N. 340 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 gennaio 2001
Ordinanza emessa il 22 gennaio 2001 dal tribunale di Milano sul ricorso proposto da Scripnic Olga Straniero - Espulsione amministrativa - Provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica - Assoggettamento al controllo dell'autorita' giudiziaria entro quarantotto ore - Mancata previsione - Lesione del principio della riserva di giurisdizione in materia di liberta' personale. - D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, commi 4 e 5. - Costituzione, art. 13, comma terzo.(GU n.20 del 23-5-2001 )
IL TRIBUNALE Decidendo sul ricorso presentato ex art. 13 del t.u. d.lgs. n. 286/1998 nell'interesse di Scripnic Olga, nata Hotin (Ucraina) il 21 maggio 1973, depositato il 18 gennaio 2001; Ritenuta la tempestivita' della presentazione del ricorso: infatti essendo il decreto di espulsione stato emesso con la disposizione dell'allontanamento immediato ed essendo stato indicato sia nel decreto sia nella relata di notifica, tradotta in inglese, che il termine per proporre ricorso era di trenta giorni dalla data della notifica, si deve ritenere tempestivo il ricorso presentato nel termine di trenta giorni dal 23 dicembre 2000 (23 gennaio 2001); O s s e r v a In data 23 dicembre 2000 il prefetto di Milano ha emesso decreto di espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera della ricorrente, con la motivazione che, essendo la Scripnic entrata in Italia quattro mesi prima sottraendosi ai controlli di frontiera, si trovava nella situazione prevista dall'art. 13, comma 2, lettera a), per l'emissione del decreto di espulsione; inoltre, veniva disposto l'accompagnamento immediato alla frontiera ritenuto il pericolo che la Scripnic si sottraesse all'esecuzione del provvedimento, essendo senza fissa dimora e senza rapporti familiari e lavorativi stabili. La difesa della ricorrente ha impugnato il decreto, lamentando in via principale l'incostituzionalita' degli artt. 13 e 14 d.lgs. n. 286/1998, presupposto dell'emissione del provvedimento impugnato, per violazione dell'art. 13 della Costituzione: l'accompagnamento coatto alla frontiera costituirebbe una limitazione della liberta' personale e come tale dovrebbe essere sottoposto alle garanzie previste dall'art. 13, comma 3 della Costituzione, laddove gli articoli citati "non prevedono un provvedimento dell'autorita' giudiziaria che dia le ragioni di detta misura, adottata allo stato solo in forza di un'ampia discrezionalita' amministrativa". In secondo luogo la difesa ha eccepito la illegittimita' del decreto impugnato in quanto solo la relata di notifica (e non il decreto) sarebbe stata tradotta in lingua inglese, e comunque in lingua non comprensibile alla straniera. La seconda eccezione appare infondata. Infatti la legge (art. 13, comma 7 del d.lgs. n. 286/1998) prescrive si che gli atti destinati allo straniero siano tradotti in lingua a lui comprensibile e solo in subordine in una delle lingue piu' diffuse in europa, inglese, francese e spagnolo; ma e' altresi' vero che la legge consente una traduzione sintetica del contenuto del provvedimento di espulsione anche mediante un apposito formulario sufficientemente dettagliato (art. 3, comma 3 del regolamento del 1994). Nel caso di specie il decreto di espulsione e' stato steso il lingua italiana, ma la relata di notifica e' stata tradotta in inglese; nella relata si ripete in maniera sintetica tutto il contenuto del provvedimento di espulsione, comprese le modalita' di esecuzione e di impugnazione; nel verbale delle dichiarazioni sull'identita' rese dalla straniera alla questura il 23 dicembre 2000, da lei sottoscritto, (doc. prodotto dalla questura) risulta che ella stessa abbia prescelto la lingua inglese per le comunicazioni. Pertanto risulta chiaro che il decreto di espulsione e' stato comunicato e notificato alla ricorrente secondo le forme di legge, dandole la possibilita' di conoscere il contenuto del provvedimento nella lingua da lei prescelta. L'eccezione di incostituzionalita' appare a questo giudice rilevante, perche' un suo eventuale accoglimento determinerebbe la necessita' di sospendere il procedimento sull'impugnazione del decreto di espulsione, imponendosi una valutazione sulla legittimita' della norma da applicare. La questione appare altresi' non manifestamente infondata. I primi commi dell'art. 13 del d.lgs. n. 286/1998 stabiliscono i casi in cui si puo' emettere il decreto di espulsione nei confronti degli stranieri. I commi 4 e 5 dell'art. 13 del d.lgs. n. 286/1998, stabiliscono i casi in cui il decreto di espulsione deve (comma 4 lettera a) o puo' (comma 4, lettera b) e 5) essere eseguito con accompagnamento alla frontiera. Nessuna norma prevede un controllo sul provvedimento amministrativo (del questore, comma 4, lettera a) o del prefetto, negli altri casi) da parte dell'autorita' giudiziaria. Non sussistono dubbi sul fatto che il decreto di espulsione in se' non limiti la liberta' personale, ma solo la liberta' di circolazione e come tale non necessiti di un controllo