N. 107 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 ottobre 2001
Ordinanza emessa il 30 ottobre 2001 dal tribunale di Treviso sui ricorsi riuniti proposti da Lubelli Ubaldo ed altri contro Ministero dei trasporti e della navigazione Impiego pubblico - Controversie relative al rapporto di lavoro dei dipendenti di pubbliche amministrazioni - Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validita' ed interpretazione dei contratti o accordi collettivi nazionali sottoscritti dall'ARAN - Obblighi del giudice di sospensione del giudizio in attesa dell'accordo tra ARAN e organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo sull'interpretazione autentica o la modifica della clausola controversa - Incidenza sul diritto di difesa - Attribuzione ai sindacati di non consentito potere di rappresentanza dei lavoratori in ordine ad atti dispositivi di diritti quesiti. - Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, artt. 64, comma 2, e 49. - Costituzione, artt. 24 e 39.(GU n.12 del 20-3-2002 )
IL GIUDICE DEL LAVORO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento in materia di lavoro n. 165/2000 r.g. pendente tra Lubelli Ubaldo, Toffano Francesco, Antiga Dino, Furlan Flavio, Pollici Cesira, Bisciotti Donata Maria e Simeoni Piergiorgio, ricorrenti, rappresentati e difesi dagli avv. Fabio Petracci, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Michela Sabatini in Treviso giusta mandato a margine dei ricorsi riuniti, e il Ministero dei trasporti e della navigazione, resistente, rappresentato e difeso ai sensi e per gli effetti dell'art. 417-bis c.p.c. dalla dr.ssa Maria Teresa Sorrenti, con domicilio eletto in Padova presso il proprio ufficio provinciale MC, con intervento del l'Unionquadri, rappresentata e difesa dall'avv. prof. Piero Sandulli ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Michela Sabatini in Treviso giusta mandato a margine della memoria depositata in data 3 maggio 2001, a scioglimento della riserva che precede, esaminati gli atti di causa, e sentite le parti, osserva quanto segue: I ricorrenti, tutti dipendenti del Ministero dei trasporti e della navigazione, con separati ricorsi via via riuniti, chiedevano al giudice del lavoro di Treviso di accertare e dichiarare il loro diritto ad ottenere la qualifica di "quadro" in forza della legge n. 190/1985 previa disapplicazione o dichiarazione di nullita' e/o illegittimita' del C.C.N.L. di settore nella parte in cui disciplinava in termini difformi dalla legge le categorie di inquadramento del personale. Il Ministero convenuto si costituiva sostenendo la piena legittimita' dell'art. 13 del C.C.N.L. 1998/2001 "Comparto Ministeri", che non prevede la qualifica di quadro, evidenziando che la normativa speciale prevista nel settore del pubblico impiego per i dipendenti che in posizione di elevata responsabilita' svolgono compiti tecnico-scientifici, consente alle parti di non procedere automaticamente alla trasposizione della legge n. 190/1985 nel sistema di qualificazione dei pubblici dipendenti, malgrado la privatizzazione del rapporto. Chiedeva, pertanto, il rigetto dei ricorsi. Con ordinanza dd. 10 novembre 2000 il giudice del lavoro di Treviso riteneva che per la risoluzione della controversia fosse necessario risolvere in via pregiudiziale, ai sensi dell'art. 68-bis del d.lgs. n. 29/1993 (ora art. 64 del d.lgs. n. 165/2001) la questione concernente la validita' dell'art. 13 del C.C.N.L. sopra menzionato la' dove, non ottemperando a quanto disposto dalla legge n. 190/1985, non istituiva la categoria dei quadri in relazione alle figure professionali di rilevante responsabilita'. A tal fine sospendeva il giudizio e disponeva la comunicazione dell'ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria di costituzione all'Aran. L'Aran, espletate le procedure di cui al secondo comma dell'art. 64 del d.lgs. n. 165/2001, trasmetteva al giudice del lavoro di Treviso il testo dell'accordo, denominato di interpretazione autentica, raggiunto con le parti firmatarie del C.C.N.L, in cui ribadiva la piena validita' dell'art. 13 del C.C.N.L. 16 febbraio 1999 "Comparto Ministeri", che non prevede la