N. 597 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2001

Ordinanza  emessa  il  12  aprile  2001  dal  tribunale  di  Roma nel
procedimento  civile  vertente  tra Giardini Mario ed altri e Regione
Lazio

Imposte  e  tasse  -  Tasse  sulle concessioni regionali - Variazioni
  della  tariffa  da  parte  della  Regione Lazio Raddoppio, disposto
  dalle leggi regionali n. 9 e n. 10/1995, degli importi in vigore al
  31  dicembre  1994,  previsti  nella  tariffa  allegata  alla legge
  regionale  n. 30/1980  e  s.m.  - Superamento del limite di aumento
  annuale  (venti  per cento) consentito dalla legislazione statale -
  Esorbitanza dalla potesta' legislativa di attuazione spettante alle
  regioni in materia tributaria.
- Legge  Reg.  Lazio 20 marzo 1995, n. 9, art. 1; legge Reg. Lazio 20
  marzo 1995, n. 10, art. 1.
- Costituzione,  artt.  117 e 119; legge 14 giugno 1990, n. 158, art.
  4,  comma 5 (rectius: legge 16 maggio 1970,n. 281, art. 3, comma 5,
  come  sostituito  dall'art. 4, comma 1, della legge 14 giugno 1990,
  n. 158).
(GU n.33 del 29-8-2001 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di primo
grado  iscritta  al  n. 36180  del  ruolo  generale  per  gli  affari
contenziosi  dell'anno 1997 posta in deliberazione all'udienza dell'8
giugno 2000 e vertente tra:
        Giardini Mario (La Rustica), Cervi Lorenzo (Monteleone Sabino
Oliveto),   Pozzi   Piero   (Accumoli),  Pozzi  Piero  (Vallecupola),
Pasqualini   Nellusco   (Valle   Luterana),  Flati  Renato  (Vejano),
Corradini  Giorgio  (Orvinio),  Torlonia  Alessandro  -  Amm.  A.  A.
Musignano (Musignano), Cimini Antonio (Maentina), Odescalchi Ladislao
(La  Castagneta),  Iazzoni  Tullio  (Montelibretti),  Cartoni  Enrico
(Filissano),  Orsini  Rolando  (Bassano  Romano), Grispignini Filippi
Rosa   (Menicozzo),  Massimo  Lancellotti  Ascanio  (Poggio  Oriolo),
Giovanni  Tecchi  Cristofari  Celiani  (Carbonara),  Pascucci Antonio
(Grotta  Nuova),  Saperdi  Romano  (Castelluzzo), Savioli Franca ved.
Turriziani  (Nerola),  Sovrano  Militare  Ordine  Di  Malta  - legale
rappresentante  (Sugarella),  Il Gallo S.r.l. - legale rappresentante
(Gallo),    Guglielmi   Giacinto   (Sant'Agostino),   Gallo   Luciano
(Settevene),  Pieri Gio Piero (Canino), Brucchietti Franco (Farnese),
Toschi  Silvana  (Borbona),  Giuliani  Santino  (Gallicella), Camilli
Piero  (Mezzano),  Chiarini  Giuseppe Ferdinando (Fondaccio), Lovello
Giuseppina  (Pozzaglia  Sabino),  Fischietti Ignazio (Nepi), Pandolfi
Vincenzo  (Il  Centrone), Mascetti Sbardella Maria Teresa (Torrecchia
nuova),  Biuso  Giorgio (Medio Tevere), Fondi Aldo (Castel di Salce),
Bernabei Anton Giuseppe quale erede del padre Tito (Monti di Castro),
Ciaramella  Igino  (Rocchigiana), Mele Amedeo (Castel Bagnolo), Chiri
Leonardo  (Casal  di  Galeria),  Chiri  Leonardo  (La Vacchereggia di
Civitella), Patrizi Montoro Innocenzo (Caste Giuliano Sasso), Ianneli
Saverio  (Torricella Sabina), Di Muzio Giovanni (Casalone), Brandizzi
Carlo  (Lazzaria),  Jacoponi Guglielmo (San Francesco), Agnelli Maria
Sole  (Catel  Lombardo), Lazzari Valerio Maria (Vaccareggia), Rossini
Adolfo  (Filippo  Sbardella), Pietroni Maria Luisa ved. De Santis (La
Marcigliana),  Di Stefano Alfredo (Vicarello), Vella Riccardo (Greppo
Marino),   Pierdomenico   Ezio  Francesco  (Pantalla),  Profili  Aldo
(Borghetto),  Carloni  Tarcisio  (Barbarano  Romano),  Cimini Antonio
(Torrecchia   Vecchia),   Borgia   Enrico  (Scandriglia  Ponticelli),
Giardini  Mario  quale presidente E.P.S. Lazio il quale interviene ad
adiuvandum,
    tutti  elettivamente  domiciliati  in  Roma,  via Salaria n. 332,
presso l'avvocato Francesco D'Audino che li rappresenta e difende per
procura in calce alla citazione, attori; e
        Regione  Lazio  in  persona  del presidente pro tempore della
giunta  regionale domiciliato in Roma via dei Portoghesi n. 12 presso
l'Avvocatura  Generale  dello  Stato  che lo rappresenta e difende ex
lege, convenuto.