dell'autorita' giudiziaria ai sensi del comma 3 dell'art. 13 della Costituzione. La persona destinataria di tale provvedimento resta libera nella persona: in nessun modo viene coattata fisicamente a subire alcuna restrizione della liberta' personale; ad essa viene solo imposto di non trattenersi nel territorio nazionale, restando libera di muoversi in altri territori. Tale tipo di limitazione della liberta' di circolazione rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 16 della Costituzione. Tale norma prevede la possibilita' di limitare la circolazione dei "cittadini" solo secondo "le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanita' e sicurezza". Si tratta quindi di una riserva di legge. Si chiede dunque solo che una legge stabilisca i casi in cui tale tipo di liberta' puo' essere limitata, senza richiedere alcun controllo dell'autorita' giudiziaria. Per inciso si nota che comunque l'art. 16 disciplina la liberta' di circolazione del "cittadino", laddove la liberta' di circolazione dello straniero puo' trovare ulteriori limitazioni, sempre da stabilire per legge, nel rispetto dell'art. 10 della Costituzione: cio' si desume dal comma 2 dell'art. 10, che stabilisce che la condizione giuridica dello straniero e' regolata dalla legge in conformita' delle norme e dei trattati internazionali", e dal comma 3 del medesimo articolo, che prevede il diritto di asilo solo per lo straniero cui sia impedito nel suo Paese il libero esercizio delle liberta' democratiche riconosciute dalla Costituzione italiana. (Sulla differente estensione della liberta' di circolazione dello straniero rispetto al cittadino si vedano le sentenze della Corte costituzionale n. 120 del 1967, n. 104 del 1969, confermate della sentenza n. 244 del 1974). Piu' problematico appare invece stabilire quale sia la liberta' limitata col provvedimento che dispone l'accompagnamento immediato alla frontiera. Da un lato si osserva che la coazione necessaria, per condurre materialmente la persona con un mezzo di trasporto da un luogo al suo stato di provenienza, comprende necessariamente una limitazione della liberta' personale, cioe' una limitazione della liberta' fisica dell'individuo: l'individuo viene materialmente preso e messo sul mezzo di trasporto, con coazione fisica anche contro il suo volere. Quindi pare che esista "una restrizione della liberta' personale" rientrante tra quelle previste in generale dall'art. 13, comma 2 della Costituzione ed oggetto della sua tutela. Dall'altro lato si osserva che tale limitazione non ha carattere duraturo, ma e' solo limitata al tempo necessario per mettere la persona sul mezzo di trasporto e condurla fino a destinazione. Successivamente la persona riacquistera' pienamente la propria liberta' non solo di circolazione (all'esterno dello Stato italiano), ma anche fisica. Dunque, secondo questo secondo profilo, la limitazione della liberta' personale appare provvisoria, non duratura e soprattutto strumentale all'esecuzione del legittimo provvedimento amministrativo. A sostegno della prima interpretazione stanno diverse sentenze della Corte costituzionale relative a casi analoghi a quello qui esaminato. In materia di rimpatrio obbligatorio, che ai sensi dell'art. 157 t.u.p.s. prevedeva la possibilita' per l'autorita' di pubblica sicurezza di disporre il rimpatrio obbligatorio al proprio comune di provenienza di persone sospette, la Corte, con la sentenza n. 2 del 23 giugno 1956, affermando la legittimita' del rimpatrio in se', aveva sancito che la norma era illegittima per violazione dell'art. 13, comma 3, della Costituzione, nei commi 1, 2 e 3, laddove prevedeva la possibilita' per l'autorita' di P.S. di disporre la "traduzione" del rimpatriando, senza che fosse previsto un controllo dell'autorita' giudiziaria. La Corte aveva ritenuto che "il potere di ordinare la traduzione del rimpatriando ... violasse la liberta' personale che e' garantita" dall'art. 13 della Costituzione. Piu' recentemente con sentenza n. 210 del 29-31 maggio 1995, la Corte aveva ribadito tale orientamento, confermando che solo la traduzione del rimpatriando disposta dall'autorita' amministrativa doveva ritenersi illegittima, laddove il provvedimento di rimpatrio obbligatorio, sucessivamente sostituito col foglio di via obbligatorio disposto con la legge n. 1423 del 1956, restava legittimo perche' limitativo della sola liberta' di circolazione e non della liberta' personale. La fattispecie prevista nel caso suddetto e' del tutto analoga a quella qui in esame: in entrambi i casi esiste un provvedimento che limita la liberta' di circolazione (provvedimento di rimpatrio e decreto di espulsione); in entrambi i casi il legislatore aveva previsto la potesta' dell'autorita' di pubblica sicurezza di attuare coattivamente il provvedimento. Sembra dunque che il medesimo giudizio di incostituzionalita' debba gravare sulla norma qui in oggetto, per violazione dell'art. 13, comma 3 della Costituzione. Nello stesso senso con la sentenza n. 72 del 30 maggio 1963 la Corte costituzionale aveva dichiarato