N. 33 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 20 settembre 2001

Ricorso  per  conflitto  di attribuzione depositato in cancelleria il
20 settembre 2001 (del tribunale di Roma)

Parlamento  -  Immunita'  parlamentari - Procedimento penale a carico
  del senatore Marcello Pera, per le dichiarazioni a mezzo stampa, da
  questi  rese,  in danno del dott. Giancarlo Caselli - Deliberazione
  di   insindacabilita'   adottata  dal  Senato  della  Repubblica  -
  Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato sollevato dal
  giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Roma - Denunciata
  mancanza  di  nesso  funzionale  tra opinioni espresse ed attivita'
  parlamentare.
- Delibera della Camera dei deputati del 31 maggio 2000.
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.42 del 31-10-2001 )
                            IL TRIBUNALE

    Ricorso per conflitto di attribuzioni relativo al processo penale
n. 8321/2000  g.i.p.  a carico dell'on. Marcello Pera per il reato di
diffamazione  aggravata  a mezzo stampa, in danno del dott. Giancarlo
Caselli.
    Il  g.u.p. vista la richiesta del p.m. diretta ad ottenere che il
giudice  sollevi  conflitto  di attribuzione nei confronti del Senato
avanti alla Corte costituzionale relativamente alla deliberazione del
Senato  stesso,  emanata  nella  seduta assembleare in data 31 maggio
2000,  con la quale e' stata dichiarata la insindacabilita', ai sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse dal Senatore Marcello Pera nei confronti del dott. Giancarlo
Caselli,  gia'  Procuratore  della  Repubblica presso il tribunale di
Palermo,  che  formano  oggetto del processo penale n. 8321/2000 Reg.
Gen. g.i.p.
    Viste  le  conclusioni formulate dal difensore della parte civile
Giancarlo Caselli e dal difensore dell'imputato Marcello Pera;

                            O s s e r v a
    In  data  8 giugno  2000 il p.m. presentava presso la cancelleria
della  sez.  g.i.p.  del tribunale richiesta di rinvio a giudizio nei
confronti  dei  giornalisti Anselmi Guido e Cassini Luciano, il primo
quale  direttore  dell'Agenzia giornalistica Ansa ed il secondo quale
autore  dei  tre  dispacci  ANSA in data 16 giugno 1999, in ordine al
reato  di  cui  agli  artt. 110, 57, 595, commi 2, 3,, 595-bis c.p. e
art. 13  legge  n. 47/1948  per  avere  offeso,  in  concorso  con il
senatore  Marcello  Pera, la reputazione del dott. Giancarlo Caselli,
all'epoca  Procuratore  della Repubblica c/o il tribunale di Palermo,
dando diffusione alle dichiazioni rilasciate dal predetto senatore in
data  16 giugno 1999 di cui al capo d'imputazione. Il p.m. presentava
inoltre  la  richiesta  volta ad ottenere che il giudice dell'udienza
preliminare  proponga  ricorso  per conflitto di attribuzione dinanzi
alla  Corte costituzionale nei confronti del Senato in relazione alla
delibera  adottata  dall'Assemblea  in  data  31 maggio  2000, che ha
accolto  la  richiesta della Giunta per le immunita' parlamentari con
la   quale   e'   stata  dichiarata  la  insindacabilita',  ai  sensi
dell'art. 68, primo comma della Costituzione, delle opinioni espresse
dal senatore Marcello Pera, oggetto della imputazione.
    Veniva, quindi, instaurata udienza preliminare ed all'esito della
discussione  il  p.m., il difensore della parte civile ed i difensori
degli imputati concludevano come da verbale in atti.
    Questo  giudice disponeva la separazione degli atti relativi agli
imputati  Anselmi  e  Cassini e la formazione di fascicolo autonomo e
pronunciava nei confronti dei predetti imputati sentenza di non luogo
a   procedere,   ex   art. 425   c.p.p.,   ricorrendo   la  causa  di
giustificazione dell'esercizio legittimo del diritto di cronaca.
    Cio'  premesso,  va rilevato, quanto alla posizione dell'imputato
Marcello  Pera, che alla deliberazione del Senato, sopraindicata, con
la quale si riconosce nel caso di specie l'operativita' dell'art. 68,
primo  comma  della Costituzione, consegue l'effetto inibitorio della
prosecuzione   del  presente  giudizio  nei  confronti  del  senatore
Marcello  Pera. Tuttavia al giudice spetta di promuovere un controllo
circa  la  correttezza  dell'esercizio del potere conferito al Senato
dall'art. 68,  primo  comma, della Costituzione mediante lo strumento
del  ricorso  per  conflitto  di  attribuzione, ai sensi dell'art. 37
della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Questo  giudice  ritiene che ricorrono nella specie i presupposti
per propone ricorso alla Corte costituzionale, ex art. 37 della legge
n. 87/1953, per menomazione della funzione giurisdizionale.
