N. 16 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 febbraio 2001

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 2 febbraio 2001 (della Regione Emilia-Romagna)

Protezione  civile  -  Fondo  regionale  per  la  protezione civile -
  Istituzione  e  dotazione  per  il  triennio  2001/2003  - Prevista
  contribuzione  dello  Stato  in misura ridotta rispetto all'impegno
  assunto  a  livello  governativo  in sede di Conferenza unificata -
  Accollo  alle  regioni  della  maggior  parte degli oneri (mediante
  destinazione  di una quota delle entrate regionali, ovvero mediante
  riduzione  dei  finanziamenti  statali  inerenti alla viabilita' di
  interesse   regionale)   -   Violazione   del  principio  di  leale
  cooperazione tra Stato e regioni - Arbitraria acquisizione coattiva
  di  risorse regionali - Irragionevolezza - Lesione del principio di
  corrispondenza   fra   funzioni   trasferite   e  risorse  messe  a
  disposizione  -  Contrasto con i principî costituzionali in materia
  di finanza regionale.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 138, commi 16 e 17.
- Costituzione, artt. 5, 118 e 119.
(GU n.14 del 4-4-2001 )
    Ricorso  della  Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente
della  Giunta  regionale  pro-tempore,autorizzato  con  deliberazione
della   Giunta   regionale  n. 61  del  25  gennaio  2001  (all.  1),
rappresentata e difesa - come da procura speciale del 26 gennaio 2001
(rep.  n. 44684)  rogata  dal  notaio dott. Federico Stame di Bologna
(all. 2) - dall'avv., prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv.
Luigi  Manzi  di  Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio
dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5;
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale, congiuntamente dei
commi  16  e  17  dell'art. 138 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
(legge  finanziaria  2001),  nella  parte  in cui essi non mantengono
l'impegno   assunto  dallo  Stato  di  costituire  un  Fondo  per  la
protezione  civile della dimensione di 1000 miliardi e nella parte in
cui  essi  comportano  oneri  a  carico dei bilanci regionali ovvero,
riduzioni di trasferimenti dallo Stato alle Regioni, pe violazione:
        del principio di leale collaborazione e dell'art. 5 Cost.;
        del  principio  di  ragionevolezza  e  di  corrispondenza fra
funzioni trasferite e risorse messe a disposizione;
        degli  art. 118 e 119 della Costituzione, per i profili e nei
modi di seguito illustrati.
                              F a t t o

    Il presente ricorso si rivolge, come indicato in epigrafe, contro
due disposizioni della legge finanziaria relative al "Fondo nazionale
di protezione civile".
    Va ricordato che la ripartizione delle funzioni tra lo Stato e le
Regioni  in  materia  di protezione civile e' stata ridisegnata dagli
artt. 107  e  108 del decreto legislativo n. 112 del 1998. L'art. 107
mantiene   allo  Stato  i  "compiti  di  rilievo  nazionale"  di  cui
all'art. 1,  comma 4, lett. c) della legge n. 59 del 1997; l'art. 108
conferisce  alle  Regioni  e  agli  enti locali tutte le funzioni non
espressamente  indicate  nell'art. 107.  In  particolare,  l'art. 108
attribuisce    alle   Regioni   diverse   funzioni   concernenti   la
predisposizione   dei   programmi   di   previsione   e  prevenzione,
l'attuazione  di  interventi  urgenti in relazione a certi eventi, la
formulazione  di  indirizzi  per  i  piani  provinciali di emergenza,
l'attuazione  degli interventi necessari per favorire il ritorno alle
normali  condizioni  di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi,
lo  spegnimento degli incendi boschivi, l'organizzazione e l'utilizzo
del volontariato. Il decreto legislativo n. 112 del 1998, dunque, nel
quadro  del  rafforzamento  dei poteri delle istituzioni autonome, ha
affidato alle Regioni compiti operativi specifici, non previsti dalla
legge   n. 225   del  1992,  istitutiva  del  Servizio  nazionale  di
protezione civile.
