N. 390 ORDINANZA 22 novembre - 6 dicembre 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte  e tasse - Tasse sulle concessioni governative - Tassa per il
  rinnovo  dell'iscrizione nel registro delle imprese - Rimborso, per
  indebito  versamento  - Interessi - Misura - Riferibilita' al tasso
  legale vigente alla data di entrata in vigore della legge censurata
  -  Ritenuto  contrasto con i principi di eguaglianza e di capacita'
  contributiva  -  Erroneita'  del presupposto interpretativo assunto
  dal  rimettente - Implausibilita' della motivazione sulla rilevanza
  della questione - Manifesta inammissibilita'.
- Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 11, comma 3.
- Costituzione, artt. 3 e 53.
(GU n.48 del 12-12-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 3,
della  legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per
la  stabilizzazione  e lo sviluppo), promosso con ordinanza emessa il
21 giugno  2000  dalla  Corte  d'appello  di Palermo nel procedimento
civile  vertente  tra  il  Ministero  delle  finanze e la Ponte Tresa
Costruzioni  S.r.l., iscritta al n. 755 del registro ordinanze 2000 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 26 settembre 2001 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto   che,  con  ordinanza  del  21 giugno  2000,  la  Corte
d'appello  di Palermo ha sollevato - in riferimento agli articoli 3 e
53  della  Costituzione - la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 11,  comma  3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure
di  finanza  pubblica  per  la  stabilizzazione e lo sviluppo), nella
parte  in  cui ha previsto che sulle somme da rimborsare per indebito
versamento  della  tassa  di  iscrizione e di rinnovo dell'iscrizione
delle  societa'  nel  registro  delle  imprese,  risultante a seguito
dell'applicazione  dei  commi  1 e 2 della stessa norma, "sono dovuti
gli  interessi  nella  misura  del  tasso legale vigente alla data di
entrata  in  vigore"  di  detta  legge  "a  decorrere  dalla  data di
presentazione dell'istanza";
        che  la  questione  e' stata sollevata nel corso del giudizio
d'appello  contro  la sentenza con la quale il tribunale di Palermo -
in      parziale      accoglimento      dell'opposizione     proposta
dall'amministrazione finanziaria al decreto con cui il Presidente del
Tribunale  le  aveva  ingiunto  di  pagare  alla  S.r.l. Ponte Teresa
Costruzioni  una  somma  a titolo di rimborso di quanto indebitamente
versato,  per tasse di concessione governativa per il rinnovo annuale
dell'iscrizione  nel  registro  delle  imprese negli anni dal 1988 al
1991   -   aveva  condannato  l'amministrazione  al  pagamento  della
differenza fra le somme pagate e quelle dovute e, ai fini del calcolo
degli  interessi  legali,  aveva  ritenuto non applicabile l'art. 11,
comma  3,  della  legge  n. 448 del 1998, sopravvenuta nelle more del
giudizio,   ritenendo   tale  norma  contrastante  con  il  principio
comunitario   di   equivalenza,   che  preclude  la  possibilita'  di
differenziare  i  tassi  di interesse sui rimborsi dovuti dagli Stati
membri   per   imposte   indebitamente   pagate,   secondo  l'origine
comunitaria o meno della norma fondante il diritto al rimborso;
        che  - come ricorda il giudice rimettente - l'amministrazione
ha  proposto  appello  in ordine al capo della sentenza relativo agli
interessi,  sostenendo che l'art. 11, comma 3, della legge n. 448 del
1998  non  viola il principio di equivalenza, e la societa' appellata
ha chiesto il rigetto dell'appello, rilevando fra l'altro che, ove la
norma  si dovesse ritenere applicabile in quanto non in contrasto con
le direttive comunitarie, essa sarebbe costituzionalmente illegittima
per contrasto con l'art. 3 Cost;
        che,  secondo  la  Corte  rimettente,  il  Tribunale  avrebbe
erroneamente  ritenuto  di poter disapplicare l'art. 11, comma 3, per
contrasto  con  il  diritto comunitario, essendo tale conclusione non
praticabile,  in quanto la Corte di cassazione, con sentenza 1 giugno
1999,   n. 5313,   avrebbe  "espressamente  affermato,  evidentemente
escludendo   la  possibilita'  di  disapplicazione  della  norma  per
contrasto con la normativa comunitaria" che gli interessi applicabili
al  credito  di  rimborso  della  tassa sulle concessioni governative
