N. 600 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 2001

Ordinanza  emessa il 30 marzo 2001 dal tribunale di Ascoli Piceno sui
ricorsi riuniti proposti da Gambelli Piergiorgio ed altri

Reati  e  pene  -  Esercizio  abusivo  di  attivita'  di  giuoco o di
  scommessa  -  Configurabilita'  quale  reato  dello svolgimento, in
  assenza   di  concessione  o  autorizzazione,  delle  attivita'  di
  raccolta,  accettazione,  prenotazione  e trasmissione di scommesse
  effettuate   in   Italia  o  all'estero  -  Mancata  esclusione  di
  punibilita'  nell'ipotesi  in  cui  l'agente  abbia  la qualita' di
  impresa  estera  comunitaria  (abilitata dalle competenti autorita'
  del  Paese di appartenenza) Disparita' di trattamento rispetto agli
  operatori   nazionali   (muniti   delle  prescritte  concessioni  o
  autorizzazioni  abilitanti)  impegnati  in  identiche  attivita'  -
  Contrasto  con  il diritto comunitario in materia di stabilimento e
  di  libera  circolazione  dei  servizi - Ingiustificata lesione del
  principio di liberta' di iniziativa economica - Questione sollevata
  contestualmente  alla  proposizione dinanzi alla Corte di giustizia
  delle    Comunita'    europee   di   questione   pregiudiziale   di
  interpretazione.
- Legge 13 dicembre 1989, n. 401, art. 4, come modificato dalla legge
  23 dicembre 2000, n. 388, art. 37,comma 5.
- Costituzione, artt. 3, 10, comma secondo, 11 e 41.
(GU n.33 del 29-8-2001 )
                            IL TRIBUNALE

    Vista  l'istanza  di riesame presentata dall'avv. Daniela Agnello
del foro di Messina, difensore di fiducia Gambelli Piergiorgio + 137,
avverso   il   decreto   di  perquisizione  locale  e  personale  con
conseguente sequestro ex art. 252 c.p.p., emesso in data 1 marzo 2001
dal  sostituto  procuratore  della Repubblica di Fermo Dott. Raffaele
Iannella,  nonche'  al  decreto  di  sequestro preventivo ex art. 321
c.p.p.,  emesso  in data 1 marzo 2001, dal g.i.p. presso il tribunale
di  Fermo,  Dott.  Ugo  Rosati,  nell'ambito  del procedimento penale
351/01 r.g.n.r. e n. 1210/01 r.g.g.i.p. del tribunale di Fermo, per i
reati  di  cui  agli artt 81, 110, 640 2o comma c.p. e art. 4 comma 1
legge n. 401/1989;
    Rilevato  che  il  p.m.  e il g.i.p. presso il tribunale di Fermo
hanno  individuato  l'operativita'  di  un'organizzazione,  diffusa e
capillare,   di  Agenzie  italiane  collegate  via  internet  con  il
bookmaker  inglese  Stanley International Betting di Liverpool, con i
compiti  di  raccolta nel territorio dello Stato di scommesse ad esso
riservate  per legge con modalita' riassumibili nei seguenti termini:
comunicazione  da  parte  del  giocatore al responsabile dell'agenzia
delle  partite  sulle  quali  intende scommettere e indicazioni della
somma  giocata;  invio  da  parte  del predetto responsabile, tramite
sistema  informatico  internet,  della  richiesta  di accettazione al
bookmaker  inglese con indicazione degli incontri di calcio nazionali
e  delle  puntate  effettuate;  invio da parte del predetto bookmaker
tramite  il  medesimo  sistema  informatico  e  in  tempo reale della
conferma  dell'accettazione della scommessa; consegna al giocatore di
tale  conferma  e  pagamento  da  parte del cliente del corrispettivo
dovuto,  inoltrato poi al bookmaker inglese su apposito conto estero;
sul  presupposto  che  tali  condotte e tali modalita' di ricezione e
trasmissione  delle  scommesse  integrano  il reato di cui all'art. 4
legge   n. 401/1989,  violano  il  regime  di  monopolio  Coni  sulle
scommesse sportive con danno per lo Stato e ingiusti profitti;
    Vista  la  questione pregiudiziale comunitaria eccepita dall'avv.
