N. 109 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 settembre 2001

Ordinanza  emessa il 12 settembre 2001 dal g.i.p. del Tribunale per i
minorenni  di  L'Aquila nel procedimento penale a carico di D.P.F. ed
altri

Sicurezza  pubblica  -  Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono
  manifestazioni  sportive  - Provvedimento disposto dal questore nei
  confronti  di minorenne - Convalida - Attribuzione della competenza
  al   giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il  tribunale
  competente  del luogo in cui ha sede l'ufficio di questura anziche'
  al  giudice  per  le indagini preliminari presso il tribunale per i
  minori  competente  per territorio - Mancata tutela degli interessi
  dei minori.
- Legge  13  dicembre  1989, n. 401, art. 6, comma 3 (come sostituito
  dall'art.  1,  comma 1, lett. c), del decreto-legge 20 agosto 2001,
  n. 336).
- Costituzione, art. 31, comma secondo.
(GU n.12 del 20-3-2002 )
               IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza di rimessione degli atti alla
Corte  costituzionale  nel  procedimento  n. 378/2001,  reg.  g.i.p.,
riguardante:
        1) D.P. F., nato il ... in ... ed ivi residente;
        2) D'A. D., nato il ... in e residente in ... ;
        3) P. E., nato il ... in ... ed ivi residente;
        4) B. G., nato il ... in ... e residente in ... ;
    Indagati  per  il reato di cui agli artt. 110, 112 n. 1, 635 cpv.
n. 3  c.p. commesso in Chieti il 6 settembre 2001 in danno del comune
della citata localita'.

                           Fatto e diritto

    Con  comunicazione  di  reato in data 7 settembre 2001 la squadra
mobile della Questura di Chieti denunziava al p.m.m, in sede i minori
D.P. F., D'A. D., P. E., B. G. a piede libero, ed i minori D. B. A. e
D'O.  A. in stato di irreperibilita', tutti quali autori responsabili
del  reato  di  danneggiamento aggravato perche' gli stessi, verso le
ore  23  del  6  settembre 2001, penetravano all'interno dello stadio
comunale  "Angelini",  sito  in  Chieti,  viale  Abruzzo,  dove,  dal
personale  subito  accorso  sul posto, venivano sorpresi sugli spalti
della  curva "ospiti" mentre effettuavano alcune scritte offensive ed
inneggianti  alla  violenza contro i tifosi della squadra del Pescara
sui  gradoni  e sulle vetrate antisfondamento che separano gli spalti
dal  campo  da gioco. Gli agenti della Polizia tentavano di fermare i
predetti  giovani,  i  quali  si davano a precipitosa fuga gettando a
terra due bombolette spray di vernice. Accompagnati presso gli Uffici
dell'U.P.G.S.P.,  i  minori  venivano consegnati ai genitori e quindi
nominavano  quale  loro difensore di fiducia l'Avv.to Aldo Biello del
Foro  di  Pescara.  Con  separate  ordinanze in data 7 settembre 2001
(notificate   agli  interessati  in  pari  data)  il  Questore  della
provincia di Chieti disponeva nei confronti di B. G., P. E., D. P. F.
e D'A. D.), il divieto di accesso per mesi 8 (otto) ai luoghi dove si
svolgono  le  partite  di calcio di campionato e di Coppa Italia, sia
interne  che  esterne, della S.S. Chieti (nonche', in occasione della
disputa  dei  suindicati incontri, il divieto di accesso ai parcheggi
circostanti  lo stadio "Angelini" alla stazione ferroviaria di Chieti
Scalo,  all'antistante  piazzale Marconi, a viale Abruzzo da Piazzale
Marconi  all'incrocio con via Tirino, a via Amiterno, tutte localita'
di  Chieti  Scalo, in quanto interessate alla sosta, al transito o al
trasporto  di  coloro  che  partecipano o assistono alle competizioni
medesime,  con  decorrenza  dalla  prima competizione successiva alla
notifica  dell'ordinanza)  nonche'  l'obbligo  di  presentarsi trenta
minuti  dopo  l'inizio di ogni gara sostenuta dalla societa' sportiva
"Chieti  calcio"  presso  la Questura di Chieti, avvertendoli che, in
caso  di  inottemperanza  al  presente provvedimento, sarebbero stati
perseguiti  ai  sensi  dell'art. 6,  comma  6 della legge 13 dicembre
1989, n. 401, cosi' come modificata dal decreto-legge 20 agosto 2001,
n. 336.
