N. 315 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 gennaio 2001

Ordinanza  emessa  il  22 gennaio  2001 dalla Corte di cassazione sul
ricorso proposto da Ministero della sanita' contro I.P.Se.Ma.

Sanita' pubblica - Assistenza sanitaria al personale navigante - Beni
  immobili,   gia'   appartenenti  alle  soppresse  Casse  marittime,
  divenuti  di proprieta' dell'I.P.Se.Ma. (Istituto di previdenza per
  il  settore  marittimo),  successore  ex lege  delle  stesse  Casse
  marittime  -  Vincolo  di  destinazione,  perpetuo ed irrevocabile,
  all'assistenza  sanitaria  erogata  al  personale  navigante  dagli
  uffici  del  Ministero della Sanita' - Gratuita' - Irrazionalita' -
  Incidenza   sul  principio  della  garanzia  previdenziale  per  la
  possibile               compromissione              dell'efficienza
  dell'attivita'istituzionale   dell'I.P.Se.Ma.   -   Richiamo   alla
  ordinanza della Corte costituzionale n. 315/1987.
- D.L.  7  novembre  1981, n. 632, conv., con modificazioni, in legge
  22 dicembre 1981, n. 767, art. 1, quarto comma.
- Costituzione, artt. 3 e 38, quarto comma.
(GU n.18 del 9-5-2001 )
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordlnanza, sul ricorso proposto da
Ministero   della   sanita'   in  persona  del  Ministro  in  carica,
domiciliato  in  Roma,  via  dei  Portoghesi n. 12, presso gli uffici
dell'Avvocatura  generale  dello  Stato, che lo rappresenta e difende
per legge, ricorrente;
    Contro  I.P.Se.Ma.  -  Istituto  di  previdenza  per  il  settore
marittimo  -  successore  ex  lege  della  Cassa  Marittima  Tirrena,
elettivamente  domiciliato in Roma, via Giuseppe Palumbo n. 3, presso
l'avv.  Ugo  Pansolli,  che lo rappresenta e difende giusta delega in
atti unitamente agli avv.ti Gianfausto Lucifredi, Lorenzo De Gregori,
Piero  Sardos  Albertini, controricorrente, avverso la sentenza della
Corte d'appello di Genova n. 446del 15 maggio 1995.
    Udita  la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22 gennaio  2001  dal  relatore cons. Luigi Macioce. Udito l'avvocato
dello  Stato  Sabelli  per  la  ricorrente amministrazione. Uditi gli
avvocati  Lucifredi  e  Pansolli  per  il controricorrente I.P.Se.Ma.
Udito  il  p.m.,  in persona del sostituto procuratore generale dott.
Marco Pivetti che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

                               Rileva

    Con  citazione  del 19 luglio 1984 la Cassa Marittima Tirrena per
gli  infortuni  sul  lavoro  e  le  malattie  professionali conveniva
innanzi  al  tribunale  di  Genova  il  Ministero  della  sanita'  ed
esponeva:
        che  per legge aveva gestito l'assicurazione obbligatoria per
gli infortuni sul lavoro del personalenavigante;
        che  aveva  chiuso  la  gestione  il 31 dicembre 1982 essendo
stata l'assistenza sanitaria trasferita alla competenza del Ministero
dal  1o gennaio  1983  e per effetto del decreto del Presidente della
Repubblica n. 620/1980;
        che l'art. 12 di tale decreto aveva disposto che gli immobili
delle  soppresse  gestioni sanitarie delle casse venissero trasferiti
dal  1o gennaio  1981  al  patrimonio  dello  Stato,  con  vincolo di
destinazione  agli uffici di porto ed aeroporto, nel mentre l'art. 1,
quarto comma, del d.l. n. 632/1981, conv. in legge n. 767/1981, aveva
statuito  che  gli  immobili appartenenti alla gestione previdenziale
delle  casse,  e  destinati  in  prevalenza  alle  soppresse gestioni
sanitarie,  pur rimanendo in proprieta' delle casse fossero vincolati
all'uso esclusivo dell'assistenza sanitaria del personale navigante;
        che   per  tal  uso,  e  nonostante  numerose  richieste,  il
Ministero  non  aveva  versato  alcun corrispettivo ne' rimborsato la
quota di oneri accessori.
