N. 181 ORDINANZA 4 - 8 giugno 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile  - Procedimento per convalida di sfratto - Cause
  di convalida basate su rapporti di lavoro - Assegnazione al giudice
  di  una  sezione  ordinaria,  anziche'  al  giudice specializzato -
  Assunto  contrasto  con  il principio del giudice naturale e con il
  principio  di  eguaglianza, per disparita' di tutela dei lavoratori
  convenuti  in cause di sfratto - Erroneita' del presupposto assunto
  dal rimettente - Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., art. 659.
- Costituzione, artt. 3 e 25.
(GU n.23 del 13-6-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 659 del codice
di  procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 29 maggio 2000
dal  tribunale  di Roma nel procedimento civile vertente tra Zerletti
Maria  Grazia  e  Walentowicz Halina, iscritta al n. 476 del registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 38, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7 marzo 2001 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  procedimento  di convalida di
sfratto per finita locazione di un immobile di servizio, il tribunale
di  Roma  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  25 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 659
del  codice  di  procedura  civile,  nella  parte  in cui non prevede
espressamente  che  le  cause di lavoro introdotte con intimazione di
sfratto  per  il  rilascio  dell'immobile  di servizio debbano essere
trattate  sin  dall'inizio  e decise, anche nella fase monitoria, dal
giudice del lavoro, quale giudice naturale;
        che  il giudice rimettente espone di aver rimesso gli atti al
Presidente   del   tribunale  per  l'assegnazione  della  causa  alla
competente  sezione  lavoro,  per  effetto  delle contestazioni della
parte  intimata  in  ordine  all'avvenuta  cessazione del rapporto di
lavoro,  e di essere stato nuovamente incaricato della trattazione, a
seguito  del  provvedimento  con  cui il designato giudice del lavoro
aveva  declinato  la  propria  competenza, affermando l'autonomia del
procedimento  per convalida di sfratto, anche se relativo ad immobile
di servizio;
        che,  ad avviso del rimettente, il procedimento di convalida,
ancorche'  articolato  in  due  distinte fasi, la prima delle quali a
cognizione  sommaria  e la seconda, eventuale, a cognizione piena, e'
comunque  un  giudizio  unitario,  in  considerazione  dello  stretto
collegamento   che  si  verifica  tra  i  due  momenti  nel  caso  di
opposizione;
        che  non potrebbe quindi ipotizzarsi la competenza di giudici
diversi  (giudice  ordinario  e  giudice  del  lavoro) in relazione a
ciascuna  delle  due  fasi,  essendo  la seconda solo eventuale e non
potendo  il  giudice  della  convalida  accertare  la sussistenza dei
presupposti  per  l'emanazione del provvedimento, quando questi siano
inerenti ad un rapporto di lavoro;
        che,  in  particolare, come afferma il rimettente, il giudice
della  convalida  non  potrebbe  limitarsi, in caso di opposizione, a
rimettere le parti innanzi al giudice del lavoro, in quanto egli deve
decidere  se  pronunciare  o  meno l'ordinanza di rilascio e dovrebbe
prendere  cognizione  del  sottostante  rapporto di lavoro, compiendo
valutazioni riservate ad altro giudice;
        che,   pertanto,   ad  avviso  del  rimettente,  il  disposto
dell'art. 659  cod.  proc.  civ.,  se  interpretato nel senso che sia
possibile  l'assegnazione di cause di convalida basate su rapporti di
lavoro  al  giudice  di  una  sezione  ordinaria, anziche' al giudice
specializzato, si porrebbe in contrasto anzitutto con l'art. 25 della
Costituzione,  in  quanto  una causa avente ad oggetto un rapporto di
lavoro  sarebbe  trattata  da  un  giudice diverso da quello naturale
precostituito per legge, che, nella specie, e' il giudice del lavoro;
e  violerebbe  inoltre  l'art. 3 della Costituzione, determinando una
disparita'  di  trattamento  fra lavoratori convenuti in una causa di
sfratto,   i   quali   sarebbero   pregiudicati   dalla  mancanza  di
specializzazione del giudice ordinario, e quelli convenuti innanzi al
giudice specializzato, che sarebbero invece pienamente tutelati;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la inammissibilita' della questione, in quanto
inerente  alle  modalita'  di ripartizione delle cause tra magistrati
appartenenti allo stesso ufficio diviso in piu' sezioni;
        che,  comunque, ad avviso dell'Avvocatura, il precetto di cui
all'art. 25 della Costituzione risulterebbe erroneamente interpretato
dal   rimettente   e  sarebbe  altresi'  insussistente  la  lamentata
disparita'  di  trattamento,  in  ragione  della disomogeneita' delle
situazioni prese in esame.
