N. 95 SENTENZA 21 marzo - 4 aprile 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Oggetto della questione - Delimitazione.
- Cod. proc. pen., artt. 294, commi 1 e 1-bis, e 302.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
Processo  penale  -  Interrogatorio  di  garanzia  - Misure cautelari
  personali  -  Perdita di efficacia delle misure coercitive, diverse
  dalla  custodia  cautelare,  e  di  quelle interdittive, in caso di
  omesso  interrogatorio  dell'indagato  entro  il  termine (di dieci
  giorni)  previsto  dall'art.  294,  comma  1-bis, cod. proc. pen. -
  Mancata previsione Violazione del diritto di difesa e del principio
  di  eguaglianza  -  Identita'  di  funzione dell'interrogatorio per
  tutte le misure cautelari personali - Illegittimita' costituzionale
  in parte qua.
- Cod. proc. pen., art. 302.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.15 del 11-4-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:    Fernando   SANTOSUOSSO,   Riccardo   CHIEPPA,   Gustavo
ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI MODONA, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  articoli  294,  commi  1 e 1-bis e 302 del codice di procedura
penale,  promosso  con  ordinanza  emessa  il  24 settembre  1999 dal
tribunale di Milano, iscritta al n. 535 del registro ordinanze 2000 e
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 41, prima
serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 gennaio 2001 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ordinanza  in data 24 settembre 1999, il tribunale di
Milano  -  chiamato  a  decidere, in funzione di giudice del riesame,
sull'appello proposto dal pubblico ministero avverso un'ordinanza del
giudice   per  le  indagini  preliminari,  con  la  quale  era  stata
dichiarata la perdita di efficacia della misura cautelare del divieto
di  dimora  per  mancato espletamento dell'interrogatorio di garanzia
nei termini previsti dall'articolo 294 del codice di procedura penale
-   ha   sollevato,  in  riferimento  agli  articoli  3  e  24  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale del combinato
disposto  degli  articoli  294,  commi 1 e 1-bis, e 302 del codice di
procedura  penale,  "nella  parte in cui non prevedono che al mancato
interrogatorio  dell'indagato  sottoposto  a misura cautelare diversa
dalla custodia in carcere e dagli arresti domiciliari, nel termine di
10  giorni  dalla  esecuzione  della  misura,  consegua la perdita di
efficacia dell'ordinanza impositiva della stessa".
    Il giudice a quo, dopo aver escluso che l'articolo 302 del codice
di  procedura penale possa trovare applicazione analogica nel caso di
mancato  interrogatorio nel termine di dieci giorni dall'inizio della
esecuzione  di una misura cautelare coercitiva non custodiale, rileva
che  se  prima della riforma del 1995 (che ha introdotto l'obbligo di
interrogatorio   anche   in   relazione  all'applicazione  di  misure
cautelari  diverse  da  quelle  custodiali)  la limitazione alla sola
custodia   cautelare   delle   conseguenze   derivanti   dal  mancato
interrogatorio  poteva essere giustificata, poiche' in relazione alle
altre  misure  cautelari non sussisteva l'obbligo, per il giudice che
le  aveva  disposte,  di  procedere  all'interrogatorio  del soggetto
colpito  dalle  misure  stesse,  con  l'introduzione  dell'obbligo di
interrogatorio  entro  il termine di dieci giorni per le altre misure
cautelari, sia coercitive che interdittive (comma 1-bis dell'articolo
294), l'omessa previsione della perdita di efficacia per tali misure,
conseguente  alla  mancata modificazione dell'articolo 302 del codice
di procedura penale, non troverebbe piu' alcuna giustificazione.
    In  cio'  il remittente ravvisa una violazione degli articoli 3 e
24  della Costituzione. Infatti, se la ratio della disposizione e' di
imporre   al   giudice,   che  ha  applicato  una  misura  cautelare,
l'immediata   contestazione   dei   fatti   oggetto  dell'imputazione
cautelare  all'indagato e di consentire a quest'ultimo di svolgere le
sue  difese  attraverso  lo  strumento  dell'interrogatorio,  nessuna
diversita'   di  regime  sarebbe  giustificata  dal  tipo  di  misura
cautelare  imposta.  Il  diritto  di  difesa  dovrebbe  svolgersi con
riferimento  anche  a  misure  cautelari  che, pur non custodiali, si
concretano  in  significative restrizioni della liberta' personale, e
del  tutto irragionevole sarebbe la previsione di un atto di garanzia
senza l'indicazione di qualsiasi conseguenza in caso di inosservanza.
