N. 566 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 gennaio 2001

Ordinanza  emessa  il  25  gennaio  2001 dalla Commissione tributaria
regionale  di  Milano  sui ricorso propostoda Finanziaria Tema S.p.a.
contro Ufficio del Registro di Brescia

Imposte   e   tasse   -  Accertamento  e  riscossione  -  Termini  di
  prescrizione e decadenza relativi all'imposta di registro - Proroga
  (rectius:   Sospensione)   disposta   dall'art.   57   della  legge
  n. 413/1991   -   Applicabilita'  anche  alle  situazionitributarie
  escluse  ratione  temporis  dal  condono  fiscale  - Violazione del
  principio   di   ragionevolezza   -  Incoerenza  rispetto  al  fine
  legislativo di agevolare la definizione delle pendenze tributarie -
  Ingiustificata  assimilazione  fra  situazioni  condonabili e non -
  Diversita' di trattamento fra situazioni non condonabili.
- Legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 57, comma 2, seconda parte.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.32 del 22-8-2001 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

    Ha   emesso  la  seguente  ordinanza  sull'appello  R.G.  Appelli
3594/1999   depositato   il   6  maggio  1999,  avverso  la  sentenza
n. 151/05/1998  emessa  dalla  commissione  tributaria provinciale di
Brescia,  da:  Finanziaria  Tema  S.p.a. legale rappresentante Baroni
Giorgio,  residente  a  Brescia  in  viale  Bornata n. 42, difeso da:
Angelo Cisotto e/o Gianegidio Martinelli e/o Alberto Gei, residente a
Brescia in viale della Bornata, n. 42.
    Controparti registro di Brescia; atti impugnati av. liq/Irr. San.
n. 911V003150/002/C-Registro.
    Con   ricorso   inoltrato   a   mezzo  di  servizio  postale  con
raccomandate  aa.rr..  in  data 7 giugno 1996, nn. 5099, 5100, 5101 e
5102  indirizzate  all'ufficio  del  Registro di Brescia, ed a Baroni
Roberto, Baroni Giorgio e Bosio Paolina, la societa' Finanziaria Tema
S.p.a.  (da  qui  in  avanti  la  societa'  contribuente) ha adito la
commissione  tributaria provinciale di Brescia impugnando l'avviso di
liquidazione   n. 911V003150/002/C  notificato  il  10  aprile  1996,
recante   rettifica   del  valore  finale  da  L.  175.000.000  a  L.
331.020.000  dell'immobile  oggetto  dell'atto registrato il 2 agosto
1991 al n. 3150PUBB1V.
    La societa' contribuente deduceva:
        A)   Con   un   primo   motivo  la  nullita'  dell'avviso  di
liquidazione  perche'  non  preceduto  da  avviso  di accertamento di
valore  come  previsto  dagli artt. 51 e 52 del d.P.R. 26 aprile 1986
n. 131.  A  tale  proposito,  sosteneva che avendo essa espressamente
richiesto  in  atto l'applicazione dell'art. 12 del d.l. del 14 marzo
1988,  conv.  con  modificazioni  in  legge  n. 154/1988  (risultando
l'unita' non ancora censita in catasto con attribuzione della rendita
catastale),  l'ufficio  avrebbe dovuto, volendo rettificare il valore
dichiarato   in   atto,   utilizzare   "l'unico  strumento  giuridico
attribuito all'ufficio impositore, vale a dire l'accertamento" munito
della  motivazione  come  previsto  dall'art. 51  del medesimo d.P.R.
131/1986,  con  l'indicazione  dei  criteri  di  valutazione  e degli
elementi  valutativi  posti  a  base  della motivazione. Sosteneva la
societa'  contribuente  che  "in  nessun  modo  l'art. 12 della legge
n. 154/1988  contempla  il potere dovere dell'ufficio di applicare in
ogni   caso  i  valori  automatici;  al  contrario  nell'art.  12  e'
costantemente richiamato l'art. 52 del d.P.R. n. 131/1986 e quindi il
correlativo sistema di accertamento dallo stesso previsto".