Agnello,   difensore  degli  indagati,  ai  sensi  dell'art. 234  del
trattato  istitutivo  della  Comunita'  europea  (come modificato dal
trattato  di  Amsterdam)  ex art. 177 del trattato CEE, nell'assoluta
contrarieta'  al diritto comunitario di cui agli artt. 43 e segg., 49
e  50,  del  trattato  con  l'art.  4  legge n. 401/1989 e successive
modifiche,  (art. 37 legge finanziaria 2001), nonche' la questione di
legittimita'  costituzionale ai sensi dell'art. 23 legge n. 87/53 per
violazione degli artt. 3, 10, 11, e 41 Cost.;
    Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
    Udito  il  relatore  alla  camera di consiglio del 28 marzo 2001,
Presidente, dott. De Angelis;
    Udito l'avv. Agnello per gli indagati, si osserva quanto segue.
    Dagli atti emerge che la Stanley International Betting Limited e'
una  societa'  di  capitale  inglese,  registrata in Inghilterra, che
svolge  l'attivita' di bookmaker ed e' autorizzata ad esercitare tale
attivita'  con  licenza  ai  sensi  del  Betting  Gaming  e Lotteries
rilasciato  dalla City di Liverpool, con competenze del Regno Unito e
all'estero.  Il  bookmaker esercita le organizzazioni di scommesse in
virtu'  della  licenza  inglese e si avvale di forme pubblicitarie su
quotidiani e settimanali. La societa' inglese organizza e gestisce le
scommesse,  individua  gli  eventi  e  le  quote,  assume  il rischio
economico,   opera   anche   in  virtu'  di  raccolte  telefoniche  e
telematiche, paga le tasse inglesi e le relative vincite.
    Il  diritto  comunitario  riconosce  alla  Stanley  il diritto di
aprire centri o stabilimenti all'interno dei Paesi membri della CEE.
    I  centri  o  stabilimenti mettono a disposizione degli utenti il
percorso   telematico   in   favore   del  bookmaker,  raccolgono  le
prenotazioni e le trasmettono a Liverpool.
    L'art. 4  della  legge  n. 401/1989, punisce con la reclusione da
sei  mesi a tre anni, chiunque esercita abusivamente l'organizzazione
di   scommesse   che  la  legge  riserva  allo  Stato  o  altro  ente
concessionario  o su attivita' sportive gestite dal Comitato Olimpico
Nazionale Italiano (CONI) dalle organizzazioni da esso indipendenti o
dall'Unione italiano per l'incremento delle razze equine (UNIRE).
    Il  comma 4-bis della medesima disposizione normativa (introdotta
con  la legge 23 dicembre 2000 n. 388) ha esteso le medesime sanzioni
a  chiunque  svolga in Italia qualsiasi attivita' organizzata al fine
di  accettare  o  raccogliere o comunque favorire l'accettazione o in
qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di
scommesse  di  qualsiasi  genere  da  chiunque  accettate in Italia o
all'estero.
    La  Corte  di  Giustizia  Europea,  nella sentenza del 21 ottobre
1999,  causa  -  67/98, ha chiarito che "le disposizioni del trattato
relative  alla  libera  prestazione  di  servizi  non  ostano  ad una
normativa  nazionale  come  quella italiana che riserva a determinati
enti  il  diritto  di esercitare scommesse sugli eventi sportivi, ove
tale  normativa  sia  effettivamente  giustificata  da  obiettivi  di
politica  sociale  tendenti  a  limitare  gli  effetti nocivi di tale
attivita'   e   ove   le   restrizioni  ad  essa  imposte  non  siano
sproporzionate rispetto a tali obiettivi".
    Al punto 18 della predetta sentenza ha rilevato che le scommesse,
al  pari  dei giochi di puro azzardo, comportano gli stessi rischi di
criminalita'  e  di  frode  e  possono  avere  le  stesse conseguenze
individuali e sociali dannose.