Ad  avviso  del remittente, la "sanzione" di inefficacia della misura
rappresenterebbe  la naturale conseguenza del mancato interrogatorio,
sia  per  l'identita' dello strumento di difesa previsto ai commi 1 e
1-bis  dell'articolo  294 del codice di procedura penale, sia perche'
non    sarebbe   prospettabile   una   diversa   soluzione   rispetto
all'inosservanza dell'obbligo previsto.
    Quanto  alla  rilevanza,  il giudice a quo osserva che in caso di
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  sarebbe  tenuto  a
rigettare  l'appello  proposto dal pubblico ministero, mentre in caso
contrario      l'interpretazione      prospettata     dall'appellante
determinerebbe  la  revoca  dell'ordinanza impugnata ed il ripristino
della misura cautelare nei confronti dell'indagato.
    2. - E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura,  non sarebbe irragionevole la scelta
del  legislatore  di prevedere la perdita immediata di efficacia solo
della  custodia cautelare (e degli arresti domiciliari) se il giudice
non procede all'interrogatorio entro il termine fissato dall'articolo
294  del  codice  di procedura penale. La graduazione degli strumenti
difensivi  offerti  agli  imputati  sarebbe, infatti, funzionale alle
diverse  situazioni  nelle  quali  gli stessi versano: ferma restando
l'inviolabilita' del diritto di difesa, che si attua anche attraverso
l'interrogatorio,  sarebbe  giustificato  che il legislatore colleghi
all'inutile  decorso  del  termine per l'interrogatorio la perdita di
efficacia della piu' grave delle misure cautelari, mentre non sarebbe
irragionevole,  in  considerazione  della  minore  loro  gravita', la
mancata previsione della estinzione delle altre misure cautelari.
    Ad   avviso  dell'Avvocatura,  inoltre,  neanche  l'articolo  24,
secondo   comma,   della  Costituzione  potrebbe  ritenersi  violato,
giacche',  nel  caso  in  esame,  la  diversificazione  dei  modi  di
esercizio   del   diritto   di  difesa  a  seconda  delle  situazioni
processuali  o  sostanziali,  oggettive o soggettive, nelle quali gli
imputati  si  trovino,  non pregiudicherebbe, comunque, il diritto di
difesa nella sua essenza.

                       Considerato in diritto

    1. - Sono  oggetto della questione di legittimita' costituzionale
sollevata dal tribunale di Milano gli articoli 294, commi 1 e 1-bis e
302 del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevedono
che  al  mancato  interrogatorio  dell'indagato,  sottoposto a misura
cautelare   diversa   dalla  custodia  in  carcere  e  dagli  arresti
domiciliari,  nel  termine  di  dieci  giorni  dalla esecuzione della
misura,  consegua  la  perdita di efficacia dell'ordinanza impositiva
della stessa".
    Le disposizioni censurate sarebbero in contrasto con gli articoli
3  e  24 della Costituzione. Se la ratio delle disposizioni contenute
nei  commi  1  e 1-bis dell'articolo 294 - osserva il remittente - e'
quella  di imporre al giudice, mediante l'interrogatorio, l'immediata
contestazione   all'indagato  dei  fatti  che  hanno  dato  luogo  al
provvedimento  cautelare  al  fine di consentirgli di svolgere le sue
difese,    non    sarebbe   giustificata   la   previsione   di   cui
all'articolo 302,  che  limita alle sole misure custodiali la perdita
di  efficacia conseguente all'omesso interrogatorio dell'indagato nei
termini  previsti.  Il  diritto  di difesa dovrebbe, infatti, trovare
analoghe opportunita' di svolgimento in riferimento a tutte le misure
cautelari   personali,   custodiali  o  non,  poiche'  queste  ultime
determinerebbero,  al  pari  delle  prime,  significative restrizioni
della liberta' della persona. Sarebbe quindi del tutto ingiustificato
predisporre   un  atto  di  garanzia,  qual  e'  l'interrogatorio  da
svolgersi   entro   pochi   giorni   dall'esecuzione   dell'ordinanza
impositiva  della  misura, senza prevedere conseguenza alcuna in caso
di inosservanza.
