N. 566 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 gennaio 2001
Ordinanza emessa il 25 gennaio 2001 dalla Commissione tributaria regionale di Milano sui ricorso propostoda Finanziaria Tema S.p.a. contro Ufficio del Registro di Brescia Imposte e tasse - Accertamento e riscossione - Termini di prescrizione e decadenza relativi all'imposta di registro - Proroga (rectius: Sospensione) disposta dall'art. 57 della legge n. 413/1991 - Applicabilita' anche alle situazionitributarie escluse ratione temporis dal condono fiscale - Violazione del principio di ragionevolezza - Incoerenza rispetto al fine legislativo di agevolare la definizione delle pendenze tributarie - Ingiustificata assimilazione fra situazioni condonabili e non - Diversita' di trattamento fra situazioni non condonabili. - Legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 57, comma 2, seconda parte. - Costituzione, art. 3.(GU n.32 del 22-8-2001 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello R.G. Appelli 3594/1999 depositato il 6 maggio 1999, avverso la sentenza n. 151/05/1998 emessa dalla commissione tributaria provinciale di Brescia, da: Finanziaria Tema S.p.a. legale rappresentante Baroni Giorgio, residente a Brescia in viale Bornata n. 42, difeso da: Angelo Cisotto e/o Gianegidio Martinelli e/o Alberto Gei, residente a Brescia in viale della Bornata, n. 42. Controparti registro di Brescia; atti impugnati av. liq/Irr. San. n. 911V003150/002/C-Registro. Con ricorso inoltrato a mezzo di servizio postale con raccomandate aa.rr.. in data 7 giugno 1996, nn. 5099, 5100, 5101 e 5102 indirizzate all'ufficio del Registro di Brescia, ed a Baroni Roberto, Baroni Giorgio e Bosio Paolina, la societa' Finanziaria Tema S.p.a. (da qui in avanti la societa' contribuente) ha adito la commissione tributaria provinciale di Brescia impugnando l'avviso di liquidazione n. 911V003150/002/C notificato il 10 aprile 1996, recante rettifica del valore finale da L. 175.000.000 a L. 331.020.000 dell'immobile oggetto dell'atto registrato il 2 agosto 1991 al n. 3150PUBB1V. La societa' contribuente deduceva: A) Con un primo motivo la nullita' dell'avviso di liquidazione perche' non preceduto da avviso di accertamento di valore come previsto dagli artt. 51 e 52 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131. A tale proposito, sosteneva che avendo essa espressamente richiesto in atto l'applicazione dell'art. 12 del d.l. del 14 marzo 1988, conv. con modificazioni in legge n. 154/1988 (risultando l'unita' non ancora censita in catasto con attribuzione della rendita catastale), l'ufficio avrebbe dovuto, volendo rettificare il valore dichiarato in atto, utilizzare "l'unico strumento giuridico attribuito all'ufficio impositore, vale a dire l'accertamento" munito della motivazione come previsto dall'art. 51 del medesimo d.P.R. 131/1986, con l'indicazione dei criteri di valutazione e degli elementi valutativi posti a base della motivazione. Sosteneva la societa' contribuente che "in nessun modo l'art. 12 della legge n. 154/1988 contempla il potere dovere dell'ufficio di applicare in ogni caso i valori automatici; al contrario nell'art. 12 e' costantemente richiamato l'art. 52 del d.P.R. n. 131/1986 e quindi il correlativo sistema di accertamento dallo stesso previsto". L'art. 12 invocato dalla societa' ricorrente dispone: 1. - Le disposizioni del comma 4 dell'art. 52 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e del quinto comma dell'art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, aggiunto con l'art. 8 della legge 17 dicembre 1986, n. 880, si applicano anche ai trasferimenti di fabbricati o della nuda proprieta', nonche' ai trasferimenti ed alle costituzioni di diritti reali di godimento sugli stessi, dichiarati ai sensi dell'art. 56 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, ma non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita. Il contribuente e' tenuto a dichiarare nell'atto o nella dichiarazione di successione di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. Alla domanda di voltura, prevista dall'art. 