N. 314 SENTENZA 12 - 27 luglio 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Investimenti  pubblici - Valutazione delle relative decisioni secondo
  un  unico modello organizzativo, predeterminato dalla legge statale
  -   Lamentata   interferenza  nei  processi  decisionali  dell'ente
  provinciale  -  Ricorso  della  provincia  autonoma di Trento - Non
  fondatezza della questione.
- Legge 17 maggio 1999, n. 144, art. 1, commi 1, 2, lettere a), c).
- Statuto  regione  Trentino-Alto Adige, artt. 8, numeri 1, 5, 9, 10,
  17,  18,  20, 21, 23, 28 e 29; 9, numeri 3, 4, 5 e 8; 16; d.lgs. 16
  marzo 1992, n. 266, art. 3.
Investimenti  pubblici  -  Costituzione  dei  nuclei di valutazione e
  verifica    -    Necessaria    considerazione,   da   parte   delle
  amministrazioni  interessate,  di  "strutture similari", al fine di
  evitare   "duplicazioni"   ed   elaborazione  di  un  programma  di
  attuazione  -  Ricorso  della  provincia di Trento - Non fondatezza
  della questione.
- Legge 17 maggio 1999, n. 144, art. 1, comma 3.
- Statuto  regione  Trentino-Alto Adige, artt. 8, numeri 1, 5, 9, 10,
  17,  18,  20, 21, 23, 28 e 29; 9, numeri 3, 4, 5 e 8; 16; d.lgs. 16
  marzo 1992, n. 266, art. 3.
Investimenti  pubblici  - Valutazione e verifica - Determinazione, da
  parte della provincia, di sistemi locali di lavoro - Fissazione dei
  criteri  da  parte  del  CIPE  -  Lamentata  estraneita'  dell'atto
  previsto  al  sistema  dei rapporti tra Stato e province autonome -
  Ricorso della provincia di Trento - Non fondatezza della questione.
- Legge 17 maggio 1999, n. 144, art. 1, comma 9.
- Statuto  regione  Trentino-Alto Adige, artt. 8, numeri 1, 5, 9, 10,
  17,  18,  20, 21, 23, 28 e 29; 9, numeri 3, 4, 5 e 8; 16; d.lgs. 16
  marzo 1992, n. 266, art. 3.
Investimenti  pubblici  -  Costituzione  di  nuclei  di valutazione e
  verifica  -  Determinazione delle caratteristiche organizzative dei
  nuclei,  rimessa  ad  un  decreto  del Presidente del Consiglio dei
  ministri  -  Applicabilita'  della  previsione  di legge anche alla
  regione  Trentino-Alto  Adige e alle province di Trento e Bolzano -
  Ricorso  della  provincia  di  Trento  -  Mancata  previsione della
  procedura   di  consultazione  degli  enti  autonomi  (regionale  e
  provinciali),  al  fine  della verifica di compatibilita' dell'atto
  indicato con lo statuto regionale - Illegittimita' costituzionalein
  parte qua.
- Legge 17 maggio 1999, n. 144, art. 1, comma 4.
- D.Lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 3.
(GU n.30 del 1-8-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Riccardo CHIEPPA,
Gustavo ZAGREBELSKY,Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI,
Guido   NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,
Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2,
lettere  a) e c), 3, 4 e 9 della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure
in  materia  di investimenti, delega al Governo per il riordino degli
incentivi  all'occupazione  e della normativa che disciplina l'INAIL,
nonche'  disposizioni  per  il  riordino  degli  enti previdenziali),
promosso  con  ricorso della provincia autonoma di Trento, notificato
il  21 giugno  1999,  depositato  in  Cancelleria il 28 successivo ed
iscritto al n. 21 del registro ricorsi 1999.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  19 giugno  2001  il  giudice
relatore Massimo Vari;
    Uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per la provincia autonoma di
Trento  e  l'avvocato  dello  Stato Glauco Nori per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. -   Con  ricorso  del 17 giugno 1999, la provincia autonoma di
Trento   ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  commi  1,  2,  lettere  a)  e  c), 3, 4 e 9 della legge
17 maggio  1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al
Governo  per  il  riordino  degli  incentivi  all'occupazione e della
normativa   che  disciplina  l'INAIL,  nonche'  disposizioni  per  il
riordino  degli  enti  previdenziali), per contrasto con gli artt. 8,
numeri  1, 5, 9, 10, 17, 18, 20, 21, 23, 28 e 29; 9, numeri 3, 4, 5 e
8;  16  dello  Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e
con  le relative norme di attuazione, in particolare con l'art. 3 del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.