    L'art. 12 invocato dalla societa' ricorrente dispone:
        1.  -  Le disposizioni del comma 4 dell'art. 52 del d.P.R. 26
aprile  1986,  n. 131,  e del quinto comma dell'art. 26 del d.P.R. 26
ottobre  1972,  n. 637, aggiunto con l'art. 8 della legge 17 dicembre
1986,  n. 880,  si  applicano  anche ai trasferimenti di fabbricati o
della  nuda proprieta', nonche' ai trasferimenti ed alle costituzioni
di  diritti  reali  di  godimento  sugli  stessi, dichiarati ai sensi
dell'art. 56  del  regolamento  per  la  formazione del nuovo catasto
edilizio  urbano,  approvato  con d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, ma
non  ancora  iscritti  in catasto edilizio urbano con attribuzione di
rendita.  Il  contribuente  e'  tenuto a dichiarare nell'atto o nella
dichiarazione  di  successione di volersi avvalere delle disposizioni
del  presente articolo. Alla domanda di voltura, prevista dall'art. 3
del  d.P.R.  26  ottobre 1972, n. 650, deve essere allegata specifica
istanza  per l'attribuzione di rendita catastale nella quale dovranno
essere indicati oltre che gli estremi dell'atto o della dichiarazione
di    successione    cui   si   riferisce   anche   quelli   relativi
all'individuazione   catastale  dell'immobile  cosi'  come  riportati
nell'atto  medesimo;  la  domanda non puo' essere inviata per posta e
dell'avvenuta   presentazione  deve  essere  rilasciata  ricevuta  in
duplice  esemplare,  che  il  contribuente  e'  tenuto  a produrre al
competente  ufficio del registro, entro sessanta giorni dalla data di
formazione  dell'atto  pubblico,  o  di registrazione della scrittura
privata,  ovvero  dalla data di pubblicazione o emanazione degli atti
giudiziari  ovvero dalla data di presentazione della dichiarazione di
successione;   l'ufficio  restituisce  un  esemplare  della  ricevuta
attestandone  l'avvenuta produzione. In caso di mancata presentazione
della  ricevuta  nei termini, l'ufficio procede ai sensi dell'art. 52
comma  1, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di
registro,   approvato   con   d.P.R.   26   aprile  1986,  n. 131,  e
dell'art. 26, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637.
        2.  - Gli uffici tecnici erariali entro dieci mesi dalla data
in  cui  e'  stata  presentata  la domanda di voltura, sono tenuti ad
inviare  all'ufficio  del registro, presso il quale ha avuto luogo la
registrazione,   un   certificato   catastale  attestante  l'avvenuta
iscrizione con attribuzione di rendita.
        2-bis. - Per le unita' immobiliari urbane oggetto di denuncia
in  catasto  con modalita' conformi a quelle previste dal regolamento
di  attuazione  dell'articolo  2, commi 1-quinquies ed 1-septies, del
decreto  legge  23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni
dalla  legge  24  marzo  1993, n. 75, la disposizione di cui al primo
periodo  del  comma  1  si  applica,  con  riferimento  alla  rendita
proposta, alla sola condizione che il contribuente dichiari nell'atto
di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo.
        3.  - Le disposizioni del presente articolo si applicano agli
atti  pubblici  formati,  agli atti giudiziari pubblicati o emanati e
alle  scritture private autenticate a decorrere dalla data di entrata
in  vigore  del  presente decreto, nonche' alle scritture private non
autenticate presentate per la registrazione e alle successioni aperte
da tale data".
    A   sua  volta,  l'art. 52  del  d.P.R.  n. 131/1986,  richiamato
dall'art. 12, cosi' dispone:
        "(Rettifica  del  valore  degli  immobili  e  delle aziende).
L'ufficio,  se  ritiene  che i beni o i diritti di cui ai commi 3 e 4
dell'art  51  hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o
al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica
e  alla  liquidazione  della maggiore imposta, con gli interessi e le
sanzioni.
    L'avviso  di  rettifica  e di liquidazione della maggiore imposta
deve  contenere  l'indicazione  del  valore attribuito a ciascuno dei
beni o diritti in esso descritti degli elementi di cui all'art. 51 in
base  ai  quali  e'  stato  determinato, l'indicazione delle aliquote
applicate  e del calcolo della maggiore imposta, nonche' dell'imposta
dovuta in caso di presentazione del ricorso.
    L'avviso e' notificato nei modi stabiliti per le notificazioni in
materia  di  imposte  sui redditi dagli ufficiali giudiziari da messi
speciali  autorizzati dagli uffici del registro o da messi comunali o
di conciliazione.
