N. 16 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 febbraio 2001
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 febbraio 2001 (della Regione Emilia-Romagna) Protezione civile - Fondo regionale per la protezione civile - Istituzione e dotazione per il triennio 2001/2003 - Prevista contribuzione dello Stato in misura ridotta rispetto all'impegno assunto a livello governativo in sede di Conferenza unificata - Accollo alle regioni della maggior parte degli oneri (mediante destinazione di una quota delle entrate regionali, ovvero mediante riduzione dei finanziamenti statali inerenti alla viabilita' di interesse regionale) - Violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e regioni - Arbitraria acquisizione coattiva di risorse regionali - Irragionevolezza - Lesione del principio di corrispondenza fra funzioni trasferite e risorse messe a disposizione - Contrasto con i principî costituzionali in materia di finanza regionale. - Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 138, commi 16 e 17. - Costituzione, artt. 5, 118 e 119.(GU n.14 del 4-4-2001 )
Ricorso della Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente della Giunta regionale pro-tempore,autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 61 del 25 gennaio 2001 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 26 gennaio 2001 (rep. n. 44684) rogata dal notaio dott. Federico Stame di Bologna (all. 2) - dall'avv., prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, congiuntamente dei commi 16 e 17 dell'art. 138 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, (legge finanziaria 2001), nella parte in cui essi non mantengono l'impegno assunto dallo Stato di costituire un Fondo per la protezione civile della dimensione di 1000 miliardi e nella parte in cui essi comportano oneri a carico dei bilanci regionali ovvero, riduzioni di trasferimenti dallo Stato alle Regioni, pe violazione: del principio di leale collaborazione e dell'art. 5 Cost.; del principio di ragionevolezza e di corrispondenza fra funzioni trasferite e risorse messe a disposizione; degli art. 118 e 119 della Costituzione, per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o Il presente ricorso si rivolge, come indicato in epigrafe, contro due disposizioni della legge finanziaria relative al "Fondo nazionale di protezione civile". Va ricordato che la ripartizione delle funzioni tra lo Stato e le Regioni in materia di protezione civile e' stata ridisegnata dagli artt. 107 e 108 del decreto legislativo n. 112 del 1998. L'art. 107 mantiene allo Stato i "compiti di rilievo nazionale" di cui all'art. 1, comma 4, lett. c) della legge n. 59 del 1997; l'art. 108 conferisce alle Regioni e agli enti locali tutte le funzioni non espressamente indicate nell'art. 107. In particolare, l'art. 108 attribuisce alle Regioni diverse funzioni concernenti la predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione, l'attuazione di interventi urgenti in relazione a certi eventi, la formulazione di indirizzi per i piani provinciali di emergenza, l'attuazione degli interventi necessari per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi, lo spegnimento degli incendi boschivi, l'organizzazione e l'utilizzo del volontariato. Il decreto legislativo n. 112 del 1998, dunque, nel quadro del rafforzamento dei poteri delle istituzioni autonome, ha affidato alle Regioni compiti operativi specifici, non previsti dalla legge n. 225 del 1992, istitutiva del Servizio nazionale di protezione civile. La concreta operativita' delle disposizioni del decreto legislativo n. 112 del 1998 e' subordinata alla "puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire, alla loro ripartizione tra le regioni e tra regioni ed enti locali", secondo quanto statuisce l'art. 7, comma 1, legge n. 59 del 1997; ed a tale individuazione si provvede, secondo quanto ancora stabilisce lo stesso art. 7, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri. L'art. 7 del decreto legislativo n. 112 del 1998 conferma tale procedura. Nella materia della protezione civile, il dPCm attuativo dell'art. 108 decreto legislativo n. 112 e' stato adottato in data 12 settembre 2000 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303, serie generale, del 30 dicembre 2000. L'adozione di tale decreto e' stata preceduta dal parere favorevole della Conferenza unificata, formulato ai sensi dell'art. 7, comma 2, legge n. 59 del 1997 e dell'art. 8, comma 1, decreto legislativo n. 281 del 1997. Il senso adesivo di tale parere era (ed e') espressamente collegato e condizionato all'impegno, confermato da parte del Governo, di istituire un fondo nazionale di 1000 miliardi a favore delle Regioni e degli enti locali per i compiti di protezione civile. Infatti, di fronte a questa richiesta