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, deve essere allegata specifica istanza per l'attribuzione di rendita catastale nella quale dovranno essere indicati oltre che gli estremi dell'atto o della dichiarazione di successione cui si riferisce anche quelli relativi all'individuazione catastale dell'immobile cosi' come riportati nell'atto medesimo; la domanda non puo' essere inviata per posta e dell'avvenuta presentazione deve essere rilasciata ricevuta in duplice esemplare, che il contribuente e' tenuto a produrre al competente ufficio del registro, entro sessanta giorni dalla data di formazione dell'atto pubblico, o di registrazione della scrittura privata, ovvero dalla data di pubblicazione o emanazione degli atti giudiziari ovvero dalla data di presentazione della dichiarazione di successione; l'ufficio restituisce un esemplare della ricevuta attestandone l'avvenuta produzione. In caso di mancata presentazione della ricevuta nei termini, l'ufficio procede ai sensi dell'art. 52 comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e dell'art. 26, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637. 2. - Gli uffici tecnici erariali entro dieci mesi dalla data in cui e' stata presentata la domanda di voltura, sono tenuti ad inviare all'ufficio del registro, presso il quale ha avuto luogo la registrazione, un certificato catastale attestante l'avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita. 2-bis. - Per le unita' immobiliari urbane oggetto di denuncia in catasto con modalita' conformi a quelle previste dal regolamento di attuazione dell'articolo 2, commi 1-quinquies ed 1-septies, del decreto legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, la disposizione di cui al primo periodo del comma 1 si applica, con riferimento alla rendita proposta, alla sola condizione che il contribuente dichiari nell'atto di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. 3. - Le disposizioni del presente articolo si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati e alle scritture private autenticate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nonche' alle scritture private non autenticate presentate per la registrazione e alle successioni aperte da tale data". A sua volta, l'art. 52 del d.P.R. n. 131/1986, richiamato dall'art. 12, cosi' dispone: "(Rettifica del valore degli immobili e delle aziende). L'ufficio, se ritiene che i beni o i diritti di cui ai commi 3 e 4 dell'art 51 hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni. L'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta deve contenere l'indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti degli elementi di cui all'art. 51 in base ai quali e' stato determinato, l'indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta, nonche' dell'imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso. L'avviso e' notificato nei modi stabiliti per le notificazioni in materia di imposte sui redditi dagli ufficiali giudiziari da messi speciali autorizzati dagli uffici del registro o da messi comunali o di conciliazione. Non sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni a settantacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati a cento volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito, ne' i valori o corrispettivi della nuda proprieta' e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma degli art. 47 e 48. Ai fini della disposizione del presente comma le modifiche dei coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi hanno effetto per gli atti pubblici formati per le scritture private autenticate e gli atti giudiziari pubblicati o emanati dal decimo quinto giorno successivo a quello di pubblicazione dei decreti previsti dagli art. 87 e 88 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, nonche' per le scritture private non autenticate presentate per la registrazione da tale data. La disposizione del presente comma non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria.". Ha sostenuto, pertanto, la societa' contribuente che l'ufficio avendo constatato che il prezzo della compravendita era inferiore ai valori tabellari previsti dall'art. 52, comma 4 d.P.R. 131/1986 aveva il potere dovere di ricercare il valore di mercato ed eventualmente contestarlo con avviso di accertamento da notificare entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell'imposta principale (comma 1-bis dell'art. 76 d.P.R. 131/1986). B) Con un secondo motivo, la societa' ricorrente ha eccepito la totale nullita' dell'avviso di liquidazione per decorrenza dei termini di decadenza dell'azione accertatrice (art. 76, comma 2, lettera a), del d.P.R. 131/1986). L'art. 76 invocato dispone: "(Decadenza dell'azione della finanza). 