    Il  questore,  quindi, inviava copia delle ordinanze al p.m.m, in
sede per gli adempimenti previsti dall'art. 6, comma 3 della legge 13
dicembre 1989, n. 401 e successive modifiche.
    Il  p.m.m.,  con  istanza  in  data 8 settembre 2001, chiedeva al
g.i.p.  presso questo Tribunale la convalida delle predette ordinanze
emesse dal questore di Chieti, ma successivamente (10 settembre 2001)
chiedeva  allo  stesso  g.i.p. di sollevare questione di legittimita'
costituzionale   del  novellato  comma  3,  dell'art. 6  della  legge
13 dicembre  1989, n. 401 (nel testo sostituito dall'art. 1, comma 1,
lettera  c, prima parte del decreto-legge 20 agosto 2001, n. 336), in
quanto,   nel   sostituire   il  comma  3  dell'art.  6  della  legge
n. 401/1989,  il legislatore aveva omesso di attribuire la competenza
al  p.m.m. ed al g.i.p. presso il Tribunale per i minorenni in ordine
alla  convalida  dei  provvedimenti  emessi  (dal  questore  ai sensi
dell'art. 6,  comma  3  legge  n. 401/1989  e succ. mod.) a carico di
minorenni.
    Ritiene   questo   g.i.p.  che  la  questione  di  illegittimita'
costituzionale eccepita dal p.m.m. sia rilevante e non manifestamente
infondata,  onde  questo giudice, in accoglimento della richiesta del
p.m.,  ritiene  di  dover disporre la sospensione del procedimento di
convalida  delle  ordinanze  del questore di Chieti e la trasmissione
degli  atti  alla  Corte  Costituzionale.  Circa  la  rilevanza della
questione,   e'   sufficiente   notare   che  la  nuova  formulazione
dell'art. 6,  comma  3,  della  legge  n. 401/1989 ha tolto al g.i.p.
minorile   la  competenza  in  ordine  alla  convalida  dei  predetti
provvedimenti  del questore a carico dei minori riconosciutagli dalla
sentenza  n. 143/1996  della  Consulta  e  che  tale  sottrazione  di
competenza   viola   l'art. 31,   secondo  comma  della  Costituzione
arrecando  pregiudizio al minore, la cui personalita' non puo' essere
adeguatamente valutata dal giudice competente.
    Sulla  non  manifesta infondatezza ci si riporta ai rilievi della
sentenza  n. 143/1996 della Consulta ed appare opportuno rilevare che
e'  noto  che l'art. 6 della legge n. 401/1989 (divieto di accesso ai
luoghi  ove  si svolgono competizioni agonistiche) attribuiva in ogni
caso  la competenza in ordine alla convalida dei provvedimenti emessi
dal   questore  a  norma  dell'art. 6,  commi  1  e  2,  della  legge
n. 401/1989 al g.i.p. presso la Pretura circondariale dove aveva sede
l'ufficio  della  Questura, e cioe' anche nel caso in cui destinatari
delle prescrizioni stabilite dal questore ai sensi dell'art. 6, comma
2 della legge cit. fossero dei minorenni.
