N. 184 ORDINANZA 4 - 8 giugno 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Questione  di  legittimita'  costituzionale - Proponibilita' da parte
  del  giudice di rinvio - Vincolo del principio di diritto affermato
  dalla Cassazione.
Reati  e  pene  -  Pene  detentive  brevi  -  Sanzioni  sostitutive -
  Inapplicabilita'  al  reato  di  evasione  (art. 385  cod.  pen.) -
  Lamentata,  irragionevole,  discriminazione rispetto ad altri reati
  pur   di maggiore   gravita'   ammessi  al  regime  delle  sanzioni
  sostitutive  -  Questione  analoga  ad  altra  gia'  dichiarata non
  fondata  -  Ininfluenza  dei  nuovi  tertia comparationis addotti -
  Manifesta infondatezza.
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.23 del 13-6-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'articolo 60 della
legge   24 novembre  1981,  n. 689  (Modifiche  al  sistema  penale),
promosso  con  ordinanza  emessa  il 17 settembre 1999 dal pretore di
Nocera  Inferiore,  iscritta  al n. 444 del registro ordinanze 2000 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 21 marzo 2001 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
    Ritenuto che, con ordinanza in data 17 settembre 1999, il pretore
di  Nocera  Inferiore  -  nel  corso  di  unprocedimento  penale  nei
confronti  di  un  imputato  del delitto di evasione (art. 385, terzo
comma, del codice penale) - ha sollevato, in riferimento all'articolo
3      della      Costituzione,     questione     di     legittimita'
costituzionaledell'articolo 60  della  legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche   al   sistema   penale),  "nella  parte  in  cui  esclude
l'applicabilita'  delle  sanzioni  sostitutive  delle  pene detentive
brevi  previste  dagli  artt. 53 e ss. della stessa legge al reato di
evasione ex art. 385, commi primo e terzo, del codice penale";
        che  il  remittente  premette  che  una  precedente sentenza,
emessa   nell'ambito   dello   stesso   procedimento,  con  la  quale
all'imputato  era gia' stata applicata, ai sensi degli articoli 444 e
ss.  del  codice  di  procedura  penale,  la  pena di mesi quattro di
reclusione,  sostituita, ai sensi dell'articolo 53 della legge n. 689
del 1981, con la sanzione della liberta' controllata per la durata di
mesi  otto,  e' stata annullata dalla Corte di cassazione proprio per
la  violazione  del  divieto  di  sostituzione  della  pena detentiva
stabilito dall'articolo 60 della citata legge in caso di condanna per
il reato di evasione;
        che,  ad  avviso  del  remittente,  quest'ultima disposizione
violerebbe  l'articolo 3 della Costituzione, in quanto determinerebbe
una   irragionevole   discriminazione   rispetto   ad   altri   reati
(segnatamente   quelli   di   procurata   evasione   e  di  procurata
inosservanza  di pena, rispettivamente previsti dagli artt. 386 e 390
del  codice  penale), i quali, pur essendo, sul piano del trattamento
sanzionatorio, di maggiore gravita', e pur appartenendo alla medesima
"classe"  dei  delitti contro l'amministrazione della giustizia, sono
ammessi al regime delle sanzioni sostitutive;
        che  il  giudice a quo richiamando quali tertia comparationis
le  specifiche  ipotesi  criminose  sopra  indicate, ritiene di poter
superare  le argomentazioni contenute nella sentenza n. 406 del 1997,
con la quale questa Corte ha dichiarato non fondata analoga questione
di legittimita' costituzionale;
        che,  quanto  alla  rilevanza  della questione, il pretore di
Nocera  Inferiore  ne afferma la sussistenza sulla base della duplice
considerazione  che,  da  un lato, non opererebbe nella specie alcuna
delle  preclusioni  di ordine soggettivo di cui all'articolo 59 della
legge   n. 689   del   1981,  e,  dall'altro,  la  pena  da  irrogare
eventualmente   all'imputato  per  il  reato  di  evasione,  potrebbe
rientrare  nei  limiti previsti dall'articolo 53 della medesima legge
ai fini dell'applicazione delle sanzioni sostitutive;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   la   quale  ha  chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile - perche' il giudicea quo avrebbe dovuto uniformarsi al
principio  di diritto affermato nel medesimo procedimento dalla Corte
di cassazione - e comunque infondata.
    Considerato   che   l'eccezione   di   inammissibilita'  proposta
dall'Avvocatura  dello Stato non puo' essere accolta poiche', secondo
la  costante giurisprudenza di questa Corte, e' consentito al giudice
di  rinvio  sollevare  questione di legittimita' costituzionale della
disposizione  nell'interpretazione  alla  quale e' vincolato in forza
del  principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione (v., da
ultimo, ordinanze n. 501 del 2000 e n. 11 del 1999);
        che,   con  la  sentenza  n. 406  del  1997,  richiamata  dal
remittente,  questa  Corte  ha  gia'  ritenuto  non  fondata  analoga
questione   di   legittimita'   costituzionale,   rilevando   la  non
omogeneita'  dei  reati allora posti a raffronto (omicidio colposo e,
tra   i  delitti  contro  l'amministrazione  della  giustizia,  frode
processuale e subornazione) rispetto al delitto di evasione;
        che  a  conclusioni  non  diverse  deve  pervenirsi  anche in
relazione  ai nuovi tertia comparationis oggi indicati dal remittente
(reati  di  procurata  evasione  e di procurata inosservanza di pena,
sanzionati,  rispettivamente,  dagli  articoli 386  e  390 del codice
penale),  giacche'  questi  non  presentano  caratteristiche di piena
omogeneita'  con il delitto di evasione, diversa essendo la posizione
di  chi  agevoli  l'evasione  o  l'inosservanza della pena rispetto a
quella di chi volontariamente si sottragga alla esecuzione della pena
stessa;
        che  l'elemento  che rende disomogenei i termini del giudizio
di  eguaglianza  e  che  appare  idoneo  a  giustificare  il  diverso
trattamento  ad essi riservato dal legislatore non consiste ne' nella
entita'  della  pena  edittale,  che e' anzi piu' grave nei due reati
ammessi  al  beneficio,  ne'  nella iscrivibilita' dei reati nell'una
piuttosto  che  nell'altra  classe, ma nella efficacia deterrente che
deve  essere  propria  della  pena  e che, con riguardo alle sanzioni
sostitutive,   per   i   caratteri   oggettivi  della  condotta,  non
irragionevolmente  e' stata ritenuta incomparabilmente minore, se non
addirittura inesistente, nell'ipotesi di evasione;
        che,  benche'  questa  Corte  abbia  piu'  volte auspicato un
intervento  del  legislatore  teso  a razionalizzare il sistema delle
sanzioni  sostitutive e delle esclusioni oggettive, le quali, a causa
della  consistente  stratificazione normativa, possono effettivamente
dare  luogo  a  incongruenze e disarmonie, la presente questione, nei
termini prospettati, deve essere dichiarata manifestamente infondata,
non   essendo   dato  riscontrare  alcuna  arbitraria  disparita'  di
trattamento tra le situazioni indicate dal remittente.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale dell'articolo 60 della legge 24 novembre
1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento
all'articolo  3  della Costituzione, dal pretore di Nocera Inferiore,
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                      Il redattore: Mezzanotte
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria l'8 giugno 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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