    Non  sono  sottoposti  a  rettifica  il valore o il corrispettivo
degli  immobili,  iscritti  in  catasto  con attribuzione di rendita,
dichiarato  in  misura  non inferiore, per i terreni a settantacinque
volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati
a  cento  volte  il  reddito  risultante in catasto, aggiornati con i
coefficienti  stabiliti  per  le  imposte sul reddito, ne' i valori o
corrispettivi  della nuda proprieta' e dei diritti reali di godimento
sugli  immobili  stessi  dichiarati  in misura non inferiore a quella
determinata  su  tale  base a norma degli art. 47 e 48. Ai fini della
disposizione   del  presente  comma  le  modifiche  dei  coefficienti
stabiliti  per  le  imposte  sui  redditi  hanno effetto per gli atti
pubblici  formati  per  le  scritture  private autenticate e gli atti
giudiziari pubblicati o emanati dal decimo quinto giorno successivo a
quello  di  pubblicazione dei decreti previsti dagli art. 87 e 88 del
d.P.R.  29  settembre  1973, n. 597, nonche' per le scritture private
non  autenticate  presentate  per  la  registrazione da tale data. La
disposizione  del  presente  comma non si applica per i terreni per i
quali   gli   strumenti   urbanistici   prevedono   la   destinazione
edificatoria.".
    Ha  sostenuto,  pertanto,  la societa' contribuente che l'ufficio
avendo  constatato che il prezzo della compravendita era inferiore ai
valori tabellari previsti dall'art. 52, comma 4 d.P.R. 131/1986 aveva
il  potere  dovere di ricercare il valore di mercato ed eventualmente
contestarlo con avviso di accertamento da notificare entro il termine
di decadenza di due anni dal pagamento dell'imposta principale (comma
1-bis dell'art. 76 d.P.R. 131/1986).
        B)  Con un secondo motivo, la societa' ricorrente ha eccepito
la  totale  nullita'  dell'avviso  di liquidazione per decorrenza dei
termini  di  decadenza  dell'azione  accertatrice  (art. 76, comma 2,
lettera a), del d.P.R. 131/1986).
    L'art. 76 invocato dispone:
        "(Decadenza dell'azione della finanza).
    1.  -  L'imposta  sugli  atti  soggetti  a registrazione ai sensi
dell'art. 5   non   presentati   per  la  registrazione  deve  essere
richiesta, a pena di decadenza, nel termine di cinque anni dal giorno
in  cui  a norma degli artt. 13 e 14, avrebbe dovuto essere richiesta
la  registrazione  o, a norma dell'art. 15, lett. c), d) ed e), si e'
verificato  il  fatto che legittima la registrazione d'ufficio. Nello
stesso  termine, decorrente dal giorno in cui avrebbero dovuto essere
presentate,  deve  essere  richiesta  l'imposta  dovuta  in base alle
denunce prescritte dall'art. 19.
    1.-bis.  - L'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore
imposta  di cui all'art. 52, comma 1, deve essere notificato entro il
termine   di   decadenza  di  due  anni  dal  pagamento  dell'imposta
proporzionale.
    2. - Salvo quanto disposto nel comma 1-bis, l'imposta deve essere
richiesta,  a  pena  di  decadenza,  entro  il  termine  di  tre anni
decorrenti, per gli atti presentati per la registrazione:
        a)  dalla  richiesta di registrazione se si tratta di imposta
proporzionale(3).
        b)  dalla  data in cui e' stata presentata la denuncia di cui
all'art. 19,  se si tratta di imposta complementare; dalla data della
notificazione  della  decisione  delle  commissioni tributarie ovvero
dalla  data  in  cui la stessa e' divenuta definitiva nel caso in cui
sia  stato  proposto  ricorso  avverso  l'avviso  di  rettifica  e di
liquidazione  della  maggiore  imposta.  Nel  caso di occultazione di
corrispettivo  di  cui  all'art. 72, il termine decorre dalla data di
registrazione dell'atto;
        c) dalla data di registrazione dell'atto ovvero dalla data di
presentazione  della  denuncia  di  cui  all'art. 19, se si tratta di
imposta suppletiva(4)
    L'avviso  di  liquidazione dell'imposta deve essere notificato al
contribuente nei modi stabiliti nel comma 3 dell'art. 52.
    La  soprattassa  e  la pena pecuniaria devono essere applicate, a
pena  di  decadenza, nel termine stabilito per chiedere l'imposta cui
le  stesse  si riferiscono e, se questa non e' dovuta, nel termine di
cinque anni dal giorno in cui e' avvenuta la violazione.
    L'intervenuta  decadenza  non dispensa dal pagamento dell'imposta
in  caso di registrazione volontaria o quando si faccia uso dell'atto
ai sensi dell'art. 6.".