    Su  tali  premesse la Cassa chiedeva la condanna del Ministero al
rilascio  dei  suoi  numerosi immobili utilizzati, al pagamento delle
indennita'  ragguagliate  al  canone UTE, al rimborso degli oneri. Il
Ministero si costituiva deducendo l'infondatezza delle domande, posto
che la Cassa aveva pur sempre conservato la proprieta' degli immobili
in  base  a  previsione  di  destinazione coerente con le linee della
riforma   del  1978.  L'adito  tribunale  con  ord.  3 novembre  1986
rimetteva  alla  Corte  costituzionale  la  questione di legittimita'
dell'art. 1,  quarto  comma,  legge  n. 767/1981  con  riguardo  alla
assenza di indennizzo e per la violazione dell'art. 42 Cost.
    La  Corte,  con  ordinanza  n. 515/1987,  dichiarava la questione
manifestamente    inammissibile   perche'   involvente   profili   di
interpretazione  della  norma  (che  spettava  al giudice valutare in
termini  -  non  esclusi  -  di  onerosita' del rapporto e quindi con
effetti di compatibilita' costituzionale).
    Il  tribunale,  pertanto,  con sentenza non definitiva 23 ottobre
1989  condannava  il  Ministero  a  corrispondere dal 1o gennaio 1983
l'indennita'  di  occupazione degli immobili della Cassa ed a versare
gli oneri di manutenzione e gestione.
    La  pronunzia  era,  infine, confermata dalla Corte di Genova con
sentenza 15 maggio 1995 che riteneva ineludibile l'affermazione della
onerosita'    del    rapporto,    essendo   l'unica   interpretazione
costituzionalmente corretta.
    Per  la  cassazione  di  tale  sentenza  l'amministrazione  della
sanita'  ha  proposto ricorso con atto del 1o aprile 1996 denunziante
la  violazione dell'art. 1, quarto comma, del d.l. n. 632/1981, conv.
in legge n. 776/1981.
    Ha  resistito con controricorso l'I.P.Se.Ma. succeduto alla Cassa
ex  art. 2,  d.lgs.  n. 479/1994.  Le  parti hanno richiesto ripetuti
rinvii  della  fissata  udienza  di  discussione  per  la  dichiarata
prossimita' di un accordo a definizione dell'intera questione.
    Fissata altra udienza, e constatata l'inesistenza di tale intesa,
acquisite  memorie  finali,  i  difensori hanno discusso oralmente e,
sulle  trascritte  richieste  del  p.g.,  il collegio ha riservato di
decidere.

                            O s s e r v a

    1. - La  ricorrente  amministrazione  della  sanita'  imputa alla
sentenza  della  Corte di Genova, che ha ritenuto spettare alla Cassa
Marittima  Tirrena  un  indennizzo per l'uso perpetuo ed irrevocabile
che  tale  amministrazione  effettua  degli  immobili della Cassa, la
violazione  dell'art. 1, quarto comma, del d.l. n. 632/1981, conv. in
legge   n. 767/1981,  essendo  l'utilizzazione  perpetua  e  gratuita
l'ineluttabile  portata della lettera e della ratio legis ed in piena
coerenza  con  le  linee  della  riforma  sanitaria.  L'I.P.Se.Ma.  -
succeduto   alle  Casse  Marittime  nella  titolarita'  dei  relativi
patrimoni  (decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479) - non formula
alcuna  censura avverso la statuizione della sentenza che ha respinto
il  suo  appello  principale  avverso  la  decisione  di  prime  cure
(reiettiva  della domanda di rilascio-restituzione degli immobili) ma
contesta  l'interpretazione proposta dalla ricorrente e ribadisce che
la lettura delle norme, nel senso della onerosita' della destinazione
d'uso,  sia,  come  avrebbe  indicato  Corte  Cost. ord. n. 515/1987,
l'unica possibile per l'interprete.
    Ristretto,  dunque,  il  tema  della decisione, per effetto della
progressiva  formazione  del  giudicato  interno, alla sola questione
della  interpretazione  della  norma di cui al ridetto art. 1, quarto
comma,  decreto-legge  n. 632/1981,  nel  senso  della  onerosita'  o
gratuita'  della  utilizzazione, pare al collegio che la sola lettura
possibile   della   disposizione   conduca  alla  affermazione  della
gratuita'  e che, contestualmente, siffatta lettura non sia immune da
gravi  e concordanti sospetti di incostituzionalita' si' da obbligare
questa  Corte  -  astretta  ad applicare detta norma per decidere del
motivo del ricorso - alla remissione della questione alla Corte delle
leggi.