    Ma  e'  del pari noto che, con sentenza n. 143 del 7 maggio 1996,
la Corte costituzionale dichiaro' l'illegittimita' costituzionale del
terzo  comma  dell'art. 6  della  legge  n. 401/1989,  per violazione
dell'art. 31  della Costituzione (nella parte in cui tale terzo comma
prevedeva che la convalida del provvedimento adottato dal questore ai
sensi  del  seconda  comma dello stesso articolo a carico d'un minore
spettasse  al  g.i.p.  presso  la  Pretura  circondariale anziche' al
g.i.p.  presso il Tribunale per i minorenni), rilevando che l'obbligo
imposto dal Questore ad un minorenne di comparire presso l'ufficio di
polizia in un determinato orario comportava una restrizione della sua
liberta' personale, com'era confermato dal fatto che la procedura per
la  convalida  (di  tale  misura  restrittiva) ricalcava la procedura
prevista  dall'art. 390  c.p.p.  per  la convalida dell'arresto o del
fermo,  sia  per  gli  organi,  (p.m.  e  g.i.p.)  competenti  per la
convalida,  sia per i termini stabiliti per la richiesta di convalida
e  per  la  convalida  (48  ore  per  ognuna  delle  fasi)  e sia per
l'inefficacia  della  misura  derivante dal mancato rispetto delle 48
ore;  e  che l'esclusione della competenza del giudice minorile (o la
mancata   previsione   della   competenza   di   tale   giudice)  era
pregiudizievole  agli  interessi  del  minore,  perche' precludeva la
possibilita'  di  intervento  dei  servizi sociali ed una valutazione
adeguata  della personalita' del minore da parte dei servizi e quindi
del  giudice  minorile, nonche' dell'utilita' ai fini educativi della
misura  restrittiva  anche  in  relazione,alle  modalita'  della  sua
applicazione.
    E' altresi' noto che il decreto-legge 20 agosto 2001, n. 336 (che
ha introdotto modifiche alla legge 13 dicembre 1989, n. 401) ha cosi'
sostituito  il comma 3 dell'art. 6 di tale legge: "La prescrizione di
cui  al  comma  2  ha  effetto  a  decorrere dalla prima competizione
successiva   alla   notifica  all'interessato  ed  e'  comunicata  al
Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente del luogo
in  cui  ha  sede  l'ufficio  di  questura. Il pubblico ministero, se
ritiene  la  sussistenza  dei  presupposti  di  cui al comma 1, entro
quarantotto  ore  dalla  notifica  del  provvedimento  ne  chiede  la
convalida  al  giudice  per  le indagini preliminari. Le prescrizioni
imposte  cessano  di  avere  efficacia  se  il pubblico ministero non
avanza  la  richiesta  di convalida entro il termine predetto e se il
giudice non dispone la convalida nelle quarantotto ore successive".
    Come  e'  agevole  rilevare,  il  legislatore  si  e'  limitato a
sostituire  all'espressione  "Procuratore  della Repubblica presso la
Pretura circondariale" quella "Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale  competente del luogo in cui ha sede l'ufficio di Questura"
per  adeguare  tale  disposione  alla  soppressione delle Preture; ma
sembra  avere  completamente  ignorato  il  contenuto  della sentenza
n. 143/1996  della  Corte  costituzionale  circa  la  competenza  del
giudice  minorile  relativamente  alla  convalida  dei  provvedimenti
adottati dal Questore a carico dei minori.
    Dato   il   significato   chiaro   ed   inequivocabile   di  tale
disposizione,  non  e' dato (e sarebbe vano) ricercare i motivi per i
quali il legislatore non ha modificato il disposto dell'art. 6, comma
3,  della  legge  n. 401/1989  adeguandolo  ai  principi della nostra
Costituzione  (art. 31  Cost.)  secondo i suggerimenti della predetta
sentenza  n. 143/1996;  ne'  puo' ritenersi semplicisticamente che si
sia  trattato  di  una  mera  svista del legislatore. Ma, anche se di
svista  si  trattasse, bisognerebbe pur sempre prendere atto che, per
effetto  del  decreto-legge n. 336/2001, la competenza in ordine alla
convalida  dei  citati  provvedimenti  del  questore  spetta  al p.m.
ordinario  ed  al g.i.p. presso il tribunale ordinario, non avendo la
legge  previsto una specifica competenza del giudice minorile ed anzi
avendo  la  novella  legislativa  reintrodotto nel nostro ordinamento
giuridico  una  disposizione  del  tutto  identica a quella anteriore
(tranne   la   predetta   sostituzione   formale,   a  seguito  della
soppressione delle preture).