1. - L'imposta sugli atti soggetti a registrazione ai sensi dell'art. 5 non presentati per la registrazione deve essere richiesta, a pena di decadenza, nel termine di cinque anni dal giorno in cui a norma degli artt. 13 e 14, avrebbe dovuto essere richiesta la registrazione o, a norma dell'art. 15, lett. c), d) ed e), si e' verificato il fatto che legittima la registrazione d'ufficio. Nello stesso termine, decorrente dal giorno in cui avrebbero dovuto essere presentate, deve essere richiesta l'imposta dovuta in base alle denunce prescritte dall'art. 19. 1.-bis. - L'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta di cui all'art. 52, comma 1, deve essere notificato entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell'imposta proporzionale. 2. - Salvo quanto disposto nel comma 1-bis, l'imposta deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni decorrenti, per gli atti presentati per la registrazione: a) dalla richiesta di registrazione se si tratta di imposta proporzionale(3). b) dalla data in cui e' stata presentata la denuncia di cui all'art. 19, se si tratta di imposta complementare; dalla data della notificazione della decisione delle commissioni tributarie ovvero dalla data in cui la stessa e' divenuta definitiva nel caso in cui sia stato proposto ricorso avverso l'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta. Nel caso di occultazione di corrispettivo di cui all'art. 72, il termine decorre dalla data di registrazione dell'atto; c) dalla data di registrazione dell'atto ovvero dalla data di presentazione della denuncia di cui all'art. 19, se si tratta di imposta suppletiva(4) L'avviso di liquidazione dell'imposta deve essere notificato al contribuente nei modi stabiliti nel comma 3 dell'art. 52. La soprattassa e la pena pecuniaria devono essere applicate, a pena di decadenza, nel termine stabilito per chiedere l'imposta cui le stesse si riferiscono e, se questa non e' dovuta, nel termine di cinque anni dal giorno in cui e' avvenuta la violazione. L'intervenuta decadenza non dispensa dal pagamento dell'imposta in caso di registrazione volontaria o quando si faccia uso dell'atto ai sensi dell'art. 6.". A tale proposito l'appellante ha sostenuto che, anche se venisse ritenuto applicabile il secondo comma dell'art. 76 del d.P.R. 131/1986, l'imposta avrebbe dovuto essere richiesta entro il termine di tre anni decorrenti dalla richiesta di registrazione, avendo presente che l'imposta richiesta con l'avviso di liquidazione opposto sarebbe il saldo dell'imposta principale, il cui acconto sarebbe stato applicato al momento della registrazione. C) - Con un terzo motivo la societa' ricorrente ha sostenuto che la decadenza si sarebbe verificata anche se si ritenesse applicabile la lettera b) del comma 2 dell'art. 76 e si qualificasse l'imposta liquidata come "imposta complementare", per la quale il termine di tre anni inizia a decorrere dalla data di presentazione della denuncia di cui all'art. 19 (denuncia di eventi successivi alla registrazione). In tale ipotesi, ha sostenuto la societa' ricorrente, si tratterebbe di verificare se la richiesta di applicazione della procedura di valutazione automatica possa essere assimilata alla denuncia di cui all'art. 19 (art. 76, comma 2, lettera b), del d.P.R. 131/1986). Ha sostenuto che in ogni caso si sarebbe verificata la decadenza dell'azione accertatrice, essendo decorsi ampiamente piu' di tre anni dalla data della richiesta di valutazione automatica, risalente al 18 luglio 1991 e protocollata il 2 settembre 1991. La decadenza di cui al secondo comma dell'art. 76 si sarebbe verificata, ha sostenuto la societa' contribuente, anche considerando il termine di dieci mesi che ha a disposizione l'ufficio tecnico erariale per l'invio del certificato catastale con l'attribuzione della rendita catastale, termine scaduto il 2 luglio 1992 e dal quale sono decorsi ampiamente i tre anni alla data del 10 aprile 1996 in cui e' stato notificato l'avviso di