    La   provincia  precisa  che  non  intende  disconoscere  che  la
disciplina  statale censurata ponga principi fondamentali di riforma,
al  cui  rispetto  essa  si  considera tenuta, ovvero il principio di
necessaria  valutazione  tecnica degli investimenti pubblici e quello
organizzativo  di  creazione  di  un sistema di monitoraggio su scala
nazionale.   La  ricorrente  si  duole,  invece,  del  fatto  che  la
disposizione  denunciata,  nell'istituire  i  nuclei di valutazione e
verifica  degli investimenti pubblici, leda la sua autonomia, a causa
della  previsione,  per "un insieme amplissimo e vitale di settori di
attivita'",  di "modalita' organizzative e di azione uniformi, comuni
a tutte le amministrazioni, sia statali che regionali".
    Secondo  il  ricorso, anche se il comma 3 dell'articolo censurato
affida  alle  amministrazioni  interessate  le  "attivita' volte alla
costituzione   dei   nuclei  di  valutazione  e  verifica",  l'ambito
decisionale  riservato  alle  medesime e', comunque, molto ridotto, a
causa  della necessita' di tener conto delle "strutture similari gia'
esistenti", di "evitare duplicazioni" e di provvedere ad elaborare un
"programma di attuazione".
    La   ricorrente,  nel  precisare  che,  proprio  in  ossequio  al
principio  del  miglioramento  del  processo  di programmazione delle
politiche  di  sviluppo, ha gia' da tempo istituito organi preposti a
valutare  "la validita' e sostenibilita' economico-finanziaria" della
realizzazione,  e  in  alcuni casi della gestione, degli investimenti
pubblici,  ritiene  che  la  lesione  della  sua  autonomia discenda,
invece,  dalla  imposizione,  al  di la' di ogni "possibile interesse
nazionale",   di   un   modello   organizzativo  predeterminato,  con
l'assoggettamento dei processi decisionali dell'ente ad una "continua
interferenza",  da  parte  di  un  "organismo  imposto  e operante in
raccordo con una struttura centrale dello Stato".
    2. - Oltre  al  gia'  menzionato  comma  3, la provincia censura,
percio',  anche  la  disposizione del comma 1 dell'art. 1 della legge
n. 144  del 1999, che affida ai nuclei il compito di supporto tecnico
"nelle  fasi di programmazione, valutazione, attuazione e verifica di
piani,  programmi  e  politiche  di intervento", come pure quella del
comma  2  che  ne  prevede  l'apporto  nelle fasi di "programmazione,
formulazione  e valutazione di documenti di programma, per le analisi
di  opportunita' e fattibilita' degli investimenti" e di "valutazione
ex ante di progetti e interventi".
    Nel   rilevare   che   dalla   disposizione  risulta  chiarissimo
l'inserimento,  nel  processo decisionale, di un organismo previsto e
disciplinato  dalla  legge statale e da altri atti statali attuativi,
il   ricorso   osserva  che  egualmente  illegittima  deve  ritenersi
l'attribuzione,  ai  suddetti  nuclei,  del  potere  di  compiere una
"valutazione   di  qualita'  ambientale  e  di  sostenibilita'  dello
sviluppo,  nonche'  della compatibilita' ecologica degli investimenti
pubblici",  in  quanto  attivita'  interferente  "con  la  normazione
provinciale  in tema di valutazione di impatto ambientale", e in ogni
caso   con   l'autonomia   organizzativa  dell'ente,  in  materia  di
determinazione  degli  organi  e  procedure idonee a verificare detto
impatto a fronte degli interventi economici pubblici.
    Secondo la provincia "non meno illegittimo" sarebbe l'affidamento
ai  nuclei della competenza a svolgere "attivita' volta alla graduale
estensione  delle  tecniche proprie dei fondi strutturali all'insieme
dei  programmi  e  dei  progetti  attuati a livello territoriale, con
riferimento  alle fasi di programmazione, valutazione, monitoraggio e
verifica",   competendo,   invece,   al  legislatore  provinciale  di
stabilire "se ed in che misura" tali tecniche, oltretutto indicate in
modo  generico, debbano essere estese all'insieme dei detti programmi
e progetti.
    3. - La  violazione  dell'autonomia  organizzativa  e  funzionale
della   provincia   sarebbe   ulteriormente  aggravata  dal  comma  4
dell'art. 1,   il  quale  attribuisce  allo  Stato,  e  per  esso  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  "poteri  di  integrazione
normativa",  relativamente alla determinazione delle "caratteristiche
organizzative  comuni  dei  nuclei"  e,  in  genere, alle modalita' e
criteri per l'attuazione della disciplina legislativa.