    La   concreta   operativita'   delle   disposizioni  del  decreto
legislativo   n. 112   del   1998   e'   subordinata  alla  "puntuale
individuazione   dei   beni   e  delle  risorse  finanziarie,  umane,
strumentali e organizzative da trasferire, alla loro ripartizione tra
le  regioni  e  tra regioni ed enti locali", secondo quanto statuisce
l'art. 7,  comma 1, legge n. 59 del 1997; ed a tale individuazione si
provvede,  secondo  quanto  ancora  stabilisce  lo stesso art. 7, con
decreto  del  presidente  del  Consiglio  dei  ministri. L'art. 7 del
decreto legislativo n. 112 del 1998 conferma tale procedura.
    Nella   materia   della  protezione  civile,  il  dPCm  attuativo
dell'art. 108 decreto legislativo n. 112 e' stato adottato in data 12
settembre  2000  e  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303, serie
generale, del 30 dicembre 2000.
    L'adozione   di  tale  decreto  e'  stata  preceduta  dal  parere
favorevole   della   Conferenza   unificata,   formulato   ai   sensi
dell'art. 7,  comma  2,  legge n. 59 del 1997 e dell'art. 8, comma 1,
decreto  legislativo n. 281 del 1997. Il senso adesivo di tale parere
era  (ed  e')  espressamente  collegato  e  condizionato all'impegno,
confermato  da  parte del Governo, di istituire un fondo nazionale di
1000  miliardi  a  favore  delle  Regioni  e  degli enti locali per i
compiti  di  protezione civile. Infatti, di fronte a questa richiesta
il  Commissario  straordinario  del  Governo per il completamento del
federalismo   amministrativo   confermava   l'impegno   del  Governo,
precisando  che "il previsto Fondo costituira' lo strumento cui poter
ricorrere  per  far  fronte alle emergenze" (si veda l'intero verbale
della  seduta  della  Conferenza  unificata  del 16 marzo 2000, e, in
particolare, le dichiarazioni del Sindaco Susta, dei Presidenti Ria e
Mori e del Commissario Pajno: all. 3).
    L'impegno  governativo in questione e' poi stato richiamato anche
in  occasione  del procedimento relativo al dPCm recante i criteri di
riparto  tra  le  Regioni e gli enti locali delle risorse individuate
per l'esercizio delle funzioni in materia di protezione civile. Cosi'
nella   seduta  del  3  agosto  2000  della  Conferenza  Unificata  i
presidenti  delle Regioni, dell'ANCI e dell'UPI hanno espresso parere
favorevole  sullo  schema  di  tale dPCm, "contestualmente ricordando
l'impegno  assunto  dal Governo nella seduta di questa Conferenza del
16  marzo  2000  ...  volto  alla  costituzione  di  un Fondo di 1000
miliardi di lire a sostegno delle attivita' di protezione civile" (v.
il parere della Conferenza, all. 4).
    Sorprendentemente, tuttavia, le norme della legge n. 388 del 2000
che  qui  si  impugnano  dispongono in senso radicalmente discordante
rispetto  a  quanto  concordato  in  sede  di  Conferenza  unificata.
Infatti,  l'art. 138, comma 16, istituisce si' un "Fondo regionale di
protezione  civile"  allo  scopo  di "finanziare gli interventi delle
regioni,  delle  province  autonome  e  degli  enti locali, diretti a
fronteggiare esigenze urgenti per le calamita' naturali di livello b)
di  cui  all'articolo  108  del  decreto  legislativo  31 marzo 1998,
n. 112,  nonche' per potenziare il sistema di protezione civile delle
regioni  e  degli enti locali": ma ne' tale fondo e' di 1000 miliardi
ne',   soprattutto,   esso   e'  finanziato  dallo  Stato,  come  era
evidentemente inteso negli accordi.