liquidazione impugnato. Inoltre, essa ha sostenuto l'intervenuta decadenza anche nell'ipotesi che il termine decadenziale si facesse decorrere dall'effettiva data di comunicazione della rendita catastale da parte dell'UTE, avvenuta in data 20 febbraio 1993 alla ricorrente e in data 26 gennaio 1993 all'ufficio. Del resto la societa' contribuente ha dedotto che il termine di dieci mesi assegnato all'UTE per l'attribuzione della rendita catastale non potrebbe essere indefinitamente ignorato, perche' cio' equivarrebbe assoggettare i contribuenti indefinitamente all'azione accertatrice dell'ufficio. Concludeva, pertanto, per la declaratoria di nullita' dell'avviso di liquidazione e per la restituzione della somma di L. 15.640.000, nelle more pagata sin dal 6 giugno 1996, con gli interessi di legge maturati e maturandi. Si costituiva l'ufficio del Registro di Brescia, con atto 22 agosto 1996, deducendo che nel presente caso non aveva alcun obbligo di notificare accertamento, ma soltanto l'avviso di liquidazione, entro il triennio dal momento della registrazione, in quanto suo compito era soltanto quello di liquidare il tributo eventualmente risultante dall'applicazione della rivalutazione delle rendite catastali che l'UTE avrebbe attribuito in base alla richiesta del contribuente di applicazione dell'art. 12 della legge n. 154/1988. L'ufficio rilevava che nel caso di specie si e' aggiunta la proroga dei termini; per l'accertamento prevista dall'art. 57 legge n. 413/1991. (3) - La parola: "principale" e' stata sostituita dalla parola: "proporzionale" dell'art. 24 della legge 18 febbraio 1999, n. 28. (4) - Questo comma e' stato sostituito dall'art. 3, comma 135, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Con successiva memoria, la contribuente contestava l'applicabilita' della proroga dei termini di accertamento prevista dall'art. 57 della legge n. 413/1991, che sosteneva essere applicabile solo per i tributi condonabili, mentre nel caso di specie l'atto di cui si discute e' stato registrato in data 2 agosto 1991, cioe' successivamente al periodo preso in considerazione dalla legge di condono. La commissione tributaria provinciale di Brescia, sezione quinta, con sentenza del 27 marzo 1998, n. 151/05/1998, ha rilevato la tardivita' del ricorso introduttivo, dichiarandolo inammissibile. Avverso la sentenza di prime cure ha proposto appello la societa' contribuente deducendo, con il primo, motivo d'appello l'erroneita' della sentenza di primo grado, perche', contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, il ricorso introduttivo era stato inoltrato tempestivamente, cioe' a mezzo di servizio postale con raccomandate aa.rr. in data 7 giugno 1996, ed era stato poi depositato in commissione tributaria nel termine previsto dalla legge sul contenzioso. Nel merito, l'appellante ha riproposto le questioni dedotte in prime cure, insistendo nelle domande formulate con il ricorso introduttivo. In particolare, l'appellante ha dedotto: con il secondo motivo d'appello, la nullita' dell'avviso di liquidazione perche' non ritualmente preceduto da avviso di accertamento; con il terzo motivo d'appello, la nullita' dell'avviso di liquidazione per decorrenza dei termini di decadenza dell'azione accertatrice (art. 76, comma 2 lettera a), del d.P.R. n. 131/1986); con il quarto, motivo d'appello la nullita' dell'avviso di liquidazione per decorrenza dei termini di decadenza dell'azione accertatrice, sotto altro profilo (art. 76, comma 2 lettera b), del d.P.R. n. 131/1986); con il quinto motivo d'appello la nullita' dell'avviso di liquidazione per inapplicabilita' della sospensione dei termini di accertamento prevista dall'art. 57 della legge 413/1991. Si e' costituito in appello l'ufficio del Registro di Brescia, ribadendo le ragioni gia' svolte in prime cure circa l'infondatezza del ricorso. A seguito di richiesta di discussione in pubblica udienza, il ricorso e' stato trattato e discusso nell'udienza del 10 luglio 2000. Nel corso della discussione l'ufficio ha invocato la pronuncia della Corte di cassazione n. 13243 del 27 novembre 1999, per contrastare il secondo motivo d'appello: quello con il quale l'appellante ha eccepito la nullita' dell'avviso di liquidazione perche' non ritualmente preceduto da