    Ad  avviso  della  ricorrente, il previsto decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  sarebbe  atto  estraneo al sistema dei
rapporti  tra  fonti  statali e provinciali, come delineato anche dal
decreto  legislativo  n. 266 del 1992. Esso avrebbe un contenuto solo
in  parte  accostabile  all'atto  di indirizzo e coordinamento, senza
peraltro possederne i requisiti di forma e di procedura, tra i quali,
con  specifico  riferimento  alla  provincia di Trento, la ricorrente
individua il previo parere di compatibilita' con lo statuto.
    4. - Nell'escludere  l'esistenza  di  un  interesse nazionale che
possa giustificare l'imposizione del descritto modello organizzativo,
il ricorso afferma che, in ogni caso, anche in virtu' dei principi di
proporzionalita'   e   sussidiarieta',   l'impatto   sulla  autonomia
costituzionale   dell'ente   dovrebbe   essere  limitato  "alla  sola
fissazione  dei  principi fondamentali riconoscibili nella normativa,
cioe'   il   principio   di   valutazione   tecnico-economica   degli
investimenti   pubblici   e   il   principio  del  loro  monitoraggio
nazionale".
    5. - Per  quanto  riguarda,  infine,  il  comma 9 dell'art. 1, la
provincia  osserva che tale disposizione - nell'attribuire al CIPE il
potere di indicare i criteri ai quali dovranno attenersi le regioni e
le province autonome, al fine di suddividere il rispettivo territorio
in Sistemi locali del lavoro - si risolve nella previsione di un atto
anomalo,  "estraneo  al  sistema  dei  rapporti  tra Stato e province
autonome".  Oltretutto,  la  disposizione  censurata  avrebbe posto a
carico  delle  province  un  onere  di  individuazione non chiaro, in
quanto  non  si  comprende  che  cosa  siano e quale valore abbiano i
sistemi  locali  del  lavoro, ne' se la "zonizzazione" sia vincolante
nell'elaborazione  degli interventi e degli investimenti provinciali.
Del tutto incerta risulterebbe, altresi', la clausola di salvaguardia
delle competenze delle province autonome in materia.
    6. - E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha  concluso  per  l'inammissibilita'  e,  comunque, per la manifesta
infondatezza della questione.
    La  difesa  erariale  osserva,  in  particolare,  che lo Stato e'
"abilitato  all'uso  di  tutti  gli  strumenti  consentitigli per far
valere gli interessi unitari di cui e' portatore", come risulta dalla
giurisprudenza  costituzionale,  secondo  la  quale  la fissazione di
criteri  generali  per  il coordinamento di servizi non lede in alcun
modo la competenza delle province autonome.
    7. - In  prossimita'  della  udienza  pubblica,  hanno depositato
memorie sia la provincia autonoma di Trento sia l'Avvocatura generale
dello Stato.
    7.1. - La provincia autonoma, nell'insistere per la dichiarazione
di  illegittimita' costituzionale delle norme denunciate, fa presente
che l'art. 10, comma 3, della sopravvenuta legge provinciale 22 marzo
2001, n. 3, ha previsto che la giunta provinciale definisca, anche in
attuazione della legge n. 144 del 1999, i criteri, le modalita' e gli
strumenti  organizzativi  per assicurare la valutazione e la verifica
degli  investimenti pubblici. La circostanza che il Governo non abbia
avanzato   alcun   rilievo   nei   confronti   della  suddetta  legge
dimostrerebbe,  ad avviso della ricorrente, che l'attivita' demandata
alla  giunta  rientra  nell'autonomia  provinciale e, inoltre, che la
legge impugnata non pone rigidi vincoli di adeguamento in ordine alle
modalita' attuative.
    Nel   ribadire  che,  in  ogni  caso,  i  singoli  profili  della
disciplina   impugnata   non  possono  giustificarsi  sulla  base  di
"presunte  esigenze  di  interesse nazionale", la provincia di Trento
rileva  che  il  decreto  del  Presidente  del Consiglio dei ministri
previsto  dall'art. 1,  comma  4,  della  legge n. 144 del 1999 si e'
tradotto  in  una  direttiva  emanata  in  data 10 settembre 1999. Al
riguardo,  osservato  che,  nei confronti delle province autonome, il
potere   di   direttiva  concerne  solo  le  funzioni  amministrative
delegate,  come  risulta dall'art. 5 del decreto del Presidente della
Repubblica  n. 526  del  1987 e, altresi', che l'atto emanato ha piu'
contenuto  normativo  che  non  di direttiva, la ricorrente sostiene,
comunque,  che  le  direttive  stesse  non rientrano fra gli atti che
possono,  ai  sensi del decreto legislativo n. 266 del 1992, incidere
sulle funzioni legislative ed amministrative della provincia autonoma
di Trento.
