N. 710 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 marzo 2001
Ordinanza emessa l'8 marzo 2001 dal tribunale amministrativo regionale della Liguria sul ricorso proposto da Roncarolo Valter contro Ministero della pubblica istruzione ed altro Impiego pubblico - Diritto degli impiegati civili dello Stato al trattamento economico nella misura stabilita dalla legge - Retribuibilita' delle mansioni superiori esercitate - Esclusione, secondo l'indirizzo interpretativo del Consiglio di Stato, non condiviso dal rimettente, ma costituente "diritto vivente" - Violazione del principio dell'equa retribuzione considerato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale di immediata efficacia precettiva - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 57/1989, 296/1990, 236/1992 e 101/1995. - D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 33. - Costituzione, art. 36.(GU n.38 del 3-10-2001 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 821/1998 proposto dal sig. Roncarolo Valter, rappresento e difeso dall'avv. Virginia Pennisi e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Genova, via XII Ottobre, n. 2/74; Contro Ministero della pubblica istruzione e il provveditorato agli studi di Genova, in persona del Ministro e del Provveditore in carica rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato domiciliataria in Genova, viale Brigate Partigiane, n. 2; Per l'accertamento del diritto alla corresponsione di differenze retributive tra il 6o e 7o livello e per l'annullamento dei provvedimenti di diniego del Provveditore agli studi di Genova e del Ministro della Pubblica istruzione. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato per Ministero della pubblica istruzione; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza dell'8 marzo 2001 il relatore pres. Balba e uditi, altresi', l'avv. Pennisi per il ricorrente e l'avv. dello Stato Rocchitta per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. Esposizione del fatto Con ricorso notificato il 18 maggio 1998 il sig. Valter Roncarolo, docente di ruolo di laboratorio di Elettronica (classe di concorso 27 C), chiedeva a questo tribunale che venisse accertato il diritto alla corresponsione a suo favore delle differenze retributive tra il livello di appartenenza, il 6o, e quello superiore, essendo stato adibito per gli anni scolastici 1996/1997 e 1997/1998 ad insegnare nella classe di concorso 47 A (Matematica) su incarico del Provveditore agli studi di Genova, in quanto in esubero nella propria classe di concorso. Deduceva in diritto i seguenti motivi: 1) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 36 Cost., degli artt. 2103 e 2126 cod. civ., dell'art. 13 legge n. 300/1970, dell'art. 2 d.lgs. n. 29/1993 e dell'art. 11 legge n. 59/1997. Le disposizioni rubricate disciplinano la materia della retribuibilita' delle mansioni superiori per il pubblico impiego ed hanno portato la giurisprudenza amministrativa a riconoscere la legittimita' della corresponsione delle maggiori differenze retributive. Ne' la previsione limitativa di cui all'art. 25 del d.lgs. n. 80/1998 puo' negare il diritto del ricorrente, trattandosi tra l'altro di disposizione valida solo per il futuro. 2) Violazione di legge ed eccesso di potere per motivazione insufficiente o incongrua. Le note dell'amministrazione con cui il diritto del ricorrente viene negato non sono assistite da adeguata motivazione, facendo esse mero riferimento all'assenza di disposizioni permissive in materia. 3) Eccesso di potere per disparita' di trattamento, ingiustizia grave e manifesta irragionevolezza. Il ricorrente, in possesso di diploma di laurea, e' un docente tecnico in soprannumero che e' stato designato a seguito di apposita procedura a svolgere le mansioni di docente laureato in sostituzione del titolare di cattedra ed in luogo di eventuale supplente non di ruolo. Percio' la mancata corresponsione delle differenze retributive appare gravemente ingiusta, anche perche' inferiore a quella che sarebbe spettata ad un supplente non di ruolo. Il ricorrente concludeva per l'accoglimento del ricorso con vittoria di spese. Si costituiva in giudizio il Ministero della pubblica istruzione, sostenendo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. Assegnato