N. 240 ORDINANZA 4 - 6 luglio 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale - Procedimento per decreto - Ammissibilita' del rito
  per  reati  procedibili  a  querela,  anche nell'ipotesi di querela
  (proposta  anteriormente  alla pubblicazione della legge n. 479 del
  1999)  mancante  della  dichiarazione  (espressa) di opposizione al
  procedimento   con   decreto   penale  -  Lamentata  disparita'  di
  trattamento in danno dei querelanti prima della legge anzidetta, ai
  quali non e' riconosciuta facolta' di scelta se opporsi o meno alla
  definizione del procedimento con decreto penale, con violazione del
  diritto  di  difesa  -  Erroneita'  della premessa interpretativa -
  Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. pen., art. 459.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.27 del 11-7-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo ZAGREBELSKY,Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI,
Guido  NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 459 del codice
di   procedura  penale,  come  modificato  dall'art. 37  della  legge
16 dicembre   1999,   n. 479   (Modifiche   alle   disposizioni   sul
procedimento  davanti  al  tribunale  in  compo-sizione monocratica e
altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice di
procedura  penale  e  all'ordinamento  giudiziario.  Disposizioni  in
materia  di  contenzioso  civile pendente, di indennita' spettanti al
giudice  di  pace e di esercizio della professione forense), promosso
con  Ordinanza  emessa  il 11 maggio 2000 dal giudice per le indagini
preliminari  presso  il tribunale di Forli' nel procedimento penale a
carico  di  C.  B.,  iscritta al n. 573 del registro ordinanze 2000 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 maggio 2001 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  il  giudice  per le indagini preliminari presso il
tribunale  di Forli' deduce di essere stato investito della richiesta
di  emissione  di decreto penale di condanna nei confronti di persona
imputata  del  reato  di  cui all'art. 594 cod. pen., in relazione al
quale e' stata proposta querela in data 22 giugno 1999;
        che, ad avviso del rimettente, tale richiesta dovrebbe essere
accolta  "in  considerazione  degli  elementi contenuti nel fascicolo
processuale"  e  della  circostanza  che,  dopo la proposizione della
querela,  e'  intervenuta la legge 16 dicembre 1999, n. 479, la quale
ha  modificato l'art. 459 cod. proc. pen., prevedendo la possibilita'
di definire il procedimento con decreto anche per i reati procedibili
a  querela, salvo che il querelante abbia "nella stessa dichiarato di
opporvisi";
        che,  peraltro,  il  medesimo  giudice  ha  sollevato, in via
principale,  questione  di  legittimita'  costituzionale dello stesso
art. 459 cod. proc. pen., come modificato dalla predetta legge n. 479
del  1999,  nella  parte  in  cuiconsente  al  pubblico  ministero di
richiedere  ed  al giudice di emettere decreto penale di condanna per
reati  procedibili  a  querela, anche nella ipotesi in cui la querela
sia  stata  proposta prima della pubblicazione della menzionata legge
n. 479 del 1999 e non contenga - come nella specie - opposizione alla
definizione del procedimento con decreto penale;
        che  a  tal  proposito il giudice a quo lamenta la violazione
dell'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto  chi  abbia  presentato
querela  prima  della entrata in vigore della citata legge n. 479 del
1999 o comunque prima della sua pubblicazione, verrebbe a trovarsi in
posizione  deteriore  rispetto  a  chi  abbia  formulato  istanza  di
punizione  in  epoca  successiva,  giacche'  solo  quest'ultimo  puo'
opporsi  alla  definizione  del  processo  mediante decreto penale di
condanna,  mentre  al  primo  non  e'  riconosciuta  la  facolta'  di
scegliere  se  opporsi o meno, con riflessi sul piano degli interessi
civili  e di natura anche "penale" (la condanna per decreto, infatti,
comporta  l'estinzione  del  reato  nel termine di cinque anni e "non
puo'  essere  posta  a  base  di  un  giudizio  civile"),  e  con  la
impossibilita' per la persona offesa di interloquire in alcun modo;
