N. 952 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 settembre 2001

Ordinanza  emessa  il  26 settembre 2001 dal tribunale amministrativo
regionale  dell'Umbria sul ricorso proposto da Moschini Tullo Ostilio
contro Universita' degli studi di Perugia ed altro

Universita'  -  Accesso  ai  corsi  di formazione specialistica nelle
  discipline  medico-chirurgiche  -  Divieto  ai  possessori di altro
  titolo  di  specializzazione  ovvero  del  diploma di formazione in
  medicina  generale  - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto allo
  studio  e  al  lavoro  nonche' sul principio di tutela del lavoro -
  Eccesso di delega.
- D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, artt. 3 e 4, comma 4.
- Costituzione, artt. 3, 34, 35 e 76.
(GU n.49 del 19-12-2001 )
          IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELL'UMBRIA

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 125/2001
proposto  da  Tullo Ostilio Moschini rappresentato e difeso dall'avv.
Marzio Vaccari con domicilio eletto in Perugia, via Baglioni n. 10;
Contro  l'Universita'  degli  studi di Perugia in persona del rettore
pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura Distrettuale
dello Stato domiciliata per legge in Perugia, via degli Offici n. 14;
    Il  Ministero  dell'Universita'  e  della  Ricerca  Scientifica e
Tecnologica in persona del Ministro pro tempore, non costituito;
    per  l'annullamento  del  provvedimento prot. n. 2464, 6 febbraio
2001,  con  cui  l'Universita'  degli  studi di Perugia ha escluso il
ricorrente   dal   concorso,   per   l'ammissione   alla   scuola  di
specializzazione in radiodiagnostica, nonche', per quanto di ragione,
del  bando  di  concorso  12  dicembre  2000  e/o  di  tutti gli atti
connessi, collegati e/o conseguenti per la disapplicazione del d.lgs.
368/1999  in  quanto  norma  di  recepimento della Dir. Com. 93/16/CE
relativamente  alla disciplina della specializzazione dei laureati in
medicina e chirurgia.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto   l'atto   di  costituzione  in  giudizio  dell'Universita'
intimata;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Data per letta alla pubblica udienza del giorno 26 settembre 2001
la  relazione del dott. Carlo Luigi Cardoni e uditi i difensori delle
parti come da verbale;
    Atteso  che con sentenza parzialmente decisoria, deliberata nella
stessa  camera  di consiglio, il Collegio si e' pronunciato su alcuni
punti  della  controversia  e  si  e'  riservato  di  disporre per il
prosieguo del giudizio con separata ordinanza;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

                           Fatto e diritto

    1. -   Il ricorrente, medico specialista in medicina nucleare, ha
chiesto  di  essere  ammesso  al  concorso per la specializzazione in
radiodiagnostica  indetto dall'Universita' degli studi di Perugia con
bando del 12 dicembre 2000.
    L'istanza e' stata rigettata in esecuzione di quanto previsto dal
bando di concorso, in attuazione dell'art. 34, comma 4, del d.lgs. 17
agosto  1999  n. 368,  a  norma  del quale non e' ammesso ai corsi di
formazione  specialistica  chi  e'  gia' in possesso di un diploma di
specializzazione.
    2. - L'interessato  impugna il bando, limitatamente alla clausola
lesiva, nonche' il conseguente provvedimento di esclusione, chiedendo
altresi'  la  disapplicazione  del  d.lgs. n. 368/1999 per violazione
della normativa comunitaria.
    Nel ricorso si formulano le censure di seguito riassunte.
    2.1. - Violazione di legge (d.lgs. 8 agosto 1991 n. 257, legge 29
dicembre  1990 n. 428, d.P.R. 10 marzo 1982 n. 182, art. 36, comma 2,
d.lgs.  n. 368/1999):  l'articolo  34,  quarto comma d.lgs. 17 agosto
1999  n. 368,  sul  quale  si fondano gli atti impugnati, non avrebbe
potuto  trovare  applicazione  non  essendo  stato emanato il decreto
ministeriale  di  attuazione  previsto  dall'art. 36,  comma  1,  del
medesimo decreto legislativo.
    2.2. - Violazione della direttiva comunitaria 93/16 in materia di
specializzazione  per  laureati  in  medicina  e chirurgia: lo stesso
decreto  legislativo  avrebbe  mal  recepito la direttiva in epigrafe
giacche'  questa  non  vieta  ai medici gia' specialisti di acquisire
ulteriori specializzazioni.
    2.3.   -   Violazione   di  legge  sotto  altro  profilo  (d.lgs.
n. 257/1991:  il  ricorrente  si e' specializzato nel 1998 in vigenza
del  d.lgs  n. 257/1991  che non recava alcun divieto di cumulo delle
specializzazioni  e  che  dovrebbe  continuare ad essere applicata al
ricorrente.