all'udienza pubblica odierna e ivi chiamato, il ricorso passava in decisione. Motivi della decisione Oggetto della controversia e' la retribuibilita' delle mansioni appartenenti alla qualifica immediatamente superiore, svolte dal ricorrente in ottemperanza a disposizione emessa da organo competente al fine di coprire una vacanza in pianta organica. I fatti dedotti in causa non sono contestati dall'amministrazione resistente; conseguentemente, visti i precedenti in materia di questa sezione, il ricorso dovrebbe essere accolto. Sennonche' la piu' recente giurisprudenza seguita alle pronunce dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato a partire dalla decisione n. 22 del 18 novembre 1999 ha ricondotto l'orientamento interpretativo su di una linea di rigetto della tesi della retribuibilita' delle mansioni superiori prestate dal pubblico dipendente sulla base normativa dell'art. 2126 cod. civ. e dell'applicazione diretta dell'art. 36 della Costituzione. In sintesi le conclusioni dell'Adunanza plenaria giungono all'esclusione della retribuibilita' anteriormente alla vigenza del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 in quanto in tale periodo non sarebbe rinvenibile nell'ordinamento la norma specifica utile a generare il diritto in parola in capo al pubblico dipendente, ad eccezione del comparto sanitario, dotato, come e' noto, della previsione di cui all'art. 29 del d.P.R. n. 761/1979. In particolare l'art. 57 d.lgs. n. 29/1993 non sarebbe mai stato operativo e dunque il principio vigente sarebbe stato quello di cui all'art. 33 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 che, sempre secondo l'Adunanza plenaria, ricollegherebbe i diritti retributivi del dipendente alla sua mera situazione di diritto. Descritto l'orientamento giurisprudenziale che appare in questo momento prevalente e seguendone le conclusioni, andrebbe ritenuta l'infondatezza delle tesi dell'odierno ricorrente e respinto il ricorso; ma il collegio ritiene invece di aderire alle prospettazioni dell'ordinanza n. 133 (in Gazzetta Ufficiale - 1a serie speciale - 28 febbraio 2001 n. 9) e seguenti con cui il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, ha investito la Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33 d.P.R. n. 3/1957 sopra richiamato in riferimento all'art. 36 Costituzione. Nella ricostruzione dei precedenti della Corte costituzionale (23 febbraio 1989, n. 57; 19 giugno 1990, n. 296; 25 luglio 1990, n. 396; 27 maggio 1992, n. 236; 31 marzo 1995, n. 101; ord. nn. 908/1988, 408/1990 e 337/1993) si puo' rilevare l'esistenza di una lettura di principi che porta alle tesi opposte a quanto sostenuto dal Consiglio di Stato. In primo luogo l'art. 36 Costituzione e' norma di applicazione diretta che impone di retribuire le effettive mansioni svolte dal dipendente nel rispetto della proporzionalita' tra retribuzione e lavoro prestato. La forza cogente dell'art. 36 e' assicurata dall'art. 2126 cod. civ., il quale prevede il diritto alla retribuzione proporzionata al lavoro prestato prescindendo dalla validita' dell'atto di assunzione, esclusi solo i casi di nullita' per illiceita' dell'oggetto e della causa (Corte cost. n. 101/1995). In secondo luogo la natura pubblica del datore di lavoro e i principi di imparzialita' e buon andamento degli uffici e della concorsualita' nell'assunzione dei pubblici impieghi sono comunque garantiti dall'esistenza del posto (vacante) in pianta organica e dalla temporaneita' delle mansioni superiori. Dunque l'art. 33 del d.P.R. n. 3/1957 si pone come un divieto irragionevole di retribuire le mansioni prestate secondo quanto determinato per legge in riferimento a quel determinato tipo di mansioni. La rilevanza della questione per la controversia in esame appare deI tutto evidente, condizionandone l'esito. Per le ragioni suesposte deve essere disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 per la parte in cui prevede il divieto di retribuire le mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico. Sospende il giudizio e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Genova nella camera di consiglio dell'8 marzo 2001. Il Presidente estensore: Balba 01c0931