    A  tale proposito l'appellante ha sostenuto che, anche se venisse
ritenuto   applicabile  il  secondo  comma  dell'art. 76  del  d.P.R.
131/1986,  l'imposta avrebbe dovuto essere richiesta entro il termine
di  tre  anni  decorrenti  dalla  richiesta  di registrazione, avendo
presente che l'imposta richiesta con l'avviso di liquidazione opposto
sarebbe  il  saldo  dell'imposta  principale,  il cui acconto sarebbe
stato applicato al momento della registrazione.
        C)  - Con un terzo motivo la societa' ricorrente ha sostenuto
che  la  decadenza  si  sarebbe  verificata  anche  se  si  ritenesse
applicabile  la lettera b) del comma 2 dell'art. 76 e si qualificasse
l'imposta  liquidata  come  "imposta  complementare", per la quale il
termine  di  tre  anni inizia a decorrere dalla data di presentazione
della denuncia di cui all'art. 19 (denuncia di eventi successivi alla
registrazione). In tale ipotesi, ha sostenuto la societa' ricorrente,
si  tratterebbe  di  verificare se la richiesta di applicazione della
procedura  di  valutazione  automatica  possa  essere assimilata alla
denuncia di cui all'art. 19 (art. 76, comma 2, lettera b), del d.P.R.
131/1986).  Ha  sostenuto  che  in ogni caso si sarebbe verificata la
decadenza  dell'azione  accertatrice, essendo decorsi ampiamente piu'
di  tre  anni  dalla  data della richiesta di valutazione automatica,
risalente  al  18  luglio 1991 e protocollata il 2 settembre 1991. La
decadenza di cui al secondo comma dell'art. 76 si sarebbe verificata,
ha  sostenuto la societa' contribuente, anche considerando il termine
di  dieci  mesi  che ha a disposizione l'ufficio tecnico erariale per
l'invio  del  certificato  catastale con l'attribuzione della rendita
catastale,  termine scaduto il 2 luglio 1992 e dal quale sono decorsi
ampiamente  i  tre  anni alla data del 10 aprile 1996 in cui e' stato
notificato  l'avviso  di  liquidazione  impugnato.  Inoltre,  essa ha
sostenuto  l'intervenuta  decadenza anche nell'ipotesi che il termine
decadenziale    si   facesse   decorrere   dall'effettiva   data   di
comunicazione  della rendita catastale da parte dell'UTE, avvenuta in
data  20  febbraio  1993  alla  ricorrente  e in data 26 gennaio 1993
all'ufficio.  Del  resto  la  societa' contribuente ha dedotto che il
termine  di  dieci  mesi  assegnato  all'UTE per l'attribuzione della
rendita  catastale  non  potrebbe  essere  indefinitamente  ignorato,
perche' cio' equivarrebbe assoggettare i contribuenti indefinitamente
all'azione accertatrice dell'ufficio.
    Concludeva, pertanto, per la declaratoria di nullita' dell'avviso
di  liquidazione  e per la restituzione della somma di L. 15.640.000,
nelle  more  pagata sin dal 6 giugno 1996, con gli interessi di legge
maturati e maturandi.
    Si  costituiva  l'ufficio  del  Registro  di Brescia, con atto 22
agosto  1996, deducendo che nel presente caso non aveva alcun obbligo
di  notificare  accertamento,  ma  soltanto l'avviso di liquidazione,
entro  il  triennio  dal  momento  della registrazione, in quanto suo
compito  era  soltanto  quello  di liquidare il tributo eventualmente
risultante   dall'applicazione   della  rivalutazione  delle  rendite
catastali  che  l'UTE  avrebbe  attribuito in base alla richiesta del
contribuente di applicazione dell'art. 12 della legge n. 154/1988.
    L'ufficio  rilevava  che  nel  caso  di  specie si e' aggiunta la
proroga  dei  termini; per l'accertamento prevista dall'art. 57 legge
n. 413/1991.
    (3)  -  La parola: "principale" e' stata sostituita dalla parola:
"proporzionale" dell'art. 24 della legge 18 febbraio 1999, n. 28.
    (4)  -  Questo  comma e' stato sostituito dall'art. 3, comma 135,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
    Con    successiva    memoria,    la    contribuente    contestava
l'applicabilita'  della  proroga dei termini di accertamento prevista
dall'art. 57   della   legge   n. 413/1991,   che   sosteneva  essere
applicabile solo per i tributi condonabili, mentre nel caso di specie
l'atto  di  cui si discute e' stato registrato in data 2 agosto 1991,
cioe'  successivamente al periodo preso in considerazione dalla legge
di condono.
