N. 557 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 luglio 2000

Ordinanza   emessa   il   5   luglio   2000   (pervenuta  alla  Corte
costituzionale   il  6  giugno  2001)  dal  tribunale  amministrativo
regionale  del Lazio sul ricorso proposto da Marano Pasquale ed altri
contro Ministero della sanita' ed altri

Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla  facolta'  di  medicina  e  chirurgia  -  Esercizio  o rinnovo
  dell'opzione per l'attivita' assistenziale intramuraria, ovvero per
  l'attivita'  libero-professionale extramuraria - Termine perentorio
  di  quarantacinque  giorni  dalla  data  di  entrata  in vigore del
  decreto  legislativo censurato - Previsione dell'equivalenza legale
  della mancata comunicazione dell'opzione entro il termine predetto,
  alla   scelta  dell'attivita'  assistenziale  esclusiva  -  Mancata
  subordinazione  dell'esercizio  dell'opzione  alla  previa concreta
  disponibilita'  di strutture adeguate in cui esercitare l'attivita'
  assistenziale  intramuraria  -  Irragionevolezza - Contrasto con il
  principio di buon andamento della P.A.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 8.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla facolta' di medicina e chirurgia - Previsione, quale requisito
  necessario   per   l'attribuzione  di  incarichi  di  direzione  di
  struttura  nonche'  dei  programmi,  della  scelta  per l'attivita'
  assistenziale  esclusiva  -  Lesione  del  principio  di  autonomia
  didattico-scientifica  e  dicompenetrazione tra attivita' sanitaria
  assistenziale  e  attivita'  didattica  e  di ricerca scientifica -
  Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 7.
- Costituzione, artt. 33 e 76.
Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla  facolta'  di  medicina e chirurgia - Irretrattabilita', salvo
  limitate  eccezioni,  della  scelta  per  l'attivita' assistenziale
  intramuria     -     Lesione    del    principio    di    autonomia
  didattico-scientifica.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 10.
- Costituzione, art. 33.
Sanita'  pubblica  -  Norme relative all'organizzazione interna delle
  aziende  sanitarie  e  in  materia  di  personale  delle  stesse  -
  Assoggettamento    dell'attivita'   assistenziale   del   sanitario
  universitario   alle  determinazioni  organizzative  del  direttore
  generale  dell'azienda  ospedaliera  -  Attribuzione  al  direttore
  generale  del  potere  di  conferimento e revoca degli incarichi di
  strutture  semplici  e  di  natura  professionale,  su proposta del
  responsabile   dellastruttura   complessa   di   appartenenza   del
  sanitario,  nonche'  degli  incarichi  di  direzione  di  strutture
  complesse  sulla  base  di  mera  intesa con il rettore - Incidenza
  delle  determinazioni  del direttore generale sulle attribuzioni in
  materia didattica e scientifica riservate all'Universita' - Lesione
  del   principio   della   liberta'  di  insegnamento  in  relazione
  all'attribuzione  di  un  incarico  assistenziale  che non consente
  un'adeguata  e  proficua utilizzazione di strutture e personale per
  esigenze di didattica e ricerca - Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, artt. 3 e 5, commi da 1 a 6 e da 8
  a 11.
- Costituzione, artt. 33 e 76.