    7.2. - L'Avvocatura  generale  dello  Stato,  nel  concludere per
l'inammissibilita'  e,  comunque,  per  l'infondatezza  del  ricorso,
osserva  che  la  legge  n. 144  del  1999  disciplina  un settore di
importanza  nazionale,  tale  da  richiedere l'emanazione di principi
uniformi  in tutto il Paese, attraverso norme fondamentali di riforma
economico-sociale connesse ad un interesse unitario dello Stato.
    La  disciplina censurata, mentre non esclude uno spazio normativo
di  adeguamento  dei principi al contesto locale, assicura, altresi',
attraverso la conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province  autonome,  l'intesa  prevista dall'art. 8 della legge n. 59
del 1997.
    La  difesa  erariale, nel ribadire le conclusioni gia' formulate,
osserva,  infine,  che  i nuclei di valutazione svolgono una funzione
consultiva,  inidonea, in quanto tale, ad interferire con l'esercizio
delle  competenze amministrative spettanti alla provincia autonoma di
Trento.

                       Considerato in diritto

    1. -   Con il ricorso in epigrafe la provincia autonoma di Trento
ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
commi  1,  2,  lettere  a) e c), 3, 4 e 9 della legge 17 maggio 1999,
n. 144  (Misure  in materia di investimenti, delega al Governo per il
riordino  degli  incentivi  all'occupazione  e  della  normativa  che
disciplinal'INAIL,  nonche'  disposizioni  per il riordino degli enti
previdenziali),   nella   parte   in   cui   "prevede   che   vengano
obbligatoriamente   istituiti   in  ogni  amministrazione  statale  e
regionale   nuclei  di  valutazione  e  verifica  degli  investimenti
pubblici, con le caratteristiche e le funzioni" indicate nel medesimo
articolo.
    La  ricorrente  - nel denunciare violazione degli artt. 8, numeri
1,  5,  9, 10, 17, 18, 20, 21, 23, 28 e 29; 9, numeri 3, 4, 5 e 8; 16
dello  Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige, approvato con
decreto  del  Presidente  della  Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e
delle  relative  norme  di attuazione, in particolare dell'art. 3 del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 - lamenta che:
        a)  i  commi  1  e  2, lettere a) e c), del menzionato art. 1
della  legge 17 maggio 1999, n. 144, "anziche' limitarsi a fissare il
principio   della   necessaria  valutazione  tecnico-economica  delle
decisioni",  impongano alla provincia di "provvedere alla valutazione
delle  decisioni relative agli investimenti pubblici secondo un unico
modello organizzativo predeterminato dalla legge statale e attraverso
un  organismo  operante in raccordo con l'amministrazione statale" e,
al tempo stesso, interferente nei processi decisionali dell'ente;
        b)  il comma 3, pur disponendo che le attivita' relative alla
costituzione  dei nuclei di valutazione e verifica degli investimenti
pubblici  sono attuate, autonomamente, dalle singole amministrazioni,
sotto il profilo amministrativo, organizzativo e funzionale, imponga,
a  queste  ultime,  di  tener  conto  delle  strutture  similari gia'
esistenti,  di  evitare  duplicazioni,  nonche'  di  provvedere  alla
elaborazione  di  un  programma  di attuazione che, a sua volta, deve
essere   comprensivo   delle   connesse  attivita'  di  formazione  e
aggiornamento necessarie alla costituzione e all'avvio dei nuclei;
        c) il comma 4 assoggetti "la stessa istituzione dei nuclei di
valutazione  e  verifica  degli  investimenti  pubblici  ad ulteriori
ingerenze  ad opera di atti amministrativi statali, al di fuori delle
regole   e  dei  contenuti  propri  della  funzione  di  indirizzo  e
coordinamento ed al di fuori dei presupposti sostanziali di essa";
        d)  il  comma  9, nel prevedere che il CIPE indichi i criteri
per  la  determinazione,  da parte della provincia, di Sistemi locali
del  lavoro  di  cui  non  e'  definito il significato, sottoponga la
ricorrente  ad "un atto anomalo, estraneo al sistema dei rapporti tra
Stato e province autonome quale delineato dallo Statuto e dalle norme
di attuazione".
