N. 281 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 2000

Ordinanza  emessa  il  17  novembre  2000 dal g.i.p. del tribunale di
Saluzzo nel procedimento penale a carico di Pino Santino

Processo  penale  -  Giudizio  abbreviato  -  Impossibilita'  per  il
  pubblico   ministero   di   contraddire   la   richiesta  formulata
  dall'imputato,   con   esclusione   della  facolta'  di  richiedere
  integrazione  probatoria  e  di  impugnare  la sentenza di condanna
  (salva  l'ipotesi  in  cui  venga modificato il titolo del reato) -
  Preclusione  per il giudice del potere di respingere la richiesta -
  Attribuzione  all'imputato  del diritto di decidere sulle modalita'
  di  definizione  delgiudizio  con  conseguimento  automatico di uno
  sconto di pena - Contrasto con le finalita' dell'istituto - Lesione
  del   principio  di  indipendenza  del  giudice  -  Violazione  del
  principio del contraddittorio.
- Cod.  proc.  pen.,  art.  438,  nel testo introdotto dalla legge 16
  dicembre 1999, n. 479.
- Costituzione, artt. 101 e 111.
(GU n.17 del 2-5-2001 )
                 IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE

    Premesso  che  all'udienza  preliminare  del  7  giugno 2000 ed a
quella successiva del 14 novembre 2000 nelprocedimento n. 236/97 r.g.
l'imputato  Pino  Santino  ha richiesto, tramite il proprio difensore
munito  di  procura  speciale,  che  il processo a suo carico venisse
definito  nelle forme del giudizio abbreviato, ai sensi dell'art. 438
e segg. c.p.p.;
    Che il p.m. ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'attuale  formulazione dell'art. 438 citato, deducendo violazione
degli artt. 101 e 111 della Costituzione;
    Sentito il difensore dell'imputato;