(GU n.32 del 22-8-2001 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 6986/00
proposto  da  Marano  Pasquale  ed  altri,  come  da elenco allegato,
rappresentati  e  difesi  dagli avv.ti Mario Sanino, Riccardo Arbib e
Paola  Salvatore  ed  elettivamente  domiciliati presso lo studio del
primo in Roma, Viale Parioli n. 180;
    Contro:   Ministero   della   sanita';   MURST;   Regione  Lazio;
Universita' Cattolica del Sacro Cuore, rappresentati e difesi come in
atti; per l'annullamento:
        del provvedimento avente ad oggetto l'opzione per l'esercizio
della  attivita'  assistenziale  intramuraria o dell'attivita' libero
professionale  extramuraria,  ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 21 dicembre
1999, n. 517;
        di ogni altro atto indicato nell'epigrafe del ricorso;
    Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio delle amministrazioni
come da verbale;
    Nominato   relatore   il   consigliere   Bruno  Mollica  e  uditi
all'udienza del 5 luglio 2000 gli avvocati come da verbale;
     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                           Fatto e diritto
    1.  - Il ricorso, proposto da docenti universitari afferenti alla
facolta'  di  medicina  e chirurgia ed in servizio presso Policlinici
universitari,  investe  vari  profili  della legislazione delegata di
riforma  del  settore  sanitario:  va  allora definito e circoscritto
l'oggetto  del  giudizio,  restando estranee allo stesso alcune delle
argomentazioni  esposte,  in  quanto  l'esame  di questo giudice deve
incentrarsi  esclusivamente  sull'oggetto  diretto  e immediato della
contestazione  giudiziale, e cioe' l'esercizio dell'opzione, da parte
dei sanitari universitari, per l'attivita' assistenziale intramuraria
(definita  anche  come  "attivita'  assistenziale  esclusiva")  o per
l'attivita'  libero  professionale extramuraria ai sensi dell'art. 5,
commi  7 e 8, d.lgs. 21 dicembre 1999 n. 517, e le conseguenze che ne
derivano alla loro posizione di status nell'una e nell'altra ipotesi.
    2. - Nel contesto dell'articolato gravame si delineano nettamente
vari  ordini  di  censure:  alcune, intese alla demolizione dell'atto
impugnato;  altre,  dirette ad ottenere una pronuncia di accertamento
del  diritto  al  non  esercizio dell'opzione stessa: tutte si basano
sull'assunto  della  incostituzionalita',  sotto  vari profili, della
normativa che la detta opzione impone.
    Residua qualche ulteriore doglianza che non investe la "sostanza"
dell'operato  dell'amministrazione  e,  come  tale,  si  presenta  di
secondaria portata.
    La  doverosa  graduazione  delle  questioni  dedotte  conduce  ad
assegnare    priorita'    assoluta    alle   censure   di   rilevanza
costituzionale,  ferma  restando ogni ulteriore verifica di merito in
ordine  a  quelle concernenti profili accessori: tale verifica potra'
svolgersi  -  anche  in ragione di principi attinenti all'economia di
giudizio  -  dopo  l'esame  della  Corte  costituzionale,  sempre che
l'esito  del  medesimo,  eventualmente  in toto favorevole alla parte
ricorrente, non renda del tutto carente l'interesse alla decisione.
    3. - In  punto  di  rilevanza,  va  ricordato  che  la contestata
opzione  e'  imposta dall'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre
1999   n. 517   cit.:   si'   che,   dovendosi  fare  necessariamente
applicazione  delle  dette  disposizioni, il giudizio non puo' essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale.
    D'altro   canto,   il  provvedimento  in  questa  sede  impugnato
costituisce puntuale applicazione delle disposizioni medesime, con la
conseguenza  che  l'eventuale eliminazione delle stesse dalla realta'
giuridica  determinerebbe  il  soddisfacimento  pieno  dell'interesse
sostanziale  azionato,  mentre  le  altre censure sollevano questioni
che,  ove  fondate,  assicurerebbero un grado minore di soddisfazione
all'interesse   stesso   e   si  presentano  logicamente  subordinate
all'esito eventualmente negativo dell'incidente di costituzionalita'.
    4. - Sempre  in  punto di rilevanza - e prescindendo, ovviamente,
dall'esame  di quelle eccezioni preliminari che non appaiono intese a
paralizzare  il  giudizio  sul merito dell'impugnativa o che mirano a
precludere esclusivamente l'accoglimento della domanda cautelare - il
collegio  osserva che la circostanza che nella specie sia rinvenibile
un  abbozzo  di  individuazione delle strutture non viene ad incidere
sul  giudizio di rilevanza: la manifestazione di volonta' (in uno con
i  primi  adempimenti  di  regolamentazione) dell'amministrazione, di
agire nel senso della (comunque) futura realizzazione delle strutture
medesime  resta  sul  piano  dei meri intenti operativi, mentre e' la
prescrizione  normativa  in  questa  sede  contestata che, per essere
conforme  -  ad  avviso  di questo giudice - ai canoni costituzionali
(secondo  le  considerazioni  di  cui infra), avrebbe necessariamente
richiesto  l'introduzione della previsione di concreta disponibilita'
delle   strutture   medesime   quale   condizione   per   l'esercizio
dell'opzione per cui e' causa.