    2.4.   -   L'avversato   divieto   di   doppia   specializzazione
contrasterebbe con la possibilita' di incrementare i posti a concorso
del  10%  a  favore  dei  medici  di  ruolo  dipendenti  dal servizio
sanitario  nazionale, prevista dal bando (pag. 2, 4o cpv., lettera b)
in applicazione dell'art. 35, comma 4, d.lgs. n. 368/1999.
    3. - Il ricorrente, ha prospettato altresi' l'incostituzionalita'
del  ripetuto art. 34, comma 4, d.lgs. 368/1999, per violazione degli
artt. 33   e   34,   della   Costituzione,  nonche',  ha  chiesto  la
disapplicazione   del   precetto   contestato,   (d.lgs  n. 368/1999)
ritenendolo   contrastante   con  la  normativa  comunitaria  che  si
proponeva invece di recepire.
    L'Amministrazione     si     e'     costituita    controdeducendo
articolatamente  ed eccependo il difetto di giurisdizione dei giudice
amministrativo  giacche' la controversia atterrebbe, in realta', alla
stipula di un contratto di formazione-lavoro in relazione al quale la
giurisdizione  e'  specificamente  attribuita  al  giudice  ordinario
proprio dall'art. 37 d.lgs. n. 368/1999.
    4. - Con  ordinanza  21  marzo  2001  n. 43  questo  tribunale ha
accolto l'istanza cautelare avanzata con il ricorso.
    La  causa  e'  stata  trattenuta  per la decisione nella pubblica
udienza del giorno 26 settembre 2001.
    All'esito  di  detta  udienza,  il  collegio ha ritenuto di poter
emettere  una  sentenza parzialmente decisoria, affermando la propria
giuridizione,  rigettando  tutti  motivi  del ricorso e riservandosi,
infine,  di  dispone  per  il  prosieguo  del  giudizio  con separata
ordinanza.
    Con  la  presente  ordinanza,  pertanto,  il collegio scioglie la
suddetta riserva.
    5. - Viene  in  esame  la  questione  di costituzionalita', sotto
profili  in  parte  dedotti  dal  ricorrente  e  in parte ravvisabili
d'ufficio, concernente l'art. 34, comma 4, del decreto legislativo 17
agosto  1999,  n. 368,  a  norma  del  quale  l'accesso  ai  corsi di
formazione   specialistica  nelle  discipline  medico-chirurgiche  e'
inibito  a  chi sia gia' in possesso di un titolo di specializzazione
ovvero del diploma di formazione in medicina generale.
    La   questione   di   costituzionalita'   appare   rilevante   ed
ineludibile,  dal  momento  che  questo  Collegio,  con  la  sentenza
parziale  decisa  in  pari  data,  ha  ritenuto  che  i provvedimenti
impugnati  costituiscano  puntuale  e  corretta  l'applicazione della
norma,  la  quale del resto non lasciava all'autorita' amministrativa
margini   di   discrezionalita'.   D'altra  parte,  l'esclusione  del
ricorrente  dal  concorso  non ha altra motivazione e giustificazione
che  il  divieto  stabilito  dalla  norma  in questione, sicche', ove
quest'ultima  venisse giudicata incostituzionale, la riammissione del
ricorrente al concorso sarebbe la logica e necessaria conseguenza. La
questione   di  costituzionalita',  inoltre,  pare  al  collegio  non
manifestamente   infondata,  per  le  ragioni  che  si  illustreranno
appresso.
    6. - Va  chiarito, innanzi tutto, che non viene in contestazione,
di  per  se',  il  sistema  degli  accessi  "a  numero  chiuso" e per
concorso.
    Si  discute,  invece,  della  disposizione (art. 34, comma 4) che
esclude tassativamente dall'accesso alla formazione specialistica chi
sia  gia'  in possesso di un titolo di specializzazione o del diploma
di formazione in medicina generale.
    7. - Prima  di  esaminare  i  profili piu' propriamente giuridici
della  questione, sembra opportuno mettere meglio in luce gli effetti
lesivi   che   la  norma  in  contestazione  produce  sulle  liberta'
individuali e sugli interessi legittimi dei destinatari.
    Si  tratta  di un divieto a priori, e non, ad es., di un criterio
di  precedenza  nei  concorsi. Esso opera anche se, per avventura, il
soggetto gia' specializzato sia l'unico candidato o l'unico idoneo.