                            O s s e r v a

    Con  l'entrata  in  vigore della legge n. 479 del 1999 sono state
introdotte  numerose  e  significative  modifiche alla disciplina del
giudizio  abbreviato talche' essa appare oggi completamente stravolta
rispetto  alla  disciplinaoriginaria,  che era ispirata ad una logica
deflattiva,   mediante  l'abbreviazione  dei  tempi  processuali,  in
conseguenza  del mancato svolgimento dell'istruttoria dibattimentale,
o della intera fase dibattimentale.
    Ed  e'  proprio  al  fine  di  realizzare  tale  esigenza  che il
legislatore  ha  previsto uno sconto di pena al soggetto richiedente,
in  caso di condanna, in cambio dell'accettazione di un giudizio allo
stato degli atti.
    Senonche',   con  la  novella  n. 479/1999  l'impianto  normativo
dell'istituto e' stato sostanzialmente riscritto, in quanto:
        a) e' venuto meno il consenso del pubblico ministero;
        b) e'  venuto meno il requisito ella definibilita' allo stato
degli  atti  come criterio di ammissibilita' del giudizio abbreviato,
il  quale  dunque  puo'  essere  disposto  sulla base di una semplice
richiesta formulata dall'imputato;
        c) e'  prevista  la  possibilita'  di assumere prove pure nel
corso  del  giudizio  abbreviato  al  fine  di sopperire ad eventuali
incompletezze  dell'indagine  preliminare; in particolare e' prevista
la   possibilita',   per  l'imputato,  di  subordinare  la  richiesta
all'assunzione di nuove prove.
    Cio'  premesso  ritiene  lo scrivente che la nuova configurazione
normativa  del  giudizio  appare  in  contrasto  con  alcuni principi
costituzionali.
    Occorre  anzitutto soffermarsi sulla nuova formulazione dell'art.
111  della  Costituzione,  secondo la quale la giurisdizione si attua
mediante il giusto processo regolato dalla legge, e che ogni processo
si  svolge in contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita',
davanti ad un giudice terzo ed imparziale.
    Tale  disposizione non puo' che riguardare ogni fase processuale,
e dunque non solo la fase dibattimentale vera e propria, in quanto le
norme   contenute   nei   successivi  commi  4  e  5  regolano,  piu'
specificamente, l'applicazione del principio del contraddittorio alle
sole fasi in cui viene assunta la prova.
    Ne  deriva  che non puo' verificarsi, nel processo penale, alcuna
situazione  giuridica  che  non  riconosca, aciascuna delle parti, il
diritto   ad  interloquire.  La  disposizione  dell'art.  438  c.p.p.
consente  -  invece - ad una sola parte, e precisamente all'imputato,
di poter decidere circa la modalita' di definizione del giudizio.
    Occorre  peraltro rilevare, anche in punto rilevanza nel processo
in  corso,  che la possibilita' del p.m.di contraddire su un piano di
parita',  la  richiesta  dell'imputato, dovrebbe comportare una delle
seguenti conseguenzeprocessuali:
        1) o  il  dissenso motivato del p.m. comporta la prosecuzione
del  processo  con  il  rito  ordinario, salva la possibilita' per il
giudice  di  riconoscere la non congruita' delle motivazioni addotte,
con conseguente attribuzione dello sconto di pena, oppure;
        2) dovrebbe   riconoscersi  al  giudice  la  possibilita'  di
pronunciarsi  immediatamente  circa la ammissibilita' della richiesta
dell'imputato.
    Va  inoltre  sottolineato  come  l'attuale  disciplina  del  rito
introduca  evidenti  disparita'  nel  sistema processuale, laddove, a
fronte  della  perdita,  per  il  p.m., del diritto di contraddire la
richiesta  di  rito  abbreviato,  non si accompagna neppure una nuova
maggiore  estensione dell'esercizio del diritto alla prova, posto che
il  p.m.  non  ha facolta' di richiedere integrazioni probatorie, ne'
puo'  impugnare  le  sentenze  di  condanna,  salva  l'ipotesi in cui
vengamodificato il titolo del reato.
    In  secondo  luogo  la  disciplina  attuale  appare  altresi'  in
contrasto con l'art. 101, secondo comma. della Costituzione, laddove,
(nel   caso   in   cui  l'imputato  non  formuli  alcuna  istanza  di
integrazione  probatoria),  nega  algiudice  il  potere di deliberare
sulle  questioni  prospettate  dalle  parti in contraddittorio tra di
loro,  talche'  lasoggezione  del  giudice  alla  legge  finisce  per
risolversi  in  una  soggezione alla mera volonta' di una delle parti
del  processo, dovendosi lo stesso limitare ad un controllo meramente
formale  della richiesta, senza poterla eventualmente respingere, per
motivi attinenti al merito.
    L'attuale  assetto  normativo,  pertanto,  introduce un singolare
diritto  soggettivo  assoluto dell'imputato non solo sulla scelta del
rito, ma anche al conseguimento automatico di uno sconto di pena.
    Tale  automatismo  comporta,  di  fatto,  la  vanificazione delle
finalita'  di  speditezza  e  di economia perseguite dal legislatore,
allorquando  si renda necessaria una integrazione probatoria che - da
un  lato  -  non  consente  algiudice  di respingere la richiesta e -
dall'altro  -  gli  impone di praticare all'imputato quello sconto di
pena,  senza  che gli sia consentito distinguere tra coloro che hanno
contribuito  alla  riduzione  dei  tempi  processuali, e coloro che -
invece  -  hanno  provocato  la  dilatazione degli stessi, attraverso
attivita'  di  integrazione probatoria. L'attuale disciplina del rito
abbreviato si presenta pertanto come irrazionale, in quanto confligge
con  la  finalita' "premiale" che dovrebbe ispirare l'istituto di cui
trattasi.
    Alla  stregua  delle considerazioni che precedono, le prospettate
questioni  di legittimita' costituzionale appaiono non manifestamente
infondate e la loro definizione appare rilevante rispetto al giudizio
in corso, che va pertanto sospeso, con conseguente trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  438  del codice di procedura
penale, nel testo introdotto dalla legge 16 dicembre 1999, n. 497, in
riferimento agli artt. 111 e 101 della Costituzione;
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
    Dispone  la  sospensione  del presente giudizio e la trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale in Roma.
        Saluzzo, addi' 17 novembre 2000
                       Il giudice: Arcidiacono
01C0380