    Oggetto: ripetizione di somme.

               Il tribunale osserva in fatto e diritto

    Con  citazione  notificata  il  7  agosto 1997, gli attori, tutti
titolari  di aziende faunistico-venatorie site nel Lazio e soggette a
tassa  di  concessione  regionale, convenivano in giudizio la Regione
Lazio esponendo:
        di   aver  corrisposto  dal  1992  la  tassa  di  concessione
regionale  nella misura di L. 6.065 per ettaro fissata con la tariffa
approvata  con  decreto  legislativo  n. 230/1991  e  rettificata  in
aumento con il decreto legislativo n. 31/1992;
        di  aver  corrisposto  anche  una sovrattassa di 100 lire per
ogni  cento  lire  di  tassa  per ettaro in base ad una nota inserita
nella tabella approvata;
        che  nel  frattempo  entrava  in  vigore la nuova legge sulla
caccia  (n.157/1992)  la  quale  all'art. 16  disciplinava  le  nuove
aziende faunistico venatorie disponendo che erano soggette a tassa di
concessione  regionale,  ma con l'esclusione di altri oneri tributari
e, soprattutto, della famosa ed inesistente soprattassa;
        che  la  soprattassa  veniva  richiamata in vita dall'art. 41
n. 8 della legge regionale del Lazio n. 17/1995;
        che  le  leggi  regionali  nn. 9  e  10  del  23  marzo  1995
disponevano   l'aumento   del  100%  delle  tasse  sulle  concessioni
regionali e delle altre tasse e sovrattasse;
        che  il  20 dicembre 1995 veniva pubblicata l'ultima edizione
della  legge  regionale  del  Lazio n. 30/1980 con la quale l'importo
della  tassa  veniva  portato  a  L.  12.130  ribadendosi  nella nota
l'esistenza   di   una   soprattassa   di  pari  importo  da  versare
contestualmente;
        che  le note alle tariffe approvate con i decreti legislativi
nn. 230/1991 e 31/1992 non avevano le caratteristiche di disposizione
legislativa  essendo  in  contrasto  con  legge delega n. 158/1990 ed
erano  da  considerarsi "apocrifi" atti amministrativi disapplicabili
dal giudice ordinario ex artt. 4 e 5 legge 2248/1865 all.E;
        che,  nel  caso in cui fosse stata ravvisabile forza di legge
nella    nota    predetta,    sarebbe    stata    evidente   la   sua
incostituzionalita'  per  violazione  degli  artt. 3,  23,  53  della
Costituzione;
        che,  in  ogni  caso,  dal  1992  al  1995 gli attori avevano
corrisposto,  oltre  alla  tassa  pari  a  L. 6.065 per ettaro, anche
l'illegittima soprattassa di pari importo;
        che  viziata  da  illegittimita' costituzionale nei confronti
degli  artt. 117  e  118  della Costituzione era l'art. 41 n. 8 della
legge  regionale  del  Lazio  n. 17/1995  che  aveva legislativamente
stabilito per le a.f.v. l'obbligo del pagamento della sovrattassa;
        che alla stessa censura non sfuggivano le leggi regionali del
Lazio  nn. 9  e  10 del 1995 che, al di fuori di ogni potere, avevano
apportato un aumento del 100% degli importi in vigore;
        che  da  disapplicare  era  anche  la  riedizione della legge
n. 30/1980 e che, nel caso in cui fosse stato riconoscibile carattere
legislativo  alla  riedizione  predetta, la stessa non sarebbe potuta
sfuggire  alla  sanzione  d'incostituzionalita'  per violazione degli
artt. 117   e   118  in  relazione  agli  artt.  3,  23  e  53  della
Costituzione;
        che,  anche  dal  1995,  la  somma da corrispondere era di L.