    Al  punto  31,  conformemente al punto 58 di altra sentenza nella
causa  Schindler,  la  Corte  si  ricollega  anche  alla  tutela  dei
destinatari  del servizio e piu' in generale dei consumatori, nonche'
alla  tutela  dell'ordine  sociale  collegato alle esigenze operative
connesse all'interesse generale.
    La  Corte  evidenzia  che  le  disposizioni interne devono essere
valutate   alla  luce  degli  obiettivi  perseguiti  dalle  autorita'
nazionali  dello Stato membro interessato e del livello di tutela che
esse mirano a garantire. La Corte ha indicato che le limitazioni sono
ammissibili  solo  se si persegue un obiettivo di autentica riduzione
delle   opportunita'   di   gioco;   e  ancora  che  il  rilievo  del
finanziamento  di  attivita'  sociali  attraverso  un  prelievo sugli
introiti derivanti da giochi autorizzati, non puo' essere considerato
di  per  se' una giustificazione oggettiva di restrizioni alla libera
prestazione di servizi.
    La giurisprudenza di legittimita' ha ritenuto che la legislazione
italiana  attiene alla protezione di una pluralita' di interessi, non
solo  finanziari  dell'Italia, in quanto mira ad evitare che il gioco
di azzardo sia fonte di profitto individuale, di frode e di rilevanti
rischi  di  criminalita', di alterazioni di risultati di competizioni
sportive  e  di  conseguenze  individuali e sociali dannose derivanti
dall'incitazione  alla  spesa,  nonche',  in  via  accessoria, ma non
indifferente,  serve  per  finanziare attivita' di interesse generale
come lo sport e la cultura.
    Gli  indagati,  come  puo'  evincersi  dagli atti, non solo hanno
coadiuvato  il  bookmaker nell'attivita' di raccolta delle scommesse,
ma  hanno  anche  espletato  un'attivita'  economica e un servizio in
favore dell'impresa straniera.
    Anche  se  formalmente  il p.m. ha indicato, quale norma di legge
violata, solo il primo comma dell'art. 4 legge cit., nondimeno, nella
motivazione  del  decreto  di  sequestro  ex  art. 252 c.p.p. e nella
richiesta di sequestro preventivo rivolta al g.i.p., ha individuato e
descritto   la   condotta   degli   indagati   quale   "agevolatrice"
dell'attivita'   dei  bookmaker  stranieri,  con  conseguente  tacito
riferimento anche alle ipotesi criminose previste dai commi bis e ter
del citato art. 4, introdotte dalla legge n. 388/2000.
    Conseguentemente,  ritiene il collegio che la decisione in merito
al  riesame,  come  sopra  proposto,  non possa avvenire prescindendo
dall'eventuale   applicazione  del  disposto  dei  commi  bis  e  ter
dell'art. 4 legge citata (peraltro la Cass. ha ribadito costantemente
che   "il   tribunale   del   riesame   deve   stabilire   l'astratta
configurabilita'  del  reato ipotizzato. Tale astrattezza, pero', non
limita  i  poteri del giudice nel senso che questi deve prendere atto
della  tesi  accusatoria  ma  determina  soltanto l'impossibilita' di
esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza.
    Alla  giurisdizione  compete  il  potere - dovere di espletare il
controllo  di  legalita',  di integrare le motivazioni e di procedere
anche  ad  una  diversa qualificazione giuridica del fatto sottoposto
alla sua cognizione" (Cass. sez. un. 29 gennaio 1997 n. 23 e altre).
    In  virtu'  di  quanto  sopra, il tribunale osserva quanto segue:
l'istanza  di  riesame  che  perviene  a codesto tribunale, solleva -
insieme  a  profili  di  diritto interno - pregiudiziali questioni di
compatibilita'  di  norme nazionali con disposizioni sovraordinate di
diritto  comunitario, la cui risoluzione potrebbe definire la materia
del presente giudizio.