    Lo  stesso  comma 16 aggiunge infatti che "il Fondo e' alimentato
per  il  triennio  2001-2003 da un contributo dello Stato di lire 100
miliardi  annue,  il  cui  versamento e' subordinato al versamento al
Fondo stesso da parte di ciascuna regione e provincia autonoma di una
percentuale   uniforme  delle  proprie  entrate  accertate  nell'anno
precedente, determinata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni
e   delle  province  autonome  in  modo  da  assicurare  un  concorso
complessivo  delle  regioni  e delle province autonome non inferiore,
annualmente, al triplo del concorso statale".
    Il  comma  17, poi, stabilisce che "in sede di prima applicazione
per  il  triennio 2001-2003 il concorso delle regioni al Fondo di cui
al  comma  16 e' assicurato mediante riduzione delle somme trasferite
ai  sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, per l'importo di lire 200
miliardi  per  ciascun anno, con corrispondente riduzione delle somme
indicate all'articolo 52, comma 6, della presente legge": cioe', come
si  vedra',  delle  somme  destinate  alla  viabilita'  di  interesse
regionale.
    Dunque,  lo  Stato ha si' provveduto ad istituire un fondo per la
protezione  civile,  ma  ha previsto di contribuire a tale fondo solo
per  una  parte ridotta (rispetto all'impegno preso), ed ha accollato
la  maggior  parte  degli oneri alle stesse Regioni, privandole delle
risorse  ad esse appena riconosciute in relazione all'esercizio delle
funzioni in materia di viabilita'.
    Le  norme  in  questione, pero', si rivelano illegittime e lesive
delle  prerogative  costituzionali  della  Regione  ricorrente per le
seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    Sia consentito osservare, in premessa all'esposizione in diritto,
che  il  senso  complessivo  delle due disposizioni presenta notevoli
elementi di oscurita'. Poiche' il comma 17 si riferisce ad un periodo
di  "prima applicazione" delle disposizioni, logica vorrebbe che tale
periodo  fosse diverso da quello considerato in generale dal comma 16
come  sistema  "a regime". Invece, entrambi i commi fanno riferimento
al  "triennio  2001-2003", per il quale dunque vengono apparentemente
stabiliti  due  diversi  regimi  di partecipazione delle Regioni alla
costituzione  del  Fondo: per il comma 16 esse dovrebbero partecipare
in  misura  non inferiore al triplo di 100 miliardi (e dunque per non
meno  di  300  miliardi),  mediante  una "percentuale uniforme" delle
proprie  entrate  determinata  dalla  Conferenza dei presidenti delle
regioni  e  delle  province  autonome,  laddove  per il comma 17 piu'
sbrigativamente  per lo stesso triennio il contributo regionale viene
forfettizzato  in  200  miliardi  e  direttamente  detratta dai fondi
destinati alla viabilita'.
    In  ogni  modo,  ad  avviso  della ricorrente Regione, entrambi i
meccanismi   (la   cui   contemporanea   applicazione   e'   peraltro
evidentemente  impossibile)  sono illegittimi e lesivi dell'autonomia
costituzionale garantita, nei termini di seguito esposti.
    1.   -   Violazione  del  principio  di  leale  collaborazione  e
dell'art. 5 della Costituzione.
    Come  illustrato  in  narrativa, la necessita' di istituzione, da
parte dello Stato (e dunque, ovviamente, con oneri a proprio carico),
di un fondo che garantisse una maggiore possibilita' di intervento da
parte   delle  Regioni  (e  degli  enti  locali)  nel  settore  della
protezione  civile  e'  stata  la  condizione  posta piu' volte dalla
Conferenza   unificata   per   concordare  la  concreta  operativita'
dell'assunzione,  da  parte  delle Regioni e degli enti locali, delle
nuove  competenze  conferite  con  il  decreto legislativo n. 112 del
1998.
    Infatti,  sia  lo  schema  di  dPCm  che  individua le risorse da
trasferire  alle  Regioni  e  agli  enti locali per l'esercizio delle
funzioni  di cui all'art. 108 del decreto legislativo n. 112 del 1998
sia  lo schema di dPCm che fissa i criteri di riparto di tali risorse
tra  le  Regioni  e  gli  enti  locali  sono  stati  approvati  dalla
Conferenza  unificata con l'espressa e determinante condizione che lo
Stato istituisse un fondo di 1000 miliardi.