    5. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
infondata;   ed   invero,   la   sezione  dubita  della  legittimita'
costituzionale  delle  norme  poste a base della censurata opzione, e
delle disposizioni alle stesse sottese (o comunque connesse): ritiene
pertanto  di  dover  sollevare,  anche  d'ufficio  per  i profili non
trattati   dalla   parte   ricorrente,   la   relativa  questione  di
costituzionalita' per contrasto con gli artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.
    6. - Viene in primo luogo in considerazione la norma dell'art. 5,
comma  8,  del  d.lgs.  n. 517/1999, che impone un termine perentorio
(che  sia  di  tale natura non sembra revocabile in dubbio, attese le
conseguenze  derivanti dall'omesso esercizio dell'opzione nel termine
fissato, previste dall'ultima parte del comma stesso) per l'esercizio
dell'opzione  ai  sensi  e  per  gli  effetti di cui al comma 7: tale
ultimo   comma   stabilisce   che   i  professori  ed  i  ricercatori
universitari  afferenti  alla facolta' di medicina e chirurgia optano
rispettivamente    per   l'esercizio   di   attivita'   assistenziale
intramuraria   ai   sensi   dell'articolo  15-quinquies  del  decreto
legislativo  30  dicembre  1992  n. 502  e successive modificazioni e
"secondo le tipologie di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 2
dello  stesso  articolo"  ovvero  per l'esercizio di attivita' libero
professionale   extramuraria;   tali   "tipologie"   fanno   espresso
riferimento  alle  "strutture  aziendali  individuate  dal  direttore
generale d'intesa con il collegio di direzione", con cio' ponendo una
stretta  correlazione  tra l'individuazione delle strutture destinate
all'attivita'   libero  professionale  e  l'esercizio  dell'attivita'
medesima.
    Tale  stretta correlazione e', del resto, logico corollario della
"compenetrazione  tra  l'attivita'  sanitaria  assistenziale e quella
didattico-scientifica  dei  docenti  universitari  della  facolta' di
medicina, che operano nelle cliniche e negli istituti universitari di
ricovero  e  cura",  che costituisce "il dato caratterizzante le loro
finzioni  ed  il  conseguente  stato  giuridico" (cfr. Corte cost. 16
maggio 1997 n. 134).
    E nel senso della "inscindibilita'" delle attivita' assistenziali
del  personale  universitario  da quelle di didattica e di ricerca si
pone  anche l'art. 5 del d.m. 31 luglio 1997, che reca le linee guida
per la stipula dei protocolli d'intesa universita-regioni:
    Nel  sistema  normativo  scaturente  dall'art. 5,  comma  7, del,
d.lgs.  n. 517/1999  e  dall'art. 15-quinquies,  comma  2, del d.lgs.
n. 502/1992,  e' quindi configurabile un obbligo dell'amministrazione
di  individuare  le  strutture  aziendali  entro  cui  va  esercitata
l'attivita'  assistenziale  intramuraria (o le soluzioni alternative,
di  cui all'art. 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448),
si'  da  rendere  concretamente  disponibili le strutture stesse ed i
servizi  (in tal senso, cfr., anche, Cons. Stato, VI sez., ord.za, 24
marzo 2000 n. 1431). E tale obbligo dell'amministrazione e' correlato
al   "diritto   all'esercizio   di   attivita'  libero  professionale
individuale...     ...nell'ambito    delle    strutture    aziendali"
(art. 15-quinquies,  punto  2,  lett. a, del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 502  nel  testo  introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 19 giugno 1999
n. 229)  da parte dei sanitari universitari, diritto il cui esercizio
sembra di dubbia attuabilita' in assenza della detta individuazione e
predisposizione  delle  strutture, non apparendo rilevante, sul piano
della effettivita' del diritto stesso, la mera possibilita' di tutela
nelle  competenti  sedi nei confronti dei funzionari inadempienti (ex
art. 72, comma 11, della legge n. 448 del 1998).