    L'effetto  pratico  di  questa disposizione non e' solo quello di
inibire, a chi ne e' destinatario, l'acquisizione di nuove conoscenze
scientifiche  e  del  relativo  nuovo  titolo accademico, ma e' anche
quello  (assai  piu'  rilevante dal punto di vista dell'individuo) di
escludere, di fatto se non di diritto, la liberta' di mutare il campo
dell'esercizio  professionale. Sembrano infatti poche o nulle, per un
medico  pur  laureato ed abilitato (ed eventualmente gia' in possesso
di una specializzazione) le possibilita' d'inserirsi (come dipendente
o  come  libero  professionista)  in  un settore professionale per il
quale  non  sia specializzato. Sicche', inibire l'accesso ad un corso
di  specializzazione  equivale  a  precludere,  almeno  di  fatto, lo
svolgimento  della  corrispondente  attivita' professionale. Anzi, lo
specializzato  che  non possa o non voglia (per una qualsiasi ragione
piu'  o  meno  seria  ed  apprezzabile)  intraprendere  o  proseguire
l'attivita'   professionale  nel  settore  corrispondente,  non  puo'
neppure  proporsi  come  medico  "di  base"  nel  servizio  sanitario
nazionale,  dal  momento  che tale attivita' e' riservata a chi e' in
possesso  dell'apposito  diploma  di formazione, equiparabile, per il
profilo  ora considerato (divieto di cumulo) ad una specializzazione.
Cosi'  come,  del  resto,  il medico che ha iniziato la sua attivita'
come  medico  "di  base"  trova  un ostacolo legale ad ogni possibile
sviluppo di carriera mediante una specializzazione.
    In  sostanza, dunque, l'effetto pratico dell'art. 34, comma 4, e'
quello di rendere irrevocabile, a vita, la prima scelta professionale
fatta dal giovane medico.
    Ma,  a  parte  l'evenienza  del  mutamento  (per necessita' o per
scelta) del ramo di esercizio professionale, e' anche concepibile che
il medico gia' specializzato in una disciplina ravvisi l'opportunita'
di  acquisire  una  seconda  specializzazione  non per abbandonare la
prima bensi' per integrarla e arricchirla.
    Tutte  queste  esigenze, che pur si direbbero non immeritevoli di
tutela, sono tassativamente sacrificate dalla norma in questione.
    8. - Cosi'  descritti  gli effetti lesivi della norma, restano da
prendere  in  esame  i  profili  piu'  propriamente  giuridici  della
questione di costituzionalita'.
    Essi  emergono  sia dal punto di vista della forma, che da quello
del contenuto.
    8.1.  -  Dal  punto  di  vista  della  forma,  si  osserva che la
disposizione  in  parola  e  stata  emanata  con  decreto legislativo
delegato.
    La  delega  e'  contenuta  nella  legge  24  aprile 1998, n. 128,
recante   disposizioni   per   l'adempimento  di  obblighi  derivanti
dall'appartenenza  dell'Italia alla Comunita' europea; il legislatore
delegante  ha  precisato l'oggetto della delega ed i relativi criteri
mediante   il   riferimento   alla   direttiva   93/16  e  successive
modificazioni.
    La direttiva in questione, pero', nulla dice riguardo al problema
dell'eventuale  cumulo  di specializzazioni. D'altra parte neppure la
legge delega n. 128/1998 tocca questo argomento.
    Non   si   puo'   dire  nemmeno  che  si  tratti  della  semplice
esplicitazione  di  un  principio  comunque  insito nel sistema delle
direttive  comunitarie,  o  che  si  tratti di una norma "tecnica" di
dettaglio  necessaria  per assicurare l'integrita' e la funzionalita'
dell'ordinamento.
    Si  deve  dunque  concludere che l'art. 34, comma 4, e' frutto di
una scelta pienamente autonoma del legislatore delegato.
    Appare  cosi'  prospettabile  una  violazione  dell'art. 76 della
Costituzione (c.d. eccesso di delega).
    Se  e'  vero  che  nel  silenzio  delle  direttive comunitarie il
legislatore  nazionale  aveva,  di  principio, la facolta' di dettare
autonomamente  ulteriori  e piu' restrittivi criteri per l'ammissione
alle  scuole  di  specializzazione,  e'  anche  vero  che tale potere
spettava,  se  mai,  al  legislatore  ordinario,  e non poteva essere
esercitato  dal  legislatore  delegato,  in  mancanza di una espressa
delega  in  tal  senso.  Tanto  piu' che, come gia' accennato, non si
tratta  di  una  a  disposizione tecnico-organizzativa (suscettibile,
come  tale di essere emanata anche con norme regolamentari o con meri
atti  amministrativi  generali),  bensi'  di  una  regola  che incide
pesantemente  sulle liberta' individuali, e che percio' doveva essere
adottata   esclusivamente   dal   legislatore  ordinario  (sia  pure,
eventualmente,  mediante  una  delega che pero' avrebbe dovuto essere
esplicita).
    8.2.  - Dal punto di vista del contenuto, si sono gia' ampiamente
illustrati  gli  effetti  lesivi  che  la norma produce, in concreto,
sulle   liberta'   individuali   e   sugli  interessi  legittimi  dei
destinatari.