    2. - Le  censure  sono da reputare solo in parte fondate, secondo
quanto appresso si dira'.
    Prima  di  affrontarne  il  merito  giova richiamare, sia pure in
breve   sintesi,   scopi  e  contenuto  della  disciplina  censurata,
ricordando che le menzionate disposizioni si collocano nel piu' ampio
contesto   normativo   originato,   per   un   verso,  dalle  riforme
amministrativa  e  di  bilancio  intervenute da qualche tempo, e, per
l'altro,  dall'adeguamento  ai principi dell'ordinamento comunitario,
orientati  a potenziare azioni di sviluppo armonioso della comunita',
attraverso la realizzazione della coesione economica e sociale.
    Con  riferimento  ai  processi di modernizzazione delle pubbliche
amministrazioni,  va  considerato  il  trasferimento  dal  centro  al
territorio  delle politiche di sviluppo e delle relative risorse, che
ha  comportato  un  ulteriore potenziamento del ruolo delle regioni e
delle province autonome, cui gia' competeva - secondo quanto rilevato
dalla  Corte  -  "di  somministrare  la maggior  parte delle utilita'
individuali  e  collettive  destinate a soddisfare i bisogni sociali"
(sentenza n. 29 del 1995).
    A  cio' ha fatto riscontro l'esigenza non solo dell'introduzione,
in     forma     generalizzata,    di    tipologie    di    controllo
dell'economicita/efficienza      dell'azione     amministrativa     e
dell'efficacia   dei   servizi   erogati,  ma  anche  di  qualificate
competenze  tecniche  per la definizione dei programmi, come pure per
le analisi di opportunita' e fattibilita'.
    Inoltre, in relazione al processo di integrazione comunitaria, va
tenuto  conto  dell'impulso dato alla politica regionale dal trattato
sull'Unione  europea,  come,  da  ultimo,  modificato dal trattato di
Amsterdam  del  2 ottobre  1997  (ratificato  ed  eseguito  con legge
16 giugno  1998,  n. 209). A tale materia, il trattato stesso dedica,
nell'ambito  della  parte  III (Politiche della comunita), l'apposito
titolo  XVII  relativo,  per  l'appunto,  alla  "coesione economica e
sociale", contenente cinque articoli (158-162), i quali prevedono una
specifica  azione  comunitaria  mirata  "a  ridurre il divario tra le
diverse   regioni  ed  il  ritardo  delle  regioni  meno  favorite  o
insulari".
    A  loro  volta,  i  regolamenti,  sulla  base di tali previsioni,
disciplinano   il   cofinanziamento   europeo   attraverso   i  fondi
strutturali  (da ultimo regolamento CE 1260/1999 del Consiglio, punti
43-59   dei   consideranda  e  artt. 34-44),  conferendo  particolare
rilevanza  alle  azioni  di  sorveglianza,  controllo  finanziario  e
valutazione  degli  investimenti pubblici, rimesse agli Stati membri,
per  assicurare  la  realizzazione  effettiva degli impegni presi nel
quadro degli obiettivi come sopra definiti.
    Anche  in  ragione della teste' ricordata disciplina comunitaria,
le disposizioni denunciate contemplano l'apprestamento di una rete di
risorse metodologiche e informative, preordinata alla valutazione (ex
ante  in  itinere  ed  ex  post)  dell'affidabilita'  delle politiche
pubbliche  di  investimento  e  del  razionale  impiego delle risorse
progettuali  e finanziarie, onde pervenire, merce' anche le azioni di
monitoraggio  svolte  in sede locale, all'unitaria ricomposizione del
quadro generale degli interventi pubblici.
    Piu'  in  particolare,  il comma 1 dell'art. 1 della legge n. 144
del  1999 prevede che le amministrazioni centrali e regionali, previa
intesa  con  la conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le
regioni  e  le  province  autonome  di Trento e Bolzano, istituiscano
propri  nuclei, ai quali viene attribuita - in raccordo fra di loro e
con  il  nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici
del  Ministero  del  tesoro,  del  bilancio  e  della  programmazione
economica   -   la  funzione  di  supporto  tecnico,  nelle  fasi  di
programmazione,  valutazione,  attuazione e verifica degli interventi
di    ogni    singola    amministrazione;   e   cio'   al   fine   di
realizzare maggiore  qualita'  ed efficienza dei processi concernenti
le politiche di sviluppo.