    La commissione tributaria provinciale di Brescia, sezione quinta,
con  sentenza  del  27  marzo  1998,  n. 151/05/1998,  ha rilevato la
tardivita' del ricorso introduttivo, dichiarandolo inammissibile.
    Avverso la sentenza di prime cure ha proposto appello la societa'
contribuente  deducendo,  con il primo, motivo d'appello l'erroneita'
della  sentenza  di  primo  grado,  perche',  contrariamente a quanto
ritenuto  dai  primi  giudici,  il  ricorso  introduttivo  era  stato
inoltrato  tempestivamente,  cioe'  a  mezzo  di servizio postale con
raccomandate  aa.rr.  in  data  7  giugno  1996,  ed  era  stato  poi
depositato in commissione tributaria nel termine previsto dalla legge
sul contenzioso.
    Nel  merito,  l'appellante  ha riproposto le questioni dedotte in
prime  cure,  insistendo  nelle  domande  formulate  con  il  ricorso
introduttivo. In particolare, l'appellante ha dedotto:
        con  il  secondo motivo d'appello, la nullita' dell'avviso di
liquidazione   perche'   non   ritualmente  preceduto  da  avviso  di
accertamento;
        con  il  terzo  motivo  d'appello, la nullita' dell'avviso di
liquidazione  per  decorrenza  dei  termini  di decadenza dell'azione
accertatrice (art. 76, comma 2 lettera a), del d.P.R. n. 131/1986);
        con  il  quarto,  motivo d'appello la nullita' dell'avviso di
liquidazione  per  decorrenza  dei  termini  di decadenza dell'azione
accertatrice,  sotto  altro profilo (art. 76, comma 2 lettera b), del
d.P.R. n. 131/1986);
        con  il  quinto  motivo  d'appello la nullita' dell'avviso di
liquidazione  per  inapplicabilita'  della sospensione dei termini di
accertamento prevista dall'art. 57 della legge 413/1991.
    Si  e'  costituito  in appello l'ufficio del Registro di Brescia,
ribadendo  le  ragioni gia' svolte in prime cure circa l'infondatezza
del ricorso.
    A  seguito  di  richiesta  di discussione in pubblica udienza, il
ricorso e' stato trattato e discusso nell'udienza del 10 luglio 2000.
    Nel  corso  della  discussione l'ufficio ha invocato la pronuncia
della   Corte  di  cassazione  n. 13243  del  27 novembre  1999,  per
contrastare   il  secondo  motivo  d'appello:  quello  con  il  quale
l'appellante  ha  eccepito  la  nullita'  dell'avviso di liquidazione
perche'  non  ritualmente  preceduto  da  avviso  di  accertamento di
valore.
    Inoltre,   sempre  nel  corso  della  discussione,  l'ufficio  ha
invocato  la  sentenza  della  Corte  di  cassazione  n. 12869 del 19
novembre  1999,  per  contrastare  i  restanti motivi terzo, quarto e
quinto  dell'atto  d'appello  con i quali la societa' contribuente ha
dedotto   la  tardivita'  dell'atto  di  liquidazione  per  decadenza
dell'azione  accertatrice  ed  ha  sostenuto l'inapplicabilita' della
proroga dei termini per l'accertamento.
    A  propria  volta,  il difensore dell'appellante, nel corso della
discussione,  ha  ribadito  le  censure dedotte, ed ha avanzato dubbi
sulla  costituzionalita'  del  secondo comma dell'art. 57 della legge
n. 413/1991  se  interpretato come proroga indiscriminata dei termini
dell'accertamento  anche  con  riguardo  agli  atti  esclusi  ratione
temporis dal condono.
    La  commissione  si e' riservata di decidere. Successivamente, la
commissione,  riunita  in  camera  di consiglio il 25 gennaio 2001, a
scioglimento  della  riserva,  pronunciando  non  definitivamente, in
accoglimento  del primo motivo d'appello ed in riforma della sentenza
impugnata, ha dichiarato ammissibile il ricorso introduttivo di primo
grado   promosso  dalla  societa'  Finanziaria  Tema  S.p.a.  avverso
l'avviso di liquidazione n. 911V003150/002/C, notificato il 10 aprile
1996.  Inoltre, ritenuta non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   del  secondo  comma,  seconda  parte,
dell'art. 57  della  legge  30  dicembre 1991, n. 413, per violazione
dell'art. 3  della  Costituzione, riservando ogni decisione in merito
ai  restanti motivi d'appello, ha disposto la trasmissione degli atti
a codesta Corte costituzionale con separata ordinanza.