    Occorre   precisare   che   sulla  materia  si  sono  pronunziate
innumerevoli   autorita'   giurisdizionali  di  merito  italiane  con
contrastanti e contraddittorie soluzioni.
    E'  stata  prospettata  dalla  difesa degli indagati la possibile
contrarieta',  agli artt. 49 e segg. Tr. CE in materia di liberta' di
prestazione  dei  servizi  e  artt. 43  e  segg. Tr. CE in materia di
liberta' di stabilimento e altro, dell'art. 4, comma 1 e segg., della
legge  13 dicembre 1989, n. 401 che punisce con la reclusione da mesi
sei  ad  anni  tre  il  fatto  di chi comunque organizza scommesse su
attivita'  sportive  gestite dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano
(CONI);  nonche' dei recenti artt. 4-bis e 4-ter della medesima legge
n. 401/1989   (introdotti  dall'art. 37,  comma  5,  della  legge  23
dicembre  2000, n. 388) per i quali vengono specificamente penalmente
sanzionati   i  comportamenti  di  chiunque,  privo  di  concessione,
autorizzazione  o  licenza  ai  sensi  dell'art. 88  del TULPS (RD 18
giugno  1931,  n. 773) svolga in Italia attivita' organizzata al fine
di  accettare  o raccogliere, o comunque favorire l'accettazione o la
raccolta,  anche  per  via  telefonica  o telematica, di scommesse di
qualsiasi  genere  da chiunque accettate in Italia o all'estero, e di
chiunque  effettui  la  raccolta  o  la prenotazione (fra l'altro) di
scommesse   per  via  telefonica  o  telematica,  ove  sprovvisto  di
autorizzazione  all'uso  di  tali  mezzi  per  la predetta raccolta o
prenotazione.
    E'  nota  a  codesto  collegio  la  giurisprudenza della Corte di
Giustizia  delle  Comunita' Europee in materia di scommesse sollevate
in  sede  amministrativa  in  merito  alla  libera  circolazione  dei
servizi.
    Ritiene  il  collegio  che  le  questioni  che debbono essere qui
sollevate  non  siano  pienamente  riconducibili alle fattispecie che
erano  state ivi interpretate e regolate e che la materia, anche alla
luce  della  recente innovazione legislativa, sia meritevole di nuova
considerazione.
    Invero,  la  norma  dell'art. 4,  comma  1, legge n. 401/1989 non
esclude la punibilita' nell'ipotesi in cui l'agente abbia la qualita'
di  impresa  estera comunitaria (abilitata dalle competenti autorita'
del   Paese   di   appartenenza),   sicche'   potrebbe   configurarsi
un'inaccettabile  discriminazione  rispetto  agli operatori nazionali
(muniti  delle  prescritte  concessioni  o autorizzazioni abilitanti)
impegnati  in  identiche  attivita'  di  raccolta  ed accettazione di
proposte di scommesse sportive per conto del CONI.
    Cio',  potrebbe,  a  giudizio  del  tribunale,  contrastare con i
principi  di liberta' di stabilimento e di liberta' della prestazione
dei  servizi transfrontalieri, consacrati negli artt. 43 e segg. e 49
e segg. del Trattato CE.
    Il  problema della compatibilita' tra la normativa nazionale e il
disposto  del  trattato  CE  e'  gia' stato affrontato dalla Corte di
cassazione  nella  sentenza  1680/2000,  nei termini di cui sopra; in
particolare  per  quanto  attiene al potenziale pericolo per l'ordine
pubblico   che  deriverebbe  dal  libero  esercizio  delle  attivita'
connesse  con  le  scommesse,  si  osserva  che tali esigenze possono
essere  adeguatamente  salvaguardate  nell'ipotesi in cui l'operatore
sia  un'impresa  gia'  assoggettata al controllo circa le garanzie di
correttezza del suo operato, nel Paese di appartenenza.
    Non  puo'  inoltre  essere  ignorato  il  fatto  che in Italia si
assiste  ad  un progressivo ampliamento delle possibilita' di gioco e
di  scommessa:  cio' non consente di ritenere sussistente il rischio,
paventato  dalla  Corte  di  cassazione  nella  suddetta sentenza, di
ulteriore  incitazione  alla  spesa,  anche  per la niarginalita' del
fenomeno  delle  scommesse  con  operatori esteri rispetto al mercato
nazionale dei giochi.