    2. - La  corretta interpretazione del dato normativo - che questa
Corte   puo'  condurre  in  assenza  di  alcuna  opzione  ermeneutica
privilegiata,  stante  il  tenore  dell'ord.  n. 515/1987  e  la  sua
dichiarata  natura  di  ordinanza di manifesta inammissibilita' della
questione  sottoposta dal rimettente - conduce, infatti, a negare che
il legislatore intendesse prevedere alcuna forma di corrispettivo.
    Il  dato  letterale e' invero assai chiaro, la' dove statuisce un
vincolo  perpetuo  degli  immobili delle gestioni previdenziali delle
casse,  e  gia'  dalle  stesse  utilizzati  per le soppresse gestioni
sanitarie,      alla     utilizzazione     sanitaria     da     parte
dell'amministrazione,  senza  alcuna  previsione  di  corrispettivo a
favore  delle  casse  che  di  tali  immobili conservano solo la nuda
proprieta'.  Il testo e' poi inserito in un quadro di disposizioni di
riforma  che  fa  ritenere  l'inequivoca  assenza  di  previsioni  di
corrispettivo  voluta per assimilazione alle scelte di sistema. Da un
canto,  infatti,  e'  significativa la analogia di formulazione della
disposizione  di  cui  all'art. 12,  legge n. 620/1980 (richiamata, a
fini di conservazione, dall'art. 1, quarto comma, in esame), la' dove
l'espressione  del  vincolo di destinazione qualifica il rapporto tra
nuova  titolarita'  proprietaria  degli immobili delle casse-gestioni
sanitarie  (il  patrimonio  dello  Stato) ed uffici utilizzatori (gli
uffici sanitari di porto ed aeroporto).
    E  dall'altro  canto  e' ancor piu' significativo che la norma in
esame  contenga  espressione assolutamente omogenea a quella (vincolo
di  destinazione)  portata  dalle  disposizioni  generali  di riforma
sanitaria (artt. 65 e 66 della legge n. 833/1978) nel cui alveo anche
le  norme  in  esame  vennero  a  collocarsi.  E  tanto le richiamate
previsioni  della  legge  del  1980 quanto le presupposte norme della
riforma  del  1978  intesero  - con le riportate formule - imporre la
destinazione legale a fini di pubblico interesse (e quindi in assenza
di  alcuna ipotesi di "corrispettivo") di immobili il cui riferimento
proprietario rimaneva, per scelte politiche generali, soggettivamente
distinto  (sino alla scelta di unificare proprieta' ed utilizzazione,
realizzata  con  l'art. 5,  comma  1, decreto legisltivo n. 502/1992,
modificato dall'art. 6, d.lgs. n. 517/1993).
    Ma  se  la  lettera  della  norma,  con  l'inequivoco silenzio su
qualsiasi   previsione  di  onerosita',  e  la  sua  ratio,  volta  a
ricondurre  la operata scissione tra proprieta' ed uso nel solo alveo
delle  scelte  organizzative  di  amministrazione  pubblica, sono del
tutto  coerenti  con  il  quadro  normativo  di riferimento, parrebbe
eversivo  dei  principi ipotizzare che la norma de qua possa ricevere
una  sorta  di  eterointegrazione  da  istituti civilistici (quali la
locazione  o,  di  converso, il comodato e l'usufrutto) onde mutuarne
regole  di  corrispettivita',  dovendo  l'interprete dare della norma
lettura  coerente  con il (solo) sistema normativo di appartenenza. E
del  resto, e conclusivamente, appare al collegio significativo della
inesistenza  di alcuna previsione implicita di corrispettivita' della
destinazione  d'uso in esame il fatto che i giudici di merito abbiano
nella  specie avvertito la difficolta' di sostanziare la declaratoria
dell'an  debeatur  di  un  qualche  riferimento  normativo ed abbiano
ripiegato  sulla  ipotesi  della  autosufficienza  della declaratoria
iuris.