    Se    cio'   e'   vero,   sembra   ravvisabile   una   intrinseca
contraddittorieta', pur nel medesimo contesto normativo, tra il comma
8  dell'art. 5 d.lgs. n. 517/1999 cit, - nella parte in cui introduce
il   censurato  termine  "perentorio"  per  l'opzione,  omettendo  di
subordinare  o  comunque  correlare  l'opzione medesima alla concreta
disponibilita'  delle  strutture  - ed il comma 7, nella parte in cui
(rinviando  alle  tipologie di cui alle lettere a), b), c), d), comma
2,    art. 15-quinquies   del   d.lgs.   n. 502/1992   e   successive
modificazioni)  fa  riferimento  all'individuazione  delle  strutture
medesime,  con  conseguente  configurabilita',  per  tale profilo, di
un'ipotesi  di  contrasto  tra  la censurata disposizione dell'art. 5
comma   8,   del   d.lgs.   n. 517/1999,   sub  specie  di  manifesta
irragionevolezza   ed   intrinseca   contraddittorieta'  col  sistema
normativo  in  cui si colloca e l'art. 3 Cost. - inteso come generale
canone  di  coerenza  e  ragionevolezza dell'ordinamento (Corte cost.
n. 204/1982)  -  nonche'  col  principio di buon andamento ex art. 97
Cost.:  quest'ultimo, in particolare, sotto il profilo della mancanza
di  proporzionalita'  dei  mezzi  prescelti  dal legislatore delegato
rispetto  alle  esigenze  obiettive da soddisfare o alle finalita' da
perseguire,  nonche'  sotto il profilo della razionale organizzazione
dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999 nella
parte  in  cui,  imponendo  di  compiere  una scelta entro un termine
perentorio,  e  attribuendo  alla mancata opzione dell'interessato un
significato  legale  tipico  (equivalenza alla scelta per l'attivita'
assistenziale   esclusiva),  non  condiziona  o  correla  l'esercizio
dell'opzione   alla  concreta  disponibilita'  delle  strutture,  per
contrasto  con  gli  artt. 3  e 97 della Costituzione sotto i profili
indicati.
    7. - Il   collegio  dubita  nel  contempo  della  conformita'  ai
parametri  costituzionali  ex art. 33 della Costituzione dell'art. 5,
comma  7,  del d.lgs. n. 517/1999, nella parte in cui impone la detta
opzione  relativamente  al  personale sanitario universitario, in uno
con  le disposizioni allo stesso sottese (o comunque connesse, art. 5
commi  da  1 a 6 e da 8 a 11, e art. 3 in parte qua) in quanto sembra
porsi  ex se - indipendentemente, cioe', dal profilo della necessita'
di   prescrizione  della  previa  individuazione  delle  strutture  -
altresi'  in  contrasto con il principio dell'autonomia universitaria
nel perseguimento dei fini istituzionali didattici e scientifici.
    Stabilisce  il  comma  7  cit.  che  "l'opzione  per  l'attivita'
assistenziale esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione ai
professori  e  ricercatori  universitari di incarichi di direzione di
struttura nonche' dei programmi di cui al comma 4".
    A  tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati
di   una   prescrizione  siffatta,  giusta  altresi'  le  conseguenze
derivanti alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi 4,
5  e  6 dello stesso art. 5, certo e' che i programmi di cui al comma
4,  infra  o  interdipartimentali,  sono  dichiaratamente finalizzati
"alla  integrazione  delle  attivita'  assistenziali, didattiche e di
ricerca,  con  particolare  riguardo alle innovazioni tecnologiche ed
assistenziali,  nonche' al coordinamento delle attivita' sistematiche
di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale".