avviso di accertamento di valore. Inoltre, sempre nel corso della discussione, l'ufficio ha invocato la sentenza della Corte di cassazione n. 12869 del 19 novembre 1999, per contrastare i restanti motivi terzo, quarto e quinto dell'atto d'appello con i quali la societa' contribuente ha dedotto la tardivita' dell'atto di liquidazione per decadenza dell'azione accertatrice ed ha sostenuto l'inapplicabilita' della proroga dei termini per l'accertamento. A propria volta, il difensore dell'appellante, nel corso della discussione, ha ribadito le censure dedotte, ed ha avanzato dubbi sulla costituzionalita' del secondo comma dell'art. 57 della legge n. 413/1991 se interpretato come proroga indiscriminata dei termini dell'accertamento anche con riguardo agli atti esclusi ratione temporis dal condono. La commissione si e' riservata di decidere. Successivamente, la commissione, riunita in camera di consiglio il 25 gennaio 2001, a scioglimento della riserva, pronunciando non definitivamente, in accoglimento del primo motivo d'appello ed in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato ammissibile il ricorso introduttivo di primo grado promosso dalla societa' Finanziaria Tema S.p.a. avverso l'avviso di liquidazione n. 911V003150/002/C, notificato il 10 aprile 1996. Inoltre, ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del secondo comma, seconda parte, dell'art. 57 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, riservando ogni decisione in merito ai restanti motivi d'appello, ha disposto la trasmissione degli atti a codesta Corte costituzionale con separata ordinanza. Tutto cio' premesso in fatto, la commissione osserva quanto segue. Con la sentenza parziale pronunciata sul ricorso proposto dalla societa' con questa commissione ha riformato la sentenza impugnata che aveva ritenuto inammissibile per tardivita' il ricorso introduttivo di prime cure. Conseguentemente, per l'effetto devolutivo del gravame proposto dalla societa' contribuente, sono state prese in esame le censure di merito sulle quali in prime cure la commissione provinciale non si era pronunciata, in conseguenza dell'erronea decisione d'inammissibilita'. In ordine a tali questioni di merito riproposte dalla societa' appellante con l'atto d'appello, la commissione ritiene che assuma rilevanza preliminare l'eccezione di tardivita' dell'azione accertatrice che l'appellante ha riproposto sotto duplice profilo, con i motivi e terzo e quarto dell'atto d'appello. Per altro, a fronte di tale eccezione di decadenza dell'azione accertatrice, l'ufficio appellato ha invocato, come gia' fatto in primo grado, la proroga dei termini per l'accertamento prevista dall'art. 57 della legge n. 413/1991, che secondo l'ufficio appellato avrebbe interrotto i termini dal 1 gennaio 1992 a tutto il 31 dicembre 1993 indistintamente per tutti gli atti. Dal canto suo, con il quinto motivo di gravame, l'appellante ha dedotto l'inapplicabilita', nel presente caso, della sospensione dei termini di accertamento prevista dall'art. 57 della legge n. 413/1991 essendo stato registrato il 2 agosto 1991 l'atto della cui tassazione si controverte, quindi fuori dall'ambito temporale di applicabilita' del condono tributario alle pendenze tributarie consentito dall'art. 53 della legge medesima. In proposito, il comma 2 dell'art. 53 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 cosi' dispone: "2. - Per gli atti pubblici formati e per le scritture private autenticate entro il 31 marzo 1991, per le scritture private non autenticate formate entro la stessa data, purche' tutti registrati entro il 20 aprile 1991, e per le denunzie e dichiarazioni il cui presupposto d'imposta si sia verificato entro il 31 marzo 1991 e la cui presentazione sia stata effettuata non oltre il 30 settembre 1991 ai fini delle imposte indicate nel comma 1, qualora alla data del 30 settembre 1991 non sia stato notificato avviso di accertamento, il contribuente puo' chiedere che l'imposta sia liquidata sulla base del valore o dell'incremento imponibile dichiarato, aumentato del 25% senza applicazione di soprattasse e pene pecuniarie. L'incremento imponibile complessivamente assoggettato ad imposta non puo' comunque essere inferiore al 25% del valore finale dichiarato.". Su questo