    In  particolare,  la disposizione incide sul diritto allo studio,
inteso  qui  come  diritto  ad  accedere,  secondo  le proprie libere
scelte,  ad  un  determinato corso di studi, e sul diritto al lavoro,
inteso  qui  come  diritto  a'  svolgere, di nuovo secondo le proprie
libere  scelte,  una  determinata  attivita'  professionale. Le norme
costituzionali   di  riferimento  sono  rispettivamente  l'art. 34  e
l'art. 35.
    Viene  inoltre  in  rilievo  il principio di uguaglianza (art. 3,
Cost.)  in  quanto  la  norma  introduce  una  discriminazione  fra i
laureati  in  medicina,  a  svantaggio  di chi, fra loro, possiede un
diploma di specializzazione.
    8.3. - Beninteso, ne' il principio di uguaglianza, ne' il diritto
allo studio, ne' il diritto al lavoro sono garantiti in modo assoluto
ed  incondizionato.  Ciascuno  di  questi  valori si realizza entro i
limiti   stabiliti   dall'ordinamento   giuridico.   Cio'   e'  stato
riaffermato,  fra  l'altro, dalla sentenza costituzionale n. 383/1998
concernente  la  limitazione  degli  accessi  a  determinate facolta'
universitarie e scuole di specializzazione ("numero chiuso").
    Le limitazioni, pero', debbono essere "ragionevoli".
    Viene  dunque  in  gioco  il principio della "ragionevolezza", da
intendere anche come coerenza dell'ordinamento.
    Ora,  mentre  appare  ragionevole,  nella materia qui considerata
(limitazione  degli  accessi a corsi di laurea e di specializzazione)
una  selezione  basata  sull'idoneita' e sui merito, non si puo' dire
altrettanto  della  disposizione in esame, che discrimina i candidati
esclusivamente a motivo del possesso di una diversa specializzazione:
titolo  che,  paradossalmente,  dovrebbe  semmai essere valutato come
merito e non come demerito.
    Non si puo' dire che la norma trovi una sua ratio nella finalita'
di  prevenire  fenomeni  di  "accaparramento" delle specializzazioni.
Sembra   avere   una   buona  efficacia  dissuasiva,  in  tal  senso,
l'ordinamento dei corsi, che prevede, com'e' noto, un impegno a tempo
pieno,  per  la  durata di diversi anni, con un trattamento economico
sicuramente  deteriore  rispetto  a  quello di cui godrebbe il medico
gia' specializzato, se mettesse a frutto la propria specializzazione.
In questo contesto, e' verosimile che solo una ristretta minoranza di
specializzati,   motivati  da  serie  ragioni  personali,  scelga  di
concorrere per una seconda specializzazione.
    Si  potrebbe  forse  sostenere che la norma in questione risponde
allo  scopo  di  prevenire  lo  spreco  di  risorse pubbliche, che si
determinerebbe   ogni   volta   che   taluno,   dopo  aver  acquisito
(sostanzialmente   a   spese   della   collettivita)   un  titolo  di
specializzazione,  lo  lasci inutilizzato per dedicarsi ad un nuovo e
diverso   corso   di   specializzazione.  L'argomento  puo'  sembrare
suggestivo,  ma  allora, per coerenza, si dovrebbe obbligare chiunque
abbia  conseguito,  mediante  il  sistema  pubblico  d'istruzione, un
titolo  di  studio  (non  solo  in  medicina)  a  metterlo  a  frutto
esercitando   la   relativa   attivita'   professionale:  il  che  e'
manifestamente impossibile sul piano pratico e su quello giuridico.
    9. - Conclusivamente,  il  giudizio  va  sospeso e gli atti vanno
rimessi  alla  Corte  costituzionale  per  il giudizio incidentale di
costituzionalita'.
    Il  collegio  si  riserva, all'esito, ogni ulteriore decisione in
rito, in merito e sulle spese.
                              P. Q. M.
    Il  tribunale  amministrativo  dell'Umbria,  sospesa  ogni  altra
decisione  sul  rito,  sul  merito e sulle spese, visti gli artt. 134
Cost.,  1.  Cost.  9  febbraio  1948,  n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953,
n. 87, dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per
la decisione sulla legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 4,
del  decreto  legislativo 17 agosto 1999, n. 368, con riferimento: a)
all'art. 76  della  Costituzione,  in  relazione alla legge delega 24
aprile 1998, 128; b) agli articoli 3, 34 e 35 della Costituzione.
    Dispone  che  a  cura  della Segreteria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e alle parti in
causa  e comunicata Presidente della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica.
    Cosi'  deciso in Perugia, nella Camera di Consiglio del giorno 26
settembre 2001 con l'intervento dei signori:
                       Il Presidente: Lignani
Il consigliere, estensore: Cardoni
01C1181