    Inoltre,  come  risulta  dal  verbale  relativo alla seduta della
Conferenza  del  16  marzo  2000,  il  rappresentante  del Governo ha
espressamente  confermato  l'impegno, precisando che il fondo sarebbe
servito per far fronte alle emergenze.
    E'  chiaro, dunque, che l'istituzione ed il finanziamento statale
del  fondo  rivestivano un'importanza fondamentale dal punto di vista
delle  Regioni, e che, senza l'impegno governativo, lo schema di dPCm
non avrebbe ottenuto il parere favorevole della Conferenza.
    La  legge impugnata, invece, ha disatteso l'impegno preso in sede
governativa.  Cio'  costituisce,  ad avviso della ricorrente Regione,
violazione  del principio di leale collaborazione e dell'art. 5 della
Costituzione che ne costituisce il fondamento.
    La  Regione  e'  ben  consapevole  che l'impegno violato e' stato
assunto  a  livello governativo, mentre la violazione di tale impegno
e'  opera  del  legislatore,  cioe'  di  un organo statale diverso da
quello  che  ha assunto l'impegno, ma ritiene che tale differenza non
possa  condurre  alla  affermazione  della  irrilevanza  dell'impegno
assunto,  pena  la  privazione  di ogni significato dei meccanismi di
concertazione  istituzionale  tra  i  soggetti titolari di competenze
costituzionali.
    Se  e'  vero,  in  generale,  che  non  e'  facile  ritrovare una
manifestazione  unitaria  dello "Stato", tuttavia cio' accade proprio
nei  rapporti  fra  Stato  e  Regioni:  nei  confronti delle Regioni,
infatti,  lo  Stato-persona  si  presenta  in  veste  unitaria,  come
dimostra,  tra  l'altro, la consolidata giurisprudenza costituzionale
che nega ingresso, nei conflitti di attribuzione, agli organi statali
non  appartenenti  al potere esecutivo, appunto in considerazione del
fatto che, nelle controversie costituzionali con le Regioni, lo Stato
viene   in   considerazione  come  soggetto  unitario,  rappresentato
esclusivamente dal Presidente del Consiglio.
    Se  assume  un  impegno preciso in sede governativa, lo Stato non
puo'  poi  semplicemente liberarsene mutando l'organo con cui agisce;
l'impegno  preso  fonda una legittima aspettativa nelle Regioni, e la
sua  violazione  si  pone in insanabile contrasto con il principio di
leale  collaborazione,  che costituisce ormai uno dei cardini attorno
ai quali ruotano le relazioni fra Stato e Regioni.
    Si tenga presente, poi, che la collaborazione fra Stato e Regioni
assume  un  significato  particolarmente  pregnante nella materia del
trasferimento  delle  risorse  in  attuazione del decreto legislativo
n. 112  del  1998,  dato  che  l'art. 7, comma 8, decreto legislativo
n. 112  prevede  che,  "al  fine  della  elaborazione degli schemi di
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, la Conferenza
unificata  Stato,  regioni,  citta'  e  autonomie  locali,  di cui al
decreto  legislativo  28  agosto 1997, n. 281... promuove accordi tra
Governo,  regioni  ed enti locali, ai sensi dell'articolo 9, comma 2,
lettera  c),  del  medesimo decreto legislativo". Un accordo preso in
sede  di  Conferenza  unificata,  dunque,  non  puo' essere giudicato
tamquam non esset.
    Quanto  qui  affermato  non intende affatto attribuire alla legge
del  Parlamento  un  ruolo  subordinato di mera ratifica di decisioni
assunte  altrove,  ne'  vuole  affermare  una presunta intangibilita'
delle posizioni espresse dalle istanze rappresentative delle Regioni.