punto, la commissione rileva che la Corte di cassazione, con la recente sentenza n. 12869 del 19 novembre 1999, ha statuito che la proroga disposta con il secondo comma dell'art. 57 della legge n. 413/1991 e' applicabile anche agli accertamenti concernenti gli atti esclusi ratione temporis dal condono tributario consentito dalla legge medesima per la definizione delle pendenze tributarie. Il Supremo Collegio e' pervenuto a tale conclusione sulla base di una interpretazione tratta sia dal significato proprio delle parole, sia da una lettura coordinata tra la prima parte e la seconda parte del secondo comma dell'art. 57 citato. Ha motivato, infatti la Corte regolatrice: "con specifico riferimento all'imposta di registro - operato attraverso il richiamo del precedente art. 53 comma 1, che riguarda fra le altre le controversie di valore relative appunto a tale imposta - l'art. 57 comma 2 seconda parte prevede la sospensione dei termini di prescrizione e di decadenza riguardanti l'accertamento e la riscossione, senza subordinarne l'applicazione alla possibilita' in astratto di presentazione della dichiarazione integrativa. Tale generica previsione assume poi particolare significato se si consideri, come del resto ha esattamente osservato l'impugnata sentenza, che la prima parte dello stesso comma, riguardante la proroga di due anni dei termini non ancora scaduti alla data del 31 dicembre 1991, fa espresso riferimento invece "ai periodi d'imposta per i quali puo' essere presentata dichiarazione integrativa", limitando chiaramente in tal caso la proroga solo alle ipotesi in cui sia consentita, ratione temporis la presentazione integrativa. La diversita' di espressione usata nelle due ipotesi regolate nell'ambito dello stesso comma non puo' non rafforzare infatti il convincimento sulla correttezza dell'interpretazione tratta dal significato proprio delle parole.". La commissione non ha ragione per discostarsi dall'interpretazione del secondo comma dell'art. 57 della legge n. 413/1991 statuita dalla Corte di cassazione, in base alla quale il legislatore ha disposto la proroga dei termini di prescrizione e di decadenza per l'accertamento e la riscossione anche delle imposte concernenti atti esclusi ratione temporis dalle disposizioni sul condono tributario. Tuttavia, tale essendo l'ambito d'applicazione della norma, la commissione ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del rammentato secondo comma, seconda parte, dell'art. 57 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, per violazione del fondamentale principio di ragionevolezza. In proposito, la commissione ritiene utile considerare che l'intero Titolo VI della legge n.413/1991 (artt. 32-65) contiene le "disposizioni per agevolare la definizione delle situazioni e pendenze tributarie". Al Capo I (artt. 32-43) contempla le disposizioni relative alle imposte sui redditi; al Capo II (artt. 44-56) contempla le disposizioni relative alle imposte indirette al Capo III (artt. 57-62-bis) contempla le disposizioni comuni; i restanti Capi IV, V e VI contemplano le disposizioni relative rispettivamente ai sostituti d'imposta, alla definizione, delle controversie doganali ed alcune disposizioni varie sempre strettamente riguardanti la definizione delle pendenze tributarie. La lettura di tutte le disposizioni raggruppate sotto il Titolo VI della legge n.413/1991 rende evidente che si tratta di norme volte ad agevolare la definizione delle pendenze tributarie esistenti alle date individuate dal legislatore in relazione alle varie fattispecie condonabili. Connotato comune di tutte le rammentate disposizioni e', pertanto, la caratteristica di essere norme intese a contenere e troncare i lunghi tempi del contenzioso. Ad esempio, avendo riguardo alla fattispecie oggetto del presente giudizio, al secondo comma dell'art. 53 della legge n. 413/1991, innanzi gia' riportato, il legislatore ha ammesso la definizione delle pendenze tributarie limitatamente "per gli atti pubblici formati e per le scritture private autenticate entro il 31 marzo 1991, per le scritture private non autenticate formate entro la stessa data, purche' tutti registrati entro il 20 aprile 1991. e per le denunzie e dichiarazioni il cui presupposto d'imposta si sia verificato