categoria di quadro nel sistema classificatorio del personale dipendente dei Ministeri, ritenendo che la disciplina speciale prevista nel pubblico impiego per i dipendenti che in posizione di elevata responsabilita' svolgono compiti di direzione o che comportano l'iscrizione ad albi oppure tecnico scientifici e di ricerca, consente alle parti di non procedere alla automatica trasposizione della legge n. 190 del 1985 nel sistema classificatorio pubblico". Con memoria depositata in data 2 ottobre 2001 il Ministero convenuto chiedeva il rigetto dei ricorsi, ritenendo che, ai sensi del disposto dell'art. 49 del d.lgs. n. 165/2001 richiamato dall'art. 64, secondo comma, l'accordo sull'interpretazione autentica della validita' della clausola intervenuto tra l'Aran e le organizzazioni sindacali stipulanti "sia vincolante tanto per le parti del giudizio che per il giudice che ha posto la questione pregiudiziale e che pertanto e' chiamato a decidere di conseguenza". Rileva il giudicante che in effetti il terzo comma dell'art. 64 del d.lgs. n. 165/2001 stabilisce che solo in caso di mancato accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola controversa, il giudice decida con sentenza sulla questione relativa alla validita', efficacia o interpretazione della clausola. Se viceversa l'accordo e' raggiunto, come nel caso di specie, il secondo comma dell'art. 64 citato stabilisce che all'accordo, "si applicano le disposizioni dell'art. 49" (gia' art. 53 del d.lgs. n. 29/1993). L'art. 49 del d.lgs. n. 165/2001 ha avuto ben tre versioni. La prima versione cosi' disponeva: "1. - Quando insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato della clausola controversa. 2. - L'accordo conseguito ai sensi del comma 1 sostituisce con effetto retroattivo, dal momento del suo perfezionamento con le procedure di cui all'art. 51, la clausola contrattuale oggetto della controversia. 3. - L'accordo di interpretazione autentica del contratto ha effetto sulle controversie individuali aventi ad oggetto le materie regolate dall'accordo medesimo. Si applica la disposizione dell'art. 2113, comma 4, del c.c.". La seconda versione, introdotta dal d.lgs. n. 546/1993, aveva il seguente tenore: "1. - Quando insorgono controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato della clausola controversa. L'eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all'art. 51, sostituisce la clausola in questione sin dall'inizio della vigenza del contratto. 2. - L'accordo di interpretazione autentica del contratto ha effetto sulle controversie individuali aventi ad oggetto le materie regolate dall'accordo medesimo con il consenso delle parti interessate". La terza versione, attualmente vigente, e' stata introdotta dall'art. 43 del d.lgs. n. 80/1998, che ha abrogato il secondo comma contenuto nella seconda versione, mantenendo in vita soltanto il primo comma. Pare a questo giudice che il combinato disposto degli artt. 64, secondo comma e 49, attualmente in vigore, del piu' volte citato d.lgs. n. 165 non lasci spazio a dubbi sul fatto che il cosiddetto accordo di interpretazione autentica della clausola controversa abbia illimitata efficacia retroattiva e sia vincolante per le parti del processo in corso e per il giudice. Cio' risulta, oltre che dall'interpretazione letterale delle due norme, anche dalla modifica del testo originario dell'art. 49, dato che a sostenere il contrario si toglierebbe significato all'abrogazione del secondo comma. Il giudice viene cosi' privato del potere di dar conto alle parti del processo dell'esatto significato della clausola controversa in applicazione dei criteri interpretativi legali e gli e' sottratto uno dei poteri piu' pregnanti che accompagnano l'esercizio della giurisdizione civile: quello di misurare con i principi fondamentali dell'ordinamento la validita' di una previsione contrattuale e di stabilire l'eventuale presenza di vizi anche gravi. Il fatto che, in caso di accordo tra Aran e sindacati firmatari sul significato o la validita' della clausola controversa, non resti al giudice e alle parti della causa, secondo quanto previsto dal legislatore, che prendere atto della