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
gestione  dei detti programmi per i sanitari universitari non optanti
per  l'attivita'  assistenziale  esclusiva  appare con tutta evidenza
lesiva  di  quel principio di compenetrazione tra attivita' sanitaria
assistenziale  e  attivita'  didattica  e di ricerca scientifica, che
costituisce    dato    caratterizzante   l'attivita'   dei   sanitari
universitari  e  che  trova  tutela (anche) nei principi di autonomia
didattico-scientifica postulati dall'art. 33 Cost.
    Ma  la  stessa  opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva -
tra  l'altro  irretrattabile,  a norma del comma 10 dell'art. 5 cit.,
fatta eccezione per limitate specifiche ipotesi - non sembra in linea
con i principi di autonomia didattico-scientifica ex art. 33 Cost.
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
del   sanitario   universitario   alle  determinazioni  organizzative
assistenziali  del  direttore  generale dell'azienda ospedaliera (sia
pure d'intesa col rettore o su proposta del responsabile di struttura
complessa;  cfr., in particolare, commi 1, 2, 5, 6 dell'art. 5 cit.):
dell'adempimento   delle   attivita'  assistenziali  -  che  pur  "si
integrano"  con  quelle di didattica e di ricerca a norma del comma 2
dell'art. 5 - il personale universitario risponde al (solo) direttore
generale,  ai  sensi  dello  stesso comma; l'attribuzione e la revoca
degli  incarichi  di  struttura  semplice e degli incarichi di natura
professionale  e'  disposta  dal  direttore  generale su proposta del
responsabile  della struttura complessa di appartenenza del sanitario
(comma 6);   l'incarico   di  direzione  di  struttura  complessa  e'
attribuito  (e  revocato) dal direttore generale sulla base di (mera)
intesa  con  il  rettore, ai sensi del comma 5 (analogamente a quanto
disposto  per  il  direttore  del dipartimento ad attivita' integrata
dall'art. 3, comma 4).
    Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del
direttore  generale  sulle  attribuzioni  in  materia  didattica e di
ricerca  riservate  all'istituzione universitaria (anche per cio' che
concerne  l'attivita'  di  programmazione di tali aspetti); la stessa
collocazione  funzionale  assistenziale  per effetto della esercitata
opzione  -  rimessa,  in definitiva, al direttore generale - ben puo'
incidere,  in  concreto,  sulla liberta' d'insegnamento (si pensi, in
particolare,  all'attribuzione  di  un incarico assistenziale che non
consenta   un'adeguata   e  proficua  utilizzazione  di  strutture  e
personale  per  esigenze  di  didattica  e  ricerca  nel quadro della
programmazione del dipartimento).
    L'attivita'  di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di
condizionamenti   in   relazione   alle   determinazioni  in  materia
assistenziale   di  un  direttore  generale  che  ha  come  obiettivo
gestionale  essenziale  la realizzazione di un progetto di assistenza
sanitaria  ospedaliera,  e  non  certo  di un programma universitario
scientifico-didattico.
    Cio'  in  presenza  di  una  posizione  "marginale" assegnata dal
sistema normativo in esame agli organi istituzionali dell'universita'
in   materia   di  coordinamento  degli  interessi  che  sono  propri
dell'autonomia  dell'istituzione  (id est,  di insegnamento e ricerca
scientifica),   posizione   non   bilanciata   dalla   previsione  di
partecipazione  (recte, intesa) del rettore alla nomina del direttore
del  dipartimento  ad  attivita'  integrata  ex art. 3 comma 4, quale
centro di collegamento tra assistenza, didattica e ricerca.