    I   predetti  nuclei,  integrandosi  con  il  sistema  statistico
nazionale  e  operando  in  collegamento con gli uffici di statistica
costituiti  presso  le  varie amministrazioni (comma 1), svolgono, ai
sensi   del   comma  2,  "funzioni  tecniche  a  forte  contenuto  di
specializzazione", relative all'attivita' di assistenza e di supporto
tecnico  per le fasi di programmazione, formulazione e valutazione di
documenti   di   programma,   per   le   analisi  di  opportunita'  e
fattibilita',  di  valutazione  ex ante dei progetti, con particolare
riferimento   al   profilo   della   qualita'   ambientale   e  della
sostenibilita'  dello  sviluppo  (lettera  a),  nonche' all'attivita'
"volta  alla  graduale  estensione  delle  tecniche proprie dei fondi
strutturali  all'insieme  dei  programmi  e  dei  progetti  attuati a
livello  territoriale,  con  riferimento alle fasi di programmazione,
valutazione, monitoraggio e verifica" (lettera c).
    In   base   a   quanto  previsto  dal  comma  3,  l'attivita'  di
costituzione dei nuclei di valutazione e' riservata, sotto il profilo
amministrativo,    organizzativo    e    funzionale,   alle   singole
amministrazioni,   le  quali  debbono  tener  conto  delle  strutture
similari  gia'  esistenti,  evitando  duplicazioni  ed  elaborando un
programma  di  attuazione  comprensivo  delle  connesse  attivita' di
formazione e aggiornamento.
    E'  rimesso,  poi, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri,  sentita  la  conferenza  permanente  per i rapporti tra lo
Stato,  le  regioni  e  le  province  autonome di Trento e di Bolzano
(comma  4),  il  compito di indicare le caratteristiche organizzative
comuni  dei  nuclei  di  valutazione,  ivi  comprese  la spettanza di
compensi   agli   eventuali   componenti   estranei   alla   pubblica
amministrazione, nonche' le modalita' e i criteri per la formulazione
e la realizzazione dei programmi di attuazione.
    Sempre  allo  scopo di realizzare maggiore qualita' ed efficienza
del  processo  di  programmazione  delle  politiche  di  sviluppo, e'
affidato, infine, alle regioni e alle province autonome, alla luce di
criteri  indicati  dal  CIPE,  sentita  la  conferenza permanente, il
compito  "di  suddividere  il rispettivo territorio in Sistemi locali
del lavoro, individuando tra questi i distretti economico-produttivi,
sulla base di una metodologia e di indicatori elaborati dall'Istituto
nazionale di statistica" (comma 9).
    3. - Tanto  premesso  sulle  finalita'  generali  e sul contenuto
della  disciplina in esame, non fondata e', anzitutto, la censura che
investe,  nel  loro  insieme,  i  commi  1  e 2, lettere a) e c), del
predetto art. 1.
    Le  denunciate  disposizioni  sono, infatti, rivolte - piu' che a
conformare  strutture  e  procedimenti,  secondo modelli uniformi che
possano  reputarsi  vincolanti  per  la  provincia  ricorrente  -  ad
enunciare  principi  di  organizzazione,  riconducibili alle esigenze
della   necessaria   valutazione  tecnico-economica  delle  decisioni
concernenti  gli  investimenti  e del monitoraggio su scala nazionale
degli  stessi,  in  vista  della creazione di un quadro coordinato ed
unitario,  in raccordo anche con la disciplina dei fondi comunitari e
con le relative tecniche di programmazione, valutazione, monitoraggio
e verifica.
    Come  la  stessa  ricorrente non manca di riconoscere, si tratta,
pertanto,  di norme fondamentali delle riforme economico-sociali che,
essendo  volte  a  realizzare  una complessiva e profonda innovazione
normativa  in  un  settore  che  assume  importanza  nazionale,  sono
suscettibili, come tali, di condizionare, per pacifica giurisprudenza
di  questa  Corte,  anche  la  legislazione esclusiva delle regioni e
province autonome (sentenza n. 4 del 2000).
