N. 154 ORDINANZA 9 - 17 maggio 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati  e  pene - Pene pecuniarie - Esecuzione della pena pecuniaria e
  conversione in pena diversa per insolvibilita' - Mancata esclusione
  dell'applicabilita'   agli   imputati   minorenni   -   Prospettata
  irragionevolezza  nonche'  lamentato  contrasto con il principio di
  rieducativita' della pena - Difetto palese di rilevanza - Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Cod.  pen., artt. 17, 18 e 24 (sostituito dall'art. 101 della legge
  24  novembre  1981,  n. 689);  cod.  proc.  pen.,art. 660; legge 24
  novembre 1981, n. 689, art. 102.
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
Reati e pene - Pene pecuniarie - Conversione in pena diversa - Revoca
  della   pena  convertita  e  applicazione  di  pena  detentiva  per
  inosservanza   delle   prescrizioni  sulla  conversione  -  Mancata
  esclusione dell'applicabilita' agliimputati minorenni - Prospettata
  irragionevolezza  nonche'  lamentato  contrasto con il principio di
  rieducativita' della pena - Manifesta infondatezza della questione.
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 108.
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
(GU n.20 del 23-5-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo  ZAGREBELSKY,Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,  Guido NEPPI
MODONA,   Piero   Alberto  CAPOTOSTI,Annibale  MARINI,  Franco  BILE,
Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 17 (Pene
principali:  specie),  18 (Denominazione e classificazione delle pene
principali)  e  24 (Multa) quest'ultimo come sostituito dall'art. 101
della legge 24 novembre 1981, n. 689 del codice penale, dell'art. 660
(Esecuzione  delle  pene pecuniarie) del codice di procedura penale e
degli artt. 102 e 108 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche
al  sistema  penale), promosso con ordinanza emessa il 21 giugno 2000
dal  tribunale di sorveglianza per i minorenni di Napoli, iscritta al
n. 606  del  registro  ordinanze  2000  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 44, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 aprile 2001 il giudice
relatore Valerio Onida.
    Ritenuto che, con ordinanza emessa il 21 giugno 2000, pervenuta a
questa  Corte  l'11 settembre  2000,  il tribunale per i minorenni di
Napoli,  in  funzione  di  tribunale  di  sorveglianza,  ha sollevato
questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3
e   27,  terzo  comma,  della  Costituzione,  degli  artt.  17  (Pene
principali:  specie),  18 (Denominazione e classificazione delle pene
principali)  e  24 (Multa) quest'ultimo come sostituito dall'art. 101
della legge 24 novembre 1981, n. 689 del codice penale "nei limiti in
cui non escludono l'applicabilita' della pena pecuniaria all'imputato
minorenne",  nonche' dell'art. 660 (Esecuzione delle pene pecuniarie)
del  codice  di  procedura penale e degli artt. 102 e 108 della legge
24 novembre  1981,  n. 689 (Modifiche al sistema penale), "nei limiti
in  cui  non  escludono  l'applicabilita'  ai condannati da minorenne
della conversione della pena pecuniaria in pena diversa";
        che  il  remittente,  chiamato a pronunciarsi sulla revoca, a
carico  di  un  condannato per fatto commesso durante la minore eta',
della   liberta'  controllata  -  in  cui  era  stata  in  precedenza
convertita,  per  insolvibilita',  la  pena pecuniaria inflitta - per
mancato  rispetto  delle  relative prescrizioni, ritiene che le norme
impugnate  violino  il  principio di ragionevolezza di cui all'art. 3
della  Costituzione, non apparendo conforme a logica che un minorenne
possa essere condannato ad una pena, quella pecuniaria, che, salvo il
caso  di  intervento  di  parenti,  non  sarebbe  per  il  condannato
eseguibile,    non    avendo   egli,   proprio   perche'   minorenne,
disponibilita' economica;
        che tale irragionevolezza emergerebbe anche dal confronto con
le  norme  (art. 10 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448; art. 29 del
d.lgs.   28 luglio  1989,  n. 272)  che,  rispettivamente,  escludono
l'esercizio  dell'azione  civile  nel  processo  penale  minorile, ed
escludono   che   l'imputato  minorenne  possa  essere  condannato  a
rifondere  le  spese di giudizio e quelle di mantenimento in carcere,
norme  la cui ratio risiederebbe nel riconoscimento della incapacita'
economica  del  minorenne:  cio' renderebbe ancor piu' irrazionale la
possibilita',  derivante  dalle  norme  impugnate,  di  condannare il
minorenne  a  pena  pecuniaria  che,  in  caso  di insolvibilita', si
converte  dapprima  in  liberta' controllata e poi in pena detentiva,
ipotesi  - quest'ultima - che non sarebbe marginale in quanto sarebbe
"pressoche'   inevitabile"   che   il  giovane  condannato  violi  le
prescrizioni, specie quando la liberta' controllata sia applicata per
un tempo non breve;
        che,  sempre  ad  avviso del giudice a quo le norme impugnate
violerebbero  altresi' l'art. 27, terzo comma, della Costituzione, in
quanto   la   possibilita'   di   infliggere   una   pena  pecuniaria
contrasterebbe  con  il principio di rieducativita' della pena, posto
alla  base  del sistema sanzionatorio minorile, e con il principio di
minima  afflittivita'  del  processo  penale per il minorenne, cui si
ispirerebbe  il  sistema  normativo;  detta pena non avrebbe funzione
rieducativa, sia per la impossibilita' per il minore di sottoporvisi,
sia  per  il rischio che sarebbe quasi una certezza di trasformazione
dapprima in una limitazione della liberta', e poi nel carcere;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile
o comunque infondata.
