N. 39 ORDINANZA 25 febbraio - 6 marzo 2002
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Giudice dell'udienza preliminare che abbia gia' svolto le medesime funzioni in relazione allo stesso fatto e nei confronti del medesimo soggetto - Omessa previsione di causa di incompatibilita' all'esercizio delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare - Lamentata violazione del principio di eguaglianza e delle garanzie della difesa - Manifesta infondatezza della questione. - Cod. proc. pen., art. 34. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.11 del 13-3-2002 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Cesare RUPERTO; Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 2001 dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Benevento nel procedimento penale a carico di C. P. e altro, iscritta al n. 378 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, 1a serie speciale, dell'anno 2001. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2001 il giudice relatore Gustavo Zagrebelsky. Ritenuto che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Benevento ha sollevato, con ordinanza del 22 febbraio 2001, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; che - secondo una eccezione formulata dalla difesa dell'imputato e della quale da' conto l'ordinanza di rimessione - per lo stesso fatto e a seguito delle stesse querele sulla cui base il giudice a quo e' chiamato a svolgere l'udienza preliminare e' stata precedentemente esercitata, dal medesimo giudice, la funzione di trattazione dell'udienza preliminare in altro e distinto procedimento penale, con il rinvio a giudizio dinanzi al tribunale cui ha fatto seguito una pronuncia di condanna, poi impugnata in appello; che, nell'anzidetta situazione, la parte privata ha eccepito la violazione del principio di uguaglianza e delle garanzie della difesa, sotto il profilo del diritto ad "avere un giudice che non si sia gia' pronunciato", censurando l'art. 34 cod. proc. pen. in quanto, pur prevedendo l'incompatibilita' tra la funzione di giudice per le indagini preliminari e quella di giudice dell'udienza preliminare, non stabilisce analoga incompatibilita' "tra il giudice dell'udienza preliminare e altro giudice della stessa udienza preliminare quando le due persone siano rappresentate dallo stesso giudice"; che, riprendendo testualmente l'anzidetta eccezione di parte, il giudice a quo solleva una corrispondente questione di costituzionalita' dell'art. 34 cod. proc. pen. - sulla premessa della rilevanza di essa "in quanto non sono ravvisabili gravi ragioni di convenienza che impongano l'astensione" - che assume essere non manifestamente infondata, oltre che per quanto sopra detto, anche per il contrasto tra la ripetizione della trattazione dell'udienza preliminare da parte del medesimo giudice-persona fisica e i "principi reiteratamente enunciati nella materia delle incompatibilita' dalla Corte costituzionale", come, ad esempio e "in linea generale", nella sentenza n. 241 del 1999; che nel giudizio cosi' promosso e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, osservando che i presupposti dell'incompatibilita' sono ravvisabili - proprio secondo il ripetuto insegnamento della giurisprudenza costituzionale - quando, all'interno di un medesimo procedimento, si delinei un pregiudizio determinato da una precedente valutazione sul merito dell'accusa, cosi' da influire sulla definitiva valutazione circa la responsabilita' dell'imputato, rilevando che nessuno dei suddetti requisiti si configura nel caso in esame, trattandosi di procedimenti diversi ed essendo il giudice dell'udienza preliminare chiamato non gia' a valutare la responsabilita' dell'imputato bensi' soltanto a stabilire la necessita' o meno del giudizio, e concludendo pertanto per una dichiarazione di manifesta infondatezza della questione. Considerato che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Benevento dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede come causa di incompatibilita' all'esercizio delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare il precedente svolgimento delle medesime funzioni di giudice dell'udienza preliminare, in relazione allo stesso fatto e nei confronti del medesimo soggetto; che dall'ordinanza di rimessione pare risultare che l'anomala situazione in cui versa il giudice rimettente deriva dalla proposizione di identicamente ripetitive querele per diffamazione, quando gia' un primo rinvio a giudizio aveva dato luogo a condanna con sentenza impugnata in appello; che e' da escludersi che il giudice possa essere chiamato a pronunciarsi una seconda volta sull'ipotesi accusatoria in vista dell'apertura di un nuovo giudizio, e cio' sia che debba aversi riguardo a quanto disposto dall'art. 649 cod. proc. pen., sia che trovi applicazione il principio del ne bis in idem in un'accezione piu' ampia di quella risultante dal predetto art. 649 e tale da impedire l'eventualita' di procedimenti simultanei, rendendo applicabile, anche in tal caso, l'art. 529 cod. proc. pen., la cui previsione possa ragionevolmente estendersi a comprendere le ipotesi in cui l'azione penale non abbia da avere corso in un procedimento perche' gia' promossa in un altro (ordinanza n. 318 del 2001); ipotesi normative, quelle anzidette, su cui comunque non spetta a questa Corte pronunciarsi; che dunque - quali che siano i mezzi a disposizione per evitare l'iterazione del giudizio - il giudice rimettente non e' chiamato a svolgere una (nuova) valutazione contenutistica dei fatti in vista di una decisione di merito, cio' che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ad esempio, sentenza n. 131 del 1996), costituisce necessaria condizione per far valere l'incompatibilita' prevista dall'art. 34 cod. proc. pen; che questa considerazione e' sufficiente, indipendentemente da ulteriori rilievi nel medesimo senso, a mostrare la manifesta infondatezza della questione in esame. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Benevento, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2002. Il Presidente: Ruperto Il redattore: Zagrebelsky Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 6 marzo 2002 . Il direttore della cancelleria:Di Paola 02C0161