    3. - Se   dunque,   l'interpretazione   della  norma  conduce  ad
affermare  che  la  conservazione  alla  Cassa  Marittima  della nuda
proprieta'   dei   suoi   immobili,   gia'  assegnati  alla  gestione
previdenziale  ma  adibiti  ad  uso  prevalentemente  sanitario, e la
utilizzazione  legale  di  essi,  perpetua  ed irrevocabile, da parte
delle  articolazioni  locali del Ministero della sanita', non implica
alcuna  previsione  di  corrispettivo od indennizzo a beneficio della
stessa  Cassa  (in  coerenza  con  le  scelte  di riforma di cui agli
artt. 65  e 66 della legge n. 833/1978), dalla stessa interpretazione
nasce  il  sospetto  del  conflitto  della  previsione  con  i valori
costituzionali protetti dagli artt. 3 e 38, quarto comma, della Carta
fondamentale.  Di  converso  non  appare  al  collegio  nella  specie
direttamente  invocabile  la  garanzia  di indennizzo per l'ablazione
della  proprieta'  privata  (art. 42  Cost.),  stante  l'estraneita',
dall'ambito  delle garanzie statuite da tale previsione, delle scelte
del  legislatore  di dislocare tra enti pubblici le risorse destinate
al  pubblico servizio ed in occasione di interventi di soppressione o
riorganizzazione  degli  enti  preposti  (e  sul punto si e' espressa
l'ordinanza n. 313/1988 della Corte costituzionale).
    4. - Appare, invece ed in primo luogo, irragionevole la scelta di
adottare  per  la descritta situazione (correlata allo scorporo dalla
Cassa  della  gestione  sanitaria del personale navigante) un modello
organizzativo  (quello  del  vincolo  gratuito di destinazione d'uso)
utilizzato  dalla  riforma  sanitaria (art. 65 legge n. 833/1978) per
regolare  il  passaggio  della  proprieta'  immobiliare (ai comuni) e
dell'uso  (alle U.S.L.) degli immobili gia' pertinenti ad enti, casse
e  gestioni soppresse. Se nessuna incongruita' emerge, infatti, dalla
ripartizione  anzidetta  di  proprieta'  ed  uso  e  dalle  correlate
disposizioni   gratuite,   nel   caso   in  cui  la  riorganizzazione
presupponga  la  estinzione  dell'ente  gia' titolare di proprieta' e
godimento,  appare irragionevole l'adozione della stessa scelta della
gratuita'  della  destinazione  d'uso  le  volte  in  cui l'ente gia'
titolare  delle  due situazioni rimanga erogatore del servizio al cui
modulo  organizzativo  pertinevano quei beni e si veda conservare una
proprieta'   priva   di  contenuti  e  negare,  perpetuamente  quanto
irrevocabilmente, alcun corrispettivo.
    Ne'  varrebbe,  a restituire ragionevolezza a tale equiparazione,
richiamare  le  previsioni  di  cui  all'art. 66,  legge  n. 833/1978
(assumendo,  come  assume l'avvocatura erariale, che rispetto ad esse
l'art. 1,  quarto  comma,  d.l. n. 632/1981  costituirebbe  insperato
vantaggio  per  le casse, che degli immobili avrebbero pur conservato
la  proprieta'),  posto che e' ben vero che in tal previsione l'ente,
privato  di  proprieta'  e godimento dell'immobile, sopravvive, ma e'
pur  vero che si tratta di province, consorzi tra enti locali ed IPAB
dalla  cui  sopravvivenza  esula  comunque  alcuna residua competenza
previdenziale  od  assistenziale.  Se dunque il contesto normativo di
riferimento    puo'    essere    solo    quello    della   disciplina
dell'attribuzione  degli  immobili  gia'  pertinenti  a casse mutue e
gestioni  previdenziali  soppresse  (art. 65, legge n. 833/1978), non
appare  immune  da  sospetti di irragionevole equiparazione la scelta
del  modello  dell'assegnazione  in uso gratuito degli immobili anche
per  le  Casse marittime che, lungi dall'essere soppresse, permangono
attributarie  della  gestione dell'assicurazione contro gli infortuni
sul  lavoro per il personale navigante e che, avendo utilizzato anche
(se pur non in prevalenza) per tale gestione quegli immobili (art. 1,
quarto  comma,  cit.),  vengono della relativa disponibilita' private
gratuitamente.
    5. - Emerge, infine, dal riferito quadro normativo il sospetto di
grave vulnus inferto al valore costituzionale della organizzazione di
una  struttura  previdenziale  in  grado  di  garantire ai lavoratori
naviganti  - con effettivita' ed equilibrio - le previste prestazioni
per  il  rischio  di infortunio e malattia professionale. E si tratta
del  valore tutelato dal quarto comma dell'art. 38 della Costituzione
sul  quale  la  Corte  delle  leggi  ha  avuto  recente e piu' remota
occasione  di  pronunziare  (Corte  costituzionale  sentt.  36/2000 e
160/1974).