l'illegittimita' costituzionale del secondo comma dell'art. 162 t.u.l.s., che consentiva la traduzione coatta di pregiudicati pericolosi per ordine dell'autorita' di pubblica sicurezza, senza che fosse previsto un controllo dell'autorita' giudiziaria. A sostegno della seconda interpretazione sta un'altra sentenza della Corte costituzionale in materia di accompagnamento coattivo della persona invitata a comparire e non comparsa, disciplinato dal comma 2 dell'art. 15 del t.u.l.p.s. La Corte aveva ritenuto - con sentenza n. 13 del 2 febbraio 1972 - la legittimita' costituzionale della norma, nonostante non prevedesse il controllo dell'autorita' giudiziaria sul provvedimento disposto dall'autorita' di pubblica sicurezza, in quanto "il potere di disporre l'accompagnamento coattivo e' strumento necessario per l'attuazione dei fini ai quali e' preordinato l'obbligo di ottemperare all'invito previsto dal comma 1 dell'art. 15" ed ancora in quanto "l'accompagnamento coattivo e' provvedimento che incide in modo del tutto temporaneo sulla liberta' personale": "la procedura di cui al comma 3 dell'art. 13 della Costituzione e' necessaria solo quando si tratti di provvedimenti che danno luogo a restrizione duratura della liberta'". I principi sanciti dalla Corte in tale ultima sentenza permetterebbero di ritenere la legittimita' costituzionale della norma qui in esame, in quanto la restrizione della liberta' per il periodo strettamente necessario all'accompagnamento all'estero e' limitazione non duratura e soprattutto strumentale alla necessaria attuazione del provvedimento amministrativo legittimamente emesso. D'altra parte si deve concordare con quei provvedimenti giudiziari che hanno evidenziato che in molti casi l'autorita' di pubblica sicurezza, per poter adempiere i propri fini istituzionali, in esecuzione di provvedimenti legittimi, deve ricorrere a "restrizioni temporanee della liberta' strettamente indispensabili al conseguimento degli scopi piu' diversi": cosi' nel caso di trasporto forzoso del conduttore fuori dall'immobile in sede di esecuzione forzosa di sfratto; o, proprio in materia di legislazione sull'immigrazione alle norme che autorizzano il respingimento forzoso alla frontiera (vedi art. 10 del d.lgs. in oggetto). (Vedi, decreto del tribunale di Napoli del d.lgs. 22 - 24 novembre 2000 e decreto del tribunale di Milano del 7 novembre 2000); o ancora si puo' pensare a tutte le ipotesi in cui la polizia ha il potere di condurre le persone in questura per accertamenti in attesa di valutare meglio la loro situazione. Pur ritenendo possibile la seconda interpretazione, che consentirebbe un giudizio di legittimita' costituzionale della norma qui esaminata, la problematicita' sopra evidenziata non permette di ritenere "manifestamente infondata" la questione sollevata dalla difesa. Appare necessario il vaglio della Corte costituzionale sulla legge in oggetto per sancirne la conformita' o meno al dettato costituzionale di cui all'art. 13, comma 2 della Costituzione. A completamento dell'analisi si osserva che, qualora si ritenesse che l'accompagnamento immediato alla frontiera realizzasse una limitazione della liberta' personale non si ritiene che un giudizio di sicura legittimita' delle norme che lo dispongono possa desumersi dall'integrazione della disciplina dell'art. 13 con quella prevista dall'art. 14 del d.lgs. in oggetto. Innanzitutto il procedimento di convalida disciplinato dall'art. 14 e' previsto per i soli casi in cui non sia possibile eseguire immediatamente l'accompagnamento coattivo: ci comporta che nei casi, in cui al contrario sia possibile eseguire immediatamente l'accompagnamento, nessun controllo giurisdizionale e' comunque previsto. In secondo luogo si ritiene che oggetto del provvedimento di convalida sia il solo provvedimento del questore di trattenimento presso il centro di accoglienza. Infatti l'art. 14 al comma 4 stabilisce espressamente che il pretore convalidi "il provvedimento del questore" ed aggiunge che in caso di mancata convalida il "provvedimento cessa di avere ogni effetto". Non c'e' dubbio che il provvedimento che cessa di avere effetto e' solo il provvedimento del Questore di trattenimento presso il centro, perche' e' quello il provvedimento cui fa riferimento tutto l'articolo in esame e nessun cenno si fa ai provvedimenti del questore o del prefetto di disposizione dell'accompagnamento immediato previsti dal precedente art. 13.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Ritiene rilevante e non manifestatamente infondata l'eccezione di incostituzionalita', sollevata dalla difesa di Scripinic Olga, dell'art. 13, commi 4 e 5 del d.lgs. n. 286/1998, in relazione all'art. 13 comma 3 della Costituzione, nella parte in cui il provvedimento amministrativo che dispone l'accompagnamento immediato alla frontiera debba essere sottoposto al controllo dell'autorita' giudiziaria entro 48 ore dalla sua adozione. Sospende il procedimento in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato. Milano, addi' 22 gennaio 2001 Il giudice: Mandrioli 01C0460