La  ricorrente  Regione  e' ben consapevole che, nell'attuale assetto
costituzionale,  l'organo  rappresentativo  delle  Regioni  non ha un
ruolo  costituzionale riconosciuto, paragonabile a quello che esso ha
in  altri  ordinamenti  di  tipo  federale,  capace  di  condizionare
direttamente la volonta' legislativa.
    Tuttavia,  e massimamente quando il Parlamento opera non soltanto
come  espressione  generale  della volonta' nazionale, ma altresi', e
piu'   particolarmente,   come   espressione   della  volonta'  dello
Stato-persona  in  relazione  agli  altri  soggetti  dell'ordinamento
repubblicano, esso ha l'onere di conformarsi esso stesso al principio
di  leale  collaborazione,  e  non  puo'  limitarsi  a  semplicemente
ignorare  e  violare gli impegni assunti a nome dello Stato. Anche in
tale  senso  vale  il  precetto  costituzionale  dell'art. 5,  ed  in
particolare  la  norma  secondo  la  quale  "la  Repubblica  adegua i
principi   ed   i   metodi   della  sua  legislazione  alle  esigenze
dell'autonomia e del decentramento".
    Dunque pare che, se il Parlamento voleva discostarsi dall'accordo
raggiunto  a  livello  governativo, avrebbe dovuto raggiungere con le
Regioni  un ulteriore specifico accordo sulla norma qui impugnata. Di
qui   l'illegittimita'   del   puro   e   semplice  mancato  rispetto
dell'impegno.
    2. - Irragionevolezza, violazione del principio di corrispondenza
tra  funzioni  trasferite  e risorse messe a disposizione; violazione
degli artt. 118 e 119 della Costituzione.
    Al  precedente  punto si e' illustrata quella che ad avviso della
ricorrente  Regione  e'  l'illegittimita'  costituzionale  dell'avere
costituito  il  fondo  in  violazione degli accordi presi tra Stato e
Regioni.
    A  prescindere  da  tali  accordi,  la ricorrente Regione ritiene
altresi'  che  i  meccanismi  di  costituzione di tale fondo, fondati
sull'apporto  minoritario  dello  Stato  e sull'apporto maggioritario
delle Regioni, siano in se' e per se' costituzionalmente illegittimi.
    Si  consideri,  in  primo  luogo,  che  tale  meccanismo ha nella
sostanza  carattere  coattivo.  In  altre  parole,  non si tratta del
normale  operare  di  un  meccanismo  di partenariato, in cui su base
volontaria  due  soggetti  partecipano  ad  un  progetto  mediante il
rispettivo  contributo,  ma nella sostanza di un prelievo coattivo di
risorse   regionali,   che   vengono   sottratte   o   alla  generale
disponibilita'  della  Regione (secondo il meccanismo di cui al comma
16)  o specificamente a quanto aggiuntivamente destinato alla Regione
in  relazione al recentissimo trasferimento delle funzioni in materia
di viabilita' (secondo il meccanismo di cui al comma 17).
    L'illegittimita'  va  affermata,  in primo luogo, in relazione al
comma  16,  secondo  cui  "il  Fondo  e'  alimentato  per il triennio
2001-2003 da un contributo dello Stato di lire 100 miliardi annue, il
cui  versamento e' subordinato al versamento al Fondo stesso da parte
di  ciascuna regione e provincia autonoma di una percentuale uniforme
delle  proprie  entrate  accertate  nell'anno precedente, determinata
dalla  Conferenza  dei  presidenti  delle  regioni  e  delle province
autonome  in modo da assicurare un concorso complessivo delle regioni
e  delle  province autonome non inferiore, annualmente, al triplo del
concorso statale".
    E'  chiaro  infatti  che  qui  la  legge statale altro non fa che
determinare  la  destinazione  di  una  importante  quota dei bilanci
regionali, sottraendola all'uso delle singole Regioni. In pratica, si
tratta  di  una  acquisizione  coattiva di risorse, di un paradossale
"trasferimento  al  contrario"  di cui non c'e' traccia nell'art. 119
della  Costituzione  e  nei  principi  costituzionali  in  materia di
finanza regionale.