    2.  -  Anche se apparentemente esteso all'articolo 294, commi 1 e
1-bis  del  codice  di  procedura  penale,  il dubbio di legittimita'
costituzionale  espresso  dal  remittente deve ritenersi circoscritto
all'articolo  302, giacche' e' solo a questo che puo' essere riferita
la mancata previsione della perdita di efficacia delle "altre" misure
cautelari   coercitive   ed   interdittive   nel   caso   di   omesso
interrogatorio nel termine stabilito.
    Cosi'  delimitato  l'oggetto  della questione, le premesse per il
suo  accoglimento  sono  gia'  racchiuse  in  quei  precedenti  della
giurisprudenza costituzionale che hanno posto in risalto, da un lato,
la peculiare funzione dell'interrogatorio di garanzia, dall'altro, la
natura  afflittiva delle misure cautelari personali interdittive, che
possono  inscriversi  in  un  ordine  di limitazioni non dissimile da
quello  a  cui appartengono le misure custodiali, incidendo anch'esse
sulla liberta' della persona.
    Che  l'interrogatorio  previsto  dall'articolo  294, comma 1, del
codice  di  procedura  penale costituisca, fra tutti, lo strumento di
difesa  piu'  efficace  in  relazione alla cautela disposta, e' stato
ripetutamente  affermato  da  questa  Corte. Solo l'interrogatorio di
garanzia,   consistendo  in  un  colloquio  diretto  tra  la  persona
destinataria  della  misura cautelare e il giudice che l'ha adottata,
e'  specificamente  rivolto a consentire a quest'ultimo di verificare
la  sussistenza  o  la  permanenza  delle condizioni poste a base del
provvedimento (sentenze n. 32 del 1999 e n. 77 del 1997).
    L'incisivita'  delle  misure interdittive sulla vita lavorativa e
sulle  relazioni  sociali della persona che ne e' colpita era stata a
sua  volta  sottolineata  nella sentenza n. 5 del 1994, in cui si era
segnalata l'esigenza che il legislatore provvedesse ad un adeguamento
delle  garanzie  processuali della difesa in questo settore, cosi' da
assicurare ai destinatari di tali misure un livello di tutela, se non
identico,  quantomeno  equiparabile  a  quello riservato alle persone
sottoposte  alla  custodia  cautelare in carcere o in luogo di cura o
agli  arresti  domiciliari. Quella sentenza, peraltro, non disconobbe
l'esistenza   di   un  ambito  di  discrezionalita'  da  lasciare  al
legislatore:  quanto allo strumento da adottare per rendere effettivo
il  diritto  di  difesa  era  infatti  ipotizzabile una pluralita' di
soluzioni,  ed appariva egualmente rimessa ad una opzione legislativa
la  possibilita'  di  graduare  le  garanzie  processuali  secondo il
diverso  contenuto  afflittivo  delle  singole misure, coercitive non
custodiali  e  interdittive,  che sono previste, rispettivamente, nei
Capi  II  e  III  del  Titolo  I del Libro IV del codice di procedura
penale.  E  tuttavia,  il  profilo  sotto  il quale la disciplina non
poteva  dirsi  conforme  all'articolo 24 della Costituzione veniva in
quella  sentenza  identificato  con  precisione  e  puntualizzato nel
diritto del destinatario di una misura cautelare ad essere ascoltato,
senza dilazione, dal giudice che l'aveva adottata.
    Vigente   l'articolo   294   del   codice  di  procedura  penale,
nell'originario  testo,  rimedi difensivi quali l'appello o l'istanza
per la revoca o la sostituzione della misura, peraltro comuni a tutte
le  misure  cautelari  personali,  e  la richiesta di riesame, per le
misure coercitive, non risultavano affatto appaganti. Nessuno di essi
consentiva  infatti  il  contatto  diretto  con  il giudice che aveva
emesso  il  provvedimento;  lo stesso termine di cinque giorni per la
decisione  sull'istanza  di revoca, previsto dall'articolo 299, comma
3, aveva carattere ordinatorio e la sua inosservanza restava priva di
conseguenze processuali. Di qui l'esortazione da questa Corte rivolta
al   legislatore   affinche'   rendesse   la  disciplina  conforme  a
Costituzione intervenendo su alcuni specifici aspetti: la doverosita'
dell'interrogatorio, il termine, eventualmente diverso per le singole
misure,  entro  il  quale  esso  si sarebbe dovuto tenere, nonche' la
sanzione processuale per l'ipotesi di inosservanza.