il Commissario straordinario del Governo per il completamento del federalismo amministrativo confermava l'impegno del Governo, precisando che "il previsto Fondo costituira' lo strumento cui poter ricorrere per far fronte alle emergenze" (si veda l'intero verbale della seduta della Conferenza unificata del 16 marzo 2000, e, in particolare, le dichiarazioni del Sindaco Susta, dei Presidenti Ria e Mori e del Commissario Pajno: all. 3). L'impegno governativo in questione e' poi stato richiamato anche in occasione del procedimento relativo al dPCm recante i criteri di riparto tra le Regioni e gli enti locali delle risorse individuate per l'esercizio delle funzioni in materia di protezione civile. Cosi' nella seduta del 3 agosto 2000 della Conferenza Unificata i presidenti delle Regioni, dell'ANCI e dell'UPI hanno espresso parere favorevole sullo schema di tale dPCm, "contestualmente ricordando l'impegno assunto dal Governo nella seduta di questa Conferenza del 16 marzo 2000 ... volto alla costituzione di un Fondo di 1000 miliardi di lire a sostegno delle attivita' di protezione civile" (v. il parere della Conferenza, all. 4). Sorprendentemente, tuttavia, le norme della legge n. 388 del 2000 che qui si impugnano dispongono in senso radicalmente discordante rispetto a quanto concordato in sede di Conferenza unificata. Infatti, l'art. 138, comma 16, istituisce si' un "Fondo regionale di protezione civile" allo scopo di "finanziare gli interventi delle regioni, delle province autonome e degli enti locali, diretti a fronteggiare esigenze urgenti per le calamita' naturali di livello b) di cui all'articolo 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonche' per potenziare il sistema di protezione civile delle regioni e degli enti locali": ma ne' tale fondo e' di 1000 miliardi ne', soprattutto, esso e' finanziato dallo Stato, come era evidentemente inteso negli accordi. Lo stesso comma 16 aggiunge infatti che "il Fondo e' alimentato per il triennio 2001-2003 da un contributo dello Stato di lire 100 miliardi annue, il cui versamento e' subordinato al versamento al Fondo stesso da parte di ciascuna regione e provincia autonoma di una percentuale uniforme delle proprie entrate accertate nell'anno precedente, determinata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome in modo da assicurare un concorso complessivo delle regioni e delle province autonome non inferiore, annualmente, al triplo del concorso statale". Il comma 17, poi, stabilisce che "in sede di prima applicazione per il triennio 2001-2003 il concorso delle regioni al Fondo di cui al comma 16 e' assicurato mediante riduzione delle somme trasferite ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, per l'importo di lire 200 miliardi per ciascun anno, con corrispondente riduzione delle somme indicate all'articolo 52, comma 6, della presente legge": cioe', come si vedra', delle somme destinate alla viabilita' di interesse regionale. Dunque, lo Stato ha si' provveduto ad istituire un fondo per la protezione civile, ma ha previsto di contribuire a tale fondo solo per una parte ridotta (rispetto all'impegno preso), ed ha accollato la maggior parte degli oneri alle stesse Regioni, privandole delle risorse ad esse appena riconosciute in relazione all'esercizio delle funzioni in materia di viabilita'. Le norme in questione, pero', si rivelano illegittime e lesive delle prerogative costituzionali della Regione ricorrente per le seguenti ragioni di D i r i t t o Sia consentito osservare, in premessa all'esposizione in diritto, che il senso complessivo delle due disposizioni presenta notevoli elementi di oscurita'. Poiche' il comma 17 si riferisce ad un periodo di "prima applicazione" delle disposizioni, logica vorrebbe che tale periodo fosse diverso da quello considerato in generale dal comma 16 come sistema "a regime". Invece, entrambi i commi fanno riferimento al "triennio 2001-2003", per il quale dunque vengono apparentemente stabiliti due diversi regimi di partecipazione delle Regioni alla costituzione del Fondo: per il comma 16 esse dovrebbero partecipare in misura non inferiore al triplo di 100 miliardi (e dunque per non meno di 300 miliardi), mediante una "percentuale uniforme" delle proprie entrate determinata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, laddove per il comma 17 piu' sbrigativamente per lo stesso triennio il contributo regionale viene forfettizzato in 200 miliardi e direttamente detratta dai fondi destinati alla viabilita'. In ogni modo, ad avviso della ricorrente Regione, entrambi i meccanismi (la cui contemporanea applicazione e' peraltro evidentemente impossibile) sono illegittimi e lesivi dell'autonomia costituzionale garantita, nei termini di seguito esposti. 