    Se  e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione
del  detto  necessario  coordinamento,  e' pur vero che gli interessi
istituzionali    dell'universita'    restano    comunque   ampiamente
condizionati  dalle scelte gestionali del direttore del dipartimento:
e  cio'  in  termini  di  programmazione,  organizzazione  e gestione
dell'attivita'   di   insegnamento   e  di  aggiornamento  e  ricerca
scientifica,  che la Costituzione assegna primariamente all'autonomia
dell'universita' stessa.
    Ed  invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume
la responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale in
ordine  alla  razionale  e  corretta  programmazione e gestione delle
risorse  assegnate  per  la realizzazione degli obiettivi attribuiti,
tenendo  "anche"  conto  della  necessita' di soddisfare le peculiari
esigenze  connesse alle attivita' didattiche e scientifiche, con cio'
conferendo,   nelle   scelte   decisionali,   priorita'   ai  profili
dell'assistenza rispetto a quelli della ricerca e della didattica, in
violazione,  altresi',  del disposto dell'art. 6 lett. b) della legge
delega (vedasi al riguardo il successivo punto 8), laddove si intende
"assicurare" lo svolgimento delle attivita' assistenziali "funzionali
alle  esigenze  della  didattica  e  della  ricerca", con inversione,
quindi, del processo logico postulato dal legislatore delegante.
    Quanto   sopra   fa  dubitare,  anche,  in  via  derivata,  della
conformita'   al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema  di
organizzazione  interna  delle  aziende, di cui all'art. 3 del d.lgs.
cit.,  per  i  riflessi  sulla  posizione  dei  sanitari  optanti per
l'attivita' assistenziale esclusiva, nella parte in cui non prevedono
una   partecipazione  diretta  di  organi  universitari  alle  scelte
decisionali  in  tema  di  collegamento  tra  assistenza, didattica e
ricerca.
    Sembra  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita' dell'art. 5 comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 e delle
norme  ad  esso  sottese,  o comunque connesse, in parte qua (art. 5,
commi  da  1  a  6 e da 8 ad 11 e art. 3) per contrasto con l'art. 33
Cost.
    8. - La  normativa  delegata  in  materia di opzione dei sanitari
universitari  non  sembra  inoltre  avere  compiutamente realizzato -
attese  le  evidenziate  incongruenze  del  sistema  - il disegno del
legislatore  delegante  in  ordine  alla  "coerenza  fra  l'attivita'
assistenziale  e  le  esigenze  della  formazione  e  della  ricerca"
(art. 6,  lett.  b, c, della legge 30 novembre 1998, n. 419, anche in
relazione a quanto sopra esposto).
    E'  ben  vero che la normativa medesima si occupa di tale profilo
laddove   si  prevede  -  come  gia'  ricordato  al  punto  7  -  una
organizzazione  dipartimentale  al  fine  di  assicurare  l'esercizio
integrato  delle  attivita'  assistenziali,  didattiche  e di ricerca
(art.  3)  anche  sotto l'aspetto della utilizzazione delle strutture
assistenziali;  ma  sembra  al  collegio  che  debba  ragionevolmente
dubitarsi  della effettivita' della richiesta "coerenza" tra le dette
esigenze  e  l'attivita'  assistenziale  (oltre che per i motivi gia'
illustrati)  in  presenza  di un espresso disposto della legislazione
delegata  che non consente al sanitario universitario non optante per
l'attivita'  assistenziale  esclusiva  la preposizione, non solo alla
direzione   di   strutture,   con   conseguente   impossibilita'   di
impostazione   dei  programmi,  delle  modalita'  e  degli  specifici
contenuti  della  ricerca  scientifica,  ma  addirittura ai programmi
espressamente   finalizzati   alla   "integrazione   delle  attivita'
assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle
innovazioni tecnologiche ed assistenziali".
    E  tale  limite  di legge non puo' essere posto nel nulla neppure
dal sistematico rinvio a futuri (ed incerti nei contenuti) protocolli
d'intesa.