6.065  e  le  somme pagate in eccesso per raddoppio dei tributi e per
sovrattassa  erano  da  restituire.  Cio' permesso gli attori, previa
disapplicazione  dei  provvedimenti indicati e, se necessario, previa
rimessione  alla Corte costituzionale delle questioni di legittimita'
costituzionale  sollevate,  chiedevano  fosse pronunciata la condanna
della  convenuta alla restituzione delle somme pagate in eccesso. Con
comparsa  depositata  il  26  marzo 1998 si costituiva in giudizio la
convenuta  affermando  l'infondatezza della domanda e delle sollevate
questioni di legittimita' costituzionale.
    Esaurita  la  trattazione la causa veniva trattenuta in decisione
sulle  precisate  conclusioni  all'udienza  dell'8  giugno  2000  con
termini  di  rito  per  il deposito delle comparse conclusionali e di
replica.
    Manifestamente  infondate  appaiono  le eccezioni di legittimita'
costituzionale  sollevate  dagli  attori  con  riferimento ai decreti
legislativi n. 230/1991 e 31/1192.
    Il  regime  fiscale della tassa di concessione regionale a carico
delle  aziende faunistico venatorie e' disciplinato dall'art. 4 della
citata   legge   n. 158/1990   che,  dopo  aver  previsto  la  delega
legislativa  al governo per l'approvazione della tariffa, prevede che
la  medesima  debba  essere  coordinata  con le vigenti tariffe delle
tasse  sulle concessioni governative e sulle concessioni comunali. La
vecchia  tariffa  delle  tasse  sulle  concessioni  governative,  che
ignorava  le  aziende  faunistico  venatorie,  istituite  dalle legge
968/1977,  prevedeva  a  carico delle riserve di caccia l'obbligo del
pagamento   di   una   soprattassa   identica   a  quella  della  cui
illegittimita'  si  dolgono  gli  attori.  Nell'ambito  della  delega
rilasciata dal parlamento il governo ha, correttamente coordinando la
nuova  tariffa  con  la  precedente,  previsto identica soprattassa a
carico  delle  aziende  faunistico  venatorie.  Il  riferimento  alla
vecchia  disciplina  riguardante le riserve di caccia appare conforme
alle  prescrizioni contenute nella delega. La Corte costituzionale ha
piu'  volte affermato che le aziende faunistico venatorie sono, sotto
il  profilo  fiscale, assimilabili pienamente alle vecchie riserve di
caccia  (sentenze  nn. 271/1986  e  295/1993).  Afferma  sul punto la
citata  sentenza  n. 271/1986: "Ricorrono, infatti, in ciascuna delle
due  figure - sia nella legislazione statale sia in quella regionale,
- taluni elementi qualificanti.
    Sussistono  nelle  aziende,  l'interesse  faunistico, soprattutto
autoctono,  e naturalistico (art. 36 comma 4, legge 968 del 1977), lo
svolgimento  dell'attivita' venatoria secondo piani di ripopolamento,
e  di  abbattimento  della  selvaggina.  Sussistono  nelle riserve il
requisito  del  ripopolamento  rimesso  ai concessionari alla stregua
delle  clausole  di  concessione,  e  l'utilizzazione  da  parte  del
concessionario   stesso   della   riserva,   che  puo'  essere  anche
consorziale. Aziende e riserve presentano elementi essenziali comuni,
anche   se   con   diversa   rilevanza   strutturale  e  funzionale".