1. - Violazione del principio di leale collaborazione e dell'art. 5 della Costituzione. Come illustrato in narrativa, la necessita' di istituzione, da parte dello Stato (e dunque, ovviamente, con oneri a proprio carico), di un fondo che garantisse una maggiore possibilita' di intervento da parte delle Regioni (e degli enti locali) nel settore della protezione civile e' stata la condizione posta piu' volte dalla Conferenza unificata per concordare la concreta operativita' dell'assunzione, da parte delle Regioni e degli enti locali, delle nuove competenze conferite con il decreto legislativo n. 112 del 1998. Infatti, sia lo schema di dPCm che individua le risorse da trasferire alle Regioni e agli enti locali per l'esercizio delle funzioni di cui all'art. 108 del decreto legislativo n. 112 del 1998 sia lo schema di dPCm che fissa i criteri di riparto di tali risorse tra le Regioni e gli enti locali sono stati approvati dalla Conferenza unificata con l'espressa e determinante condizione che lo Stato istituisse un fondo di 1000 miliardi. Inoltre, come risulta dal verbale relativo alla seduta della Conferenza del 16 marzo 2000, il rappresentante del Governo ha espressamente confermato l'impegno, precisando che il fondo sarebbe servito per far fronte alle emergenze. E' chiaro, dunque, che l'istituzione ed il finanziamento statale del fondo rivestivano un'importanza fondamentale dal punto di vista delle Regioni, e che, senza l'impegno governativo, lo schema di dPCm non avrebbe ottenuto il parere favorevole della Conferenza. La legge impugnata, invece, ha disatteso l'impegno preso in sede governativa. Cio' costituisce, ad avviso della ricorrente Regione, violazione del principio di leale collaborazione e dell'art. 5 della Costituzione che ne costituisce il fondamento. La Regione e' ben consapevole che l'impegno violato e' stato assunto a livello governativo, mentre la violazione di tale impegno e' opera del legislatore, cioe' di un organo statale diverso da quello che ha assunto l'impegno, ma ritiene che tale differenza non possa condurre alla affermazione della irrilevanza dell'impegno assunto, pena la privazione di ogni significato dei meccanismi di concertazione istituzionale tra i soggetti titolari di competenze costituzionali. Se e' vero, in generale, che non e' facile ritrovare una manifestazione unitaria dello "Stato", tuttavia cio' accade proprio nei rapporti fra Stato e Regioni: nei confronti delle Regioni, infatti, lo Stato-persona si presenta in veste unitaria, come dimostra, tra l'altro, la consolidata giurisprudenza costituzionale che nega ingresso, nei conflitti di attribuzione, agli organi statali non appartenenti al potere esecutivo, appunto in considerazione del fatto che, nelle controversie costituzionali con le Regioni, lo Stato viene in considerazione come soggetto unitario, rappresentato esclusivamente dal Presidente del Consiglio. Se assume un impegno preciso in sede governativa, lo Stato non puo' poi semplicemente liberarsene mutando l'organo con cui agisce; l'impegno preso fonda una legittima aspettativa nelle Regioni, e la sua violazione si pone in insanabile contrasto con il principio di leale collaborazione, che costituisce ormai uno dei cardini attorno ai quali ruotano le relazioni fra Stato e Regioni. Si tenga presente, poi, che la collaborazione fra Stato e Regioni assume un significato particolarmente pregnante nella materia del trasferimento delle risorse in attuazione del decreto legislativo n. 112 del 1998, dato che l'art. 7, comma 8, decreto legislativo n. 112 prevede che, "al fine della elaborazione degli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la Conferenza unificata Stato, regioni, citta' e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281... promuove accordi tra Governo, regioni ed enti locali, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), del medesimo decreto legislativo". Un accordo preso in sede di Conferenza unificata, dunque, non puo' essere giudicato tamquam non esset. Quanto qui affermato non intende affatto attribuire alla legge del Parlamento un ruolo subordinato di mera ratifica di decisioni assunte altrove, ne' vuole affermare una presunta intangibilita' delle posizioni espresse dalle istanze rappresentative delle Regioni. La ricorrente Regione e' ben consapevole che, nell'attuale assetto costituzionale, l'organo rappresentativo delle Regioni non ha un ruolo costituzionale riconosciuto, paragonabile a quello che esso ha in altri ordinamenti di tipo federale, capace di condizionare direttamente la volonta' legislativa. Tuttavia, e massimamente quando il Parlamento opera non soltanto come espressione generale della volonta' nazionale, ma altresi', e piu' particolarmente, come espressione della volonta' dello Stato-persona in relazione agli altri soggetti dell'ordinamento repubblicano, esso ha l'onere di conformarsi esso stesso al principio di leale collaborazione, e non puo' limitarsi a semplicemente ignorare e violare gli impegni assunti a nome dello Stato. Anche in tale senso vale il precetto costituzionale dell'art. 5, ed in particolare la norma secondo la quale "la Repubblica adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento". Dunque pare che, se il Parlamento voleva discostarsi dall'accordo raggiunto a livello governativo, avrebbe dovuto raggiungere con le Regioni un ulteriore specifico accordo sulla norma qui impugnata. Di qui l'illegittimita' del puro e semplice mancato rispetto dell'impegno. 