    Quanto,  poi,  al  rilievo  della ricorrente provincia secondo la
quale  le  disposizioni  in  parola  sarebbero illegittime, in quanto
consentirebbero  ai  nuclei  di intervenire nel processo decisionale,
influenzandolo,  si  deve  osservare  che,  anche  quando questi sono
chiamati a fornire il supporto tecnico per le analisi di opportunita'
e   fattibilita'  e  per  l'apprezzamento  ex  ante  di  progetti  ed
interventi, il loro contributo rimane pur sempre contenuto nei limiti
di  un'attivita'  di  ausilio  tecnico-valutativo  alle decisioni che
competono  alle singole amministrazioni. E, questo non senza rilevare
che  si  tratta  comunque di previsioni ascrivibili alla categoria di
norme  sopra  accennata,  in un ambito che richiede l'applicazione di
principi uniformi su tutto il territorio nazionale.
    A salvaguardia delle competenze della ricorrente resta, peraltro,
riservata  alla  provincia ogni ulteriore determinazione in ordine al
modo  di  essere di questi nuovi organismi, secondo quanto dispone il
comma 3, anch'esso denunciato, il quale prevede, come gia' detto, che
le  attivita'  volte  alla  costituzione  dei nuclei di valutazione e
verifica    sono   esercitate   autonomamente,   sotto   il   profilo
amministrativo,    organizzativo    e   funzionale,   dalle   singole
amministrazioni.
    Ne' quest'ultima disposizione puo' ritenersi incostituzionale per
il  fatto  che  essa impone di tener conto di strutture similari gia'
esistenti,  di  evitare  duplicazioni,  come  pure  di  provvedere ad
elaborare,  anche sulla base di un'adeguata analisi organizzativa, un
programma  di  attuazione  comprensivo  delle  connesse  attivita' di
formazione   e   di  aggiornamento  occorrenti  alla  costituzione  e
all'avvio dei nuclei.
    E'  evidente,  infatti,  che  si  tratta di norme sostanzialmente
corrispondenti  a  regole  di  buona amministrazione e funzionalmente
legate da un rapporto di necessaria integrazione con quelle contenute
nei  commi 1 e 2 dell'art. 1 della legge n. 144 del 1999, concorrendo
a  realizzarne  gli obiettivi riformatori, si' che le stesse, secondo
l'orientamento  piu'  volte  espresso  dalla Corte, partecipano della
medesima  natura  di  quelle  che valgono ad integrare, beneficiando,
percio',  della  identica  protezione costituzionale (sentenze n. 170
del 2001 e n. 477 del 2000).
    4. - Del  pari  non fondata e' la censura concernente il comma 9,
disposizione  che,  come  risulta dagli atti preparatori della legge,
persegue  la  finalita'  di una "mappatura" del territorio nazionale,
attraverso  la  sua  ripartizione  in  "sistemi locali del lavoro", e
cioe'  in  comprensori  territoriali  con  specifiche caratteristiche
funzionali  riferite  alle  attivita'  lavorative, tra i quali vanno,
poi,  individuati  i  "distretti  economico-produttivi", da intendere
come  agglomerazioni  di attivita' organizzate ad impresa. L'esigenza
che  si  intende  in  tal  modo soddisfare e' quella di nuovi modelli
concettuali  ed  operativi  che, prendendo a riferimento le attivita'
lavorative  e  produttive,  consentano di rappresentare, in modo piu'
adeguato,  rispetto alle tradizionali ripartizioni amministrative, le
differenze  di  sviluppo  delle  diverse  zone territoriali in cui si
articolano  regioni e province. E cio' anche in vista dell'erogazione
di  quote  dei fondi strutturali destinate alle zone a cui si applica
l'"Obiettivo  2"  (art. 4  del  regolamento  CE n. 1260/1999), ovvero
degli  aiuti  in deroga, di cui all'art. 87.3.c del trattato di Roma,
in  funzione del sostegno, anche comunitario, delle aree territoriali
in condizioni di particolare bisogno.
    Secondo   quanto  risulta  dalla  deliberazione  CIPE  n. 65  del
3 maggio  2001,  nel  frattempo  intervenuta,  la  delimitazione  dei
sistemi  locali del lavoro, come pure la individuazione dei distretti
economico-produttivi,   e'   operata   previa   istruttoria   tecnica
realizzata  in ambito CIPE, e dunque con il coinvolgimento di tutti i
soggetti  istituzionali interessati direttamente da parte di ciascuna
regione o provincia autonoma.
    Cio'  posto,  e'  da  escludere che la disposizione censurata sia
lesiva  delle attribuzioni della ricorrente, segnatamente nella parte
in cui - nel richiedere l'apporto di regioni e province autonome alla
costruzione   di   un  quadro  di  conoscenze  sulle  caratteristiche
economico-sociali  delle  singole  zone  -  stabilisce  che le stesse
operino sulla base dei criteri tecnici elaborati, secondo l'accennata
procedura, in seno al CIPE.