volonta' collettiva, fa si che non appaia manifestamente infondata la questione legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 64, secondo comma, e 49 del piu' volte citato d.lgs. n. 165 per violazione dell'art. 24 della Costituzione. Cozza, infatti, con il principio che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi attribuire alle organizzazioni sindacali del potere di disporre dei diritti gia' sorti a favore delle parti di un rapporto di lavoro ed impedire che le stesse li facciano valere in un processo. Il soggetto che impugna davanti al giudice la clausola di un contratto ha un diritto ineliminabile alla pronuncia giurisdizionale e tale pronuncia viene negata dalle norme sopracitate in caso di accordo delle parti collettive. D'altronde il tenore letterale degli articoli sopracitati non consente, a parere di questo giudice, una diversa soluzione interpretativa, considerato che l'art. 64, secondo comma, prevede in caso di accordo tra Aran e sindacati sulla questione preliminare rimessa l'applicazione delle disposizioni dell'art. 49 ed il terzo comma dello stesso articolo prevede esplicitamente che il giudice decida con sentenza sulla questione preliminare, per cui e' stato promosso l'accertamento pregiudiziale, solo in caso di mancato accordo. Anche sotto un altro profilo pare dubbia la legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 64, secondo comma, e 49. Un simile generalizzato potere ablativo delle situazioni soggettive individuali, infatti, fa compiere un rilevante salto di qualita' al processo di istituzionalizzazione del sindacato, tenendo conto, soprattutto, del meccanismo che assicura l'efficacia erga omnes dei contratti collettivi nel settore pubblico. Da questo punto di vista l'art. 49 contrasta con l'art. 39 della Costituzione, tanto rispetto della liberta' sindacale del primo comma quanto rispetto alle previsioni costituzionali circa la validita' erga omnes dei contratti collettivi disciplinata nei commi successivi, nel momento in cui finisce per prospettare un congegno di rappresentanza "ex lege" dei lavoratori pubblici da parte dei sindacati firmatari dei contratti. E' costante l'insegnamento della Suprema Corte per cui alle associazioni sindacali sono riconosciute dall'ordinamento giuridico la funzione essenziale di stipulare contratti collettivi con efficacia obbligatoria per gli aderenti che appartengano ad una determinata categoria (art. 39 della Costituzione) nonche' le ulteriori funzioni di promozione sociale, di sostegno delle rivendicazioni e di assistenza nelle relative controversie, mentre e' escluso ogni potere di rappresentanza in ordine ad atti di diritti acquisiti (cfr., ad es., Cass. sez. lav. n. 4840 del 25 maggio 1996). In ogni caso gli accordi sindacali non possono incidere sui diritti soggettivi eventualmente maturati dai lavoratori ne' sul loro diritto di agire in giudizio a tutela degli stessi ex art. 24 della Costituzione. Norme la cui applicazione conduce a tale esito, come gli artt. 64, secondo comma, e 49 del d.lgs. n. 165/2001, contrastano inevitabilmente con gli artt. 24 e 39 della Carta fondamentale. Sussiste altresi' la rilevanza della questione nel presente giudizio, in considerazione delle circostanze in fatto e le argomentazioni in diritto suesposte. L'applicazione del combinato disposto degli artt. 64, secondo comma, e 49 del d.lgs. n. 165/2001 impedisce, infatti, a questo giudice di pronunciarsi in modo difforme dalle parti sociali circa la validita' e l'efficacia di una clausola contrattuale (art. 13 del C.C.N.L. 1998/2001 "Comparto Ministeri"), la cui eventuale disapplicazione nel presente giudizio e', invece, essenziale ai fini della decisione della controversia.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Ritenuta non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 64, secondo comma e 49 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 in relazione agli artt. 24 e 39 della Costituzione per le argomentazioni indicate nella parte motiva della presente ordinanza; Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Treviso, addi' 29 ottobre 2001 Il giudice unico del lavoro: De Luca 02C0142