    3.  -  L'invito  formulato con la sentenza n. 5 del 1994 e' stato
solo in parte raccolto dal legislatore. Con l'articolo 11 della legge
8 agosto  1995,  n. 332  (Modifiche  al codice di procedura penale in
tema  di  semplificazione  dei procedimenti, di misure cautelari e di
diritto  di difesa), e' stato modificato l'articolo 294 del codice di
procedura  penale,  che  attualmente non riguarda piu' le sole misure
custodiali,  ma  tutte  le misure cautelari personali, come si evince
gia'  dalla  nuova  rubrica  dell'articolo.  Ferma  la previsione del
termine di cinque giorni per l'espletamento dell'interrogatorio della
persona  sottoposta  a  custodia  cautelare,  e'  stato introdotto un
termine  piu'  ampio, di dieci giorni, per tutte le altre misure, non
solo  per  quelle  interdittive  (alle  quali  si  riferiva la citata
sentenza),  ma anche per quelle coercitive (comma 1-bis dell'articolo
294).
    Quella  discrezionalita',  che  la  sentenza  n. 5 del 1994 aveva
ritenuto spettare al legislatore e che, come si e' ricordato, avrebbe
potuto  giustificare  una graduazione delle garanzie in ragione della
diversa  afflittivita'  delle varie misure, e' stata quindi orientata
nel senso della loro unificazione affinche' ne risultasse tutelata al
piu'  alto  livello  l'effettivita'  del  diritto di difesa. In altri
termini,  nonostante  vi  fosse  la possibilita' di operare ulteriori
distinzioni, si e' ritenuto che per tutte le "altre" misure cautelari
di cui all'articolo 294, comma 1-bis il colloquio con il giudice, che
l'articolo  294,  comma  3,  configura  come  la  specifica  garanzia
processuale   preordinata   alla   verifica   delle   condizioni   di
applicabilita'  e del permanere delle esigenze cautelari, non potesse
essere differito oltre il decimo giorno dall'inizio della esecuzione.
    Il  legislatore  ha,  tuttavia, omesso di adeguare l'articolo 302
del codice di procedura penale, che continua a prevedere l'estinzione
della sola custodia cautelare nel caso in cui sia decorso inutilmente
il  termine  per  procedere  all'interrogatorio,  al  nuovo ambito di
operativita' dell'articolo 294, il quale, in seguito all'introduzione
del comma 1-bis trova ora applicazione, con il diverso termine di cui
si e' detto, per tutte le misure cautelari personali.
    Che  questa  omissione  comporti violazione degli articoli 3 e 24
della  Costituzione consegue al gia' intervenuto riconoscimento della
identita' della funzione che l'interrogatorio dispiega in relazione a
tutte   le   misure  cautelari  personali,  posto  che  anche  quelle
coercitive  diverse  dalla  custodia  cautelare e quelle interdittive
limitano la liberta' della persona (vedi, per il divieto di espatrio,
che  pure  si  colloca  nel  gradino  piu'  basso  nella  scala delle
afflittivita',  la  sentenza n. 109 del 1994), incidono negativamente
sulla   sua  attivita'  di  lavoro  e  costituiscono  un  consistente
impedimento alla vita sociale. Proprio l'attitudine a comprimere beni
fondamentali della persona, che rappresenta il tratto comune di tutte
le  misure  cautelari  personali,  esige che identica sia la sanzione
processuale  nel  caso in cui l'interrogatorio non venga compiuto nel
termine prescritto.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo 302 del
codice  di  procedura  penale,  nella parte in cui non prevede che le
misure  cautelari  coercitive,  diverse  dalla  custodia cautelare, e
quelle  interdittive,  perdono immediatamente efficacia se il giudice
non    procede   all'interrogatorio   entro   il   termine   previsto
dall'articolo 294, comma 1-bis.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2001
                       Il Presidente: Ruperto
                      Il redattore: Mezzanotte
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 4 aprile 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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