    Se, infatti, e' obbligo dello Stato assicurare che le prestazioni
in  discorso siano effettivamente erogate e se la scelta al proposito
e'  da tempo caduta sul sistema della assicurazione contro il rischio
dell'evento,   con   l'indefettibile  apprestamento  di  capitali  di
copertura  delle  riserve  matematiche, ne consegue che, emergendo ex
actis  la  destinazione  degli  immobili  in contestazione proprio al
ruolo  di  capitali  di  copertura  a garanzia della erogazione delle
prestazioni   in   favore  del  personale  marittimo  assicurato,  la
destinazione ad uso gratuito del Ministero della sanita' degli stessi
immobili   fa   sorgere  il  sospetto  della  idoneita'  della  legge
(l'art. 1, quarto comma,d.l. n. 632/1981, conv. in legge n. 767/1981)
a consentire lo svuotamento sostanziale della garanzia stessa. Non si
scorge,  infatti,  come  possa assegnarsi alcun apprezzabile valore -
nel  rispetto  del  principio  di  veridicita'  delle iscrizioni - ad
immobili   incommerciabili   e   privati   in   perpetuo   di  alcuna
redditivita'. E poiche' tale interpretazione induce a ritenere che la
scelta  legislativa  sia  idonea  ad  esporre  a rischio l'efficienza
dell'azione   istituzionale   dell'I.P.SE.MA.  nella  gestione  della
previdenza   gia'   erogata  dalle  soppresse  Casse  Marittime,  con
possibile vulnus al precetto di cui al cennato art. 38 Cost., pare al
Collegio  non  manifestamente  infondata, anche sotto tal profilo, la
questione di costituzionalita' della norma.
    6. - Ne',   da   ultimo,   una  previsione  di  canone  a  carico
dell'amministrazione   per   l'utilizzazione   degli  immobili  delle
gestioni  previdenziali  delle Casse Marittime sarebbe stata eversiva
dei  principi.  Basti  solo  rammentare che con la sopravvenuta legge
11 luglio  1986  n. 390, ad oggetto, tra l'altro, la disciplina delle
concessioni  -  locazioni  degli  immobili  del patrimonio statale in
favore  delle  unita' sanitarie locali, si e' inteso prevedere che le
concessioni-locazioni  di  durata  non  superiore  ai 19 anni fossero
assentite per un canone ricognitorio non superiore al 10 per cento di
quello  determinabile,  secondo  i  dati  dell'UTE,  alla stregua dei
"valori  in  comune  commercio". E se tali previsioni, stante la loro
pertinenza  agli  specifici  rapporti  tra demanio - patrimonio dello
Stato  ed  U.S.L.,  sono evidentemente insuscettibili di applicazione
analogica,  da parte di questa Corte, a rapporti tra patrimonio delle
Casse  Marittime ed amministrazione della sanita' regolati in termini
di  inequivoca  gratuita',  esse  attestano  l'esistenza di scelte di
politica  legislativa  che  ritengono  il  corrispettivo  un dato non
estraneo  alla  natura  pubblica  dei  due  soggetti e ne regolano la
consistenza  unitamente  a quella degli oneri di manutenzione (art. 1
commi  1  e  2 legge cit. e d.m. 25 febbraio 1987 adottato sulla base
dell'art. 2 della stessa legge).
    Sulla base delle esposte considerazioni - ritenuta la rilevanza e
la   non  manifesta  infondatezza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale  afferenti la norma richiamata in ricorso, ed in causa
applicabile  -  si procede, previa sospensione del procedimento e con
l'espletamento  degli  incombenti  di  legge,  alla  rimessione della
relativa decisione al giudizio della Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 1  quarto  comma  del  d.-l.
7 novembre  1981  n. 632  convertito  con  modificazioni  nella legge
22 dicembre  1981  n. 767,  in  relazione  agli  artt. 3 e 38, quarto
comma,  Cost., nella parte in cui non prevede corrispettivo in favore
delle Casse, e del successore ex lege I.P.Se.Ma., per il vincolo alla
destinazione  in  uso  all'assistenza  sanitaria erogata al personale
navigante  dagli  uffici  del  Ministero della sanita' degli immobili
gia' appartenenti alle gestioni previdenziali delle Casse stesse;
    Dispone  la  sospensione  del  procedimento in corso ed ordina la
immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  alla cancelleria che la presente ordinanza sia notificata
alle  parti  del  giudizio  di  legittimita'  ed  al  Presidente  del
Consiglio  dei ministri e che essa venga comunicata al Presidente del
Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.
        Cosi'  deciso  in  Roma  nella  c.d.c.  della  I  sez.civ. il
22 gennaio 2001.
                        Il Presidente: Reale
                  Il consigliere relatore: Macioce
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