    Tutto  cio'  premesso  in  fatto,  la  commissione osserva quanto
segue.
    Con  la  sentenza parziale pronunciata sul ricorso proposto dalla
societa'  con  questa  commissione ha riformato la sentenza impugnata
che   aveva   ritenuto   inammissibile   per  tardivita'  il  ricorso
introduttivo   di   prime   cure.   Conseguentemente,  per  l'effetto
devolutivo  del  gravame  proposto  dalla societa' contribuente, sono
state  prese  in esame le censure di merito sulle quali in prime cure
la  commissione  provinciale  non  si era pronunciata, in conseguenza
dell'erronea decisione d'inammissibilita'.
    In  ordine  a  tali questioni di merito riproposte dalla societa'
appellante  con  l'atto  d'appello, la commissione ritiene che assuma
rilevanza   preliminare   l'eccezione   di   tardivita'   dell'azione
accertatrice  che  l'appellante  ha riproposto sotto duplice profilo,
con  i  motivi  e  terzo  e  quarto dell'atto d'appello. Per altro, a
fronte  di  tale  eccezione  di  decadenza  dell'azione accertatrice,
l'ufficio  appellato  ha invocato, come gia' fatto in primo grado, la
proroga  dei  termini  per l'accertamento prevista dall'art. 57 della
legge n. 413/1991, che secondo l'ufficio appellato avrebbe interrotto
i   termini   dal  1  gennaio  1992  a  tutto  il  31  dicembre  1993
indistintamente  per  tutti  gli  atti.  Dal canto suo, con il quinto
motivo  di  gravame,  l'appellante ha dedotto l'inapplicabilita', nel
presente caso, della sospensione dei termini di accertamento prevista
dall'art. 57  della  legge  n. 413/1991 essendo stato registrato il 2
agosto  1991 l'atto della cui tassazione si controverte, quindi fuori
dall'ambito  temporale  di applicabilita' del condono tributario alle
pendenze tributarie consentito dall'art. 53 della legge medesima.
    In  proposito,  il  comma  2 dell'art. 53 della legge 30 dicembre
1991, n. 413 cosi' dispone:
        "2.  -  Per  gli  atti  pubblici  formati  e per le scritture
private  autenticate entro il 31 marzo 1991, per le scritture private
non   autenticate   formate  entro  la  stessa  data,  purche'  tutti
registrati entro il 20 aprile 1991, e per le denunzie e dichiarazioni
il cui presupposto d'imposta si sia verificato entro il 31 marzo 1991
e la cui presentazione sia stata effettuata non oltre il 30 settembre
1991  ai  fini  delle imposte indicate nel comma 1, qualora alla data
del   30   settembre   1991   non  sia  stato  notificato  avviso  di
accertamento,   il  contribuente  puo'  chiedere  che  l'imposta  sia
liquidata   sulla   base  del  valore  o  dell'incremento  imponibile
dichiarato,  aumentato  del  25%  senza applicazione di soprattasse e
pene    pecuniarie.    L'incremento    imponibile    complessivamente
assoggettato ad imposta non puo' comunque essere inferiore al 25% del
valore finale dichiarato.".
    Su   questo   punto,  la  commissione  rileva  che  la  Corte  di
cassazione, con la recente sentenza n. 12869 del 19 novembre 1999, ha
statuito  che  la  proroga disposta con il secondo comma dell'art. 57
della  legge  n. 413/1991  e'  applicabile  anche  agli  accertamenti
concernenti  gli atti esclusi ratione temporis dal condono tributario
consentito  dalla  legge  medesima  per la definizione delle pendenze
tributarie. Il Supremo Collegio e' pervenuto a tale conclusione sulla
base  di una interpretazione tratta sia dal significato proprio delle
parole, sia da una lettura coordinata tra la prima parte e la seconda
parte del secondo comma dell'art. 57 citato.