    Le  risorse  finanziarie  attribuite  alle Regioni adempiono alla
funzione  di  permettere  ad  esse  di esercitare in modo adeguato le
proprie   funzioni  (art. 119,  secondo  comma:  "Alle  Regioni  sono
attribuiti  tributi  propri e quote di tributi erariali, in relazione
ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro
funzioni normali", mentre secondo il terzo comma lo Stato assegna per
legge contributi speciali per provvedere a scopi determinati.
    Pienamente  legittimato  e'  dunque  lo  Stato  a  costituire uno
speciale  fondo  per  la protezione civile: anzi, come sopra detto, a
tanto esso era tenuto in base agli accordi intercorsi con le Regioni.
Ma  vi  deve provvedere lo Stato, senza che esso possa nell'occasione
prelevare risorse dai bilanci regionali.
    La   norma   del   comma   16   che   tanto   dispone  e'  dunque
costituzionalmente arbitraria ed illegittima.
    Come  sopra  esposto,  il comma 17 (secondo cui "in sede di prima
applicazione  per  il triennio 2001-2003 il concorso delle regioni al
Fondo di cui al comma 16 e' assicurato mediante riduzione delle somme
trasferite  ai  sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, per l'importo
di  lire  200 miliardi per ciascun anno, con corrispondente riduzione
delle somme indicate all'articolo 52, comma 6, della presente legge")
prevede  un  regime  "transitorio" (anche se per lo stesso periodo di
quello  di  cui  al  comma  16),  fondato  su  un  diverso criterio e
relativamente  piu' favorevole alle Regioni, in quanto comporta per i
relativi bilanci un onere di 200 anziche' di 300 miliardi.
    Tuttavia,  presupposta  l'illegittimita' del meccanismo di cui al
comma  16,  ad  essa  si  deve  sommare  l'illegittimita'  anche  del
meccanismo alternativo, e sia pure piu' favorevole.
    In  primo luogo, infatti, si tratta sempre di un prelievo forzoso
dai bilanci regionali.
    Se  lo  si  considera  come  riduzione  delle  risorse  legate al
trasferimento   delle  funzioni  relative  alla  viabilita',  la  sua
illegittimita' appare non meno evidente.
    Va  ricordato  che,  a sua volta, l'art. 52, comma 6, della legge
n. 388  del  2000 autorizza le regioni "ad assumere impegni per nuove
opere  stradali  di  interesse  regionale,  a  valere  sulle  risorse
destinate  per  il  completamento  del trasferimento di funzioni alle
regioni ed agli enti locali".
    In  sostanza,  la legge statale, dopo aver accollato alle Regioni
l'onere  di  contribuire  per  la  maggior  parte  al  Fondo  da essa
istituito,  si  preoccupa  di  indicare  il  modo  in  cui le Regioni
possono,  nel  primo  triennio, fare fronte a tale onere: a tal fine,
essa  riduce le somme trasferite ai sensi della legge n. 59 del 1997,
in  particolare  le  somme  destinate  a finanziare gli interventi in
materia di viabilita' di interesse regionale.