    Non  lede  l'autonomia  provinciale  la  previsione, da parte del
legislatore  nazionale,  di  un'attivita' di rilevazione di dati e di
attivazione  di  sistemi  informativi,  alla  luce,  tra  l'altro, di
indirizzi  tecnici  forniti  dal CIPE, organo dotato delle conoscenze
necessarie in rapporto ai compiti previsti, tanto piu' trattandosi di
esigenze  che  postulano un'azione unitaria e interventi destinati ad
inserirsi nel piu' ampio quadro dei programmi comunitari.
    5. - Fondata  e',  invece,  la censura concernente il comma 4, il
quale  affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
l'indicazione   delle   "caratteristiche   organizzative  comuni  dei
nuclei",  anche per quel che attiene alla "spettanza di compensi agli
eventuali  componenti  estranei  alla pubblica amministrazione", come
pure  a  modalita'  e criteri "per la formulazione e la realizzazione
dei programmi di attuazione", previsti al precedente comma 3.
    Quale  che  sia  il carattere della norma teste' ricordata, nella
sua connessione con i principi di riforma economico sociale contenuti
nella  legge, lo Stato, come la Corte ha piu' volte affermato, non e'
legittimato ad intervenire, nei rapporti con le regioni e le province
autonome, sulla base di presupposti e secondo modalita' che non siano
quelli  stabiliti  dall'ordinamento (sentenza n. 169 del 1999). Ed e'
proprio  alla  luce  dei principi che lo Stato e' tenuto ad osservare
che  la disposizione va dichiarata illegittima, vuoi a considerare di
natura  regolamentare l'atto in essa prefigurato, vuoi a reputarlo un
atto di indirizzo e coordinamento.
    Nel   primo   caso,   occorre   rammentare  l'orientamento  della
giurisprudenza  costituzionale secondo il quale i regolamenti statali
non  possono,  di norma, disciplinare, in ragione della distribuzione
delle competenze normative fra Stato, regioni e province autonome, le
materie  spettanti  a  queste  ultime (sentenza n. 169 del 1999, gia'
citata).
    Non  diverse  appaiono le conclusioni se si riconduce l'atto alla
funzione  di  indirizzo  e  coordinamento, posto che in tanto possono
configurarsi  in  capo  ad organi statali poteri riconducibili a tale
funzione,   in  quanto  siano  rispettate  le  condizioni  di  ordine
procedurale  e  sostanziale  indicate  dalla giurisprudenza di questa
Corte:  e  cioe',  essenzialmente,  l'esercizio della funzione stessa
attraverso atti collegiali del Governo, nel rispetto del principio di
legalita' sostanziale (sentenza n. 63 del 2000).
    Avuto  riguardo  alla  censura  come prospettata in ricorso e, in
particolare, al parametro invocato a suo sostegno, di tali condizioni
difetta,  per  quel  che concerne l'atto prefigurato nella denunciata
disposizione,  quantomeno  quella relativa alla particolare procedura
richiesta  dall'art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266,
il   quale  prevede,  per  l'efficacia  degli  atti  di  indirizzo  e
coordinamento  nel  territorio  della  regione  Trentino-Alto Adige e
delle  province autonome, la consultazione dei predetti enti, secondo
le  rispettive  competenze,  per  quanto  attiene alla compatibilita'
degli  atti  stessi  con  lo  statuto speciale e le relative norme di
attuazione.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara:
        a)  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma  4,
della   legge   17 maggio   1999,   n. 144   (Misure  in  materia  di
investimenti,  delega  al  Governo  per  il  riordino degli incentivi
all'occupazione  e  della  normativa  che disciplina l'INAIL, nonche'
disposizioni  per  il riordino degli enti previdenziali), nella parte
in   cui   ricomprende,   fra   i   propri  destinatari,  la  regione
Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano;
        b)  non  fondate  le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, commi 1, 2, lettere a) e c), 3 e 9, della predetta legge
17 maggio 1999, n. 144, sollevate dalla provincia autonoma di Trento,
con il ricorso in epigrafe, in riferimento agli artt. 8, numeri 1, 5,
9,  10,  17, 18, 20, 21, 23, 28 e 29; 9, numeri 3, 4, 5 e 8; 16 dello
Statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto
del  Presidente  della  Repubblica  31 agosto  1972,  n. 670,  e alle
relative  norme  di attuazione, in particolare all'art. 3 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Vari
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 2001.
                      Il cancelliere: Fruscella
01C0805