    Ha   motivato,  infatti  la  Corte  regolatrice:  "con  specifico
riferimento  all'imposta di registro - operato attraverso il richiamo
del  precedente  art. 53  comma  1,  che  riguarda  fra  le  altre le
controversie  di  valore  relative appunto a tale imposta - l'art. 57
comma   2  seconda  parte  prevede  la  sospensione  dei  termini  di
prescrizione   e   di   decadenza  riguardanti  l'accertamento  e  la
riscossione,  senza  subordinarne l'applicazione alla possibilita' in
astratto  di  presentazione  della  dichiarazione  integrativa.  Tale
generica   previsione   assume  poi  particolare  significato  se  si
consideri,  come  del  resto  ha  esattamente  osservato  l'impugnata
sentenza,  che  la  prima  parte  dello  stesso comma, riguardante la
proroga  di  due anni dei termini non ancora scaduti alla data del 31
dicembre  1991,  fa espresso riferimento invece "ai periodi d'imposta
per  i  quali  puo'  essere  presentata  dichiarazione  integrativa",
limitando chiaramente in tal caso la proroga solo alle ipotesi in cui
sia  consentita,  ratione  temporis  la presentazione integrativa. La
diversita'   di   espressione   usata   nelle  due  ipotesi  regolate
nell'ambito  dello  stesso  comma  non puo' non rafforzare infatti il
convincimento   sulla  correttezza  dell'interpretazione  tratta  dal
significato proprio delle parole.".
    La     commissione     non    ha    ragione    per    discostarsi
dall'interpretazione  del  secondo  comma  dell'art. 57  della  legge
n. 413/1991 statuita dalla Corte di cassazione, in base alla quale il
legislatore  ha  disposto la proroga dei termini di prescrizione e di
decadenza  per  l'accertamento  e  la riscossione anche delle imposte
concernenti  atti  esclusi  ratione  temporis  dalle disposizioni sul
condono  tributario.  Tuttavia,  tale essendo l'ambito d'applicazione
della  norma,  la commissione ritiene non manifestamente infondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  rammentato  secondo
comma,  seconda  parte,  dell'art. 57  della  legge 30 dicembre 1991,
n. 413, per violazione del fondamentale principio di ragionevolezza.
    In  proposito,  la  commissione  ritiene  utile  considerare  che
l'intero  Titolo  VI della legge n.413/1991 (artt. 32-65) contiene le
"disposizioni   per  agevolare  la  definizione  delle  situazioni  e
pendenze   tributarie".   Al   Capo I   (artt. 32-43)   contempla  le
disposizioni   relative   alle   imposte  sui  redditi;  al  Capo  II
(artt. 44-56)   contempla   le  disposizioni  relative  alle  imposte
indirette  al  Capo  III  (artt. 57-62-bis) contempla le disposizioni
comuni;  i  restanti  Capi  IV,  V  e  VI contemplano le disposizioni
relative  rispettivamente  ai  sostituti d'imposta, alla definizione,
delle  controversie  doganali  ed  alcune  disposizioni  varie sempre
strettamente riguardanti la definizione delle pendenze tributarie. La
lettura di tutte le disposizioni raggruppate sotto il Titolo VI della
legge  n.413/1991  rende  evidente  che  si  tratta di norme volte ad
agevolare  la  definizione  delle  pendenze tributarie esistenti alle
date  individuate dal legislatore in relazione alle varie fattispecie
condonabili. Connotato comune di tutte le rammentate disposizioni e',
pertanto,  la  caratteristica  di  essere  norme intese a contenere e
troncare i lunghi tempi del contenzioso.
    Ad esempio, avendo riguardo alla fattispecie oggetto del presente
giudizio,  al  secondo  comma  dell'art. 53  della legge n. 413/1991,
innanzi  gia'  riportato,  il  legislatore  ha ammesso la definizione
delle  pendenze  tributarie  limitatamente  "per  gli  atti  pubblici
formati  e  per  le  scritture  private autenticate entro il 31 marzo
1991,  per  le  scritture  private  non  autenticate formate entro la
stessa  data, purche' tutti registrati entro il 20 aprile 1991. e per
le  denunzie  e  dichiarazioni  il  cui  presupposto d'imposta si sia
verificato  entro  il 31 marzo 1991 ... il contribuente puo' chiedere
...".  Come ben si vede, la norma ha posto limiti temporali tassativi
insuperabili,  oltre  i  quali  la  tassazione  degli atti registrati
successivamente   e'   del   tutto   estranea   all'intera  normativa
agevolativa,  quindi  estranea  allo scopo perseguito dal legislatore
consistente   nella   piu'   sollecita   definizione  delle  pendenze
tributarie esistenti ad una certa data.