    Considerato  che  il  giudice  rimettente  prospetta  la  lesione
dell'art. 25  della  Costituzione  ad  opera  della  norma impugnata,
sostenendo  che  una  causa  avente  ad oggetto un rapporto di lavoro
sarebbe   trattata   da   un   giudice  diverso  da  quello  naturale
precostituito  per  legge,  ed  assume  altresi'  la  violazione  del
principio  di  eguaglianza,  in  quanto  l'art. 659  cod.  proc. civ.
determinerebbe una disparita' di trattamento fra lavoratori convenuti
in  una  causa  di  sfratto,  i  quali  sarebbero  pregiudicati dalla
mancanza   di   specializzazione  del  giudice  ordinario,  e  quelli
convenuti  innanzi  al  giudice  specializzato,  che sarebbero invece
pienamente tutelati;
        che  il  presupposto in forza del quale il giudice rimettente
fonda le proprie censure risulta palesemente erroneo, dal momento che
costituisce  principio  giurisprudenziale  ormai  consolidato  quello
secondo  cui  sono  estranee  al  concetto di competenza le questioni
inerenti  alla sfera di ripartizione dei compiti e delle attribuzioni
fra sezioni o fra magistrati dello stesso ufficio giudiziario;
        che,  quindi,  la distinzione tra giudice ordinario e giudice
del lavoro nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario puo' assumere
rilievo soltanto ai fini del rito applicabile alla controversia;
        che  nel  procedimento  per  convalida di sfratto soltanto la
fase  a  cognizione  sommaria e' sottoposta al rito ordinario, mentre
quella  a  cognizione  piena,  che si instaura con l'opposizione alla
convalida,  e'  regolata, ai sensi dell'art. 447-bis cod. proc. civ.,
dal  rito  speciale  del lavoro, nelle cui forme il giudizio prosegue
dopo  la  eventuale  pronuncia  delle  ordinanze  di  rilascio  o  di
pagamento delle somme non contestate;
        che,  quindi,  la distinzione tra giudice ordinario e giudice
del  lavoro appartenenti al medesimo ufficio giudiziario, gia' di per
se' ininfluente ai fini della competenza, assume nella fattispecie un
rilievo ancor piu' marginale;
        che,  non  essendo  configurabile una questione di competenza
fra  giudici  addetti alle diverse sezioni nelle quali si articola un
medesimo  ufficio giudiziario, non puo' sussistere l'asserita lesione
del  principio  del giudice naturale precostituito per legge, ne' per
le   stesse   ragioni   puo'  affermarsi  la  pretesa  disparita'  di
trattamento  fra  le  parti  convenute dinanzi ai diversi giudici, in
quanto  tale  assunto  sembra addirittura postulare l'incapacita' del
giudice  adito  di  risolvere controversie aventi un oggetto in parte
diverso da quello ordinariamente trattato;
        che la questione sollevata e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 659  del  codice di procedura
civile,   sollevata,   in   riferimento   agli  artt. 3  e  25  della
Costituzione, dal tribunale di Roma con l'ordinanza inepigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Contri
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria l'8 giugno 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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