    D'altro canto, non puo' esservi "coerenza" tra i detti profili se
il  sistema  e'  "sbilanciato" verso la primaria considerazione delle
esigenze  assistenziali;  ne'  il  legislatore  delegato  si e' mosso
nell'ottica  di  un  rafforzamento dei processi di collaborazione tra
universita'  e  Servizio sanitario nazionale ex art. 6 lett. a) della
legge  delega, se e' vero che l'autonomia dell'universita' ne risulta
ampiamente "sacrificata", giusta le pregresse considerazioni.
    Non  sembra  altresi' che la delega ex art. 6 lett. c) cit. abbia
ad oggetto anche la modificazione dello stato giuridico del personale
sanitario  universitario:  nel  momento  in  cui  si  va ad alterare,
quantomeno per il personale universitario non optante per l'attivita'
assistenziale esclusiva, il quadro di ragionevole compenetrazione fra
attivita'   didattico-scientifica  attivita'  assistenziale,  siccome
consolidato   anche   dal  complessivo  andamento  della  pluriennale
legislazione in materia, si va invero ad incidere in modo sostanziale
sulla   particolare   connotazione   della   posizione  dei  sanitari
universitari,  che  costituisce  il  "dato  caratterizzante  le  loro
funzioni  ed il conseguente stato giuridico" (Corte cost. n. 134/1997
cit.).
    L'art. 6  della  legge  delega,  alla  lett. c), si e' limitato a
demandare   al   legislatore   delegato   l'emanazione   di   "idonee
disposizioni  in  materia  di  personale" nel quadro dell'esigenza di
assicurare  la  "coerenza"  fra l'attivita' assistenziale e quella di
formazione  e  ricerca,  e  non ha inteso assolutamente consentire lo
stravolgimento  dello  stato  giuridico dei sanitari universitari: ed
invero,   l'oggetto  della  delega  e'  espressamente  e  chiaramente
definito  nella  prima parte del comma 1, laddove la delega stessa e'
intesa  all'emanazione di decreti legislativi specificatamente "volti
a   ridefinire   i   rapporti  tra  Servizio  sanitario  nazionale  e
universita'"; ed in tali limiti deve mantenersi l'attivita' normativa
del legislatore delegato.
    Ne'  e' riferibile ai professori e ricercatori universitari - sia
per  la  collocazione  sistematica  della  norma  che per il richiamo
inequivoco  al "solo personale della dirigenza sanitaria" in servizio
al  31  dicembre 1998 - il criterio direttivo di cui all'art. 2 lett.
q)  della  legge  n. 419/1998  cit.,  in  ordine  alla  previsione di
modalita' per pervenire all'esclusivita' del rapporto di lavoro quale
scelta individuale.
    Sembra  pertanto ipotizzabile il contrasto della norma di opzione
(e  delle  norme sottese o connesse, gia' sopra indicate) anche con i
canoni costituzionali ex art 76 Cost.
    9. - Per  le  considerazioni  che  precedono, va conseguentemente
sollevata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art; 5,
comma  8,  del  d.lgs.  21 dicembre 1999 n. 517 per contrasto con gli
artt. 3  e 97 Cost.; dell'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 per
contrasto  con gli artt. 33 e 76 Cost.; nonche' dell'art. 5, commi da
1 a 6 e da 8 a 11, e dell'art. 3 del d.lgs. n. 517/1999 cit. in parte
qua, per contrasto con gli artt. 33 e76 Cost.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del giudizio ai sensi
dell'art. 23  della legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sulla
legittimita' costituzionale delle suindicate norme.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  5,  comma  8,  del d.lgs. 21
dicembre  1999  n. 517  per  contrasto  con  gli  artt. 3  e 97 Cost;
dell'art.  5,  comma  7, del d.lgs. n. 517/1999 per contrasto con gli
artt. 33  e  76  Cost.;  dell'art. 5,  commi  da 1 a 6 e da 8 a 11, e
dell'art. 3  del  d.lgs. n. 517/1999, in parte qua, per contrasto con
gli artt. 33 e 76 Cost.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  camera di consiglio del 5 luglio
2000.
                        Il Presidente: Cossu
                                   Il consigliere estensore: Mollica
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