        che   sarebbe   vulnerato   anche   l'art. 24   della   Carta
fondamentale,  giacche', pur conservando la persona offesa il diritto
a  far  valere in sede civile le proprie pretese, alla stessa sarebbe
precluso   ogni   intervento  in  sede  penale,  ove  "potrebbe  piu'
prontamente esercitare e far valere i propri diritti";
        che  in  via  subordinata il giudice rimettente solleva, "nei
medesimi  termini",  questione  di  legittimita' costituzionale della
stessa  norma,  nella  parte in cui non impone al pubblico ministero,
qualora   intenda   procedere   con   richiesta  di  decreto  penale,
"l'obbligo, in caso di presentazione di querela nei modi e termini di
cui sopra,di interpellare la persona offesa querelante sulla volonta'
di opporsi alla definizione del procedimento condecreto penale";
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dallaAvvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
        che,  infatti,  secondo  l'Avvocatura erariale, in assenza di
specifiche disposizioni transitorie, la nuova disciplina non potrebbe
trovare  applicazione  nelle  ipotesi  in  cui  la  querela sia stata
proposta prima della data di entrata in vigore della legge n. 479 del
1999,  sacrificandosi altrimenti il "contrappeso" rappresentato dalla
non  opposizione  del  querelante  alla  definizione del procedimento
mediante  decreto penale di condanna nel caso di reati perseguibili a
querela.
    Considerato  che  l'art. 459  cod.  proc.  pen.,  come sostituito
dall'art. 37,   comma   1,  della  legge  16 dicembre  1999,  n. 479,
profondamente  innovando  per questo aspetto il precedente regime, ha
stabilito  la  possibilita'  di  adottare il procedimento per decreto
anche  per  i  reati  perseguibili  a  querela,  "se  questa e' stata
validamente  presentata  e  se  il  querelante  non  ha  nella stessa
dichiarato di opporvisi";
        che,  in mancanza di disciplina transitoria ed in ossequio ai
principi   che   regolano   la  successione  nel  tempo  delle  norme
processuali,  la  nuova  disposizione  non e' applicabile con effetti
retroattivi,  sicche'  il  procedimento per decreto non potra' essere
disposto  per  i  reati  perseguibili  a  querela,  ove  l'istanza di
punizione  sia  stata  formulata  in  data antecedente a quella nella
quale e' entrata in vigore la nuova normativa;
        che,  infatti, come correttamente ha prospettato l'Avvocatura
dello  Stato,  il  legislatore della riforma ha configurato l'atto di
querela   e   la  non  opposizione  come  momenti  strutturalmente  e
funzionalmente  unitari  nel  quadro della individuazione del "nuovo"
presupposto del procedimento monitorio;
        che,  a  sottolineare  l'accennata  inscindibilita',  sta  la
circostanza  che  la  eventuale  dichiarazione  di  opposizione viene
testualmente  riferita  dalla  norma  alla "stessa" querela, cosi' da
evocare   non   soltanto   la  necessaria  correlazione  tra  le  due
manifestazioni   di   volonta',   ma   addirittura   una   sorta   di
"contestualita' dichiarativa";
        che,  peraltro,  appare  evidente come il secondo elemento di
tale   unitario  presupposto,  ossia  la  mancanza  di  una  espressa
dichiarazione   di   opposizione  al  procedimento  monitorio,  possa
riferirsi  esclusivamente  alle  querele presentate dopo l'entrata in
vigore   della   legge  di  riforma,  giacche'  in  precedenza  detto
procedimento  risultava radicalmente escluso per i reati perseguibili
a  querela, onde il querelante non avrebbe avuto ragione di sorta per
manifestare la volonta' di opporsi ad esso;
        che,  pertanto,  risultando errata la premessa interpretativa
sulla  quale  il  giudice  a  quo  ha  fondato le proprie censure, le
questioni   proposte   sono   manifestamente   prive   di   giuridica
consistenza.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 459  del  codice di procedura
penale,   sollevate,   in   riferimento   agli  artt. 3  e  24  della
Costituzione,  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari presso il
tribunale di Forli' con la ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 6 luglio 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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