N. 590 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 2000- 20 giugno 2001
Ordinanza emessa il 30 maggio 2000 (pervenuta alla Corte costituzionale il 20 giugno 2001) dal tribunale di Siracusa nel procedimento penale a carico di Salafia Gaetano ed altro Processo penale - Dibattimento - Acquisizione delle prove - Esame di persona coimputata o imputata in unprocedimento connesso - Previsto esercizio della facolta' di non rispondere su fatti implicanti la responsabilita' di altri - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione dei principi dell'indefettibilita' della giurisdizione, del libero convincimento del giudice, del diritto di difesa, del contraddittorio nella formazione della prova edell'obbligatorieta' dell'azione penale. - Codice di procedura penale, artt. 513 e 210, comma 4. - Costituzione, artt. 3, 24, 25, 111 e 112.(GU n.33 del 29-8-2001 )
IL TRIBUNALE Accogliendo la sollecitazione del pubblico ministero, O s s e r v a In ordine alla rilevanza della questione per la definizione del processo basti osservare che dal decreto che dispone il giudizio e dalla richiesta di prova formulate dal pubblico ministero, si evince che la responsabilita' dell'imputato, Salafia Gaetano, non puo' essere valutata prescindendo dalle dichiarazioni accusatorie formulate in fase di indagine preliminare dal Pinto Sebastiano. Queste dichiarazioni non possono entrare nel dibattimento, posto che il Pinto Sebastiano si e' avvalso della facolta' di non rispondere. Non risultano, poi, elementi da cui desumere la sussistenza dei presupposti ex art. 111, sesto comma, Costituzione, per l'acquisizione dei verbali utilizzati per le contestazioni. Ossia per la formazione della prova in deroga al principio del confronto dialettico, consenso dell'imputato, impossibilita' di natura oggettiva, provata condotta illecita. Il Collegio ritiene che il principio di formazione della prova in contraddittorio di cui al quinto comma dell'art. 111 Costituzione comporta la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', non soltanto del meccanismo dettato dall'art. 513 Codice di procedura penale ma piu' in generale dell'intero sistema di assunzione della prova per cio' che concerne le dichiarazioni di persone esaminate, ai sensi dell'art. 210 codice di procedura penale sotto il profilo della previsione della facolta' di non rispondere in ordine a circostanze concernenti la responsabilita' di altri. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 361 del 1998, aveva individuato nel meccanismo delle contestazioni ai sensi dell'art. 500 codice procedura penale il sistema con il quale contemperare il principio del diritto di difesa (art. 24) con quelli di ragionevolezza (art. 3) di obbligatorieta' dell'azione penale (art. 112 Costituzione) e conseguentemente di conservazione della prova. Tale assetto di composizione dei diversi principi risulta ora superato dall'introduzione di specificazioni circa la garanzia di formazione in contraddittorio della prova fissata dal nuovo art. 111 con l'esplicita vanificazione, quanto all'efficacia probatoria, delle dichiarazioni gia' rese nelle indagini preliminari da chi si sottrae volontariamente al contraddittorio mediante l'esercizio della facolta' di non rispondere. Secondo il parere del tribunale le nuove regole fissate dall'art. 111 Costituzione impongono una revisione dei confini tra il diritto alla formazione in contraddittorio della prova ed il diritto al silenzio del dichiarante erga alios, nel senso che alla maggiore espansione ed alla piu' intensa tutela del primo corrisponde inevitabilmente la riduzione dell'area costituzionalmente protetta riguardante l'esercizio della facolta' di non rispondere. Alla luce della nuova composizione delle diverse garanzie fondamentali scaturita dalle innovazioni introdotte con la legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 si rivela contraria al precetto costituzionale del diritto al contraddittorio, come tale suscettibile di ristrettissime esclusioni espressamente individuate dall'art. 111 stesso, la previsione della facolta' di non rispondere prevista dall'art. 210 c.p.p. quanto alle dichiarazioni che un imputato renda su fatti concernenti la responsabilita' di altri. In altre parole confligge con siffatta ridisegnazione del principio del confronto dialettico in dibattimento la previsione della legge ordinaria circa la facolta' dell'imputato di non rispondere per quanto attiene alle dichiarazioni accusatorie nei confronti di altri soggetti. Ferma restando l'intangibilita' del diritto al silenzio dell'imputato fin dall'inizio delle indagini preliminari, va posto in evidenza che per effetto della nuova composizione creatasi tra le diverse garanzie costituzionali l'eventuale scelta di rendere dichiarazioni su fatto che implica la responsabilita' altrui ha ormai acquisito la connotazione dell'irrevocabilita', posto che le dichiarazioni stesse spiegano, nei confronti dell'accusato, effetti di rilevanza tanto grande nella fase predibattimentale da portare, in alcuni casi, persino alla limitazione della liberta' personale in ottemperanza al principio, anch'esso costituzionalmente protetto, di esercizio della giurisdizione penale. Una volta intrapresa la via della formulazione di dichiarazioni coinvolgenti la responsabilita' di altri, l'esercizio successivo del diritto al silenzio da parte della persona sottoposta ad esame, anche al sensi dell'art. 210 c.p.p., finisce per scontrarsi con il diritto dell'accusato al confronto dialettico nella formazione della prova, ormai assunto a regola costituzionale. La concorrenza tra le due predette contrapposte articolazioni del diritto di difesa puo' essere composta solo affermando l'intervenuta compressione, per effetto della introduzione delle nuove regole ex art. 111 Costituzione, dello spazio costituzionalmente garantito del diritto al silenzio che non puo' piu' includere la facolta' di non rispondere per il dichiarante erga alios. La contraria opinione implicherebbe l'irragionevole ed inaccettabile sacrificio dei principi del libero convincimento del giudice della irrinunciabile funzione conoscitiva del processo, dell'indefettibilita' della giurisdizione e della obbligatorieta' dell'azione penale. Da ultimo va notato che lo stesso tenore letterale delle nuove norme costituzionali (quarto comma dell'art. 111 Costituzione) nella parte in cui esse definiscono come sottrazione al contraddittorio la volonta' di non rispondere, sembrano connotare di disvalore la mancanza di coerenza nel proposito di rendere dichiarazioni accusatorie nei confronti di altre persone, implicitamente ponendo il precetto dell'obbligo giuridico di rispondere per chi, una volta operata la scelta di raccontare fatti che coinvolgono la responsabilita' di altri, rifiuti di sottoporsi al contraddittorio per motivi diversi da quelli enunciati dal sesto comma dell'art. 111 Costituzione e dunque persino per ragioni non meritevoli di essere tutelate dall'ordinamento.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 23 e seguenti legge 11 marzo 1953 n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513 Codice procedura penale e dell'art. 210, quarto comma, Codice di procedura penale limitatamente alla previsione circa la facolta' di non rispondere su fatti concernenti la responsabilita' di altri; Ritenuta la detta questione rilevante e non manifestamente infondata per violazione degli artt. 3, 25, 111 e 112 della Costituzione, Dispone la trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale; manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' per la comunicazione ai Presidenti delle Camere e del Parlamento della Repubblica. Sospende il dibattimento fino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Siracusa, addi' 30 maggio 2000 Firma illeggibile 01C0824