    Considerato  che  il  tribunale di sorveglianza remittente non e'
chiamato   ad   applicare,  nel  giudizio  a  quo  -  concernente  la
conversione   della   liberta'  controllata  in  pena  detentiva  per
inosservanza delle relative prescrizioni, a norma dell'art. 108 della
legge  n. 689 del 1981 - ne' gli artt. 17, 18 e 24 del codice penale,
che  prevedono  le  pene pecuniarie senza escluderle per gli imputati
minorenni,  e  che  hanno  trovato  gia' applicazione nel giudizio di
cognizione  con  la  condanna inflitta, e divenuta definitiva, a pena
pecuniaria;  ne'  l'art. 660 cod. proc. pen. e l'art. 102 della legge
n. 689  del  1981,  che  hanno trovato gia' applicazione ad opera del
competente  magistrato  di  sorveglianza, il quale ha provveduto alla
conversione   della  pena  pecuniaria  in  liberta'  controllata  per
insolvibilita' del condannato;
        che pertanto la questione, relativamente alle predette norme,
e' manifestamente inammissibile per difetto palese di rilevanza;
        che,  quanto  all'art. 108  della legge n. 689 del 1981 - del
quale  unicamente  il tribunale e' chiamato a fare applicazione nella
specie,   -  la  questione  (peraltro  prospettata,  anche  a  questo
riguardo,  con  prevalente riferimento al problema della legittimita'
di  una  condanna  a  pena  pecuniaria nel caso di imputato che abbia
commesso il fatto in eta' minore, e con riferimento alla "incapacita'
economica"  del minore, affermata senza tener conto della distinzione
fra   incapacita'   di  agire,  a  certi  effetti,  del  minorenne  e
titolarita'  da  parte  sua  -  che  puo'  sussistere  - di beni e di
redditi) appare comunque priva di consistenza;
        che,  infatti,  in primo luogo, le prescrizioni inerenti alla
liberta'   controllata   (che  peraltro,  quando  il  condannato  sia
minorenne  al  momento  in  cui  inizia l'esecuzione, e' eseguita, ai
sensi   dell'art. 75   della  legge  n. 689  del  1981,  nelle  forme
dell'affidamento  in  prova al servizio sociale) sono determinate, in
parte,  dal  magistrato di sorveglianza che provvede alla conversione
della  pena  pecuniaria  (art. 107, secondo comma, della legge n. 689
del  1981,  che rinvia all'art. 62 della stessa legge), e puo' quindi
adattare  le  prescrizioni  medesime  alla situazione individuale del
condannato  in funzione delle esigenze della sua risocializzazione, e
modificarle  per sopravvenuti motivi di assoluta necessita' (art. 64,
primo comma, della legge n. 689 del 1981);
        che,  comunque,  non appare in fatto fondata l'asserzione del
remittente, secondo cui la violazione delle prescrizioni da parte del
giovane  condannato sarebbe "pressoche' inevitabile" specie quando la
liberta'  controllata sia applicata per un tempo non breve; dovendosi
inoltre  sempre  apprezzare  in  concreto, in sede di decisione sulla
conversione   della   liberta'  controllata  per  inosservanza  delle
prescrizioni,  il carattere sostanziale della violazione, al di fuori
di un totale e cieco automatismo;
        che, in ogni caso, l'ipotesi della conversione della liberta'
controllata  in  pena detentiva non e' affatto inevitabile, posto che
e' sempre possibile disporre, in suo luogo, l'affidamento al servizio
sociale,  oltre  che  la  semiliberta',  non  operando,  nel  caso di
conversione  della  liberta'  controllata  derivante  a  sua volta da
conversione   di  pena  pecuniaria,  il  divieto  (peraltro  comunque
inapplicabile ai condannati minorenni, in forza della sentenza n. 109
del  1997)  di cui all'art. 67 della legge n. 689 del 1981 (art. 108,
primo  comma,  ultimo periodo, della legge n. 689 del 1981: e cfr. in
proposito ordinanza n. 418 del 1990);
        che   la   questione   deve   dunque   dichiararsi  in  parte
manifestamente inammissibile e in parte manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    a)  Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 17 (Pene principali: specie),
18  (Denominazione  e  classificazione  delle  pene  principali) e 24
(Multa)  -  quest'ultimo  come  sostituito  dall'art. 101 della legge
24 novembre  1981,  n. 689 del codice penale, - nonche' dell'art. 660
(Esecuzione  delle  pene pecuniarie) del codice di procedura penale e
dell'art. 102  della  legge  24 novembre  1981,  n. 689 (Modifiche al
sistema  penale),  sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo
comma,  della  Costituzione, dal tribunale per i minorenni di Napoli,
in   funzione  di  tribunale  di  sorveglianza,  con  l'ordinanza  in
epigrafe;
    b)   Dichiara   la  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 108 della predetta legge n. 689
del  1981,  sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma,
della  Costituzione,  dal  tribunale  per  i  minorenni di Napoli, in
funzione di tribunale di sorveglianza, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Onida
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 17 maggio 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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