    Perplessita'   ancora   maggiori   derivano   dall'analisi  della
problematica  degli  introiti erariali derivanti dai giochi nazionali
autorizzati.
    Infatti,  con l'aggiunta dei commi 4-bis e 4-ter al suddetto art.
4 si e' esteso il perimetro delle condotte penalmente rilevanti anche
a chi "favorisce l'accettazione o in qualsiasi modo la raccolta anche
per  via telefonica o telematica di scommesse di qualsiasi genere, da
chiunque accettati, in Italia o all'estero".
    Per effetto di tale innovazione legislativa, vengono punite anche
le   attivita'   di   raccolta   di   scommesse  su  eventi  sportivi
internazionali  o  eventi  mondani  o di altro genere, sulle quali lo
Stato non ha alcun interesse fiscale.
    Tali  considerazioni consentono di ritenere superato il principio
enunciato  dalla Corte di cassazione nella suddetta sentenza, perche'
il divieto di tali attivita' non appare giustificato dall'esigenza di
finanziamento delle attivita' di pertinenza del CONI.
    Dalla  lettura  dei  lavori  parlamentari  all'emendamento  della
finanziaria  2001  emerge  che  le ulteriori restrizioni sono dettate
prioritariamente  dall'esigenza  di  salvaguardare  la  categoria dei
"Totoricevitori"  sportivi, categoria imprenditoriale privata, mentre
non  e'  dato  ravvisare alcuna preoccupazione di ordine pubblico che
possa   giustificare   la   limitazione   dei  diritti  comunitari  o
costituzionali.
    La  liceita'  dell'attivita'  di raccolta e di trasmissione delle
scommesse  su  eventi  sportivi  esteri,  ricavabile  dall'originaria
formulazione  dell'art. 4,  ha determinato lo svilupparsi di una rete
di  operatori  che hanno investito capitali e mezzi nel settore e che
vedono  improvvisamente  pregiudicata la regolarita' e liceita' della
loro posizione.
    Al  riguardo, il tribunale osserva che appare palese il contrasto
tra l'art. 4 citato e la tutela dei principi comunitari di diritto di
stabilimento,   libera  circolazione  dei  servizi,  nonche'  tra  le
innovazioni   legislative   al   cit.   art. 4   e  l'art.  41  della
Costituzione,  in  tema  di iniziativa economica privata su attivita'
non  assoggettate  ad  introito fiscale da parte dello Stato italiano
(scommesse su eventi sportivi esteri o su eventi non sportivi).
    Inoltre,  si  ravvisa contrasto tra il predetto art. 4 e l'art. 3
della  Costituzione,  giacche' non appare giustificata la limitazione
al   libero   esercizio   del  diritto  di  impresa  con  riferimento
all'accettazione  o  attivita'  di  intermediazione  di  scommesse su
eventi  sportivi esteri o su eventi mondani, per i quali non sussiste
l'interesse alla salvaguardia degli introiti fiscali.
    Si  ravvisa  inoltre  contrasto tra il suddetto art. 4 il secondo
comma  dell'art. 10  della Costituzione, perche' il trattamento degli
operatori  stranieri  all'interno  dello  Stato  italiano  non appare
conforme alle norme ed ai trattati internazionali.
    Si  ravvisa  infine  contrasto tra il predetto art. 4 e l'art. 11
della  Costituzione  avendo l'Italia, aderendo al trattato istitutivo
della  CEE,  accettato  limitazioni  alla  sovranita'  nazionale  nel
settore  economico,  assicurando  condizioni di parita' con gli altri
stati.