    Dopo  il  decreto-legge  20 agosto 2001, n. 366 ci si e' venuti a
trovare  nella  stessa  situazione  normativa  esistente  prima della
caducazione  dell'art. 6,  comma  3, della legge n. 401/1989 ad opera
della sentenza n. 143/1996 della consulta, con conseguente violazione
dell'art. 31 Cost..
    Come ha esattamente rilevato il p.m.m. in sede, questo g.i.p. non
puo'  ritenere  la  propria competenza in ordine alla convalida delle
prescrizioni  imposte  ai minori dal questore di Chieti, in quanto la
chiara ed inequivocabile dizione letterale dell'art. 1, n. 1, lettera
c),   3   (alias   nuovo  testo  dell'art. 6,  comma  3  della  legge
n. 401/1989)  esclude  e non prevede affatto la competenza in materia
del giudice minorile.
    E'  stato,  invero,  ripetutamente affermato che "e' fondamentale
canone  di  ermeneutica,  sancito dall'art. 12 delle preleggi, che la
norma   giuridica   deve   essere   interpretata   innanzi   tutto  e
principalmente  dal  punto di vista letterale, non potendosi al testo
"attribuire  altro  senso  se non quello fatto palese dal significato
proprio, delle parole secondo la connessione di esse"; di poi, sempre
che tale significato non sia gia' tanto chiaro e univoco da rifiutare
una  diversa  e  contrastante  interpretazione,  si deve ricorrere al
criterio  logico: cio' al fine di individuare, attraverso una congrua
valutazione  del  fondamento  della norma, la precisa "intenzione del
legislatore",  avendo  cura, pero', di individuarla quale risulta dal
singolo  testo che e' oggetto di specifico esame e non gia', o semmai
in   via   subordinata  e  complementare,  quale  puo'  genericamente
desumersi  dalle  finalita'  ispiratrici  di  un piu' ampio complesso
normativo  in  cui quel testo, insieme con altri, ma distintamente da
essi,  e'  inserito.  Infine,  ma  solo "se una controversia non puo'
essere  decisa con una piu' precisa disposizione, si ha riguardo alle
disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe" (cfr. Cass.
16  ottobre  1975,  n. 3359;  13 novembre 1979, n. 5901); che "quando
dalla  parola  della legge appare chiara la volonta' del legislatore,
non  e' consentito al giudice, nell'interpretare la norma, sostituire
a  quella  volonta' altra contraria o diversa, sol perche' la ritenga
meglio rispondente alla proposta finalita' della legge stessa" (Cass.
11   gennaio  1983,  n. 190);  che  "la  ricerca  della  ratio  legis
costituisce  soltanto  un  criterio sussidiario di interpretazione in
presenza  di  norme  di  dubbio  contenuto,  ma  non  puo'  valere  a
disattendere  la  portata della norma qualora questa, sia pure contro
la  intenzione  del legislatore, abbia un inequivocabile significato"
(Cass.  7  aprile  1983,  n. 2454);  che  "a norma dell'art. 12 delle
preleggi,   nell'interpretazione   delle  norme  giuridiche  si  puo'
procedere  alla ricerca dell'effettiva mens legis sul presupposto che
il  legislatore  abbia inteso sancire una norma diversa da quella che
e'  resa  manifesta dalla sua dizione letterale, solo nei casi in cui
la  lettera  della  legge  non  sia  chiara  ed inequivoca" (Cass. 27
ottobre  1983,  n. 6363;  6  agosto  1984,  n. 4631,  in Giust. civ.,
1984, I, 298).
