N. 317 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 2000
Ordinanza emessa il 21 novembre 2000 dal tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra D'ortenzi Giuseppe e Artipoli Andrea Procedimento civile - Procedimenti assegnati alle sezioni stralcio presso i tribunali - Convocazione delle parti davanti al giudice istruttore per il tentativo di conciliazione - Notificazione del relativo provvedimento alconvenuto contumace - Mancata previsione - Contrasto con il diritto al "giusto processo regolato dalla legge" e con il principio di legalita' - Violazione del diritto di difesa. - Legge 22 luglio 1997, n. 276, art. 13, comma 2, in relazione all'art. 292 cod. proc. civ. - Costituzione, artt. 24, secondo comma, e 111, primo e secondo comma.(GU n.18 del 9-5-2001 )
IL TRIBUNALE Nella causa civile di primo grado, iscritta al R.G. n. 29071/1993, trattenuta in decisione all'udienzadell'11 maggio 2000 e vertente tra D'Ortenzi Giuseppe, attore, domicilio eletto in Roma, Via Monte Zebio n. 28 presso lo studio dell'avv Giuseppe Bemardi; Contro Artipoli Andrea, convenuto contumace, ha pronunciato la seguente ordinanza. Letti gli atti ed i documenti di causa, preso atto dell'impossibilita', dedotta da stessa parte attrice, di esperire il tentativo di conciliazione previsto ex art. 13 n. 2, legge n. 267/1997, a causa della mancata presenza del convenuto contumace cui non e' stato notificato il provvedimento di convocazione delle parti, ostandovi 1'art. 292 c.p.c. che non include tale atto nell'elencazione tassativa e tale ritenuta dalla costante giurisprudenza di legittimita' (Cass. 7849/1986; Cass. 8272/1990; Cass. 6159/1992) degli atti da notificare al contumace; Rilevato che l'art. 13 comma 2, legge n. 276/1997 impone al giudice l'obbligo di convocare avanti a se' le parti personalmente per l'esperimento del tentativo di conciliazione e che la formulazione letterale della norma, alla luce della ratio stessa della legge nel suo insieme, non consente al giudice alcuna scelta sull'avvalersi o no del mezzo in questione; Ritenuta la non manifesta inammissibilita' e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13 n. 2, legge n. 276/1997, in relazione al disposto dell'art. 292 c.p.c. nella parte in cui non prevede la notificazione al convenuto contumace del provvedimento che dispone la convocazione delle parti per l'esperimento del tentativo di conciliazione, per la violazione degli artt. 111, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione (e per relationem anche dell'art. 292 c.p.c.) per i seguenti motivi. La non manifesta infondatezza della questione proposta emerge, oltre che dalla ratio della legge, anche dal suo dettato, laddove la norma de qua nomina le "parti" tout court. In sede interpretativa non si puo' aggiungere alcunche', nel caso la parola "costituite", (conformemente all'attuale orientamento giurisprudenziale di merito), poiche' anche tale interpretazione cozza contro le norme costituzionali che si assumono violate. La violazione si realizza attraverso la sostanziale disapplicazione dell'art. 13 n. 2, legge n. 276/1997, che, allo stato, vulnera gli articoli summenzionati. Si assume violato il diritto al "giusto processo regolato dalla legge", previsto dall'art. 111 1o comma della Costituzione e il connesso principio di legalita' (art. 101, secondo comma, della Costituzione) poiche', di fatto, la mancata notifica e quindi conoscenza del provvedimento da parte del contumace non consente al giudice di applicare la legge e, conformemente, esperire il previsto tentativo di conciliazione: il punctum dolens sta nella impossibilita' giuridica dell'emissione di ordinanza che disponga, ex officio, la notificazione al contumace del provvedimento con cui le parti vengono chiamate innanzi ad esso giudice per l'esperimento del tentativo di conciliazione (ostandovi l'art. 292 c.p.c. che, allo stato, sembrerebbe non consentire l'applicazione di altra norma di legge "l'art. 13 comma 2, legge n. 276/1997" ad esso pari ordinata). Si evidenzia a codesta eccellentissima Corte che la ratio dell'art. 292 c.p.c. cosi' come e' stata da essa enucleata, consiste nell'eliminazione degli effetti negativi "automaticamente" pregiudizievoli per il contumace(C. costituzionale n. 50/1986 e n. 317/1989, ribadita da Cass. n. 9402/1997). Se e' vero che l'elencazione prevista dall'art. 292 c.p.c. e' considerata tassativa dalla costante giurisprudenza di legittimita' (ex multis Cass. 7849/1986 e Cass. n. 6159/1992), tuttavia questa Corte ha gia' ritenuto possibile un allargamento delle fattispecie ivi previste. Ne consegue la violazione anche dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, poiche' il contumace, nella disciplina della legge n. 276/97 relativa ai procedimenti di cui all'art. 13, non sembra avere lo stesso trattamento che il legislatore ha riservato nelle ipotesi processuali di cui all'art. 292 c.p.c.; il diritto della difesa e' vulnerato nel momento in cui si priva una delle parti del potere di avvalersi di un mezzo processuale - il tentativo di conciliazione da inquadrarsi nel sistema degli strumenti offerti alla difesa -, previsto dalla legge, che, se esperito, puo' consentire la definizione immediata e definitiva del contenzioso, realizzando l'obiettivo enucleato dall'art. 1 n. 1 legge n. 276/1997, obiettivo che sembra appunto individuarsi nella deflazione del contenzioso civile da attuarsi anche attraverso la riduzione dell'attivita' giurisdizionale del g.o.a. a fronte di sua piu' incisiva azione in ordine all'attivita' conciliativa, prediletta e assecondata anche mediante esenzioni fiscali a favore delle parti (art. 13, comma 6, della legge n. 276/1997), in conformita' al disposto dell'art. 1, comma 2, della legge n. 276/1997;
P. Q. M. Visto l'art. 23, terzo comma, legge n. 87/1953; Sospende il giudizio ed ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Roma, addi' 21 novembre 2000. Il giudice: Tarsia 01C10434