"L'assimilazione  delle  aziende  alle riserve, quanto al trattamento
fiscale,  trova  inoltre riscontri specifici nell'art. 36 della legge
n. 968 cit., che conserva in via transitoria le riserve (primo comma)
e ne prevede la trasformazionein aziende faunistico venatorie in caso
di  rilevante  interesse naturalistico-faunistico. Si riconosce cosi'
testualmente  l'attitudine evolutiva dell'antica figura, nel concorso
dei  gia' rilevati elementi caratteristici della nuova". Il fatto poi
che  la  legge  assoggetti  le  aziende  faunistico venatorie a tasse
regionali  (artt. 24 legge 968/1977e 23 legge 157/1992) non impedisce
che  la  tassazione  si  possa  articolare  in  una  tassa  ed in una
sovrattassa,  salvi in ogni caso i principi costituzionali in materia
di imposizione fiscale. Appaiono percio' evidentemente rispettati dal
governo  i  limiti  fissati  in  materia  di delega legislativa dagli
artt. 76 e 77 della Costituzione.
    Manifestamente   infondate   appaiono   anche   le  eccezioni  di
legittimita'  costituzionale  mosse  dagli attori nei confronti della
tariffa  in  questione  per  violazione  degli artt. 3, 23 e 53 della
Costituzione.
    La  tassazione e' prevista e quantificata con atti aventi forza e
valore  di  legge  (legge  delega  e  decreto  di  approvazione della
tariffa) per cui e' pienamente rispettato il vincolo della riserva di
legge  in materia tributaria. L'articolazione della tassazione in una
tassa  ed in una sovrattassa non costituisce, in se' considerata, una
tassazione  discriminatoria  e lesiva dei principi d'uguaglianza e di
rispetto  della  capacita'  contributiva.  Anche  la fissazione della
tassa  e  della  soprattassa  in  un importo per ettaro di estensione
dell'azienda  appare rispettosa dei principi suddetti, in quanto deve
ritenersi  che  ad  una  maggiore  estensione del territorio compreso
nell'azienda  corrisponda  una  maggiore  capacita'  contributiva del
soggetto.  Non  vi  e'  poi  alcun  elemento  dal  quale desumere che
l'importo  annualmente  stabilito  dalla tariffa del 1992 di L. 6.065
per  ettaro,  praticamente raddoppiato per effetto della sovrattassa,
fosse  discriminatorio  e  che incidesse in tale misura sui bilanci e
sulla  attivita'  economica  delle  aziende  da arrivare a violare il
principio della capacita' contributiva.
    Manifestamente  infondata  e'  anche l'eccezione d'illegittimita'
costituzionale  mossa  nei  confronti  dell'art. 41  n. 8 della legge
regionale  del  Lazio  n. 17/1995  nella  parte in cui dispone che le
aziende   faunistico   venatorie  siano  soggette  a  sovrattassa  di
concessione.  Detta disposizione appare, invero, conforme ai principi
di cui all'art. 19 della Costituzione perche' si limita a ribadire in
via attuativa quanto stabilito dalla legislazione statale.
    Il richiamo agli artt. 117 e 118 della Costituzione appare invece
non  conferente  in  quanto  la  potesta'  normativa delle regioni in
materia  tributaria  e'  disciplinata  dal  citato art. 119. Le leggi
regionali  n. 9  e  10  del  1995  che  hanno raddoppiato gli importi
previsti  dalla  tariffa  sembrano,  al contrario, in contrasto con i
limiti   fissati   dal   comma  5  dell'art. 4  della  legge  statale
n. 158/1990.
    Prevede  detta  disposizione: "Con legge regionale possono essere
disposti,  entro il 31 ottobre di ciascun anno, aumenti della tariffa
anche  con riferimento solo ad alcune voci, con effetto dal 1 gennaio
dell'anno  successivo,  in  misura non superiore al 20% degli importi
determinati per il periodo precedente, ovvero in misura non eccedente
la  maggiore  percentuale  d'incremento  disposta  dallo stato per le
tasse  sulle  concessioni  governative".  Detta  disposizione  appare
limitare   la   potesta'   legislativa  regionale  nel  senso  che  i
provvedimenti  di  aumento  delle  tasse  sulle concessioni regionali
debbano essere emanati entro il 31 ottobre di ciascun anno e che, nel
quantificare  gli  aumenti,  i provvedimenti in questione debbano far
riferimento,  nel  caso  in cui si voglia superare il limite del 20%,
all'aumento  disposto  dallo stato per le concessioni governative con
riferimento  agli  importi  dovuti  per  le  medesime concessioni per
l'anno  precedente.  Decorso  il  termine del 31 ottobre di ogni anno
senza  che  sia  stato  disposto  aumento corrispondente agli aumenti
previsti per le concessioni statali, sembra che le regioni, consumato
il  loro  potere senza avvalersi della facolta' predetta, non possano
negli  anni  successivi disporre un aumento se non nei limiti del 20%
ordinariamente previsto.