    A   fronte   di  quest'univoca  finalita'  dell'intera  normativa
agevolativa,  appare contraddittorio e controproducente l'inserimento
di  una  disposizione  che, viceversa, abbia l'effetto di allungare i
tempi  del contenzioso relativamente alle situazioni ed alle pendenze
estranee  all'ambito di applicazione del condono tributario. La Corte
di  cassazione  ha giustificato la proroga indiscriminata dei termini
(anche  di  quelli  concernenti situazioni tributarie escluse ratione
temporis  dal condono) adducendo l'ulteriore ratio di consentire agli
uffici  tributari di far fronte al maggior carico di lavoro derivante
dalla verifica delle dichiarazioni integrative.
    Non  sembra,  tuttavia  a  questa  Commissione che, anche volendo
ammettere  questa  giustificazione  della  proroga indiscriminata, la
ratio sottesa della norma stessa possa dirsi rispettosa del principio
di  ragionevolezza,  sotto il profilo della coerenza dell'ordinamento
giuridico,  garantito  dall'art.  3  della  Costituzione.  Non appare
coerente,   infatti,  che  il  legislatore  ordinario  per  un  verso
introduca tutto un corposo nucleo di disposizioni intese ad agevolare
la definizione delle situazioni tributarie pendenti ad una tale data,
e  poi introduca al tempo stesso una disposizione che abbia l'effetto
contrario  di  allungare  i  tempi  di  definizione  delle situazioni
tributarie non condonabili.
    A  nessuno  sfugge,  infatti,  l'effetto  dilatorio  ad  ondata e
generalizzato  che  si  verifica in conseguenza della dilatazione dei
tempi   dell'accertamento   fiscale.   Tutte   le   pendenze  fiscali
concernenti   situazioni   successive   al  periodo  condonabile,  ma
rientranti  ratione temporis nel periodo della disposta proroga degli
accertamenti,  sono  destinate  ad aggiungersi a quelle ulteriormente
successive;  in  tal  modo, il perseguito alleggerimento degli uffici
tributari  si  rivela,  in  definitiva,  fittizio.  A  tutto  cio' va
considerato  l'ulteriore  effetto perverso che la proroga dei termini
di  accertamento  per  le  pendenze  tributarie  non  condonabili  e'
destinato a ripercuotere inevitabilmente anche sul contenzioso avanti
agli  organi  della  Giustizia  Tributaria,  con  la  conseguenza  il
beneficio  che  il  legislatore  ha  inteso  perseguire  con le norme
agevolative risulta in buona misura parte annullato.
    Infine,  il  principio  fondamentale di ragionevolezza, se per un
verso  postula  che situazioni uguali tra loro non siano discriminate
mediante   discipline  differenziate,  per  altro  verso  impone  che
situazioni  tra loro obiettivamente diverse non siano assoggettate ad
un'identica  disciplina.  Orbene,  nel  presente caso il principio di
ragionevolezza  viene  doppiamente  violato dalla proroga dei termini
d'accertamento anche per le situazioni non condonabili, perche' oltre
al  gia'  evidenziato profilo dell'identica regolamentazione prevista
con  riguardo  a  situazioni  tra loro profondamente differenti (come
sono,  infatti,  le  situazioni  non  condonabili  rispetto  a quelle
condonabili),   va  considerata  l'ingiustizia  intrinseca  derivante
dall'assoggettamento   alla  proroga  dei  termini  delle  situazioni
tributarie  non  condonabili  sorte  nell'arco di tempo dal 1 gennaio
1992   al  31  dicembre  1993,  rispetto  alle  identiche  situazioni
tributarie  anch'esse  non  condonabili ma successive a detto arco di
tempo.
    Pertanto,  la  Commissione, ritenuta non manifestamente infondata
la  questione  di legittimita' costituzionale; considerato, altresi',
che  il  giudizio  non  puo'  essere definito indipendentemente dalla
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale,
                              P. Q. M.
    Rimette  alla  Corte  costituzionale la questione di legittimita'
costituzionale  del  secondo comma, seconda parte, dell'art. 57 della
legge  30  dicembre  1991,  n. 413,  per violazione dell'art. 3 della
Costituzione,  nella  parte  in  cui  dispone  la proroga dei termini
dell'accertamento  anche  con  riguardo  alle  situazioni  tributarie
escluse ratione temporis dal condono fiscale.
    Sospende il presente giudizio.
    Dispone  che,  a cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle parti e al Presidente del Consiglio e sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Milano, addi' 25 gennaio 2001
                    Il Presidente relatore: Bozzi
01C0682