sarebbero  proprio quelli previsti dal sopravvenuto art. 11, comma 3,
con   conseguente   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata dalla parte appellata;
        che, circa la non manifesta infondatezza, la Corte rimettente
ritiene  che la norma impugnata, applicandosi solo ai rimborsi di cui
trattasi   e   con   effetto   retroattivo,   porge   una  disciplina
differenziata  e  punitiva  rispetto  a  quella generale dei rimborsi
delle altre tasse ed imposte indirette sugli affari ed anche a quella
generale del codice civile;
        che  tale  trattamento  differenziato  - pur prefiggendosi lo
scopo  del contenimento della finanza pubblica - lede il principio di
eguaglianza,   finendo   per   imporre   ad  una  sola  categoria  di
contribuenti,   aventi  diritto  al  rimborso  di  tasse  ed  imposte
indirette sugli affari indebitamente pagate, "il costo di un'esigenza
generale  senza  una qualche ragionevole giustificazione della scelta
operata nell'ambito di quel settore";
        che  sembra  anche  violato  l'art. 53, avendo il legislatore
indirettamente  realizzato  una  forma  di imposizione patrimoniale a
carico  della categoria interessata, chiamata a concorrere alla spesa
pubblica, laddove, secondo la norma costituzionale, tutti sono tenuti
a  concorrere  a  tale  spesa solo in ragione della propria capacita'
contributiva;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
tramite     l'Avvocatura    generale    dello    Stato,    sostenendo
l'inammissibilita' e l'infondatezza della questione.
    Considerato che la Corte rimettente, nel formulare il giudizio di
rilevanza della sollevata questione, ha espressamente ritenuto di non
poter  procedere  alla  disapplicazione  della  norma  impugnata  per
contrasto  con  il  diritto  comunitario,  come invece aveva fatto il
giudice  di  primo  grado,  in  quanto  una  sentenza  della Corte di
cassazione   avrebbe   espressamente   escluso   tale   possibilita',
procedendo invece all'applicazione della norma;
        che,  invece,  dalla  sentenza  citata  -  e da altre ad essa
conformi,  non  menzionate  dall'ordinanza di rimessione - non emerge
alcuna  affermazione  circa  l'insussistenza  delle condizioni per la
non-applicazione  dell'art. 11, comma 3, della legge n. 448 del 1998,
essendosi  la  Corte  di  cassazione  sempre limitata a prendere atto
della  sua  sopravvenienza  ed  a  farne  applicazione,  quale  norma
regolatrice  della  misura  degli  interessi  sulle somme oggetto del
rimborso,  senza  prendere  in  alcun  modo  posizione sul problema -
evidentemente  ad  essa  non  sottoposto - della compatibilita' della
norma con il diritto comunitario;
        che  a  tale conclusione il giudice rimettente avrebbe potuto
pervenire  anche  sulla base del rilievo che la Corte di cassazione -
ove  avesse  davvero  inteso affrontare siffatto tema - sarebbe stata
tenuta,  quale  giudice  di ultima istanza, a sottoporre la questione
interpretativa alla Corte di giustizia europea;
    che, dunque, l'ordinanza di rimessione fonda la valutazione circa
l'indispensabilita'  della risoluzione della prospettata questione ai
fini  della decisione del giudizio a quo sull'erroneo presupposto che
la  Corte  di  cassazione  abbia  escluso  il  contrasto  della norma
denunciata  con  il  diritto  comunitario  ed  abbia conseguentemente
precluso  la  possibilita'  di  procedere  alla disapplicazione della
norma  impugnata,  al fine di ricondurre il rapporto in contestazione
ad una disciplina conforme a Costituzione;
        che  l'implausibilita'  della motivazione sulla rilevanza che
cosi'  si  e'  evidenziata  comporta  che  la  questione debba essere
dichiarata manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
avanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 11,  comma  3,  della  legge
23 dicembre   1998,   n. 448  (Misure  di  finanza  pubblica  per  la
stabilizzazione  e lo sviluppo), sollevata, in relazione agli artt. 3
e  53  della  Costituzione,  dalla  Corte  d'appello  di  Palermo con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2001.
                     Il Presidente: Santosuosso
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 6 dicembre 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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