    In proposito va subito rilevato che la Corte costituzionale ha in
piu'  occasioni  affermato  che  nell'ambito  del giudizio in tema di
conflitto  tra poteri vertenti su una delibera parlamentare affermava
dell'insindacabilita',  ai  sensi  dell'art. 68,  primo  comma  della
Costituzione,  delle opinioni espresse da un parlamentare, il giudice
costituzionale  deve  verificare  non  solo  la regolarita' dell'iter
procedurale seguito dalla camera di appartenenza del parlamentare per
addivenire  alla  declaratoria di insindacabilita', ex art. 68, primo
comma  della  Costituzione, delle opinioni espresse dal parlamentare,
ma anche la sussistenza dei presupposti richiesti dal citato art. 68,
primo  comma,  e  cioe'  la  riferibilita'  dell'atto  alle  funzioni
parlamentari. Tale riferibilita' sussiste soltanto quando l'attivita'
politica  del  parlamentare  e'  legata  da  nesso  funzionale con le
attivita'  svolte nella qualita' di membro delle Camere. In sostanza,
seguendo  l'insegnamento  della  Corte costituzionale, puo' ritenersi
incontestabile  che  costituiscono  opinioni  espresse nell'esercizio
della funzione parlamentare soltanto quelle manifestate nel corso dei
lavori  delle  Camere  e  dei vari organi ovvero manifestate in atti,
anche   individuali,  costituendo  l'estrinsecazione  delle  facolta'
proprie   del   parlamentare   quale  membro  dell'Assemblea.  Invece
l'attivita'  politica  svolta  dal  parlamentare al di fuori di detto
ambito  non  puo' considerarsi di per se' esplicazione della funzione
parlamentare nel senso cui si riferisce l'art. 68, primo comma, della
Costituzione.
    Pertanto,  le  opinioni  espresse  dai  parlamentari  al di fuori
dell'ambito  delle  attivita' proprie delle assemblee dei vari organi
non  possono  considerarsi coperte dalla immunita' sostanziale di cui
all'art. 68,  primo  comma,  della  Costituzione.  La Costituzione ha
fissato  una  delimitazione funzionale dell'ambito di detta immunita'
sostanziale.  Senza  questa delimitazione, come ha osservato la Corte
costituzionale  nella  sentenza  24  marzo 2000, l'applicazione della
prerogativa si trasformerebbe in un privilegio personale.
    E  tale delimitazione preclude di accettare una definizione della
"funzione" del parlamentare cosi' generica ed ampia da ricomprendervi
l'attivita' politica che egli svolge in qualsiasi occasione o sede. A
questa  stregua,  il  nesso  funzionale tra le dichiarazioni rese dal
parlamentare  e  l'attivita'  parlamentare,  che consente di ritenere
applicabile  l'immunita'  di  cui al piu' volte citato art. 68, primo
comma,  della  Costituzione,  non  puo'  essere  inteso come semplice
collegamento  di argomento o di contenuto tra le dichiarazioni stesse
ed   attivita'   parlamentare,   ma   come  "identificabilita'  delle
dichiarazioni quali espressione di attivita' parlamentare".
    Va,  poi,  precisato  che  l'immunita'  "e' limitata al contenuto
storico   delle   opinioni   espresse   nell'esercizio  di  attivita'
parlamentare"  pertanto  nel  caso  di riproduzione all'esterno della
sede   parlamentare   e'  necessario,  per  ritenere  la  sussistenza
dell'immunita',   che   si  riscontri  la  identita'  sostanziale  di
contenuto  fra  l'opinione  espressa  in  sede  parlamentare e quella
manifestata  all'esterno  (sentenze  n. 10 e 82 anno 2000 della Corte
costituzionale).
    La  Corte costituzionale, come ognun vede, si e' attestata su una
interpretazione  restrittiva  della  immunita'  sostanziale  prevista
dalla  norma  di  cui  all'art. 68,  primo  comma, della Costituzione
perche'  trattasi  di una immunita' che la Costituzione ha voluto, in
deroga  al  principio  di  legalita'  e di tutela giurisdizionale dei
diritti,   riservare  alle  opinioni  espresse  nell'esercizio  delle
funzioni  parlamentari.  Orbene,  nel  caso  di  specie,  se  non  e'
riscontrabile  alcuna  irregolarita' nell'iter procedimentale seguito
dal  Senato  per  addivenire  alla  deliberazione che ha affermato la
insindacabilita'  delle opinioni espresse dal senatore Marcello Pera,
non   e'   dato  invece  ravvisare  alcun  nesso  funzionale  tra  le
espressioni  contestate  al  senatore Marcello Pera come diffamatorie
nei  confronti  del  dott. Giancarlo  Caselli,  all'epoca  dei  fatti
Procuratore  della  Repubblica  presso  il  tribunale  di  Palermo, e
l'attivita' parlamentare del senatore Marcello Pera stesso.