    Non  e', pertanto, consentito all'interprete superare la volonta'
del   legislatore  risultante  dalla  chiara  ed  inequivoca  dizione
letterale  della  norma  e  non e' possibile attribuire alla norma un
significato  diverso  da  quello fatto palese dal significato proprio
delle  parole  secondo  la  loro  connessione (art. 12 preleggi), ne'
indagare  sui  motivi  o sulle intenzioni del legislatore, dovendo la
legge    essere   valutata   per   quello   che   oggettivamente   e'
(indipendentemente dall'intenzione dei suoi conditores), in quanto la
legge  e'  stata  paragonata,  con felice immagine, ad un frutto che,
staccatosi   dall'albero,   assume   una  entita'  propria,  distinta
dall'albero  che  lo  ha  prodotto.  Ne' e' possibile interpretare la
disposizione  in  esame (art. 6, comma 3, della legge n. 401/1989 nel
testo   novellato   dal  decreto-legge  n. 336/2001)  adeguandola  ai
precetti  costituzionali,  perche'  ripetesi  che il legislatore, con
tale  decreto-legge,  ha  completamente  sostituito  il  terzo  comma
dell'art. 6  della  legge  n. 401/1989,  ripristinando la norma quale
esisteva   prima  della  sua  caducazione  ad  opera  della  sentenza
n. 143/1993  della  Consulta  e  senza  prevedere  la  competenza del
giudice  minorile. E' indubbio, pertanto, che, allo stato attuale, la
competenza  in  ordine  alla valida dei predetti provvedimenti emessi
dal questore a carico dei minori spetta al g.i.p. presso il tribunale
ordinario;  ma  sembra  ugualmente  certo  che  tale  competenza o la
mancata  previsione della competenza del g.i.p. minorile viola l'art.
31   della   Costituzione   perche'  preclude  la  valutazione  della
personalita'  del minore (da parte dei servizi sociali e del giudice)
e  della  utilita' ai fini educativi della misura restrittiva e delle
modalita' della sua applicazione.
    Si  rende,  percio',  necessario  un nuovo intervento della Corte
Costituzionale  perche'  dichiari illegittima la disposizione de qua,
nella  parte in cui non prevede la competenza del p.m.m. e del g.i.p.
presso  il  tribunale  per  i  minorenni in ordine alla convalida dei
predetti provvedimenti emessi dal questore a carico di minorenni.
                              P. Q. M.
    Letti  gli artt. 134 Cost., 1 e ss. legge costituzionale 11 marzo
1953, n. 1; 23 ss, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  6,  comma  3, della legge 13
dicembre 1989, n. 401 (nel testo sostituito dall'art. 1, n. 1 lettera
c,  23  ss. decreto-legge 20 agosto 2001, n. 336), nella parte in cui
prevede  che la convalida del provvedimento adottato dal questore nei
confronti  del  minore  di  eta'  ai  sensi  del comma 2 dello stesso
articolo  spetti  al  giudice  per  le indagini preliminari presso il
tribunale  competente  del luogo in cui ha sede l'ufficio di questura
anziche'  al  giudice per le indagini preliminari presso il tribunale
per i minori competente per territorio, per violazione dell' art. 31,
comma 2, della Costituzione.
    Dispone   la   sospensione   del   procedimento  in  corso  e  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  la  notifica  della  presente ordinanza al Presidente del
Consiglio dei ministri, al p.m. in sede, agli imputati D. P. F., D'A.
D., P. E., B. G., agli esercenti la potesta' su di loro, al difensore
e  la  comunicazione  della  stessa  al  Presidente  della Camera dei
deputati e al Presidente del Senato della Repubblica.
        L'Aquila, addi' 12 settembre 2001
           Il giudice per le indagini preliminari: Manera
02C0144