    Dunque,  somme  gia'  assegnate  alle  Regioni per lo svolgimento
delle  funzioni  in materia di viabilita' vengono sottratte alla loro
destinazione  per  finanziare, nel primo triennio, il Fondo regionale
di    protezione   civile.   Cio'   costituisce   chiara   violazione
dell'autonomia    finanziaria    delle   Regioni,   con   conseguente
compromissione  della potesta' amministrativa regionale in materia di
viabilita'. In particolare, la norma statale risulta irragionevole in
quanto, ferme restando le funzioni trasferite, distoglie risorse gia'
assegnate per lo svolgimento di quelle funzioni e le assegna ad altra
destinazione.   Risulta   inoltre   violato   l'ovvio   principio  di
corrispondenza   tra   funzioni   trasferite   e   risorse   messe  a
disposizione,   principio   che   trova   fondamento   costituzionale
nell'art. 119,  secondo  comma ("Alle Regioni sono attribuiti tributi
propri  e  quote  di  tributi erariali, in relazione ai bisogni delle
Regioni  per  le  spese  necessarie  ad  adempiere  le  loro funzioni
normali")  ed  e' ribadito anche dalla legislazione ordinaria. Cosi',
l'art. 7,   comma   1,  legge  n. 59  del  1997  stabilisce  che  "il
trasferimento  dei  beni e delle risorse deve comunque essere congruo
rispetto  alle competenze trasferite"; l'art. 7, comma 2, del decreto
legislativo  n. 112  del  1998 precisa che "per garantire l'effettivo
esercizio  delle funzioni e dei compiti conferiti, i provvedimenti di
cui  all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che individuano
i  beni  e  le risorse da ripartire tra le regioni e tra le regioni e
gli enti locali, osservano i seguenti criteri:
        a)  la decorrenza dell'esercizio delle funzioni e dei compiti
conferiti  contestualmente  all'effettivo  trasferimento  dei  beni e
delle  risorse  finanziarie, umane, organizzative e strumentali, puo'
essere  graduata,  secondo  date  certe,  in  modo  da  completare il
trasferimento entro il 31 dicembre 2000;
        b)  la  devoluzione  alle  regioni  e agli enti locali di una
quota  delle risorse erariali deve garantire la congrua copertura, ai
sensi  e  nei  termini di cui al comma 3 del presente articolo, degli
oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti
nel  rispetto dell`autonomia politica e di programmazione degli enti;
in  caso  di  delega  regionale  agli enti locali, la legge regionale
attribuisce  ai  medesimi  risorse  finanziarie  tali da garantire la
congrua copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni
delegate,  nell'ambito  delle  risorse  a  tale  scopo effettivamente
trasferite  dallo  Stato alle regioni"; il comma 8 aggiunge, poi, che
gli  schemi  dei  d.P.C.m.  i  trasferimenti  delle  risorse "debbono
contenere ...";
        d)  la  congrua  quantificazione dei fabbisogni finanziari in
relazione  alla  concreta  ripartizione  di  funzioni  e  agli  oneri
connessi  al  personale,  con  decorrenza  dalla  data  di  effettivo
esercizio  delle  funzioni  medesime,  secondo i criteri stabiliti al
comma 2 del presente articolo".
    Pare  dunque  evidente l'incostituzionalita', per contrasto con i
parametri  indicati  in epigrafe, di una norma legislativa che riduca
somme  gia' assegnate in relazione a certe funzioni per destinarle ad
altre  funzioni,  senza  che  l'assetto  delle  prime sia minimamente
mutato.
    Tutto  cio'  premesso, la ricorrente Regione Emilia-Romagna, come
sopra rappresentata e difesa,
                              P. Q. M.
    Voglia    l'eccellentissima   Corte   costituzionale   dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale  congiuntamente  dei  commi  16 e 17
dell'art. 138 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria
2001), nella parte in cui essi non mantengono l'impegno assunto dallo
Stato  di  costituire  un  Fondo  della dimensione di 1000 miliardi e
nella  parte  in  cui  essi  comportano  oneri  a  carico dei bilanci
regionali  ovvero riduzioni di trasferimenti dallo Stato alle Regioni
per  violazione  delle  regole  e principi costituzionali indicati in
premessa, nei termini sopra illustrati.
        Padova-Roma, addi' 26 gennaio 2001
          Avv. prof. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi
    Allegati
    1)    Deliberazione    della    Giunta    regionale   n. 61   del
25 gennaio 2001, concernente l'instaurazione del presente giudizio.
    2) Procura speciale del 26 gennaio 2001 (rep. n. 44684).
    3)   Verbale   della   seduta   della  Conferenza  unificata  del
16 marzo 2000.
    4)   Verbale   della   seduta   della  Conferenza  unificata  del
3 agosto 2000.
01C0162