entro il 31 marzo 1991 ... il contribuente puo' chiedere ...". Come ben si vede, la norma ha posto limiti temporali tassativi insuperabili, oltre i quali la tassazione degli atti registrati successivamente e' del tutto estranea all'intera normativa agevolativa, quindi estranea allo scopo perseguito dal legislatore consistente nella piu' sollecita definizione delle pendenze tributarie esistenti ad una certa data. A fronte di quest'univoca finalita' dell'intera normativa agevolativa, appare contraddittorio e controproducente l'inserimento di una disposizione che, viceversa, abbia l'effetto di allungare i tempi del contenzioso relativamente alle situazioni ed alle pendenze estranee all'ambito di applicazione del condono tributario. La Corte di cassazione ha giustificato la proroga indiscriminata dei termini (anche di quelli concernenti situazioni tributarie escluse ratione temporis dal condono) adducendo l'ulteriore ratio di consentire agli uffici tributari di far fronte al maggior carico di lavoro derivante dalla verifica delle dichiarazioni integrative. Non sembra, tuttavia a questa Commissione che, anche volendo ammettere questa giustificazione della proroga indiscriminata, la ratio sottesa della norma stessa possa dirsi rispettosa del principio di ragionevolezza, sotto il profilo della coerenza dell'ordinamento giuridico, garantito dall'art. 3 della Costituzione. Non appare coerente, infatti, che il legislatore ordinario per un verso introduca tutto un corposo nucleo di disposizioni intese ad agevolare la definizione delle situazioni tributarie pendenti ad una tale data, e poi introduca al tempo stesso una disposizione che abbia l'effetto contrario di allungare i tempi di definizione delle situazioni tributarie non condonabili. A nessuno sfugge, infatti, l'effetto dilatorio ad ondata e generalizzato che si verifica in conseguenza della dilatazione dei tempi dell'accertamento fiscale. Tutte le pendenze fiscali concernenti situazioni successive al periodo condonabile, ma rientranti ratione temporis nel periodo della disposta proroga degli accertamenti, sono destinate ad aggiungersi a quelle ulteriormente successive; in tal modo, il perseguito alleggerimento degli uffici tributari si rivela, in definitiva, fittizio. A tutto cio' va considerato l'ulteriore effetto perverso che la proroga dei termini di accertamento per le pendenze tributarie non condonabili e' destinato a ripercuotere inevitabilmente anche sul contenzioso avanti agli organi della Giustizia Tributaria, con la conseguenza il beneficio che il legislatore ha inteso perseguire con le norme agevolative risulta in buona misura parte annullato. Infine, il principio fondamentale di ragionevolezza, se per un verso postula che situazioni uguali tra loro non siano discriminate mediante discipline differenziate, per altro verso impone che situazioni tra loro obiettivamente diverse non siano assoggettate ad un'identica disciplina. Orbene, nel presente caso il principio di ragionevolezza viene doppiamente violato dalla proroga dei termini d'accertamento anche per le situazioni non condonabili, perche' oltre al gia' evidenziato profilo dell'identica regolamentazione prevista con riguardo a situazioni tra loro profondamente differenti (come sono, infatti, le situazioni non condonabili rispetto a quelle condonabili), va considerata l'ingiustizia intrinseca derivante dall'assoggettamento alla proroga dei termini delle situazioni tributarie non condonabili sorte nell'arco di tempo dal 1 gennaio 1992 al 31 dicembre 1993, rispetto alle identiche situazioni tributarie anch'esse non condonabili ma successive a detto arco di tempo. Pertanto, la Commissione, ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale; considerato, altresi', che il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale,
P. Q. M. Rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale del secondo comma, seconda parte, dell'art. 57 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui dispone la proroga dei termini dell'accertamento anche con riguardo alle situazioni tributarie escluse ratione temporis dal condono fiscale. Sospende il presente giudizio. Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Milano, addi' 25 gennaio 2001 Il Presidente relatore: Bozzi 01C0682