    Non  e'  infatti riscontrabile alcuna connessione con atti tipici
della funzione parlamentare.
    In   proposito,  va  rilevato  che  le  dichiarazioni  rilasciate
all'ANSA  dal  sen. Pera  sono  state fatte in relazione alla querela
sporta  precedentemente  dal dott. Giancarlo Caselli e dai magistrati
Vittorio   Teresi   e   Antonio   Ingoia,  rispettivamente  all'epoca
Procuratore  della  Repubblica  e  sostituti  Procuratori  presso  il
tribunale  di  Palermo,  per  l'articolo  a  firma  del senatore Pera
pubblicato  sul  quotidiano  "Il  Messaggero"  del  14  gennaio  1999
intitolato  "I  p.m.?  Mostri  a  tre  teste"  (in  detto articolo il
senatore  Pera  svolgeva una serie di considerazioni sulla figura del
p.m. italiano, sull'anomalia di detta figura).
    Da  tali  anomalie  discendeva, secondo il Pera, come conseguenza
che  alcuni  esponenti  delle  forze  dell'ordine  se talvolta non si
comportavano  secondo  le  volonta'  del  p.m.,  questi  li  faceva o
rimuovere o processare.
    Elencava poi alcuni casi fra cui quello Contrada e Marini:
    Le  dichiarazioni  diffamatorie  contestate  al Pera, oggetto del
presente    processo,    riguardano   la   querela   presentata   dal
dott. Giancarlo  Caselli  per l'articolo sopraindicato pubblicato sul
quotidiano  "Il  Messaggero",  querela  che  il  Pera  definisce "una
iniziativa   intimidatoria   stabilita   a   freddo   e  per  ragioni
strettamente  politiche;  il Caselli si muove cosi' perche' e' sicuro
di avere l'appoggio incondizionato del Governo. Caselli ha dimostrato
di essere completamente privo di carattere intellettuale".
    Trattasi  di  dichiarazioni,  rilasciate  all'ANSA, quindi, al di
fuori   dell'attivita'   parlamentare,  che  presentano  soltanto  un
generico collegamento con l'attivita' parlamentare avente per oggetto
il  tema  della  distinzione  della carriera tra i p.m. ed i giudici,
tema  ampiamente  dibattuto  dal  Pera nel Senato e nella Commissione
Giustizia.
    Ma  non  vi  e'  una  identita' di contenuto fra le dichiarazioni
espresse in sede parlamentare dal Pera e quelle rilasciate all'ANSA.
    Va  rilevato  che  l'atteggiamento  assunto  dal dott. Caselli di
querelare  il  senatore Pera in relazione all'articolo pubblicato sul
quotidiano  "Il  Messaggero"  non  ha formato oggetto di dibattito in
sede parlamentare e le dichiarazioni rese dal Pera all'ANSA in merito
alla  querela proposta dal Caselli rappresentano la manifestazione di
un'opinione  personale  nell'esercizio della liberta' di espressione,
comune  a  tutti  i  cittadini  e  ad esse non puo' estendersi, senza
maturarla, l'immunita' sostanziale, riservata, come si e' gia' detto,
alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari.
    In   conclusione,   e'   lecito  affermare  che  la  delibera  di
insindacabilita'  adottata  dal  Senato,  nella  seduta del 31 maggio
2000,   si  appalesa  lesiva  delle  attribuzioni  di  questo  organo
giudicante in quanto il potere attribuito al parlamento dall'art. 68,
primo  comma  della Costituzione e' stato esercitato in modo erroneo.
Pertanto  va  proposto ricorso per conflitto di attribuzioni ai sensi
dell'art. 37  della legge n. 87/1953, perche' nella specie si pone la
questione   attinente   la   correttezza  dell'esercizio  del  potere
conferito  al Senato dall'art. 68, primo comma della Costituzione con
riferimento   alla  menomazione  delle  attribuzioni  giurisdizionali
garantite  costituzionalmente,  ai  sensi  degli artt. 102 e seguenti
della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 37  della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 26 delle
norme integrative;
    Propone  ricorso  per conflitto di attribuzioni nei confronti del
Senato, richiedendo che la Corte costituzionale:
        1)   dichiari,  previa  declaratoria  di  ammissibilita'  del
presente   ricorso,   che   non   spetta   al   Senato  affermare  le
insindacabilita',   ai   sensi   dell'art. 68,   primo   comma  della
Costituzione,  delle  opinioni  espresse  dal senatore Marcello Pera,
secondo quanto deliberato dallo stesso Senato in data 31 maggio 2000;
        2)  annulli  conseguentemente la predetta delibera del Senato
emanata in data 31 maggio 2000.
    Dispone  la  sospensione  del presente processo nei confronti del
senatore  Marcello  Pera  nonche'  il  deposito presso la cancelleria
della Corte costituzionale degli atti necessari per la decisione.
        Roma, addi' 11 gennaio 2001
                       Il giudice: Trivellini
01C1007