2. - Irragionevolezza, violazione del principio di corrispondenza tra funzioni trasferite e risorse messe a disposizione; violazione degli artt. 118 e 119 della Costituzione. Al precedente punto si e' illustrata quella che ad avviso della ricorrente Regione e' l'illegittimita' costituzionale dell'avere costituito il fondo in violazione degli accordi presi tra Stato e Regioni. A prescindere da tali accordi, la ricorrente Regione ritiene altresi' che i meccanismi di costituzione di tale fondo, fondati sull'apporto minoritario dello Stato e sull'apporto maggioritario delle Regioni, siano in se' e per se' costituzionalmente illegittimi. Si consideri, in primo luogo, che tale meccanismo ha nella sostanza carattere coattivo. In altre parole, non si tratta del normale operare di un meccanismo di partenariato, in cui su base volontaria due soggetti partecipano ad un progetto mediante il rispettivo contributo, ma nella sostanza di un prelievo coattivo di risorse regionali, che vengono sottratte o alla generale disponibilita' della Regione (secondo il meccanismo di cui al comma 16) o specificamente a quanto aggiuntivamente destinato alla Regione in relazione al recentissimo trasferimento delle funzioni in materia di viabilita' (secondo il meccanismo di cui al comma 17). L'illegittimita' va affermata, in primo luogo, in relazione al comma 16, secondo cui "il Fondo e' alimentato per il triennio 2001-2003 da un contributo dello Stato di lire 100 miliardi annue, il cui versamento e' subordinato al versamento al Fondo stesso da parte di ciascuna regione e provincia autonoma di una percentuale uniforme delle proprie entrate accertate nell'anno precedente, determinata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome in modo da assicurare un concorso complessivo delle regioni e delle province autonome non inferiore, annualmente, al triplo del concorso statale". E' chiaro infatti che qui la legge statale altro non fa che determinare la destinazione di una importante quota dei bilanci regionali, sottraendola all'uso delle singole Regioni. In pratica, si tratta di una acquisizione coattiva di risorse, di un paradossale "trasferimento al contrario" di cui non c'e' traccia nell'art. 119 della Costituzione e nei principi costituzionali in materia di finanza regionale. Le risorse finanziarie attribuite alle Regioni adempiono alla funzione di permettere ad esse di esercitare in modo adeguato le proprie funzioni (art. 119, secondo comma: "Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali", mentre secondo il terzo comma lo Stato assegna per legge contributi speciali per provvedere a scopi determinati. Pienamente legittimato e' dunque lo Stato a costituire uno speciale fondo per la protezione civile: anzi, come sopra detto, a tanto esso era tenuto in base agli accordi intercorsi con le Regioni. Ma vi deve provvedere lo Stato, senza che esso possa nell'occasione prelevare risorse dai bilanci regionali. La norma del comma 16 che tanto dispone e' dunque costituzionalmente arbitraria ed illegittima. Come sopra esposto, il comma 17 (secondo cui "in sede di prima applicazione per il triennio 2001-2003 il concorso delle regioni al Fondo di cui al comma 16 e' assicurato mediante riduzione delle somme trasferite ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, per l'importo di lire 200 miliardi per ciascun anno, con corrispondente riduzione delle somme indicate all'articolo 52, comma 6, della presente legge") prevede un regime "transitorio" (anche se per lo stesso periodo di quello di cui al comma 16), fondato su un diverso criterio e relativamente piu' favorevole alle Regioni, in quanto comporta per i relativi bilanci un onere di 200 anziche' di 300 miliardi. Tuttavia, presupposta l'illegittimita' del meccanismo di cui al comma 16, ad essa si deve sommare l'illegittimita' anche del meccanismo alternativo, e sia pure piu' favorevole. In primo luogo, infatti, si tratta sempre di un prelievo forzoso dai bilanci regionali. Se lo si considera come riduzione delle risorse legate al trasferimento delle funzioni relative alla viabilita', la sua illegittimita' appare non meno