    Il tribunale nutre perplessita' anche per due ulteriori ordini di
motivi.  Da  un lato, il tribunale ritiene di doversi interrogare sul
rispetto  del principio di proporzionalita', fra l'intensita' estrema
del  divieto (repressione penale) scelta dal legislatore nazionale, e
la  rilevanza dell'interesse interno protetto che va a sacrificare le
ricordate  liberta' attribuite ai singoli dal Trattato CE; dall'altro
lato,  il  tribunale  ritiene  di doversi interrogare sulla rilevanza
dell'apparente  discrasia  fra  una  normativa  interna  di  rigoroso
contenimento delle attivita' di accettazione delle scommesse sportive
da  parte  delle imprese comunitarie estere, ed una politica di segno
opposto  di forte espansione del gioco e delle scommesse che lo Stato
italiano  persegue  sul  piano  nazionale  con  finalita' di raccolta
erariale.
    Per  altro  verso,  pare al tribunale che l'effetto di tali norme
potrebbe  essere di impedire in diritto, ovvero di rendere sommamente
difficile  od  in  pratica impossibile in via di fatto, alle regolari
imprese  od  operatori  esteri  della Comunita' di svolgere in Italia
attivita'  di  impresa  nel  settore - sanzionando penalmente la loro
condotta  -  vuoi  direttamente alla stregua di libera prestazione di
servizi  transfrontalieri,  vuoi  mediante  lo  stabilimento  di  una
filiale o di una succursale nel nostro Paese.
    Per tutti i sopra esposti motivi, ritiene il tribunale che non si
possa  pervenire  ad  una decisione sulle proposte istanze di riesame
delle misure cautelari reali di cui sopra e che dunque debbano essere
accolte  la  questioni  pregiudiziali prospettate dal difensore degli
indagati,  avv.  Daniela Agnello e che stante la manifesta fondatezza
della   questione   di   legittimita'   costituzionale  della  citata
normativa,  visto l'art. 234 (gia' art. 177) del Trattato CE, nonche'
l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87 il tribunale di Ascoli Piceno:
        propone  alla  Corte  di Giustizia delle Comunita' Europee la
seguente questione pregiudiziale comunitaria:
          1)  giudizio  di  compatibilita',  con  conseguenti effetti
nell'ordinamento  giuridico  interno,  degli  artt. 43 e segg. e 49 e
segg.  del  Trattato  CE, in materia di liberta' di stabilimento e di
liberta' di prestazione dei servizi transfrontalieri con la normativa
nazionale,  quale  quella  italiana  di  cui  agli artt. 4, comma 1 e
segg.,  4-bis  e  4-ter  dellalegge  13 dicembre 1989 n. 401 (come da
ultimo  modificata  con  l'art. 37,  comma  5, legge 23 dicembre 2000
n. 388),  contenenti divieti - penalmente sanzionati - di svolgimento
delle  attivita',  da  chiunque  e  ovunque  effettuate, di raccolta,
accettazione,  prenotazione  e trasmissione di proposte di scommessa,
in  particolare,  su  eventi  sportivi,  in  assenza  di  presupposti
concessori e autorizzatori prescritti dal diritto interno;
        solleva,  nel contempo, davanti alla Corte costituzionale, la
seguente  questione di legittimita' costituzionale: se l'art. 4 legge
401/1989, cosi' come novellato dall'art. 37 comma 5 legge 23 dicembre
2000  sia  costituzionalmente  legittimo alla luce del disposto degli
artt. 3, 10 secondo comma, 11 e 41 della Costituzione.
                              P. Q. M.
    a)  Ordina  la  trasmissione  degli  atti alla Corte di Giustizia
delle  Comunita'  Europee,  sua  sede  in  Lussemburgo  ed alla Corte
costituzionale, mandando alla cancelleria per gli incombenti;
    b) Sospende il procedimento di riesame sopra indicato;
    c) Ordina che a cura della cancelleria sia notificata la presente
ordinanza  alla  parti ricorrenti, al p.m. in sede, al p.m. presso il
tribunale di Fermo, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche'
ne  sia  data comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica.
    Cosi' deciso nella Camera di Consiglio del 28 marzo 2001.
        Ascoli Piceno, addi' 30 marzo 2001
                 Il Presidente estensore: De Angelis
01C0834