    Deve  quindi  ritenersi che la Regione Lazio potesse disporre dal
1995  al  1996 aumenti superiori al 20% solo nel caso in cui lo Stato
avesse  aumentato  in  misura  superiore a detta percentuale le tasse
sulle concessioni governative con riferimento ai medesimi periodi.
    Nel  caso concreto il legislatore regionale ha omesso di disporre
per  il  1993,  entro il 31 ottobre 1992, aumenti corrispondenti agli
aumenti   disposti   per   le  tasse  sulle  concessioni  governative
dall'art. 10 della legge 11 luglio 1992 n. 333, in tal modo esaurendo
il proprio potere.
    L'aumento  del  100%,  in  misura eccedente il 20%, degli importi
delle  tasse  sulle  concessioni  regionali  disposto con gli artt. 1
delle  leggi  regionali  del  Lazio 20 marzo 1995 nn. 9 e 10 parrebbe
quindi in contrasto con l'art. 119 della Costituzione con riferimento
ai limiti imposti dall'art. 4 comma 5 della legge n. 158/1992.
    E'  principio  consolidato, infatti, che in materia tributaria le
regioni possano legiferare solo nei limiti previsti dalle leggi della
Repubblica con competenza meramente attuativa.
    La  questione,  oltre  che  non  manifestamente infondata, appare
rilevante   ai   fini  del  decidere.  Gli  attori,  sul  presupposto
dell'arbitrarieta'  dell'aumento  del  100%  di  tasse e sovrattasse,
chiedono  la  condanna  della  Regione  Lazio alla restituzione delle
somme indebitamente pagate dopo il 1995.
    La  dichiarazione  d'illegittimita' costituzionale delle norme in
questione  comporterebbe l'accoglimento delle domande di ripetizione,
che  appaiono  tempestivamente azionate entro il termine di decadenza
triennale,  delle  somme pagate oltre il limite di aumento consentito
dalla legge statale.
    Si   impone   quindi   la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale per la decisione sulle questioni predette.
                              P. Q. M.
    Visti  gli artt. 23 e 24 della legge costituzionale 11 marzo 1953
n. 1;
    Rigetta  per  manifesta infondatezza la questione di legittimita'
costituzionale  sollevata  dagli  attori  nei  confronti  del decreto
legislativo  22  giugno  1991  n. 230  e  del  decreto legislativo 23
gennaio  1992  n. 31  con  riferimento  agli  artt. 3, 23, e 53 della
Costituzione per manifesta infondatezza;
    Rigetta  per  manifesta infondatezza la questione di legittimita'
costituzionale  sollevata  dagli  attori  nei confronti dell'art. 41,
comma   8,  legge  regionale  del  Lazio  2  maggio  1995  n. 17  con
riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione;
    Accertata  la  non  manifesta  infondatezza  e la rilevanza della
questione  di  legittimita' costituzionale sollevata dagli attori nei
confronti  dell'art. 1  della legge regionale del Lazio 20 marzo 1995
n. 9  e  dell'art. 1  della  legge  regionale del Lazio 20 marzo 1995
n. 10  con  riferimento  agli  artt. 117 e 119 della Costituzione per
violazione  dei  limiti  derivanti dall'art. 4 comma 5 della legge 14
giugno  1990  n. 158  nella  parte  in  cui  le disposizioni di legge
predette  prevedono  l'aumento  degli  importi  delle  tasse  e delle
sovrattasse   sulle  concessioni  regionali  previsti  nella  tariffa
allegata  alla  legge  regionale  2  maggio  1980  n. 30 e successive
modificazioni   ed   integrazioni  previste  dalla  legge  statale  e
regionale  in  misura  superiore  al 20% dell'importo in vigore al 31
dicembre 1994, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e la sospensione del giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa  ed  al  Presidente  della  giunta
regionale del Lazio;
    Dispone   che   l'ordinanza  sia  comunicata  al  presidente  del
consiglio regionale del Lazio;
        Roma, addi' 12 aprile 2001
                       Il giudice: Bochicchio
01c0831