evidente. Va ricordato che, a sua volta, l'art. 52, comma 6, della legge n. 388 del 2000 autorizza le regioni "ad assumere impegni per nuove opere stradali di interesse regionale, a valere sulle risorse destinate per il completamento del trasferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali". In sostanza, la legge statale, dopo aver accollato alle Regioni l'onere di contribuire per la maggior parte al Fondo da essa istituito, si preoccupa di indicare il modo in cui le Regioni possono, nel primo triennio, fare fronte a tale onere: a tal fine, essa riduce le somme trasferite ai sensi della legge n. 59 del 1997, in particolare le somme destinate a finanziare gli interventi in materia di viabilita' di interesse regionale. Dunque, somme gia' assegnate alle Regioni per lo svolgimento delle funzioni in materia di viabilita' vengono sottratte alla loro destinazione per finanziare, nel primo triennio, il Fondo regionale di protezione civile. Cio' costituisce chiara violazione dell'autonomia finanziaria delle Regioni, con conseguente compromissione della potesta' amministrativa regionale in materia di viabilita'. In particolare, la norma statale risulta irragionevole in quanto, ferme restando le funzioni trasferite, distoglie risorse gia' assegnate per lo svolgimento di quelle funzioni e le assegna ad altra destinazione. Risulta inoltre violato l'ovvio principio di corrispondenza tra funzioni trasferite e risorse messe a disposizione, principio che trova fondamento costituzionale nell'art. 119, secondo comma ("Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali") ed e' ribadito anche dalla legislazione ordinaria. Cosi', l'art. 7, comma 1, legge n. 59 del 1997 stabilisce che "il trasferimento dei beni e delle risorse deve comunque essere congruo rispetto alle competenze trasferite"; l'art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 112 del 1998 precisa che "per garantire l'effettivo esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, i provvedimenti di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che individuano i beni e le risorse da ripartire tra le regioni e tra le regioni e gli enti locali, osservano i seguenti criteri: a) la decorrenza dell'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti contestualmente all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali, puo' essere graduata, secondo date certe, in modo da completare il trasferimento entro il 31 dicembre 2000; b) la devoluzione alle regioni e agli enti locali di una quota delle risorse erariali deve garantire la congrua copertura, ai sensi e nei termini di cui al comma 3 del presente articolo, degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel rispetto dell`autonomia politica e di programmazione degli enti; in caso di delega regionale agli enti locali, la legge regionale attribuisce ai medesimi risorse finanziarie tali da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni delegate, nell'ambito delle risorse a tale scopo effettivamente trasferite dallo Stato alle regioni"; il comma 8 aggiunge, poi, che gli schemi dei d.P.C.m. i trasferimenti delle risorse "debbono contenere ..."; d) la congrua quantificazione dei fabbisogni finanziari in relazione alla concreta ripartizione di funzioni e agli oneri connessi al personale, con decorrenza dalla data di effettivo esercizio delle funzioni medesime, secondo i criteri stabiliti al comma 2 del presente articolo". Pare dunque evidente l'incostituzionalita', per contrasto con i parametri indicati in epigrafe, di una norma legislativa che riduca somme gia' assegnate in relazione a certe funzioni per destinarle ad altre funzioni, senza che l'assetto delle prime sia minimamente mutato. Tutto cio' premesso, la ricorrente Regione Emilia-Romagna, come sopra rappresentata e difesa,
P. Q. M. Voglia l'eccellentissima Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale congiuntamente dei commi 16 e 17 dell'art. 138 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria 2001), nella parte in cui essi non mantengono l'impegno assunto dallo Stato di costituire un Fondo della dimensione di 1000 miliardi e nella parte in cui essi comportano oneri a carico dei bilanci regionali ovvero riduzioni di trasferimenti dallo Stato alle Regioni per violazione delle regole e principi costituzionali indicati in premessa, nei termini sopra illustrati. Padova-Roma, addi' 26 gennaio 2001 Avv. prof. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi Allegati 1) Deliberazione della Giunta regionale n. 61 del 25 gennaio 2001, concernente l'instaurazione del presente giudizio. 2) Procura speciale del 26 gennaio 2001 (rep. n. 44684). 3) Verbale della seduta della Conferenza unificata del 16 marzo 2000. 4) Verbale della seduta della Conferenza unificata del 3 agosto 2000. 01C0162