere che, al di la'
del  dato  testuale, la disposizione allora censurata si limitasse ad
autorizzare   in   quella   fattispecie  l'esercizio  della  funzione
governativa  di  indirizzo  e coordinamento - ha ritenuto che essa si
riferisse  ad  una vera e propria fonte normativa secondaria, e, piu'
precisamente,  ad  una  potesta'  regolamentare  volta all'attuazione
della  legge;  la  quale  pero'  -  non  potendo  concernere  materie
riservate  alle  competenze  regionali e delle Province autonome - e'
risultata   essere   in  tale  parte  costituzionalmente  illegittima
(sentenza n. 49 del 1991).
    A   maggior   ragione   l'incostituzionalita'   sussiste  per  la
disposizione  in  esame,  che  non contiene alcun formale riferimento
all'esercizio  della  funzione  di  indirizzo e coordinamento, bensi'
esplicitamente configura una fonte normativa secondaria, idonea a far
sorgere per le province autonome un obbligo di conformazione.
    Il  vizio  e'  accentuato  dal rilievo che - oltre all'obbligo di
adeguamento  che puo' discendere da atti legislativi dello Stato, nei
limiti  previsti  dall'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, citato - un
vincolo per le province autonome derivante da altre fonti puo' essere
posto   solo   da   atti   amministrativi   statali  di  indirizzo  e
coordinamento  emanati  dal  Governo,  limitatamente al conseguimento
degli obiettivi e dei risultati in essi stabiliti, cosi' come dispone
il   successivo   art. 3  del  medesimo  decreto.  Il  quale  inoltre
prescrive,  come ulteriore salvaguardia dell'autonomia delle province
sul  piano  procedimentale,  la  previa consultazione, da parte della
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri, delle province stesse, per
quanto  attiene  alla  compatibilita'  dell'atto  con  lo  statuto di
autonomia e con le relative norme di attuazione.
    Nella  fattispecie,  per  contro,  e'  configurata  non  gia'  la
previsione  -  pur  possibile  in  via  di  massima - di un potere di
indirizzo  e  coordinamento  volto  a  porre  alle  province,  previa
concertazione,  obiettivi  e risultati da conseguire, ma una generale
potesta' normativa secondaria, che, proprio perche' autorizzata a far
sorgere   direttamente  a  carico  di  queste  un  ampio  obbligo  di
conformazione,  con  indistinto riferimento a (tutto) l'"ambito delle
rispettive  competenze"  pretende di porsi in posizione sovraordinata
rispetto  alle competenze costituzionalmente garantite delle Province
autonome,  cosi'  alterando  il  rapporto  tra  competenze  statali e
provinciali, a vantaggio delle prime.
    6. - Non  vale  a  negare  tale  alterazione  delle competenze la
circostanza  che  il  regolamento  di  esecuzione potrebbe in ipotesi
contenere,   per  le  province  autonome,  soltanto  prescrizioni  di
carattere  tecnico, desumibili da nozioni delle scienze esatte, che -
secondo  la  giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 30 del 1998,
n. 61  del  1997, n. 381 del 1996) - non sono lesive delle competenze
delle  province medesime, in quanto da esse "non derivano limitazioni
alle   scelte   rientranti   nell'autonomia   politico-amministrativa
dell'ente" (sentenza n. 31 del 2001).
    Infatti  il  censurato  art. 20  non reca alcuna limitazione alla
prevista  normativa regolamentare, ma invece prevede il gia' rilevato
obbligo  di  conformazione,  illimitato e non circoscritto alle norme
tecniche.  E  proprio  questa  generale  incidenza  sul sistema delle
fonti,  che  altera  il  rapporto tra fonti statali e della provincia
autonoma, vizia in radice la disposizione.
    7. - Va  quindi  dichiarata l'illegittimita' costituzionale della
disposizione  censurata,  limitatamente  all'inciso  "e  le  province
autonome di Trento e Bolzano".
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge
12 marzo  1999,  n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili),
limitatamente   all'inciso  "e  le  province  autonome  di  Trento  e
Bolzano".
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2001.
                     Il Presidente: Santosuosso
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 30 marzo 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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